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Fisica oltre il Modello Standard

Nel documento 0.2 Fisica oltre il Modello Standard (pagine 10-0)

Vi sono molte questioni nell’ambito della fisica teorica che, come abbiamo gi´a detto, non possono essere spiegate nell’ambito del Modello Standard. Una delle soluzioni ai quesiti irrisolti in questo Modello ´e fornita dal Modello Standard Supersimmetrico.

Esso non pu´o essere considerato una teoria completa in quanto non ´e ben chiara la natura di tutti i suoi parametri. Il motivo principale di questa scelta ´e legata alla validit´a di tale teoria per elevate scale di energia, intorno alla scala di Planck.

Elenchiamo i principali argomenti che portano verso la necessit´a di formulare una teoria che vada oltre il Modello Standard.

In primo luogo l’interazione gravitazionale non entra in gioco nella fisica del

Modello Standard. Oggi, nell’ ambito cosmologico, non si trova una spiegazione per la probabible esistenza di una costante cosmologica, n´e si riesce a giustificare la presenza di materia oscura (dark matter), entrambi elementi importanti per il successo fenomenologico del modello cosmologico standard basato su una dinamica di Friedmann-Robertson-Walker. Dati i recenti risultati su supernovae di tipo I e quelli pi´u vecchi sulle curve di velocit´a delle stelle esterne nelle galassie di vario tipo che non seguono l’andamento newtoniano, la questione della (molto probabile) presenza della materia oscura e quella della energia oscura nell’universo richiedono nuove idee fisiche che permettano di dare delle risposte a questi quesiti.

Inoltre ´e particolarmente interessante il problema delle gerarchie di gauge, gi´a citato, e che descriveremo tra breve in maggior dettaglio. Non si comprende il motivo della presenza di tre famiglie di leptoni e di quark, n´e dell’unificazione delle costanti di accoppiamento di Yukawa per i quark bottom, top e per la particella tau. Inoltre la massa del bosone di Higgs, relativamente ai dati del Modello Standard, dovrebbe avere un valore non maggiore di 200 GeV. Nel Modello Supersimmetrico, dove abbiamo introdotto due doppietti di Higgs, si predice la massa del campo di Higgs pi´u leggero pari ad un valore non maggiore a 140 GeV. Questo risultato trova un pieno accordo con il valore teorico previsto pari a 115 GeV.

Prendiamo in esame il problema delle costanti di accoppiamento di gauge. La prima figura descrive quello che succede nel Modello Standard e si nota che, per cor-rezioni al primo ordine, i reciproci delle costanti di accoppiamento α−11 (Q2), α−12 (Q2), α−13 (Q2), relative ai gruppi di simmetria U (1), SU (2), SU (3), variano in maniera lineare con log Q2, dove Q2 rappresenta l’energia. Sebbene α−11 decresca con Q2 mentre α−12 e α−13 crescano, esse tendono ad avvicinarsi per grandi valori di energia (Q2 ∼ (1016GeV )2) ma non si incontrano.

Nel Modello Standard Supersimmetrico, invece, si ottiene l’unificazione delle costanti di accoppiamento e questo fatto implica due importanti risultati. Innanzitutto la teo-ria di base ´e perturbativa fino alla scala dell’unificazione, in secondo luogo la fisica intorno alla scala di unificazione ´e molto pi´u semplice di quella descritta per piccoli valori di energia.

Consideriamo finalmente il problema delle gerarchie di gauge.

Il settore elettrodebole del Modello Standard contiene un parametro importante che fissa la scala di energia relativamente alla masse della teoria. Tale parametro, indicato con v, ´e il valore di aspettazione del vuoto del campo di Higgs, pari a circa

60 50 40 30 20 10

103 105 107 109 1011 1013 1015 1017 0

World average 91

Q (GeV) α1-1 (Q)

αi (Q)-1

α2-1 (Q)

α3-1 (Q)

Figure 1: Costanti di accoppiamento nel Modello Standard.

60 50 40 30 20 10 0

102 104 106 108 1010 1012 1014 1016 1018 Q (GeV)

α1-1 (Q)

α2-1 (Q) α3-1 (Q) αi (Q)-1

Figure 2: Costanti di accoppiamento nel Modello Supersimmetrico Ordinario.

