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0.2 Fisica oltre il Modello Standard

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Academic year: 2022

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Tesi di Laurea

Il Modello Standard Supersimmetrico Non Minimale

Laureanda: Elisa Manno

Relatore: Dr. Claudio Corian`o

Correlatore: Dr. Pasquale Di Bari

Anno Accademico 2004-2005

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Vorrei dedicare questa tesi a tutte le persone che mi sono state accanto in questi ultimi mesi di studio, mesi di duro lavoro ma anche di grande apprendimento.

In cima alla lista delle persone che voglio ringraziare c’´e il mio relatore, il Prof.

Claudio Corian´o, perch´e mi ha fatto capire cos’´e la ricerca scientifica e mi ha insegnato ad affrontare con grinta i problemi che si incontrano nello studio. Lo ringrazio non solo per l’aiuto che mi ha fornito in questo lavoro di tesi ma anche per tutte le opportunit´a che mi ha offerto, come il viaggio-studio a Monaco e la partecipazione alla scuola dell’LHC, occasioni importanti nelle quali mi sono confrontata con altri studenti e ho avuto modo di comprendere soprattutto lo spirito della ricerca.

Vorrei ringraziare per la sua disponibilit´a e i suoi consigli il mio corelatore, il Prof.

Pasquale Di Bari. Le sue belle ed originali lezioni assieme alla sua simpatia hanno reso molto piacevole il periodo passato a Monaco.

Voglio ringraziare la mia famiglia che mi ha sostenuto con ogni mezzo, materiale e non, e mi ha appoggiato in tutte le scelte fatte fino ad oggi. Ringrazio mia madre per la sua dolcezza e per i continui incoraggiamenti che mi hanno “nutrito” quotidi- anamente e che mi hanno permesso di arrivare fino a qui. Voglio ringraziare mio pap´a perch´e mi ha insegnato che con la costanza e la perseveranza si pu´o raggiungere qual- siasi obiettivo e che occorre essere tenaci di fronte alle difficolt´a che la vita ci mette di fronte. Ringrazio mia sorella Paola per avermi sopportato quando ero davvero insopportabile e perch´e ha saputo farmi ridere di me quando mi prendevo troppo sul serio. Ringrazio Marco per la sua infinita pazienza dimostrata in questo periodo e per il suo amore incondizionato che dura invece da tanti anni. La sua vicinanza ´e stata per me fonte di grande serenit´a nello studio ed ha quindi contribuito positivamente alla realizzazione di questo mio lavoro.

Vorrei ringraziare in maniera particolare Marco Guzzi ed Alessandro Cafarella 1

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perch´e sono stati per me come “angeli custodi” dai quali correvo alla prima difficolt´a.

Mi hanno aiutato concretamente sia nello studio che nell’uso di alcuni programmi al computer e lo hanno fatto con grande pazienza e disponibilit´a.

Ringrazio infine tutti i miei amici che hanno visto in questi ultimi giorni un’ Elisa un p´o esaurita e lunatica e per questo mi hanno aiutato a svagarmi e a rilassarmi.

Grazie a Momo per la sua presenza, grazie a Daniela per la sua saggezza, grazie ad Anto, a Sabry, a Benny e a Cla per l’ affetto dimostratomi. Grazie agli amici del Fiorini perch´e ho condiviso con loro momenti di sconforto e di risate, nonch´e i famosi panini di Roberto.

Infine vorrei ringraziare i miei nonni perch´e mi hanno voluto tanto bene e sono sicura che oggi sarebbero fieri di me.

(5)

Introduzione al lavoro di tesi1

0.1 Organizzazione degli argomenti . . . 1

0.2 Fisica oltre il Modello Standard . . . 3

Capitolo 1. Introduzione alla Supersimmetria 9 1.1 Spazi duali . . . 12

1.2 Corrispondenza tra SL(2, C) ed L+ . . . 14

1.3 Propriet´a degli spinori . . . 16

1.4 Rappresentazioni di SL(2, C) . . . 17

1.5 Algebra Supersimmetrica . . . 20

1.5.1 Relazioni per le variabili θ e θ . . . 21

1.5.2 Differenziazione e integrazione rispetto alle variabili θ e θ . . . 22

1.6 Supercampi e trasformazioni supersimmetriche . . . 25

1.6.1 Supercampi chirali . . . 31

1.6.2 Supercampi vettoriali . . . 36

1.6.3 Campi di forza supersimmetrici . . . 38

1.7 Azione e lagrangiana supersimmetrica . . . 39

1.8 Conclusioni sull’algebra supersimmetrica . . . 43

Capitolo 2. Il Modello Standard 45 2.1 Teorie di gauge . . . 45

2.2 Costituenti del Modello Standard . . . 50 ii

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2.3 Lagrangiana del Modello Standard . . . 52

2.4 Correnti neutre e correnti cariche . . . 54

2.5 Rottura di simmetria . . . 58

2.6 Generazione delle masse dalla rottura di simmetria . . . 62

2.7 Le divergenze quadratiche . . . 63

Capitolo 3. Il Modello Standard Minimale Supersimmetrico 67 3.1 Espansione dei supercampi . . . 68

3.2 Lagrangiana Supersimmetrica . . . 72

3.3 Dettagli relativi al calcolo di LSof t . . . 74

3.4 Calcolo di LSusy attraverso tecniche di algebra supersimmetrica . . . 79

Capitolo 4. NMSSM 97 4.1 Lagrangiana on-shell per l’ NMSSM . . . 106

4.2 Settore di Higgs . . . 107

4.3 Metodo di diagonalizzazione . . . 112

4.3.1 Sezione 1 . . . 112

4.3.2 Sezione 2 . . . 113

4.3.3 Sezione 3-4 . . . 115

4.4 Conclusioni . . . 117

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0.1 Organizzazione degli argomenti

Una delle tematiche di ricerca pi´u attuali in fisica delle alte energie concerne lo studio delle estensioni del Modello Standard nella loro formulazione supersimmetrica.

