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Capitolo II Il modello ecologico

5. Körper e Leib

L’argomento deweyano che un’ampia integrazione funzionale per l’essere umano sia il frutto possibile di una faticosa conquista, piuttosto che uno stato garantito, debba essere il limite esistenziale cui tendere costantemente e criticamente, costituisce la questione teorico-pratica centrale della Somaestetica.

Posta l’essenziale unità dell’uomo, infatti, per Shusterman rimane aperta la problematica di come caratterizzarla concettualmente in maniera alterativa alle tradizioni teoretiche più affermate, e di come migliorarne praticamente le condizioni.

L’interrogativo dal quale prende le mosse è: come integrare la questione filosoficamente centrale della conoscenza di sé attraverso l’autoanalisi con la disciplina somaestetica di autoesplorazione, senza postulare la scissione della totalità organica umana nelle classiche dicotomie?

Con l’intento di elaborare un paradigma interpretativo capace di sintetizzare la totalità inscindibile dell’essere umano con la sua capacità cognitiva, unica nel regno animale, di trascendersi per riflettere criticamente sulla sua condizione esistenziale, Shusterman decide di sfruttare il campo semantico della lingua tedesca intorno al termine “corpo”, assumendo la distinzione tra: Körper come corpo fisico in quanto oggetto, e Leib come corpo vissuto, senziente, in quanto intenzionalità immediata. Il suo punto di riferimento iniziale è l’originaria differenziazione husserliana tra Körperlichkeit – «la morfologia strutturale del corpo […] (ossa dello scheletro, organi interni, nervi afferenti ed efferenti, muscoli, canali aerei, sangue e altri fluidi,

la struttura neurale del cervello)»282 – e Leiblichkeit – «l’esperienza vissuta dinamica del corpo, il suo flusso vitale come è esperito e localizzabile nei sentimenti interni vissuti e nelle sensazioni»283. Alla ricerca del senso pragmatico di tale distinzione, però, rivolge la sua attenzione all’antropologia filosofica, rintracciandovi una tematizzazione di tale separazione concettuale capace di chiarirne i risvolti a livello dell’azione pratica umana, sviluppata in maniera differente dalla prospettiva fenomenologica di Husserl e Merleau-Ponty.

Nella prospettiva plessneriana, infatti, Leib e Körper non sono pensati in termini di soggettività e oggettività, né come interiorità ed esteriorità somatica, bensì come forme del comportamento

vissuto, forme dell’esperienza. Plessner non li intende come gli elementi di una distinzione tra due

entità differenti, ma come gli operatori di una «distinzione funzionale o pratica riguardante il modo in cui le persone in pratica, nel loro comportamento effettivo, si rapportano ai loro corpi»284, e rielabora la differenziazione concettuale nei termini operativi di Leib-Sein/Korper-Haben, ossia dell’essere-corpo e dell’avere-corpo. La possibilità di oscillare tra queste due dimensioni della condotta è data da quella che egli definisce posizionalità eccentrica dell’uomo, ossia la capacità unica nel regno vegetale e animale di trascendersi per rapportarsi riflessivamente a sé come altro da sé, di vivere tale connaturata duplicità a partire da un’unicità sostanziale e perfettibile. In questa prospettiva antropologica l’abilità biologicamente determinata di decentrarsi oltrepassandosi cognitivamente costituisce la possibilità di intervenire su se stessi e trasformarsi, facendo della forma di vita umana «un perenne compito da realizzare in collaborazione col mondo»285.

La concezione dell’uomo plessneriana, integrata al pragmatismo olistico di Dewey, fornisce la solida e originale base paradigmatica della Somaestetica analitica e consente di chiarire il senso operativo unitario delle sue dimensioni pragmatica e pratica, dichiaratamente estraneo alla logica meccanicista e strumentalista del tradizionale dualismo mente-corpo.