246 GeV. Al tree-level, quindi in assenza di loops, le masse dei bosoni vettori W+, W e Z0 sono espresse in funzione di v

MW = gv

2 ∼ 80 GeV mentre

mH = v

sλ 2,

(massa dell’Higgs) in cui ora abbiamo indicato con g la costante di accoppiamento di gauge di SU (2) e λ ´e l’intensit´a dell’autointerazione del campo Higgs, il cui potenziale

´e

VH = −µ2φφ + λ

4(φφ)2.

Una delle condizioni necessarie per avere una teoria predittiva e’ quella della sua rinormalizzabilit´a. Possiamo spiegare questo concetto in modo molto semplice.

Data una lagrangiana L0caratterizzata da termini cinetici e da un dato potenziale, essa e’ detta rinormalizzabile se le divergenze che appaiono perturbativamente (cio´e in una espansione in serie nelle costanti di accoppiamento della teoria) possono essere cancellate da una lagrangiana addizionale (detta “di controtermine”) ∆L0, che ha la stessa struttura della lagrangiana di partenza ma con coefficienti infiniti in modo che L0+ ∆L0 dia predizioni finite. Quindi condizione necessaria perch´e una lagrangiana descriva un modello consistente dal punto di vista della teoria dei campi ´e che questa sia rinormalizzabile.

Vi sono esempi di lagrangiane non rinormalizzabili, le cosiddette lagrangiane “effet-tive”, che sono di ausilio nello studio di vari processi fisici in intervalli di energia specifici. Noi ci aspettiamo, pero’, che la teoria descrivente le interazioni fondamen-tali sia una teoria rinormalizzabile, o che sia, meglio ancora, una teoria “finita”.

Al momento si crede che la descrizione di tutte le interazioni fondamentali, inclusa anche la gravit´a, deve basarsi su una teoria finita. Se questo sia possibile in teorie di campi locali rimane un problema aperto. Sviluppi recenti nell’ambito di teorie che incorporano la gravit´a, quali le teorie di stringa (stringa e’ “corda” in inglese), indicano che sia possibile ottenere una teoria finita mediante l’introduzione di oggetti non locali, le stringhe ad esempio, per le quali il concetto di interazione di vertice

“puntuale”, tipico della teoria dei campi locale, ´e assente.

In questo capitolo descriviamo sommariamente il problema tralasciando i dettagli piu’ tecnici che verranno analizzati brevemente nel capitolo 2.

Abbiamo detto che in una teoria rinormalizzabile ´e possibile rimuovere le diver-genze mediante una ridefinizione (infinita) dei parameteri della teoria: ampiezze dei campi, costanti di accoppiamento e masse.

In genere queste divergenze possono essere “controllate” mediante l’introduzione di un parametro dimensionale che ha le dimensioni di una energia (Λ) e che permette di

“tagliare” i contributi divergenti negli integrali provenienti dalle correzioni radiative.

Per essere pi´u specifici, se indichiamo con

Z

0 f (k)d k (1)

un tipico integrale divergente nello spazio degli impulsi di una certa funzione f (k), il taglio sull’integrale si ottiene introducendo l’approssimazione

Z Λ

0 f (k)d k (2)

che e’ finito, se Λ ´e finito. Ricordiamo che in unita’ naturali (¯h = c = 1) k ha le dimensioni di una energia (o di una massa, equivalentemente) esattamente come Λ. I tipi di divergenze che ci si aspetta da queste correzioni sono della forma logn(Λ/M ), per qualche n intero e dove M ´e una scala tipica della teoria. Tali divergenze, dette appunto logaritmiche, sono quelle pi´u accettabili, nel senso che le sottrazioni incor-porate in ∆L0 sono debolmente dipendenti dalla scala scelta per fissare Λ.

Ovviamente la situazione ´e diversa se tali divergenze sono lineri oppure, addirittura quadratiche in Λ, perch´e in tal caso, pur potendo rinormalizzare la teoria mediante una opportuna ∆L0, ´e ovvio che gli aggiustamenti da fare nei parametri della la-grangiana di partenza L0 sono fortemente dipendenti da questa scala di taglio (cut-off).

Il settore di Higgs del Modello Standard che, come abbiamo detto, ´e rinormaliz-zabile, ha proprio questa caratteristica: le correzioni alle masse degli scalari sono affette da divergenze quadratiche nella scala Λ e quindi le sottrazioni imposte dalla procedura di rinormalizzazione sono effettivamente molto grandi in quanto Λ pu´o essere scelto in modo completamente arbitrario ed essere, addirittura, della scala di Planck (MPlanck = 1019 GeV).