Il Modello Standard ´e basato su una teoria di gauge alla Yang-Mills che permette l’unificazione delle interazioni elettrodeboli e di quelle forti mediante una scelta op- portuna del gruppo di gauge (SU(3)c× SU(2)L× U(1)Y). La generazione di massa in queste teorie si fonda sul meccanismo di Higgs. Secondo questo meccanismo un campo scalare complesso assume nello stato di minimo del potenziale del modello un valore non nullo che determina la rottura spontanea della simmetria di gauge.

Uno dei compiti principali dei prossimi anni, specialmente all’ LHC, il nuovo acceleratore in costruzione al Cern di Ginevra che entrer´a in fuzione nel 2007, sar´a quello di testare questo meccanismo.

Il Modello Standard ordinario ´e chiaramente una teoria incompleta. Questo, ad esempio, lo si capisce dalla conferma sperimentale della presenza di oscillazioni del neutrino che, pertanto, deve avere massa. Nel Modello Standard ordinario il neutrino non ha massa.

Un altro aspetto importante che porta a formulazioni estese del Modello Standard

´e il cosiddetto “problema delle gerarchie di gauge”. Questo problema lo si pu´o rias- sumere nel fatto che il valore di aspettazione nel vuoto del campo di Higgs ´e molto pi´u piccolo della scala di Planck (1019 GeV) e che correzioni radiative nella teoria elettrodebole dipendono in modo molto sensibile dalla scelta della scala di rinorma- lizzazione che, di fatto, pu´o essere arbitraria e pari anche alla costante di Planck.

Il fatto che una teoria formulata ad una scala caratterizzata da un valore di ener- gia del vuoto dell’ordine di alcune centinaia di GeV sia sensibile nell’ultravioletto

1

(9)

ad una scala molto pi´u grande alla quale il Modello Standard chiaramente non pu´o essere giustificato ´e un mistero al quale bisogna dare una risposta teorica consistente e testabile sperimentalmente.

La presenza di questa gerarchia ed, in particolare, la condizione di cancellazione delle divergenze quadratiche nella massa degli scalari, punta decisamente a favore di una nuova simmetria oltre il Modello Standard detta “Supersimmetria”. La super- simmetria, dapprima formulata in due dimensioni da Ramond nell’ambito delle teorie di stringa, venne estesa in quattro dimensioni da Wess e Zumino.

Gli sviluppi degli anni ’70 hanno portato ad una formulazione delle teorie super- simmetriche ed hanno aperto la strada alle loro implementazioni fenomenologiche.

Nelle teorie supersimmetriche ad ogni grado di libert´a bosonico viene associato un corrispondente grado di libert´a fermionico. L’area naturale in cui studiare queste estensioni delle simmetrie ordinarie ´e il superspazio del quale forniremo una de- scrizione nei capitoli a seguire.

In questo lavoro di tesi ci occuperemo di un’estensione del Modello Standard su- persimmetrico detta “non minimale”. In questo modello mentre la carica di supersim- metria ´e 1, nuovi campi vengono aggiunti al superpotenziale del Modello Standard su- persimmetrico ordinario per migliorare la dinamica, ad esempio rispetto al cosiddetto problema del termine µ che appare come parametro dimensionale nell’interazione dei due doppietti di Higgs della teoria.

Una delle soluzioni al problema del µ-term ´e ottenuta mediante l’introduzione di un supercampo di singoletto S il cui valore di aspettazione s genera il µ-term. Questi aspetti sono analizzati in dettaglio nel nostro lavoro.

Questa tesi ´e organizzata come segue. Il primo capitolo ´e un’introduzione all’algebra supersimmetrica e alle sue rappresentazioni in supermultipletti.

Le strutture matematiche trattate sono necessarie alle nuove teorie di campo super- simmetriche e la descrizione di superspazi e supercampi ci permette la costruzione di lagrangiane supersimmetriche.

La seconda parte ´e una rassegna del Modello Standard e delle teorie di gauge attraverso le quali si descrivono le interazioni fisiche tra particelle elementari. Le simmetrie locali sotto le quali trasformano gli stati porta all’introduzione dei bosoni di gauge. Questi danno un’ interpretazione moderna delle forze in natura intese come propagazione e scambio di particelle virtuali. La possibilit´a che le quattro interazioni

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fondamentali siano espressioni diverse di un’ unica teoria di campo unificata ´e un tema di grandissimo interesse e finora il modello proposto da Glashow, Weinberg e Salam spiega l’unificazione elettrodebole, che, appunto, analizzeremo nel secondo capitolo.

