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La fiscalità nelle valute virtuali

Capitolo 4 “Quale futuro per le criptovalute? Prossime sfide e

4.2 La fiscalità nelle valute virtuali

Come per l’ambito giuridico, anche il tema fiscale soffre un ritardo temporale; è difficile stare al passo di un fenomeno che si è sviluppato in maniera così rapida ed eterogenea, creando allo stesso tempo anche un improvviso interesse nei confronti delle problematiche fiscali associate al possesso e alla

movimentazione delle valute virtuali. Facciamo riferimento alla questione

dell’imponibilità delle criptovalute (tema rilevante sia per i possessori di valuta digitale, sia per le imprese intenzionate ad entrare in questo tipo di business). Quindi quale posizione prendere? In primo luogo, un ente autorevole come quello della Corte di Giustizia UE si è espressa a riguardo114, sancendo

l’esenzione, ai fini IVA, delle operazioni di cambio tra valute ufficiali e Bitcoin

104 in quanto operazioni che non presentano finalità speculative115. Nello specifico, al punto 49 della sentenza si legge: “le operazioni relative a valute non

tradizionali, vale a dire diverse dalle monete con valore liberatorio in uno o più paesi, costituiscono operazioni finanziarie in quanto tali valute siano state accettate dalle parti di una transazione quale mezzo di pagamento alternativo ai mezzi di pagamento legali e non abbiano altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento”.

Anche il nostro Paese, di fronte alla fattispecie dell’imponibilità, si è

sostanzialmente allineato al pensiero condiviso dall’UE. L’Agenzia delle Entrate italiana ha affermato che116:

la compravendita di Bitcoin è una prestazione di servizi esenti da Iva ex art. 10, primo comma, art. 3 del DPR 633/72;

i margini derivanti dalla compravendita sono imponibili, per l’exchange,

quali componenti del reddito d’impresa;

115 In dottrina tuttavia alcuni ritengono che sia la nuova definizione normativa di valuta virtuale che

l’evoluzione del mercato che ha portato ad un investimento di massa su tali criptovalute possano assimilare tali operazioni ad investimenti finanziari e che quindi debba essere applicata la tassazione sui capital gain ovvero a certe condizioni quella sulla speculazione sulle valute.

Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-01-24/fisco-e-bitcoin-ipotesi-tassazione-proventi-capital- gain--230216.shtml?uuid=AEBlEToD

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le rimanenze di Bitcoin devono essere valutate al cambio in vigore a fine anno, ed il valore così determinato è fiscalmente rilevante (ovvero: produce plus/minusvalenze imponibili). L’Agenzia specifica che tale cambio può essere determinato facendo riferimento alla media delle quotazioni rinvenibili sulle piattaforme online in cui avvengono le compravendite di Bitcoin;

ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della Società, persone fisiche che detengono i bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, le operazioni a pronti (acquisti e vendite) non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa.

Non è un caso che l’oggetto di valutazione sia, in entrambi i casi, il Bitcoin (è la criptovaluta più nota e più in contatto con l’economia reale). Ciò porta però ad un’altra importante implicazione, ovverosia che l’analisi di criptovalute diverse potrebbe portare a conseguenze fiscali differenti. Non è quindi detto che,

analizzando ad esempio Ripple, la risposta delle autorità competenti (sempre con riguardo al tema dell’imponibilità) sia univoca. La corte UE, nella sua sentenza sopracitata (anche l’Agenzia delle Entrate italiana fa lo stesso), richiama più volte un importante concetto; ai punti 48,52 e 55 rimarca un

significativo aspetto del Bitcoin, quello cioè di essere esclusivamente un mezzo di pagamento. Possiamo dunque supporre, che qualora questa natura esclusiva non fosse rispettata, allora le conseguenze sul piano fiscale potrebbero differire. (non solo dal punto di vista IVA ma anche da quello delle imposte sul reddito).

106 Una dimostrazione in merito ci viene fornita dalla criptovaluta Tether (USDT), che si distacca, sotto molteplici aspetti, dal Bitcoin. Le informazioni sono riprese dal white paper della società emittente. Andiamo a vedere le principali

disuguaglianze:

1) Tether è una criptovaluta emessa da una società reale, la “Tether Limited” una società a responsabilità limitata. L’emissione non coincide con il processo di mining, effettuato da un gruppo indistinto di soggetti, come per il Bitcoin.

2) La società emittente si è impegnata a rispetta un tasso di

conversione fra la propria criptovaluta e il dollaro di 1:1, creando così una criptovaluta di valore stabile117 (il processo di emissione avviene a condizione che ogni singola valuta virtuale sia coperta da un dollaro depositato nelle riserve della Thether Limited).