La supersimmetria ci permette di superare questo ostacolo mediante la cancel-lazione delle divergenze quadratiche del settore degli scalari. Questo viene ottenuto mediante un raddoppiamento dello spettro e l’imposizione di un’ algebra, detta ap-punto supersimmetrica, che preserva la simmetria di gauge ordinaria ma introduce

una simmetria globale che manda fermioni in bosoni e viceversa.

Al contrario delle simmetrie di gauge, che sono appunto simmetrie locali, la su-persimmetria ´e una simmetria globale e come nelle simmetrie ordinarie pu´o essere descritta usando il linguaggio gruppale, detto in questo caso dei supergruppi.

Mentre nelle teorie con simmetrie ordinarie gli stati fisici della teoria sono descritti mediante l’introduzione di rappresentazioni irriducibili dei gruppi ordinari, pensiamo ad esempio ad un doppietto di SU (2) che descrive l’isospin delle interazioni nucleari o ad altri casi fisici analoghi, anche nel caso della supersimmetria la realizzazione fisica dell’algebra richiede campi che trasformano in modo irriducibile rispetto all’azione dell’algebra. Questi vengono detti supercampi. Il formalismo che illustreremo breve-mente nel prossimo capitolo servir´a a capire in modo molto semplice le regole che servono per procedere nel calcolo con queste nuove entit´a matematiche senza alcuna pretesa di essere rigorosi.

Un fatto che va sottolineato ´e che mediante l’introduzione dei supercampi le varie componenti spinoriali in ciascuna rappresentazione irriducibile di una data alge-bra supersimmetrica (supermultipletto) vengono incorporate in un solo supercampo.

L’analogia pi´u calzante ´e quella di una ordinaria rappresentazione di un vettore: si possono usare le componenti oppure si pu´o scrivere il vettore in forma astratta in cui le componenti sono moltiplicate per dei vettori di base.

Nel formalismo dei supercampi la situazione ´e molto simile: il ruolo delle componenti del supermultipletto ´e analoga a quella delle componenti di un vettore ordinario, men-tre il ruolo della base vettoriale viene preso da alcune coordinate (θ) dette variabili di Grassmann che permettono di ottenere un oggetto “scalare”, cio´e privo di indici (in questo caso sono appunto indici di Lorentz) che ´e analogo al vettore astratto.

Si pu´o a qualunque punto del calcolo estrarre le varie componenti di ogni super-campo mediante opportune proiezioni. Questo viene fatto nell’analisi fenomenologica di specifici modelli, quali appunto il Modello Standard Supersimmetrico Minimale e le sue estensioni non-minimali, che sono l’oggetto di questa tesi.

Introduzione alla Supersimmetria

In questo capitolo introduciamo gli aspetti essenziali delle teorie supersimmetriche e sviluppiamo il formalismo necessario per lo studio di queste teorie nel superspazio.

In particolare introduciamo la descrizione delle superalgebre e dei supercampi in det-taglio in modo da rendere la nostra trattazione autocontenuta. Cominciamo con l’introdurre le rappresentazioni spinoriali del gruppo SL(2, C) ed in particolare i due spinori -sinistri e destri- che appariranno nello studio dell’estensioni delle algebre di Lie a superalgebre.

Sia M una matrice complessa 2-per-2 appartenente a SL(2, C). Definiamo con SL(2, C) il gruppo delle matrici complesse 2-per-2 (GL(2, C)) con determinante pari ad 1, cio´e

SL(2, C) = {M ∈ GL(2, C) | detM = 1}. (1.1) In generale avremo varie rappresentazioni irriducibile del gruppo. Fra queste, le pi´u comunemene usate sono la fondamentale, che ha dimensione 2 e la sua complesso coniugata. Queste due rappresentazioni, che descriveremo in dettaglio, sono inequiv-alenti ed agiscono su spazi vettoriali bi-dimensionali i cui componenti sono spinori di definita chiralit´a. Sia ψα, con α = 1, 2 uno spinore fondamentale nella 2. L’azione di M su questo spinore e’ riassunta dalla formula [3]

ψ0α = Mαβ

ψβ (1.2)

dove abbiamo sottinteso la somma sugli indici ripetuti. Introduciamo inoltre la matrice M che ´e la complesso coniugata di M . Questa seconda matrice agir´a su un

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differente spazio vettoriale degli spinori “puntati”, cio´e degli spinori che trasformano nella rappresentazione complesso coniugata della M . Denotiamo tali spinori con ψα˙ e la relativa trasformazione sotto M con

ψα˙0 = Mα˙ β˙

ψβ˙. (1.3)

Le due matrici M ed M non sono equivalenti. In altri termini non esiste una matrice C tale che M = CMC−1.