Il terzo capitolo si concentra sulla costruzione della lagrangiana del Modello Su- persimmetrico ordinario che contiene il minimo numero di campi e parametri richiesti per ottenere un modello realistico degli stati fisici. Sfruttando l’espansione dei su- percampi e le tecniche di calcolo descritte nella prima parte, si derivano in dettaglio tutti i termini relativi al superpotenziale, con i contributi della parte di Higgs e dei termini di interazione di Yukawa. Inoltre si identificano i termini relativi alla parte cinetica dei supercampi leptonici, adronici e delle particelle di gauge con relativi partners supersimmetrici. I calcoli in questo capitolo sono stati rifatti partendo dalla letteratura originale [5]. La richiesta di rottura della supersimmetria ci porta ad inserire un termine di breaking che sar´a discusso in dettaglio.

La parte originale di questa tesi ´e il capitolo 4 nel quale studiamo il settore degli scalari della teoria e procediamo ad una identificazione del suo spettro.

Diagonalizzando le matrici di massa al tree-level otteniamo autostati reali con ben precisi valori di massa. Questi dovrebbero corrispondere a particelle che ci si aspetta di scoprire in esperimenti di collisione nell’arco di pochi anni. Nello stesso capitolo si d´a l’espressione completa della lagrangiana per questo modello. Anche questo risultato ´e originale ed ´e parte di un lavoro in fase di preparazione.

0.2 Fisica oltre il Modello Standard

Vi sono molte questioni nell’ambito della fisica teorica che, come abbiamo gi´a detto, non possono essere spiegate nell’ambito del Modello Standard. Una delle soluzioni ai quesiti irrisolti in questo Modello ´e fornita dal Modello Standard Supersimmetrico.

Esso non pu´o essere considerato una teoria completa in quanto non ´e ben chiara la natura di tutti i suoi parametri. Il motivo principale di questa scelta ´e legata alla validit´a di tale teoria per elevate scale di energia, intorno alla scala di Planck.

Elenchiamo i principali argomenti che portano verso la necessit´a di formulare una teoria che vada oltre il Modello Standard.

In primo luogo l’interazione gravitazionale non entra in gioco nella fisica del

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Modello Standard. Oggi, nell’ ambito cosmologico, non si trova una spiegazione per la probabible esistenza di una costante cosmologica, n´e si riesce a giustificare la presenza di materia oscura (dark matter), entrambi elementi importanti per il successo fenomenologico del modello cosmologico standard basato su una dinamica di Friedmann-Robertson-Walker. Dati i recenti risultati su supernovae di tipo I e quelli pi´u vecchi sulle curve di velocit´a delle stelle esterne nelle galassie di vario tipo che non seguono l’andamento newtoniano, la questione della (molto probabile) presenza della materia oscura e quella della energia oscura nell’universo richiedono nuove idee fisiche che permettano di dare delle risposte a questi quesiti.

Inoltre ´e particolarmente interessante il problema delle gerarchie di gauge, gi´a citato, e che descriveremo tra breve in maggior dettaglio. Non si comprende il motivo della presenza di tre famiglie di leptoni e di quark, n´e dell’unificazione delle costanti di accoppiamento di Yukawa per i quark bottom, top e per la particella tau. Inoltre la massa del bosone di Higgs, relativamente ai dati del Modello Standard, dovrebbe avere un valore non maggiore di 200 GeV. Nel Modello Supersimmetrico, dove abbiamo introdotto due doppietti di Higgs, si predice la massa del campo di Higgs pi´u leggero pari ad un valore non maggiore a 140 GeV. Questo risultato trova un pieno accordo con il valore teorico previsto pari a 115 GeV.

Prendiamo in esame il problema delle costanti di accoppiamento di gauge. La prima figura descrive quello che succede nel Modello Standard e si nota che, per cor- rezioni al primo ordine, i reciproci delle costanti di accoppiamento α−11 (Q2), α−12 (Q2), α−13 (Q2), relative ai gruppi di simmetria U (1), SU (2), SU (3), variano in maniera lineare con log Q2, dove Q2 rappresenta l’energia. Sebbene α−11 decresca con Q2 mentre α−12 e α−13 crescano, esse tendono ad avvicinarsi per grandi valori di energia (Q2 ∼ (1016GeV )2) ma non si incontrano.

Nel Modello Standard Supersimmetrico, invece, si ottiene l’unificazione delle costanti di accoppiamento e questo fatto implica due importanti risultati. Innanzitutto la teo- ria di base ´e perturbativa fino alla scala dell’unificazione, in secondo luogo la fisica intorno alla scala di unificazione ´e molto pi´u semplice di quella descritta per piccoli valori di energia.

Consideriamo finalmente il problema delle gerarchie di gauge.

Il settore elettrodebole del Modello Standard contiene un parametro importante che fissa la scala di energia relativamente alla masse della teoria. Tale parametro, indicato con v, ´e il valore di aspettazione del vuoto del campo di Higgs, pari a circa

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60 50 40 30 20 10

103 105 107 109 1011 1013 1015 1017 0

World average 91

Q (GeV) α1-1 (Q)

αi (Q)-1

α2-1 (Q)

α3-1 (Q)

Figure 1: Costanti di accoppiamento nel Modello Standard.

60 50 40 30 20 10 0

102 104 106 108 1010 1012 1014 1016 1018 Q (GeV)

α1-1 (Q)

α2-1 (Q) α3-1 (Q) αi (Q)-1

Figure 2: Costanti di accoppiamento nel Modello Supersimmetrico Ordinario.

