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Capitolo II Il modello ecologico

2. Filosofia come arte di vivere

Tra i più significativi nuclei concettuali ed operativi del lavoro di Shusterman spicca «l’estetizzazione dell’etico»244, una riconfigurazione delle categorie dell’estetica che implichi

l’allargamento del concetto di arte all’intervento poietico sulla propria esistenza, attraverso la

pratica di concrete discipline di cambiamento corporeo.

Con la sua Estetica pragmatista il filosofo americano intende risolvere l’usuale contraddizione tra l’idea di pratico – normalmente associata al concetto di utilità – e quella di estetico – tradizionalmente associata ad attività prive di scopo, ad azioni disinteressate – dilatando i confini concettuali di quest’ultima e liberandola dai ristretti margini teorici ai quali è stata rilegata dalla filosofia. Egli rivaluta a fondo quel concetto di arte che racchiude in sé una ristretta cerchia di opere e pratiche istituzionalmente considerate come rappresentanti di bellezza, per allargarlo a un dominio più esteso di attività umane, arricchito da una maggiore varietà di manifestazioni antropiche. Sostiene una visione più ampia e democratica di arte che includa sia le pratiche poietiche popolari che la propria stessa vita come opera di creazione intenzionale, secondo un «senso dell’estetico in quanto forte connotazione qualitativa della nostra esperienza, radicata nel nostro stesso corpo vivente ed estesa ben al di là dei soli fenomeni della grande arte tradizionale»245. Attraverso una «de-intellettualizzazione del sentimento del benessere»246 Shusterman riconosce piena legittimità estetica al pervasivo piacere corporeo (gratification) derivante da molte attività artistiche popolari, così come quello stimolato dalla pratica di diverse discipline di coltivazione fisica, attribuendogli un ruolo cruciale per la trasformazione teorica dell’ambito filosofico all’interno del quale egli opera e soprattutto per l’effettiva possibilità di un cambiamento per l’esistenza individuale.

244 Shusterman R., Estetica pragmatista, op. cit., p.190. 245 Shusterman R., Coscienza del corpo, op. cit., pp.5-6. 246 Shusterman R., Estetica pragmatista, op. cit., p.19.

Il punto di partenza filosofico di tale rivoluzione è la ripresa integrale del pensiero olistico di John Dewey, basato su una concezione totalizzante dell’esperienza umana e sul radicamento nella concretezza della vita corporea delle qualità estetiche. Il naturalismo somatico del pensatore statunitense, infatti, libera da una limitante prospettiva puramente gnoseologica la dimensione empirica, intendendola come globale «interazione tra la creatura vivente e le condizioni ambientali in cui è implicata nello stesso processo del vivere»247, complessa dinamica relazionale in cui sono

inscindibilmente integrati fattori sensoriali, emotivi, cognitivi e volitivi in quanto «poli interni ad un campo olistico che li avvolge ed eccede»248. A partire da tale idea, inoltre, il suo paradigma estetico concepisce l’arte come un fenomeno naturalmente emergente dai normali processi del vivere, la più bella fioritura delle capacità organiche, una forma intensificata di esperienza che raggiunge un alto grado di perfezionamento qualitativo, lo sviluppo potenziato dei suoi tratti caratteristici portati a «felice e inatteso compimento»249.

Il modello deweyano dell’uomo come totalità vivente integrata, complessità determinata dalle relazioni col suo ambiente, contribuisce ad annullare ogni forma tradizionale di dicotomia soggetto- oggetto, mente-corpo, arti elevate-popolari, artisti-gente ordinaria e consente a Shusterman di individuare nella soddisfazione corporea immediata che accompagna varie attività antropiche il carattere di un’esperienza autenticamente estetica, nonché il principio di applicazione della categoria di arte. Al di là delle usuali distinzioni filosofiche, dunque, l’unità organica e la complessità delle pratiche umane costituiscono il fondamento teorico-pratico della continuità sostanziale tra vita normale e arte. Quest’ultima ritrova il suo pieno valore nelle esperienze somatiche globali che suscita nei suoi autori e fruitori, al di là della canonica produzione e contemplazione di oggetti racchiusi nella categoria del bello. Si può in questo modo nuovamente tematizzare l’esperienza estetica estendendone il dominio anche a pratiche estranee a quelle storicamente identificate come artistiche, rintracciandola all’interno delle forme più originarie della vita dell’uomo quali il «godere della natura, non da ultimo di quella parte di natura che è il corpo

umano animato»250, in particolare delle sensazioni piacevoli che scaturiscono da un profondo miglioramento delle sue condizioni sistemiche. Si può, dunque, operare una rivalutazione

247 Dewey J., Arte come esperienza, a cura di G. Matteucci, Aestetica, Palermo 2007, p.61. 248 Ivi, p.9.

249 Ivi, p.53.

dell’estetico in vista di una teoria generale della sensibilità capace di sintetizzare esterocezione e propriocezione in un processo evolutivo.