Invece si pu´o dimostrare che la matrice M−1 T ´e equivalente ad M se esiste una matrice  tale che M −1 = M−1 T con  ∈ GL(2, C).

Da qui si ricava l’espressione esplicita di  con indici non puntati

(αβ) =

0 −1

1 0

=αβ−1

αβ =

0 1

−1 0

= (αβ)T .

(1.4) Valgono inoltre le relazioni

αβ αβ−1 = 12×2

αβT 

βγ= −δαγ.

(1.5) Quindi  ´e la metrica che ci fa passare da una rappresentazione alla sua equivalente e viceversa

αβMβγγδ =M−1 Tα δ

Mαβ

= αγ

M−1 Tγ δ δβ.

(1.6)

Lo spinore ψα che trasforma con M ´e detto covariante. Definiamo come con-trovariante ψα = αβψβ e, da come ci si pu´o aspettare, esso trasforma sotto la rapp-resentazione M−1 T

ψ =M−1Tα βψβ. (1.7)

In maniera analoga definiamo la rappresentazione M∗−1T come l’equivalente della complesso coniugata M grazie all’esistenza delle matrici

 =

0 1

−1 0

:= α ˙˙β

−1 =

0 −1

1 0

:= α ˙˙β

(1.8) che ci permettono di passare da una all’altra [3]

α ˙˙β(Mβ˙

˙γ) ˙γ ˙δ =M−1Tα˙˙δ Mα˙

β˙

= α˙˙γ

M∗−1T˙γ˙δ ˙δ ˙β.

Le leggi di trasformazione per gli spinori “puntati” sono rispettivamente

ψ0 ˙α =M∗−1Tα˙ ˙

β ψβ˙ (1.9)

per lo spinore controvariante, che definiamo mediante la relazione ψα˙ = α ˙˙βψβ˙, mentre per lo spinore covariante

ψ0α˙ = Mα˙β˙ψβ˙. (1.10) Ancora una volta sfruttiamo la metrica  per passare dalla forma covariante a quella controvariante

ψ0α˙ = α ˙˙βψβ˙. (1.11)

Con la stessa matrice posso anche dimostrare come ricavare la (1.10) dalla (1.9)

ψ0α˙ = Mα˙ β˙ψβ˙

= α˙˙γ(M∗−1T)˙γ ˙δ ˙δ ˙βψβ˙

(1.12)

per la (1.8).

Moltiplicando a sinistra l’intera espressione per ˙ ˙α ricaviamo

φ˙= ˙ ˙αψ0α˙ = ˙ ˙αα˙˙γ(M∗−1T)˙γ ˙δ˙δ ˙βψβ˙

= δ˙˙γ(M∗−1T)˙γ ˙δ˙δ ˙βψβ˙

= (M∗−1T)˙˙δ˙δ ˙βψβ˙

= (M∗−1T)˙˙δψ˙δ

(1.13)

in cui abbiamo chiamato con φ˙ il nuovo spinore.

1.1 Spazi duali

A questo punto sono note le leggi di trasformazione degli spinori ψαα, ψα˙ e ψα˙. ´E possibile quindi definire due spazi vettoriali bidimensionali F ed ˙F che sono i duali rispettivamente di F ed ˙F , a cui appartengono gli spinori sinistri controvarianti nel primo caso e destri controvarianti nel secondo. Stabiliamo una mappa da F in C attraverso l’applicazione di elementi di F come segue

ψα ∈ F → φ(ψ) := φαψα ∈ C (1.14) in cui φα ∈ F.

In accordo con quanto detto precedentemente, l’applicazione che ci permette di passare dallo spazio F ad F ´e la matrice αβ mentre per l’applicazione inversa uti-lizziamo αβ. Equivalentemente per gli spazi “puntati” vale

ψα˙ ∈ ˙F −→ ψ(φ) = ψα˙φα˙ ∈ C (1.15)

in cui φα˙ ∈ ˙F.

Ancora, come prima, sar´a la matrice  a farci muovere dallo spazio ˙F a ˙F. ´E anche possibile ottenere spinori di ˙F partendo da elementi di F con l’applicazione delle matrici σ0, che definiremo in seguito, che agiscono come segue

0)αβ˙ : F → ˙F ; (σ0)αβ˙ ψβ = ψα˙. (1.16)

Per la trasformazione inversa introduciamo la matrice (σ0)α ˙β

0)α ˙β : ˙F → F ; σ0α ˙βψβ˙ = ψα. (1.17)

Per completezza forniamo le trasformazioni per i restanti spinori

ψα = ψβ˙σ0 ˙βα ψα˙ = ψ∗βσ0βα˙.