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246 GeV. Al tree-level, quindi in assenza di loops, le masse dei bosoni vettori W+, W e Z0 sono espresse in funzione di v

MW = gv

2 ∼ 80 GeV mentre

mH = v

sλ 2,

(massa dell’Higgs) in cui ora abbiamo indicato con g la costante di accoppiamento di gauge di SU (2) e λ ´e l’intensit´a dell’autointerazione del campo Higgs, il cui potenziale

´e

VH = −µ2φφ + λ

4(φφ)2.

Una delle condizioni necessarie per avere una teoria predittiva e’ quella della sua rinormalizzabilit´a. Possiamo spiegare questo concetto in modo molto semplice.

Data una lagrangiana L0caratterizzata da termini cinetici e da un dato potenziale, essa e’ detta rinormalizzabile se le divergenze che appaiono perturbativamente (cio´e in una espansione in serie nelle costanti di accoppiamento della teoria) possono essere cancellate da una lagrangiana addizionale (detta “di controtermine”) ∆L0, che ha la stessa struttura della lagrangiana di partenza ma con coefficienti infiniti in modo che L0+ ∆L0 dia predizioni finite. Quindi condizione necessaria perch´e una lagrangiana descriva un modello consistente dal punto di vista della teoria dei campi ´e che questa sia rinormalizzabile.

Vi sono esempi di lagrangiane non rinormalizzabili, le cosiddette lagrangiane “effet- tive”, che sono di ausilio nello studio di vari processi fisici in intervalli di energia specifici. Noi ci aspettiamo, pero’, che la teoria descrivente le interazioni fondamen- tali sia una teoria rinormalizzabile, o che sia, meglio ancora, una teoria “finita”.

Al momento si crede che la descrizione di tutte le interazioni fondamentali, inclusa anche la gravit´a, deve basarsi su una teoria finita. Se questo sia possibile in teorie di campi locali rimane un problema aperto. Sviluppi recenti nell’ambito di teorie che incorporano la gravit´a, quali le teorie di stringa (stringa e’ “corda” in inglese), indicano che sia possibile ottenere una teoria finita mediante l’introduzione di oggetti non locali, le stringhe ad esempio, per le quali il concetto di interazione di vertice

“puntuale”, tipico della teoria dei campi locale, ´e assente.

In questo capitolo descriviamo sommariamente il problema tralasciando i dettagli piu’ tecnici che verranno analizzati brevemente nel capitolo 2.

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Abbiamo detto che in una teoria rinormalizzabile ´e possibile rimuovere le diver- genze mediante una ridefinizione (infinita) dei parameteri della teoria: ampiezze dei campi, costanti di accoppiamento e masse.

In genere queste divergenze possono essere “controllate” mediante l’introduzione di un parametro dimensionale che ha le dimensioni di una energia (Λ) e che permette di

“tagliare” i contributi divergenti negli integrali provenienti dalle correzioni radiative.

Per essere pi´u specifici, se indichiamo con

Z

0 f (k)d k (1)

un tipico integrale divergente nello spazio degli impulsi di una certa funzione f (k), il taglio sull’integrale si ottiene introducendo l’approssimazione

Z Λ

0 f (k)d k (2)

che e’ finito, se Λ ´e finito. Ricordiamo che in unita’ naturali (¯h = c = 1) k ha le dimensioni di una energia (o di una massa, equivalentemente) esattamente come Λ. I tipi di divergenze che ci si aspetta da queste correzioni sono della forma logn(Λ/M ), per qualche n intero e dove M ´e una scala tipica della teoria. Tali divergenze, dette appunto logaritmiche, sono quelle pi´u accettabili, nel senso che le sottrazioni incor- porate in ∆L0 sono debolmente dipendenti dalla scala scelta per fissare Λ.

Ovviamente la situazione ´e diversa se tali divergenze sono lineri oppure, addirittura quadratiche in Λ, perch´e in tal caso, pur potendo rinormalizzare la teoria mediante una opportuna ∆L0, ´e ovvio che gli aggiustamenti da fare nei parametri della la- grangiana di partenza L0 sono fortemente dipendenti da questa scala di taglio (cut- off).

Il settore di Higgs del Modello Standard che, come abbiamo detto, ´e rinormaliz- zabile, ha proprio questa caratteristica: le correzioni alle masse degli scalari sono affette da divergenze quadratiche nella scala Λ e quindi le sottrazioni imposte dalla procedura di rinormalizzazione sono effettivamente molto grandi in quanto Λ pu´o essere scelto in modo completamente arbitrario ed essere, addirittura, della scala di Planck (MPlanck = 1019 GeV).

La supersimmetria ci permette di superare questo ostacolo mediante la cancel- lazione delle divergenze quadratiche del settore degli scalari. Questo viene ottenuto mediante un raddoppiamento dello spettro e l’imposizione di un’ algebra, detta ap- punto supersimmetrica, che preserva la simmetria di gauge ordinaria ma introduce

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una simmetria globale che manda fermioni in bosoni e viceversa.

Al contrario delle simmetrie di gauge, che sono appunto simmetrie locali, la su- persimmetria ´e una simmetria globale e come nelle simmetrie ordinarie pu´o essere descritta usando il linguaggio gruppale, detto in questo caso dei supergruppi.

Mentre nelle teorie con simmetrie ordinarie gli stati fisici della teoria sono descritti mediante l’introduzione di rappresentazioni irriducibili dei gruppi ordinari, pensiamo ad esempio ad un doppietto di SU (2) che descrive l’isospin delle interazioni nucleari o ad altri casi fisici analoghi, anche nel caso della supersimmetria la realizzazione fisica dell’algebra richiede campi che trasformano in modo irriducibile rispetto all’azione dell’algebra. Questi vengono detti supercampi. Il formalismo che illustreremo breve- mente nel prossimo capitolo servir´a a capire in modo molto semplice le regole che servono per procedere nel calcolo con queste nuove entit´a matematiche senza alcuna pretesa di essere rigorosi.

