SODDISFACIMENTO DEI CREDITOR
3.1 I FINANZIAMENTI INTERINALI PER IL PAGAMENTO DI CREDITI ANTERIOR
Può accadere che il debitore chieda l’autorizzazione a contrarre i finanziamenti interinali per poter pagare i crediti anteriori relativi a prestazioni essenziali, non avendo sufficiente liquidità per provvedere al pagamento. Si deve osservare che la particolare fattispecie di finanziamento in esame finirà per poter riguardare solo i casi di continuità aziendale, poiché solo in quel caso è possibile chiedere l’autorizzazione finalizzato ad effettuare tali pagamenti anteriori.
Quindi, se i finanziamenti servono per pagare crediti anteriori, l’effetto finale sarà che il finanziatore si surrogherà nella posizione del creditore anteriore. Pertanto il finanziamento potrà essere autorizzato solo nei limiti del diritto del creditore anteriore per evitare che vi sia una duplicazione di benefici lesivi della par condicio.
Cosi, ad esempio38, posta l’integrale prededucibilità del finanziamento richiesto per poter pagare un credito anteriore, occorrerà che, il creditore anteriore sia un creditore privilegiato da pagare al 100% o un chirografaro inserito in una classe avente diritto a tale analogo trattamento. Se invece, il creditore anteriore da soddisfare in base al piano, dovesse essere pagato in una percentuale minore del 100%, il finanziamento potrebbe essere autorizzato solo nella misura in cui vada a coprire tale percentuale, per la quale andrà poi a godere della prededucibilità, ma non per un importo maggiore.
Non si potrà chiedere di essere autorizzati a contrarre un finanziamento prededucibile per euro 1000, per poter pagare un credito anteriore relativo a prestazioni essenziali di cui il piano preveda una soddisfazione in misura pari a euro 800. In tal caso se l’autorizzazione fosse data, il finanziatore godrebbe della prededucibilità anche per il differenziale di euro 200, benché tale importo non sia destinato a pagare crediti per prestazioni essenziali.
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F. Lamanna, La problematica relazione tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale alla
luce delle speciali autorizzazioni del Tribunale, in www.ilfallimentarista.it, sez. Focus e approfondimenti, 26.11.2012.
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4. REVOCA DEL CONCORDATO PER MANCATA AUTORIZZAZIONE
L’art. 182-quinquies l. fall. non indica quale possa essere la sanzione nel caso in cui il debitore contragga finanziamenti o pagamenti di crediti anteriori per prestazioni essenziali, in assenza di autorizzazione da parte del Tribunale. Una recente pronuncia del Tribunale di Milano39 è intervenuta sul punto, prevedendo in tal caso l’applicazione analogica dell’ultimo comma dell’art. 173 l. fall.
L’art. 173 l. fall. indica un elenco non tassativo di atti di frode al verificarsi dei quali il Tribunale deve disporre la revoca dell’ammissione al concordato preventivo. In base alla norma, la procedura di concordato preventivo può arrestarsi se si verificano tre ipotesi:
1. il compimento di atti di frode40 anteriori o posteriori al decreto di ammissione alla procedura. Tra gli atti anteriori possono rientrare per esempio, l’occultamento o la dissimulazione di parte dell’attivo, oppure la dolosa ammissione di denuncia di uno o più crediti; tra gli atti posteriori rientrano in generale tutti gli atti diretti a frodare le ragioni dei creditori nel corso della procedura;
2. l’esecuzione durante la procedura di atti straordinari non autorizzati ai sensi dell’art. 167 l. fall.;
3. la mancanza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti di ammissibilità.
La pronuncia in questione afferma, in modo convincente e del tutto condivisibile, che il finanziamento interinale è soggetto ad autorizzazione preventiva ai sensi dell’art. 182- quinquies l. fall. Quindi, in caso di mancata autorizzazione, il finanziamento integra un atto vietato ex art. 173, ultimo comma, l. fall., dovendosi applicare tale norma in ogni
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Tribunale di Milano, sez. II., 2 maggio 2013; per una sua lettura si veda - R. Amatore, Revoca del
concordato preventivo ex art. 173 l. fall. per mancata autorizzazione di finanziamento interinale, in
www.ilfallimentarista.it, Sez. Giurisprudenza commentata, 02.09.2013.
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Il tema degli atti di frode è stato oggetto di molti dibattiti sia dottrinali, che giurisprudenziali, trovando una loro posizione anche in una sentenza della Corte di Cassazione (23 giugno 2011 n°13817). Prima dell’intervento dei giudici di legittimità si sono prospettate due tesi contrapposte. In base alla prima, per atti di frode devono intendersi tutti gli atti diretti a causare o aggravare il dissesto; vale a dire atti che comportino l’accrescimento del passivo o una diminuzione dell’attivo, compiuti dal debitore con la consapevolezza di arrecare pregiudizio ai creditori. Per la seconda tesi, non qualsiasi atto fraudolento o astrattamente idoneo a determinare un pregiudizio per i creditori dell’impresa può rilevare ai fini dell’interruzione della procedura, ma possono contare solo quelle condotte che siano specificatamente finalizzate a trarre un inganno al ceto creditorio in vista dell’adunanza di cui all’art. 174 l. fall. influenzando la manifestazione di voto. Questa seconda tesi ha trovato adesione anche nella pronuncia della Corte di Cassazione, la quale ha sancito il principio per cui il minimo comune denominatore dei comportamenti indicati dall’art. 173, comma 1, l. fall. ai fini della revoca dell’ammissione al concordato e della dichiarazione di fallimento nel corso della procedura, è dato dalla loro attitudine ad ingannare i creditori sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, sottacendo l’esistenza di parte dell’attivo o aumentando il passivo in modo da far apparire la proposta maggiormente conveniente rispetto alla liquidazione fallimentare.