(1.18)

Le formule precedenti saranno fondamentali nella definizione degli spinori di Ma-jorana. Il passaggio (F → ˙F ) ´e un’operazione di coniugazione complessa che ovvia-mente non ´e un’applicazione lineare perci´o F ed F sono due spazi di SL(2, C) che forniscono rappresentazioni non equivalenti. Diversamente F ed F, cos´ı come ˙F e F˙, sono spazi di rappresentazioni equivalenti perch´e il passaggio dai primi ai secondi si ha usando la metrica αβ e α ˙˙β.

1.2 Corrispondenza tra

SL(2, C)

ed

L+

E interessante stabilire una corrispondenza tra le matrici M ∈ SL(2, C) e le matrici´ di Lorentz Λ ∈ L+ (gruppo delle trasformazioni di Lorentz proprie, cio´e con determi-nante uguale a +1, ed ortocrone, quindi con Λ00 ≥ 1). Intanto ´e necessario costruire una mappa ρ dallo spazio di Minkosky M4 ad H(2, C) , spazio delle matrici complesse due-per-due hermitiane

ρ : M4 → H(2, C) ; ρ(xµ) = xµσµ=

x0− x3 x1+ x2 x1− x2 x0− x3

= X (1.19)

con

(xµ) := (x0, ~x) 4-vettore covariante di M4 ; (xµ) := (x0, −~x) 4-vettore con-trovariante di M4 ; σµ := (σ0, ~σ) set di 4 matrici hermitiane due-per-due e tali che σ0 = 12×2 e ~σ = (σ1, σ2, σ3), dove le σi sono le matrici di Pauli.

La mappa inversa ´e data da

ρ−1 : H(2, C) → M4 ρ−1(X) = xµ = 1

2T r(Xσµ)

(1.20) dove T r(Xσµ) indica la traccia della matrice in parentesi e il set σµ = (σ0, σi) corrisponde a σ0 = σ0 e σi = −σi con i = 1, 2, 3 .

L’equazione precedente pu´o essere dimostrata immediatamente richiamando la nota relazione: T r(σνσµ) = 2ηµν dove il tensore metrico ηµν ´e la matrice

ηµν =

1 0

0 −13×3

(1.21)

Infatti

1

2T r(Xσµ) = 1

2T r(xνσνσµ)

= 1

2T r(σνσµ)xν

= 1

22ηµνxν = xµ.

(1.22) E necessario ora introdurre la rappresentazione aggiunta (che indichiamo con adj)´ del gruppo SL(2, C)

adj : SL(2, C) → Aut(H(2, C))

M ∈ SL(2, C) → M0 = adjM(x) = MXM∈ Aut(H(2, C))

(1.23) in cui M, M ∈ SL(2, C) e Aut(H(2, C)) ´e il gruppo isomorfo a GL(H(2, C)), gruppo delle matrici di H(2, C) con determinante uguale a +1. Possiamo quindi indicare una generica trasformazione di Lorentz M4 → H → H → M4

xµ → ρ(xµ) = X → adjM(x) = MXM

= X0 → ρ−1(X0)

= x0µ (1.24)

che equivale a x = Λµνxν. Confrontando le due espressioni ricaviamo la cor-rispondenza tra SL(2, C) ed L+ attraverso una relazione esplicita

Λµν(M ) = 1

2[T r(σµM σνM+)]. (1.25) Per cui possiamo concludere che per ogni M ∈ SL(2, C) esiste una Λ = Λ(M) ∈ L

per la quale

Λ(M1)Λ(M2) = Λ(M1M2). (1.26) Per ricavare l’inversa di (1.25) sfruttiamo l’espressione seguente

Λµνxνσµ = xσµ

= X0 = M XM

= M xνσνM (1.27)

da cui deduciamo

Λµνσµ= M σνM. (1.28)

Moltiplicando ambo i membri a destra per σν otteniamo

Λµνσµσν = M σνMσν = M [2T r(M)]12×2 (1.29) avendo utilizzato la propriet´a σµM σµ = 2(T r(M ))12×2. Quindi avremo M (Λ) =

1

2T r(M)Λµνσµσν , ed infine, esprimendo la T r[M] come il det(Λµνσµσν) otteniamo finalmente

M (Λ) = 1

det[Λµνσµσν]12Λµνσµσν, (1.30) per cui ´e stabilita la corrispondenza: Λ ⇐⇒ ±M.