Un fatto che va sottolineato ´e che mediante l’introduzione dei supercampi le varie componenti spinoriali in ciascuna rappresentazione irriducibile di una data alge- bra supersimmetrica (supermultipletto) vengono incorporate in un solo supercampo.

L’analogia pi´u calzante ´e quella di una ordinaria rappresentazione di un vettore: si possono usare le componenti oppure si pu´o scrivere il vettore in forma astratta in cui le componenti sono moltiplicate per dei vettori di base.

Nel formalismo dei supercampi la situazione ´e molto simile: il ruolo delle componenti del supermultipletto ´e analoga a quella delle componenti di un vettore ordinario, men- tre il ruolo della base vettoriale viene preso da alcune coordinate (θ) dette variabili di Grassmann che permettono di ottenere un oggetto “scalare”, cio´e privo di indici (in questo caso sono appunto indici di Lorentz) che ´e analogo al vettore astratto.

Si pu´o a qualunque punto del calcolo estrarre le varie componenti di ogni super- campo mediante opportune proiezioni. Questo viene fatto nell’analisi fenomenologica di specifici modelli, quali appunto il Modello Standard Supersimmetrico Minimale e le sue estensioni non-minimali, che sono l’oggetto di questa tesi.

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Introduzione alla Supersimmetria

In questo capitolo introduciamo gli aspetti essenziali delle teorie supersimmetriche e sviluppiamo il formalismo necessario per lo studio di queste teorie nel superspazio.

In particolare introduciamo la descrizione delle superalgebre e dei supercampi in det- taglio in modo da rendere la nostra trattazione autocontenuta. Cominciamo con l’introdurre le rappresentazioni spinoriali del gruppo SL(2, C) ed in particolare i due spinori -sinistri e destri- che appariranno nello studio dell’estensioni delle algebre di Lie a superalgebre.

Sia M una matrice complessa 2-per-2 appartenente a SL(2, C). Definiamo con SL(2, C) il gruppo delle matrici complesse 2-per-2 (GL(2, C)) con determinante pari ad 1, cio´e

SL(2, C) = {M ∈ GL(2, C) | detM = 1}. (1.1) In generale avremo varie rappresentazioni irriducibile del gruppo. Fra queste, le pi´u comunemene usate sono la fondamentale, che ha dimensione 2 e la sua complesso coniugata. Queste due rappresentazioni, che descriveremo in dettaglio, sono inequiv- alenti ed agiscono su spazi vettoriali bi-dimensionali i cui componenti sono spinori di definita chiralit´a. Sia ψα, con α = 1, 2 uno spinore fondamentale nella 2. L’azione di M su questo spinore e’ riassunta dalla formula [3]

ψ0α = Mαβ

ψβ (1.2)

dove abbiamo sottinteso la somma sugli indici ripetuti. Introduciamo inoltre la matrice M che ´e la complesso coniugata di M . Questa seconda matrice agir´a su un

9

(17)

differente spazio vettoriale degli spinori “puntati”, cio´e degli spinori che trasformano nella rappresentazione complesso coniugata della M . Denotiamo tali spinori con ψα˙ e la relativa trasformazione sotto M con

ψα˙0 = Mα˙ β˙

ψβ˙. (1.3)

Le due matrici M ed M non sono equivalenti. In altri termini non esiste una matrice C tale che M = CMC−1.

Invece si pu´o dimostrare che la matrice M−1 T ´e equivalente ad M se esiste una matrice  tale che M −1 = M−1 T con  ∈ GL(2, C).

Da qui si ricava l’espressione esplicita di  con indici non puntati

(αβ) =

0 −1

1 0

=αβ−1

αβ =

0 1

−1 0

= (αβ)T .

(1.4) Valgono inoltre le relazioni

αβ αβ−1 = 12×2

αβT 

βγ= −δαγ.

(1.5) Quindi  ´e la metrica che ci fa passare da una rappresentazione alla sua equivalente e viceversa

αβMβγγδ =M−1 Tα δ

Mαβ

= αγ

M−1 Tγ δ δβ.

(1.6)

(18)

Lo spinore ψα che trasforma con M ´e detto covariante. Definiamo come con- trovariante ψα = αβψβ e, da come ci si pu´o aspettare, esso trasforma sotto la rapp- resentazione M−1 T

ψ =M−1Tα βψβ. (1.7)

In maniera analoga definiamo la rappresentazione M∗−1T come l’equivalente della complesso coniugata M grazie all’esistenza delle matrici

 =

0 1

−1 0

:= α ˙˙β

−1 =

0 −1

1 0

:= α ˙˙β

(1.8) che ci permettono di passare da una all’altra [3]

α ˙˙β(Mβ˙

˙γ) ˙γ ˙δ =M−1Tα˙˙δ Mα˙

β˙

= α˙˙γ

M∗−1T˙γ˙δ ˙δ ˙β.