52 ipotesi in cui un atto soggetto ad autorizzazione venga posto in essere in mancanza di tale condizione legittimante, sia ai sensi dell’art. 167 l. fall. che in relazione ad ogni altra norma che ne legittimi il compimento previa autorizzazione giudiziale.
Qualora il contratto di finanziamento venga stipulato in assenza di autorizzazione, lo stesso è privo di effetti rispetto ai creditori le cui ragioni di credito siano sorte prima della pubblicazione nel registro imprese della domanda di concordato preventivo e nell’eventuale successivo fallimento in quanto non consente al creditore di godere della prededucibilità e ai fini dell’esenzione della revocatoria in quanto non viene considerato atto legalmente compiuto.
Secondo il ragionamento operato dal Tribunale di Milano, la mancata autorizzazione del finanziamento integra fattispecie di revocabilità dell’ammissione al concordato preventivo, in quanto equiparabile alla mancata autorizzazione di un atto a norma dell’art. 167 l. fall.
In dottrina e in giurisprudenza si è aperto un dibattito in ordine alle conseguenze giuridiche che derivano dall’applicazione del regime sanzionatorio previsto dall’art. 173 l. fall.
La sanzione di cui all’art. 173 l. fall. sembra individuare negli atti straordinari non autorizzati un’ipotesi di atti di frode, ma non è sempre così, in quanto un atto straordinario non autorizzato potrebbe anche essere favorevole per la massa dei creditori concorsuali. Sembra, pertanto, preferibile la conclusione secondo cui un atto straordinario non autorizzato debba considerarsi sempre inefficace ai sensi dell’art. 167, comma 2, l. fall. e possa invece determinare l’arresto della procedura concordataria, soltanto se sia intenzionalmente diretto a ledere le ragioni dei creditori41.
A sostegno della tesi accolta dal Tribunale di Milano in ordine alla revocabilità dell’ammissione al concordato preventivo in assenza di una preventiva autorizzazione a contrarre il finanziamento interinale, si deve ritenere che la mancanza di tale autorizzazione determini sotto il profilo probatorio, una vera e propria presunzione di dolosa preordinazione del debitore alla lesione delle ragioni dei creditori. Presunzione superabile in sede di procedimento istaurato ai sensi dell’art. 173, comma 2, l. fall. da parte del debitore, attraverso la prova della non lesività dell’atto autorizzato rispetto alle ragioni dei creditori e dunque della sua intrinseca utilità in funzione dell’obiettivo del soddisfacimento dei creditori.
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R. Amatore, Revoca del concordato preventivo ex art. 173 l. fall. per mancata autorizzazione di
53 Il provvedimento del Tribunale afferma un principio non contestabile, cioè che la mancata autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria alla conclusione di un contratto di finanziamento interinale, determina la revocabilità dell’ammissione al concordato preventivo del debitore42.
Ciò che rimane di dubbia interpretazione è se tale revocabilità discenda dall’accertamento giudiziale della mera violazione dell’art. 167 l. fall. o se tale effetto sanzionatorio richieda l’ulteriore accertamento della lesività dell’atto non autorizzato rispetto all’interesse del ceto creditorio.
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Tribunale di Milano. Sez. II, 2 maggio 2013, Sent., Massima: “ il finanziamento c.d. interinale, e cioè
quello erogato nel corso del procedimento di concordato tra il deposito della domanda e l’omologa, è soggetto ad autorizzazione preventiva ai sensi dell’art. 182-quinquies l. fall., sicché – in assenza di istanza preventiva, con corredo di apposita attestazione in ordine alla funzionalità del finanziamento al miglior soddisfacimento dei creditori, e della consequenziale autorizzazione giudiziale- il finanziamento in parola integra fattispecie di atto vietato ex art. 173, ultimo comma, l. fall. dovendo trovare applicazione tale ultima norma in ogni ipotesi in cui un atto soggetto ad autorizzazione (non solo ai sensi dell’art. 167 l. fall., ma anche in relazione ad ogni altra norma che ne legittimi il compimento previa autorizzazione giudiziale) venga posto in essere in mancanza di tale condizione legittimante e non potendosi neanche ammettere una sanatoria dell’atto non autorizzato tramite successiva ratifica”.
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5. L’INCOMPATIBILITA’ DELL’ART. 182-QUINQUIES L. FALL. CON IL