Quella di Shusterman si configura, così, come «un’estetica del piacere corporeo»251, un progetto multidisciplinare che prende le mosse da un ripensamento in senso migliorista dell’originario progetto baumgarteniano di affinamento della conoscenza sensibile, in vista di uno sviluppo sostanziale dell’esperienza come dominio vitale olistico ed evolutivo, nel quadro generale di un «peculiare umanesimo somatico»252. Come Dewey, infatti, egli è convinto che il valore umano di un oggetto o di un’attività risieda nel suo potere di agevolare la vita e lo sviluppo dell’organismo, che il ruolo fondamentale dell’arte sia di cambiare la realtà, non di rifletterla, e che pertanto bisogna impegnarsi ad annullare lo iato tra dominio estetico e vita normale.

Il ripensamento dell’arte come esperienza e l’intento pragmatista di migliorare le condizioni di vita delle persone, mediati dall’attenzione alla pienezza del piacere corporeo, si fondono al centro della Somaestetica e sostengono il suo «ideale etico della bellezza vivente che è sotteso al plasmare la vita come arte»253. Nella visione antropologica di Shusterman etica ed estetica coincidono pienamente, e «il progetto di una vita etica diventa un esercitarsi nel vivere esteticamente»254 attraverso una costante e consapevole disciplina di cura e miglioramento del proprio corpo, il percorso di evoluzione personale lungo il quale diventa possibile modellare la propria vita realizzandosi autenticamente.

L’innesto fecondo di arte ed esistenza, teoria e prassi nel corso di una condotta umana somaesteticamente unica non escludono la filosofia, che nel lavoro di Shusterman è spogliata dai panni di disciplina essenzialmente linguistica, devota al puro logos, e accetta nuovamente le sfide dell’esistenza comune configurandosi come arte corporea di vivere. Secondo il pensatore statunitense, in effetti, il suo pragmatismo ispirato da un impulso miglioristico non rappresenta «un’evasione dalla filosofia»255, quanto il ritorno a quell’antica tradizione che vede la teoria come

un utile strumento per una pratica filosofica più alta, potente. Egli intende, così, rilanciare l’intima connessione tra il pensiero e le reali condizioni di vita, a favore dello sforzo di migliorarli entrambi attraverso il cambiamento del proprio stato fisico, mediante la riflessione critica sia sui significanti

251 Ivi, p.31.

252 Shusterman R., Coscienza del corpo, op. cit., p.12. 253 Shusterman R., Estetica pragmatista, op. cit., p.87. 254 Ivi, p.198.

culturali di informazione somatica che sulle effettive organizzazioni corporee personali. Come sostiene in un’opera che molto significativamente è intitolata Practicing philosophy: «se la filosofia non è mera teoria, ma una pratica totale di vita, essa deve essere essenzialmente radicata nella vita corporea. Se la vita filosofica è estetica, ciò implica un interesse per il corpo sia come mezzo di auto-modellamento estetico, sia come mezzo di piacere estetico»256. La ricerca della verità e della saggezza, allora, non deve essere più il frutto esclusivo di un’attività rigorosamente mentale, di un genere discorsivo, ma deve affermarsi come l’esercizio costante di una pratica corporea globale devota all’esplorazione e alla sperimentazione, sul modello della tradizione orientale. Un cammino di scoperta di se stessi e autotrasformazione che costituisca una «vita filosofica di crescente arricchimento corporeo […] (dotata di) un’irresistibile attrazione estetica»257, nella quale coltivare

la bellezza, la potenza e il piacere di migliorare la propria capacità di esperienza immediata, affermandosi come autori di in un’esistenza più autentica.

La Somaestetica, allora, è una filosofia corporea sia perché considera seriamente e positivamente l’organismo umano ponendolo al centro dell’indagine teorica, sia perché ritiene essenziale l’esemplificazione fisica dei suoi princìpi nel comportamento di coloro i quali la praticano. Essa si propone come la ricerca estetica della trasformazione di sé, attenta prima di tutto alla bellezza corporea interna, quella derivante dal piacere che si prova ad avere un organismo più libero e capace di esperire se stesso e il mondo esterno in maniera più efficace, potente, integrata, in base all’idea che ogni uomo debba sempre intendersi come un progetto aperto, che la qualità della propria vita debba sempre essere trattata come un compito continuo.

Non a caso Shusterman stima precursori della Somaestetica una serie di autori che hanno sperimentato direttamente i principi del loro pensiero. Tra questi: Socrate, un filosofo il cui insegnamento ha coinciso con la sua stessa vita; W. James, che ha messo alla prova il suo corpo con un’ampia varietà di tecniche per guarire dai disturbi di cui soffriva e verificare nel concreto la validità di alcune sue teorie psicofisiologiche; J. Dewey, entusiasta discepolo della Tecnica Alexander; Foucault, che ha a lungo esercitato in prima persona le pratiche estreme di liberazione sessuale e biopolitica del corpo umano teorizzate. E non a caso Shusterman stesso, coerentemente ai suoi ideali, da molti anni ha intrapreso un percorso fisico di autotrasformazione e accompagna altri praticanti verso una maggiore consapevolezza e libertà somatiche in qualità di promotore della

256 Ivi, p.30 (traduzione Francesco Bari). 257 Ivi, p.176 (traduzione Francesco Bari).

Somaestetica, e soprattutto di maestro del Metodo Feldenkrais, una disciplina evolutiva di cui ci occuperemo nelle pagine seguenti.