Le leggi di trasformazione per gli spinori “puntati” sono rispettivamente

ψ0 ˙α =M∗−1Tα˙ ˙

β ψβ˙ (1.9)

per lo spinore controvariante, che definiamo mediante la relazione ψα˙ = α ˙˙βψβ˙, mentre per lo spinore covariante

ψ0α˙ = Mα˙β˙ψβ˙. (1.10) Ancora una volta sfruttiamo la metrica  per passare dalla forma covariante a quella controvariante

ψ0α˙ = α ˙˙βψβ˙. (1.11)

(19)

Con la stessa matrice posso anche dimostrare come ricavare la (1.10) dalla (1.9)

ψ0α˙ = Mα˙ β˙ψβ˙

= α˙˙γ(M∗−1T)˙γ ˙δ ˙δ ˙βψβ˙

(1.12)

per la (1.8).

Moltiplicando a sinistra l’intera espressione per ˙ ˙α ricaviamo

φ˙= ˙ ˙αψ0α˙ = ˙ ˙αα˙˙γ(M∗−1T)˙γ ˙δ˙δ ˙βψβ˙

= δ˙˙γ(M∗−1T)˙γ ˙δ˙δ ˙βψβ˙

= (M∗−1T)˙˙δ˙δ ˙βψβ˙

= (M∗−1T)˙˙δψ˙δ

(1.13)

in cui abbiamo chiamato con φ˙ il nuovo spinore.

1.1 Spazi duali

A questo punto sono note le leggi di trasformazione degli spinori ψαα, ψα˙ e ψα˙. ´E possibile quindi definire due spazi vettoriali bidimensionali F ed ˙F che sono i duali rispettivamente di F ed ˙F , a cui appartengono gli spinori sinistri controvarianti nel primo caso e destri controvarianti nel secondo. Stabiliamo una mappa da F in C attraverso l’applicazione di elementi di F come segue

ψα ∈ F → φ(ψ) := φαψα ∈ C (1.14) in cui φα ∈ F.

(20)

In accordo con quanto detto precedentemente, l’applicazione che ci permette di passare dallo spazio F ad F ´e la matrice αβ mentre per l’applicazione inversa uti- lizziamo αβ. Equivalentemente per gli spazi “puntati” vale

ψα˙ ∈ ˙F −→ ψ(φ) = ψα˙φα˙ ∈ C (1.15)

in cui φα˙ ∈ ˙F.

Ancora, come prima, sar´a la matrice  a farci muovere dallo spazio ˙F a ˙F. ´E anche possibile ottenere spinori di ˙F partendo da elementi di F con l’applicazione delle matrici σ0, che definiremo in seguito, che agiscono come segue

0)αβ˙ : F → ˙F ; (σ0)αβ˙ ψβ = ψα˙. (1.16)

Per la trasformazione inversa introduciamo la matrice (σ0)α ˙β

0)α ˙β : ˙F → F ; σ0α ˙βψβ˙ = ψα. (1.17)

Per completezza forniamo le trasformazioni per i restanti spinori

ψα = ψβ˙σ0 ˙βα ψα˙ = ψ∗βσ0βα˙.

(1.18)

Le formule precedenti saranno fondamentali nella definizione degli spinori di Ma- jorana. Il passaggio (F → ˙F ) ´e un’operazione di coniugazione complessa che ovvia- mente non ´e un’applicazione lineare perci´o F ed F sono due spazi di SL(2, C) che forniscono rappresentazioni non equivalenti. Diversamente F ed F, cos´ı come ˙F e F˙, sono spazi di rappresentazioni equivalenti perch´e il passaggio dai primi ai secondi si ha usando la metrica αβ e α ˙˙β.

(21)

1.2 Corrispondenza tra

SL(2, C)

ed

L+

E interessante stabilire una corrispondenza tra le matrici M ∈ SL(2, C) e le matrici´ di Lorentz Λ ∈ L+ (gruppo delle trasformazioni di Lorentz proprie, cio´e con determi- nante uguale a +1, ed ortocrone, quindi con Λ00 ≥ 1). Intanto ´e necessario costruire una mappa ρ dallo spazio di Minkosky M4 ad H(2, C) , spazio delle matrici complesse due-per-due hermitiane

ρ : M4 → H(2, C) ; ρ(xµ) = xµσµ=

x0− x3 x1+ x2 x1− x2 x0− x3

= X (1.19)

con

(xµ) := (x0, ~x) 4-vettore covariante di M4 ; (xµ) := (x0, −~x) 4-vettore con- trovariante di M4 ; σµ := (σ0, ~σ) set di 4 matrici hermitiane due-per-due e tali che σ0 = 12×2 e ~σ = (σ1, σ2, σ3), dove le σi sono le matrici di Pauli.

La mappa inversa ´e data da

ρ−1 : H(2, C) → M4 ρ−1(X) = xµ = 1

2T r(Xσµ)

(1.20) dove T r(Xσµ) indica la traccia della matrice in parentesi e il set σµ = (σ0, σi) corrisponde a σ0 = σ0 e σi = −σi con i = 1, 2, 3 .

L’equazione precedente pu´o essere dimostrata immediatamente richiamando la nota relazione: T r(σνσµ) = 2ηµν dove il tensore metrico ηµν ´e la matrice

ηµν =

1 0

0 −13×3

(1.21)

(22)

Infatti

1

2T r(Xσµ) = 1

2T r(xνσνσµ)

= 1

2T r(σνσµ)xν

= 1

22ηµνxν = xµ.