1.3 Propriet´a degli spinori

Riassumiamo qui brevemente alcune definizioni che torneranno utili in seguito. Le forme quadratiche [1]

(ψφ) := ψαφα

(ψφ) := ψα˙φα˙ (1.31)

sono invarianti sotto trasformazioni di SL(2, C).

Le componenti degli spinori sono variabili di Grassmann per cui valgono le relazioni di anticommutazione

α, ψβ} = {ψα, ψβ} = {ψα, ψβ} = 0, (1.32)

α˙, φβ˙} = {φα˙, φβ˙} = {φα˙, φβ˙} = 0. (1.33) La validit´a di queste ultime implica che le quantit´a descritte dagli spinori soddis-fino la statistica di Fermi-Dirac e quindi siano particelle di spin semintero.

E utile riportare le seguenti propriet´a relative ai prodotti scalari´

ψφ = φψ ; ψφ = φψ ; (ψφ)= φψ = ψφ ; φσµψ = −ψσµφ ; φσµσνψ = ψσνσµφ ; (φσµψ)= ψσµφ ; (φσµσνψ)= ψσνσµφ.

(1.34)

1.4 Rappresentazioni di

SL(2, C)

Finora abbiamo descritto l’algebra degli spinori bidimensionali di Weyl ψα e φα˙ . Essi sono due diversi esempi di rappresentazioni di SL(2, C) che indichiamo rispettiva-mente con (12, 0) e (0,12). Possiamo ottenere altre rappresentazioni di SL(2, C) dal prodotto diretto di due spinori di Weyl (12, 0), la prima scalare (di dimensione 1) e la seconda tensoriale (di dimensione tre)

(1

2, 0) × (1

2, 0) = (0, 0) + (1, 0). (1.35) Ma ´e particolarmente interessante considerare il risultato che si ottiene dal prodotto diretto di spinori left-handed e right-handed

(1

2, 0) × (0,1 2) = (1

2,1

2). (1.36)

Quest’ultima rappresentazione ´e quella dello spinore di Dirac (ΨD) a quattro com-ponenti definito nello spazio F + ˙F. Infatti la sua prima componente trasforma attraverso la matrice M mentre la seconda tramite M∗−1T. Indichiamo schematica-mente la legge di trasformazione di ΨD

Ψ0 = S(M )Ψ =

in cui si ´e utilizzata l’applicazione

M ∈ SL(2, C) → S(M) =

dove M ed M∗−1 sono sottomatrici 2 × 2, come anche la matrice nulla 0.

Una relazione tra spinori a due componenti e spinori a quattro componenti si ottiene con l’introduzione delle matrici γ (4 × 4) in rappresentazione chirale o di Weyl [2]

Per queste matrici vale l’algebra di Clifford

Wµ , γWν } = 2ηµν14×4. (1.40)

Inoltre ´e banale verificare che

W5 )2 = 1 ; {γW5 , γWµ } = 0. (1.42) Per mostrare esplicitamente il legame tra spinori di Weyl e spinori di Dirac con-sideriamo l’equazione del moto di una particella fermionica massless relativistica. La

dinamica sar´a data dall’equazione di Dirac γµWµψD = 0 che, in forma matriciale, corrisponde a

0 (σµµ)α ˙βµµ)αβ˙ 0

φβ

ψβ˙

= 0. (1.43)

L’equazione precedente equivale ad un sistema di due equazioni disaccoppiate per i due diversi spinori di Weyl. Queste possono essere riscritte utizzando il principio di corrispondenza (usiamo unit´a naturali): i∂t → E ;∂xi → −ipi e si ottiene

(−E + ~σ · ~p)ψ = 0 (E + ~σ · ~p)φ = 0. (1.44)

Definiamo ora l’operatore di elicit´a ~σ · ˆp (con ˆp = |~~pp|) come la proiezione dello spin di una particella nella direzione del moto. Poich´e (~σ · ~p)ψ = Eψ = |~p|φ , ci´o implica la validit´a dell’espressione 12(~σ · ˆp)ψ = 12ψ. Quindi possiamo concludere che la prima equazione di (1.44) descrive una particella fermionica di elicit´a +12. E quindi uno stato right-handed. Procedendo analogamente si ricava che φ ´e un´ autostato di elicit´a −12 ed ´e perci´o un fermione left-handed, in pieno accordo con le nostre definizioni precedenti di ψ e φ. Possiamo ricavare le matrici γ in due diverse rappresentazioni, rispettivamente quella di Dirac e quella di Majorana, attraverso le trasformazioni non singolari

γµD → XγWµX−1 ; γMµ → Y γWµY−1 (1.45)

con X e Y matrici note. Nella rappresentazione di Majorana lo spinore ha quattro componenti e si esprime, come ψD, in funzione degli spinori bidimensionali di Weyl.

