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Sommario: Premessa — Sezione prima. Uso e significato — Sezione seconda. Immaginazione e uso dell’immaginazione — Sezione terza. Uso pubblico e uso privato

Premessa

Se nella seconda parte della ricerca verrà discusso il carattere trascendentale proprio di quella densa e singolare immagine in cui Kant pone la mano a fondamento di ogni «uso della ragione», nella prima assurge a oggetto d’indagine la particolare missione che svolge «uso» nel contesto della «filosofia critica». Almeno in linea di principio, vi sono due modi possibili di dar conto di questa «missione»: tramite un rendiconto commentato di tutte le occorrenze di «Gebrauch» e «gebrauchen» nell’opera kantiana (e che gli indici registrano nell’ordine del migliaio); oppure enucleando alcune e circoscritte problematiche (di ordine gnoseologico, estetico e politico), per indagare se e quale ruolo vi svolge quella particolare attività che prende il nome di «uso». Si è scelto di percorrere questa seconda via perché ritenuta propedeutica all’avanzare un’interpretazione del pensiero kantiano e a prendere posizione circa questioni classiche di pensiero, sebbene essa pure presupponga — nel «retrobottega» — un certo lavoro certosino di rendicontazione.

La pervasività, il ruolo strategico e le innumerevoli occorrenze della nozione di «uso» nei testi del periodo «critico» — come si accennava in apertura di questa ricerca — legittimano a tentare un’interpretazione facendo perno proprio su questa nozione. D’altronde, autori come Michel Foucault e Martin Heidegger avevano già suggerito — ciascuno a suo modo — una simile impresa interpretativa. In una singola ricerca è di fatto impossibile

discutere tutte quelle «figure» della filosofia kantiana che risultano abili di venir reinterpretate di nuovo e daccapo ponendo un’inedita attenzione a «uso». Perciò, si è qui operata una drastica cernita: verranno discusse soltanto alcune — tra le molte — «figure» in cui «uso» svolge un ruolo decisivo nella filosofia trascendentale, in cui esso vi appare al modo del «fondamento».

Nella prima sezione dedicata a «Uso e significato» si indaga il legame che intercorre in Kant tra la primissima e fondamentale attività sensibile trasformativa e la dimensione del significato. Attività sensibile trasformativa che in questo caso viene riferita anzitutto a se stessi. Nella seconda sezione dal titolo «Immaginazione e uso dell’immaginazione», invece, si vuole dar conto di quelle arguzie (schemi), di quel girare a vuoto (gusto), di quei fallimenti (sublime) o di quelle trovate (genio) che risultano da un certo uso o impiego dell’immaginazione. Nella sezione conclusiva, «Uso pubblico e uso privato», infine, si tratta di quella condizione politico-antropologica detta «illuminismo» e della «destinazione (d’uso)» (Bestimmung) propria dell’uomo in quanto individuo e in quanto specie. Le questioni prescelte si mostrano come esemplari dei tre rispettivi ambiti in cui «uso» risulta di fatto determinante: l’ambito gnoseologico («significato»), l’ambito estetico-epistemologico («immaginazione») e l’ambito politico («illuminismo»).

Di seguito si avanza un’interpretazione di alcune figure della filosofia kantiana alla luce di una certa nozione che pure occorre a definirle: «uso». Ciò che legittima ad avanzare una simile lettura di queste figure kantiane è proprio il fatto che la nozione di «uso» ricorre nel momento in cui nozioni come «significato», «genio», «illuminismo» ecc. vengono fondate o definite. Di simili luoghi testuali si darà esaustivamente conto nel corso della trattazione. Ovviamente, le figure della filosofia kantiana — i cui testi legittimano a fornire un’interpretazione nel modo qui proposto — sono talmente ricche e profonde da consentire molteplici livelli di lettura e molte altre interpretazioni altrettanto valide. Come ogni interpretazione, infine, anche questa ha il suo nerbo argomentativo nel rinvenire proprio nei testi kantiani la conferma delle ipotesi interpretative di volta in volta esposte.

Nota. Tra le figure kantiane anche quella della «teleologia» avrebbe meritato di venir convenientemente reinterpretata, dato che «uso» svolge in essa un ruolo decisivo. Tuttavia, una trattazione del legame tra «uso» e «teleologia», dato il suo

ruolo dilagante nel sistema kantiano, merita di fatto una ricerca a se stante, di cui la presente non può che rappresentarne il preludio. Per questa ragione si è scelto di non darne conto nel contesto di questa ricerca, come non di non dar conto della funzione della nozione di «uso» (ieri, come oggi, un concetto di grande rilevanza giuridica) nella dottrina del diritto kantiana. 
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Sebbene in nota, deve essere pur detto qualcosa di più circoscritto circa la «teleologia», data

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l’importanza del tema per la questione dell’uso in Kant.

Nelle 128 pagine dell’edizione dell’Accademia della Critica della facoltà di giudizio teleologica si contano 58 occorrenze di «uso» («Gebrauch»), 4 di «usare» («gebrauchen»). Altre 4 occorrenze si hanno di «gebraucht», che, almeno da un punto di vista sintattico, può venir interpretato sia come participio di «gebrauchen» che come participio di «brauchen» («abbisognare»).

C’è un fatto che balza agli occhi del lettore che presta attenzione alle occorrenze di «uso» in questo contesto: nelle definizioni di «conformità a scopi soggettiva» o relativo-interna (KU, Ak. V: 359; 399), «conformità a scopi formale» o relativo-esterna (ivi: 363; 407-408), «conformità a scopi obiettivo-materiale» o oggettivo-esterna (ivi: 367; 415) compare sempre il termine «uso». Non compare invece nel § 65 in cui Kant tratta degli «scopi di natura» e definisce la «conformità a scopi oggettiva e interna» — la «teleologia» in senso proprio. Stando a Hegel, «uno dei più grandi servigi di Kant resi alla filosofia» sarebbe consistito «nella differenza che egli ha posto tra una conformità a scopi relativa e esterna e tra una conformità a scopi interna» (WdL, GW 12: 157). A fondamento di questo «grande servigio» reso da Kant alla filosofia vi è — almeno formalmente — il concetto di «uso».

D’altronde, anche nella Dialettica della facoltà di giudizio teleologica l’antinomia sorge quando si scambia «ciò che vale soltanto soggettivamente per il nostro uso della ragione in vista delle leggi particolari dell’esperienza» con ciò che «deve regolarsi sulle leggi (generali o particolari) date dall’intelletto» (KU, Ak. V: 389; 459).

Un’ulteriore ricerca dovrà dar conto delle occorrenze — ispecie mancate — di «uso» nelle analisi kantiane della «teleologia», e interpretarle soprattutto alla luce dei contenuti del saggio del 1789 (Sull’uso dei

principi teleologici in filosofia), tenendo tuttavia sempre a mente quella critica di Heidegger secondo cui è

proprio attraverso l’attività d’uso che viene scoperta la «teleologia» dei «prodotti naturali» (cfr. infra Parte prima, Sezione prima §§4.6-4.7).

Sezione prima

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