(1.22) E necessario ora introdurre la rappresentazione aggiunta (che indichiamo con adj)´ del gruppo SL(2, C)

adj : SL(2, C) → Aut(H(2, C))

M ∈ SL(2, C) → M0 = adjM(x) = MXM∈ Aut(H(2, C))

(1.23) in cui M, M ∈ SL(2, C) e Aut(H(2, C)) ´e il gruppo isomorfo a GL(H(2, C)), gruppo delle matrici di H(2, C) con determinante uguale a +1. Possiamo quindi indicare una generica trasformazione di Lorentz M4 → H → H → M4

xµ → ρ(xµ) = X → adjM(x) = MXM

= X0 → ρ−1(X0)

= x0µ (1.24)

che equivale a x = Λµνxν. Confrontando le due espressioni ricaviamo la cor- rispondenza tra SL(2, C) ed L+ attraverso una relazione esplicita

Λµν(M ) = 1

2[T r(σµM σνM+)]. (1.25) Per cui possiamo concludere che per ogni M ∈ SL(2, C) esiste una Λ = Λ(M) ∈ L

per la quale

(23)

Λ(M1)Λ(M2) = Λ(M1M2). (1.26) Per ricavare l’inversa di (1.25) sfruttiamo l’espressione seguente

Λµνxνσµ = xσµ

= X0 = M XM

= M xνσνM (1.27)

da cui deduciamo

Λµνσµ= M σνM. (1.28)

Moltiplicando ambo i membri a destra per σν otteniamo

Λµνσµσν = M σνMσν = M [2T r(M)]12×2 (1.29) avendo utilizzato la propriet´a σµM σµ = 2(T r(M ))12×2. Quindi avremo M (Λ) =

1

2T r(M)Λµνσµσν , ed infine, esprimendo la T r[M] come il det(Λµνσµσν) otteniamo finalmente

M (Λ) = 1

det[Λµνσµσν]12Λµνσµσν, (1.30) per cui ´e stabilita la corrispondenza: Λ ⇐⇒ ±M.

1.3 Propriet´a degli spinori

Riassumiamo qui brevemente alcune definizioni che torneranno utili in seguito. Le forme quadratiche [1]

(ψφ) := ψαφα

(ψφ) := ψα˙φα˙ (1.31)

sono invarianti sotto trasformazioni di SL(2, C).

(24)

Le componenti degli spinori sono variabili di Grassmann per cui valgono le relazioni di anticommutazione

α, ψβ} = {ψα, ψβ} = {ψα, ψβ} = 0, (1.32)

α˙, φβ˙} = {φα˙, φβ˙} = {φα˙, φβ˙} = 0. (1.33) La validit´a di queste ultime implica che le quantit´a descritte dagli spinori soddis- fino la statistica di Fermi-Dirac e quindi siano particelle di spin semintero.

E utile riportare le seguenti propriet´a relative ai prodotti scalari´

ψφ = φψ ; ψφ = φψ ; (ψφ)= φψ = ψφ ; φσµψ = −ψσµφ ; φσµσνψ = ψσνσµφ ; (φσµψ)= ψσµφ ; (φσµσνψ)= ψσνσµφ.

(1.34)

1.4 Rappresentazioni di

SL(2, C)

Finora abbiamo descritto l’algebra degli spinori bidimensionali di Weyl ψα e φα˙ . Essi sono due diversi esempi di rappresentazioni di SL(2, C) che indichiamo rispettiva- mente con (12, 0) e (0,12). Possiamo ottenere altre rappresentazioni di SL(2, C) dal prodotto diretto di due spinori di Weyl (12, 0), la prima scalare (di dimensione 1) e la seconda tensoriale (di dimensione tre)

(1

2, 0) × (1

2, 0) = (0, 0) + (1, 0). (1.35) Ma ´e particolarmente interessante considerare il risultato che si ottiene dal prodotto diretto di spinori left-handed e right-handed

(1

2, 0) × (0,1 2) = (1

2,1

2). (1.36)

(25)

Quest’ultima rappresentazione ´e quella dello spinore di Dirac (ΨD) a quattro com- ponenti definito nello spazio F + ˙F. Infatti la sua prima componente trasforma attraverso la matrice M mentre la seconda tramite M∗−1T. Indichiamo schematica- mente la legge di trasformazione di ΨD

Ψ0 = S(M )Ψ =

M 0

0 M∗−1

φ ψ

=

M φ M∗−1ψ

(1.37)

in cui si ´e utilizzata l’applicazione

M ∈ SL(2, C) → S(M) =

M 0

0 M∗−1

(1.38)

dove M ed M∗−1 sono sottomatrici 2 × 2, come anche la matrice nulla 0.

Una relazione tra spinori a due componenti e spinori a quattro componenti si ottiene con l’introduzione delle matrici γ (4 × 4) in rappresentazione chirale o di Weyl [2]

γWµ :=

0 σµ σµ 0

. (1.39)

Per queste matrici vale l’algebra di Clifford

Wµ , γWν } = 2ηµν14×4. (1.40) Inoltre ´e utile definire

γW5 := iγ0γ1γ2γ3 =

−1 0

0 1

. (1.41)

Le matrici γW0 e γW5 sono hermitiane mentre le γWi , con i=1,2,3 , sono antihermi- tiane.