Ma lo spinore di Majorana ψM avr´a solo due gradi di libert´a indipendenti perch´e, fissata la prima componente spinoriale, la seconda sar´a la complessa coniugata

ψM =

φα

φα˙

. (1.46)

1.5 Algebra Supersimmetrica

La necessit´a di estendere l’ algebra di Poincar´e nasce con l’obiettivo di ottenere una teoria supersimmetrica in uno spazio di dimensione maggiore rispetto a quello minkowskiano, che chiameremo superspazio. Un generico punto del superspazio ha coordinate (xµ, θα, θα˙) in cui xµ ´e un quadrivettore di Minkowski mentre θα e θα˙ con α = 1, 2 e ˙α = ˙1, ˙2 sono variabili di Grassmann indipendenti. Esse corrispondono agli spinori di Weyl nelle due diverse rappresentezioni di SL(2, C). Il set di coordi-nate fissa a otto la dimensione del superspazio. Tratteremo trasformazioni globali di supersimmetria generate dagli operatori Q e Q (hermitiano coniugato di Q). Questi ultimi agendo sui supercampi trasformano particelle fermioniche in bosoni e viceversa.

Definiamo dunque le relazioni di commutazione e anticommutazione che regolano il formalismo dei supercampi relative a tutti gli operatori e le variabili che vi agiscono [4]

{Qα, Qβ} = {Qα˙, Qβ˙} = 0, {Qα, Qα˙} = 2σαµα˙Pµ,

[Qα, Pµ] = [Qα˙, Pµ] = 0, [Pµ, Pν] = 0,

α, θβ} = {θα˙, θβ˙} = {θα, θβ˙} = 0.

(1.47)

Possiamo sintetizzare le formule precedenti attraverso i seguenti commutatori [θαQα, θβ˙Qβ˙] = 2θασα ˙µβθβ˙Pµ,

αQα, θβQβ] = [θα˙Qα˙, θβ˙Qβ˙] = 0.

(1.48)

Gli operatori P, Q e Q sono hermitiani. In rappresentazione differenziale Pµ= i∂µ

mentre le espressioni per Q e Q saranno ricavate in seguito.

Riportiamo qui di seguito l’espressione generale di un’ algebra supersimmetrica scritta utilizzando notazioni quadridimensionali, cio´e supercariche espresse come spinori

in 4 componenti piuttosto che come spinori di Weyl. Questa si compone di gener-atori dell’algebra di Poincar´e estesa con l’addizione, appunto, dei genergener-atori di su-persimmetria Q e ¯Q. Pertanto nel conto finale dei generatori avremo: i 4 generatori delle traslazioni Pµ, i 6 generatori delle trasformazioni di Lorentz Mµν, i 4 generatori fermionici Qa autoconiugati (spinori di Majorana) che soddisfano l’algebra

[Mµν, Mρσ] = −i(ηµρMνσ − ηµσMνρ − ηνρMµσ + ηνσMµρ) [Mµν, Pρ] = i(ηνρPµ− ηµρPν)

[Pµ, Pν] = 0 [Pµ, Qa] = 0

[Mµν, Qa] = −(σ4µν)abQb

{Qa, Qb} = 2 (γµ)abPµ, {Qa, Qb} = 2 (C−1γµ)abPµ

{Qa, Qb} = −2 (γµC)abPµ. (1.49)

in cui a,b variano da 1 a 4. L’espressione presentata in (1.49) corrisponde ad un’algebra con una sola carica di supersimmetria o N = 1 ed ´e quella che sar´a im-plementata nella costruzione del modello standard supersimmetrico, che proprio per questa ragione viene detto minimale. L’algebra contiene come componente boson-ica l’algebra di Poincar´e ed i generatori fermionici trasformano, appunto, secondo una rappresentazione spinoriale dell’algebra di Poincar´e. Essendo autoconiugati sono degli spinori di Majorana. L’inclusione nella superalgebra di Poincar´e di una qualche simmetria interna richiede un insieme di N cariche spinoriali QαA, QαA˙ (α = 1, ..., N ) dove N `e la dimensione della rappresentazione del gruppo di simmetria interna. Le algebre con N > 1 sono dette algebre supersimmetriche estese.