3) Alla luce di quanto detto (e confermato anche dalla pagina ufficiale della società), i Tether rappresentano quindi una passività per la società emittente mentre, allo stesso tempo, raffigurano un credito dei possessori di valuta virtuale (denominato in dollari visto che il rapporto è 1:1)118.

117 Nessuno è invece impegnato a convertire Bitcoin; dunque il rapporto di conversione varia quotidianamente.

107 È del tutto evidente come questa criptovaluta sia strutturata in modo totalmente difforme dal Bitcoin. Quindi le operazioni effettuate con Tether, che abbiano ad oggetto attività finanziarie, di qualsiasi natura, producono redditi imponibili e quindi rientrerebbero, per esempio in Italia, nel campo di applicazione dell’art 67 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) .

Non dobbiamo dimenticarci della rapidità dell’espansione delle criptovalute, che nel giro di pochi anni sono passate da un mercato di nicchia a uno in via di

espansione. Dunque è possibile che i vari regolatori cambino il loro approccio su questo fenomeno; fonti recenti119 parlano di un possibile regime tassatorio, in Giappone (il più grande mercato di scambio di Bitcoin al mondo), sulle valute virtuali tra il 15% e il 55%. La tassazione verrà fatta sui profitti dichiarati nelle loro dichiarazioni dei redditi annuali di quest’anno e visto l’incredibile

percentuale di trading di criptovalute nel paese nipponico, il Paese riceverebbe grosse entrate finanziarie. Proprio queste ingenti somme stanno attirando l’attenzione delle autorità competenti in ambito fiscale; una conferma ci è data dal lavoro di Dashiell C. Shapiro120, focalizzato sul mercato statunitense. Shapiro sostiene come l’IRS (Internal Revenue Service) si stia movimentando con grande enfasi, al fine di dare chiarezza al mercato delle criptovalute.

119 Fonte: https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-02-08/crypto-investors-in-japan-face-tax-of-up-to-

55-on-their-takings

120 Fonte: “Bitcoin Loans and Other Cryptocurrency Tax Problems” By: Shapiro, Dashiell C. Journal of Taxation of

108 Tuttavia egli ricorda come gli sforzi di applicazione degli IRS sono ancora in una fase iniziale (esiste solamente una comunicazione IRS sulla tassazione delle criptovalute pubblicata nel 2014, la "IRS Virtual Currency Guidance" ). Il

problema principale da dirimere (visto il funzionamento delle criptovalute) riguarda la fungibilità della moneta virtuale (e quindi l’effettiva individuazione del proprietario di tali beni), al fine di rendere possibile l’applicazione delle norme fiscali di riferimento. Le sfide da affrontare per l’IRS sono molteplici, soprattutto se consideriamo il fatto che negli ultimi anni il mercato delle criptovalute è divenuto sempre più complesso (fork, ICO, strumenti derivati).

Abbiamo potuto osservare come il tema fiscale sia un vero e proprio cantiere in costruzione con molte questioni da affrontare; reputo questa situazione

fisiologica visto che ancora non è nemmeno presente un quadro normativo ben definito.

109 Conclusioni

Con il seguente lavoro abbiamo cercato di offrire una panoramica, sintetica e precisa, sugli argomenti più rilevanti delle criptovalute. È stato analizzato il funzionamento, la sfera economica giuridica e fiscale con tutte le implicazioni più significative; approfondimenti di teorie monetarie, confronti sia con modelli passati sia fra quelli tuttora in vigore. La suddetta ricerca mi ha portato ad una riflessione; il mondo delle criptovalute (e mi riferisco con enfasi alla valute nate dopo il Bitcoin, le quali presentano maggiori vantaggi) potrebbe, attraverso una sorta di “criptoselezione” naturale, arrivare ad evolversi creando un sistema meno volatile e più stabile. Potrebbe costituirsi un pool di valute virtuali (cripto 2.0) che sarebbe in grado di competere in maniera competitiva con le divise ufficiali (e chissà forse sostituirlo?); dal canto loro, i governi centrali più

importanti (in Europa, USA, Cina, Giappone) potrebbero sostenere la nascita di una nuova super moneta (come abbiamo visto per il Tether) che sfrutti il

potenziale della blockchain attravero la creazione di una struttura privata (come abbiamo visto con Ripple) e contrasti il settore delle valute virtuali

“dall’interno” (ipotesi surreale). Nonostante l’assenza di un vero e proprio dibattito accademico, reputo che la manifestazione finale di questo fenomeno, (scomparsa/coesistenza/sostituzione), che molto dipenderà dalla volontà dei governi, sarà la prova concreta del fallimento o del successo dei pensieri enunciati dalla scuola austriaca. Ai posteri l’ardua sentenza.

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