Nell’interpretazione di Shusterman della distinzione tra essere-corpo e avere-corpo, quando la persona vive la dimensione del Leib-Sein «si relaziona al proprio corpo in maniera irriflessiva agendo e percependo attraverso esso, in modo tale che il corpo non sia tematizzato come oggetto di riflessione o percezione»286; attua una vita corporea immediata, caratterizzata da un’azione

282 Shusterman R., Soma and Psyche, The Journal of Speculative Philosophy, New Series, Penn State University

Press, Pennsylvania, 2010, Volume 24, N.3, p.208 (traduzione Francesco Bari).

283 Ibidem. 284 Ivi, p.210.

285 Plessner H., Antropologia filosofica, Morcelliana Editrice, Brescia, 2010, p.124. 286 Shusterman R., op. cit., p.210.

spontanea integrata, non pensata, in quanto estensione organica diretta. In linea col pensiero di Berne e Bourdieu, il pragmatista americano rintraccia in questa condizione operativa somatica il luogo naturale delle abitudini, ritenendo «la spontaneità irriflessiva di azione e sentimento […] il risultato di sedimentazioni di abitudini che divengono una seconda natura spontaneamente espressa […] un’immediatezza mediata»287. Quando la persona vive la dimensione del Körper-Haben,

invece, è distanziata dalla piena identificazione col proprio corpo e fa esperienza della sua oggettivazione, tematizzandolo come qualcosa che possiede intimamente e su cui può intervenire a piacimento.

Nella vita quotidiana gli individui transitano continuamente tra la posizione spontanea centrica del Leib-Sein e quella eccentrica riflessiva del Körper-Haben. Pensiamo a pratiche di decorazione fisica quali il body-painting, l’utilizzo di cosmetici e gioielli, oppure alle tecniche di modellamento somatico quali la chirurgia, le diete, il body-building. Nella lettura che Shusterman fa del modello di Plessner, quindi, la distinzione Körper/Leib non è affatto una distinzione ontologica, quanto piuttosto la specificazione di una differenziazione pragmaticamente funzionale nel comportamento concreto delle persone.

La capacità biologica di oscillare facilmente tra queste due dimensioni operative è il fondamento dell’idea pratica comune alle differenti discipline di evoluzione personale di cui ci occuperemo, costituisce la condizione somaestetica essenziale per sviluppare la consapevolezza delle radici organiche dei modelli comportamentali controproducenti e per qualsiasi forma di pratica trasformativa.

Da questo punto di vista l’obiettivo primario del lavoro di Shusterman è rendere quanto più integrate possibile queste due connaturate forme attitudinali.

Nell’ottica in cui ci stiamo occupando della coazione a ripetere, il senso ultimo della pratica

somaestetica consiste nel passaggio da una dimensione esistenziale in cui l’organizzazione complessiva del Leib determina l’immediata spinta biologica alla ripetizione negativa, a una dimensione organica più evoluta coincidente con un Leib che ha appreso differenti possibilità di vita spontanea, da raggiungere attraverso un consapevole e critico lavoro di rieducazione corporea incentrato sulla dimensione del Körper-Haben.

287 Ivi, p.211.

Affinché tale transizione trasformativa sia possibile, è necessario che l’individuo accetti di tirarsi fuori dall’intima convinzione dell’inesorabilità spiacevole della sua biografia, e decida di tradurre il proprio esausto disagio nell’impegno corporeo potenzialmente infinito all’assolvimento del più alto compito di vita: la realizzazione di sé. In considerazione del fatto che «all’uomo reale, con tutti gli attributi del suo sviluppo, dalla nascita fino alla morte, l’esistere appartiene come dovere e potere»288.

In questo senso, il carattere estetico della disciplina di Shusterman, oltre che dei risvolti etici, creativi ed esistenziali, non può che arricchirsi dell’accezione batesoniana di «sensibile alla

struttura che collega»289, specificando la cruciale capacità propriocettiva di chiarire le proprie

organizzazioni limitanti, come presupposto necessario all’impegno attivo al cambiamento.