1.5.1 Relazioni per le variabili

θ

e

θ

Riassumiamo qui una serie di relazioni quadratiche che saranno utili in seguito.

Queste coinvolgono la variabile θ

θ2 = (θθ) = θαθα = −2θαθβ θ2 = (θθ) = θα˙θα˙ = 2θα˙θβ˙

θαθβ = −1

2αβ(θθ) θαθβ = 1

2αβ(θθ) θα˙θβ˙ = 1

2α ˙˙β(θθ) θα˙θβ˙ = −1

2α ˙˙β(θθ).

(1.50)

La dimostrazione di queste formule ´e piuttosto immediata richiedendo solo la conoscenza delle relazioni

αβδγ = δγαδβδ − δδαδβγ

α ˙˙β˙δ ˙γ = δα˙γ˙δβ˙δ˙ − δα˙δ˙δβ˙γ˙

(1.51) e viene pertanto omessa.

1.5.2 Differenziazione e integrazione rispetto alle variabili

θ

e

θ

Introduciamo ora degli operatori differenziali e integrali e riportiamo alcune relazioni relative ad essi. Definiamo

α := ∂

∂θα ; ∂α := ∂

∂θα

α˙ := ∂

∂θα˙ ; ∂α˙ := ∂

∂θα˙

.

(1.52)

essere gli operatori rispetto a variabili di Grassman con indici puntati e non puntati e le relazioni

αββ = −∂α ; αββ = −∂α

α ˙˙ββ˙ = −∂α˙ ; α ˙˙ββ˙ = −∂α˙,

(1.53) che permettono l’innalzamento e l’abbassamento degli indici di questi nonch´e le re-lazioni di anticommutazione

{∂α˙, ∂β˙} = {∂α, ∂β} = 0 {∂α˙, θβ} = {∂α, θβ˙} = 0,

(1.54)

αθβ = δαβ ; ∂αθβ = δβα ; ∂α˙θβ˙ = δβα˙˙ ; ∂α˙θβ˙ = δβα˙˙

αθβ˙ = ∂α˙θβ = 0.

(1.55) che saranno molto utili nello studio dello spettro dell’MSSM e dell’NMSSM. Un sem-plice calcolo fornisce le relazioni

αθβ = ∂

∂θα(βγθγ) = βγδαγ = βα

α˙θβ˙ = ∂

∂θα˙

(β˙˙γθ˙γ) = β˙˙γδα˙γ˙ = β˙α˙

αθ2 = ∂αβθβ) = (∂αθββ − θβ(∂αθβ)

= δαβθβ − θβ(−αγγθβ) = θα+ θβαβ = 2θα

α˙θ2 = −2θα˙,

(1.56)

mentre l’integrazione rispetto a variabili di Grassmann ´e riassunta nelle seguenti V´a notato che l’integrazione su variabili grassmaniane e’ simile alla differenziazione.

Una discussione pi´u estesa di questi risultati la si pu´o trovare [5].

Inoltre scegliamo la normalizzazione

Sar´a particolarmente utile nel calcolo dell’azione la funzione delta definita rispetto alle variabili grassmaniane, con relative propriet´a di integrazione

Z

d2θf (θ)δ2(θ − θ0) = f (θ0) → δ2(θ) = (θθ) (se θ0 = 0) (1.60) dove f ´e una generica funzione di θ del tipo

f (θ) = f(0)+ θαfα(1)+ (θθ)f(2).

Analogamente, nel caso di ¯f (θ)

f (θ) = ¯¯ f(0)+ θα˙α˙(1)+ (θθ) ¯f(2) definiamo

δ2(θ) = (θθ).

Valgono le relazioni

Z

d4θf (θ)δ2(θ) = f(2)

Z

d4θ ¯f (θ)δ2(θ) = ¯f(2). (1.61) Queste propriet´a saranno fondamentali nello studio delle densit´a di lagrangiane e

d4θ ¯f (θ)δ2(θ) = ¯f(2). (1.61) Queste propriet´a saranno fondamentali nello studio delle densit´a di lagrangiane e

Nel documento 0.2 Fisica oltre il Modello Standard (pagine 10-0)

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