Inoltre ´e banale verificare che

W5 )2 = 1 ; {γW5 , γWµ } = 0. (1.42) Per mostrare esplicitamente il legame tra spinori di Weyl e spinori di Dirac con- sideriamo l’equazione del moto di una particella fermionica massless relativistica. La

(26)

dinamica sar´a data dall’equazione di Dirac γµWµψD = 0 che, in forma matriciale, corrisponde a

0 (σµµ)α ˙βµµ)αβ˙ 0

φβ

ψβ˙

= 0. (1.43)

L’equazione precedente equivale ad un sistema di due equazioni disaccoppiate per i due diversi spinori di Weyl. Queste possono essere riscritte utizzando il principio di corrispondenza (usiamo unit´a naturali): i∂t → E ;∂xi → −ipi e si ottiene

(−E + ~σ · ~p)ψ = 0 (E + ~σ · ~p)φ = 0. (1.44)

Definiamo ora l’operatore di elicit´a ~σ · ˆp (con ˆp = |~~pp|) come la proiezione dello spin di una particella nella direzione del moto. Poich´e (~σ · ~p)ψ = Eψ = |~p|φ , ci´o implica la validit´a dell’espressione 12(~σ · ˆp)ψ = 12ψ. Quindi possiamo concludere che la prima equazione di (1.44) descrive una particella fermionica di elicit´a +12. E quindi uno stato right-handed. Procedendo analogamente si ricava che φ ´e un´ autostato di elicit´a −12 ed ´e perci´o un fermione left-handed, in pieno accordo con le nostre definizioni precedenti di ψ e φ. Possiamo ricavare le matrici γ in due diverse rappresentazioni, rispettivamente quella di Dirac e quella di Majorana, attraverso le trasformazioni non singolari

γµD → XγWµX−1 ; γMµ → Y γWµY−1 (1.45)

con X e Y matrici note. Nella rappresentazione di Majorana lo spinore ha quattro componenti e si esprime, come ψD, in funzione degli spinori bidimensionali di Weyl.

Ma lo spinore di Majorana ψM avr´a solo due gradi di libert´a indipendenti perch´e, fissata la prima componente spinoriale, la seconda sar´a la complessa coniugata

ψM =

φα

φα˙

. (1.46)

(27)

1.5 Algebra Supersimmetrica

La necessit´a di estendere l’ algebra di Poincar´e nasce con l’obiettivo di ottenere una teoria supersimmetrica in uno spazio di dimensione maggiore rispetto a quello minkowskiano, che chiameremo superspazio. Un generico punto del superspazio ha coordinate (xµ, θα, θα˙) in cui xµ ´e un quadrivettore di Minkowski mentre θα e θα˙ con α = 1, 2 e ˙α = ˙1, ˙2 sono variabili di Grassmann indipendenti. Esse corrispondono agli spinori di Weyl nelle due diverse rappresentezioni di SL(2, C). Il set di coordi- nate fissa a otto la dimensione del superspazio. Tratteremo trasformazioni globali di supersimmetria generate dagli operatori Q e Q (hermitiano coniugato di Q). Questi ultimi agendo sui supercampi trasformano particelle fermioniche in bosoni e viceversa.

Definiamo dunque le relazioni di commutazione e anticommutazione che regolano il formalismo dei supercampi relative a tutti gli operatori e le variabili che vi agiscono [4]

{Qα, Qβ} = {Qα˙, Qβ˙} = 0, {Qα, Qα˙} = 2σαµα˙Pµ,

[Qα, Pµ] = [Qα˙, Pµ] = 0, [Pµ, Pν] = 0,

α, θβ} = {θα˙, θβ˙} = {θα, θβ˙} = 0.

(1.47)

Possiamo sintetizzare le formule precedenti attraverso i seguenti commutatori [θαQα, θβ˙Qβ˙] = 2θασα ˙µβθβ˙Pµ,

αQα, θβQβ] = [θα˙Qα˙, θβ˙Qβ˙] = 0.

(1.48)

Gli operatori P, Q e Q sono hermitiani. In rappresentazione differenziale Pµ= i∂µ

mentre le espressioni per Q e Q saranno ricavate in seguito.

Riportiamo qui di seguito l’espressione generale di un’ algebra supersimmetrica scritta utilizzando notazioni quadridimensionali, cio´e supercariche espresse come spinori

(28)

in 4 componenti piuttosto che come spinori di Weyl. Questa si compone di gener- atori dell’algebra di Poincar´e estesa con l’addizione, appunto, dei generatori di su- persimmetria Q e ¯Q. Pertanto nel conto finale dei generatori avremo: i 4 generatori delle traslazioni Pµ, i 6 generatori delle trasformazioni di Lorentz Mµν, i 4 generatori fermionici Qa autoconiugati (spinori di Majorana) che soddisfano l’algebra

[Mµν, Mρσ] = −i(ηµρMνσ − ηµσMνρ − ηνρMµσ + ηνσMµρ) [Mµν, Pρ] = i(ηνρPµ− ηµρPν)

[Pµ, Pν] = 0 [Pµ, Qa] = 0

[Mµν, Qa] = −(σ4µν)abQb

{Qa, Qb} = 2 (γµ)abPµ, {Qa, Qb} = 2 (C−1γµ)abPµ

{Qa, Qb} = −2 (γµC)abPµ. (1.49)

in cui a,b variano da 1 a 4. L’espressione presentata in (1.49) corrisponde ad un’algebra con una sola carica di supersimmetria o N = 1 ed ´e quella che sar´a im- plementata nella costruzione del modello standard supersimmetrico, che proprio per questa ragione viene detto minimale. L’algebra contiene come componente boson- ica l’algebra di Poincar´e ed i generatori fermionici trasformano, appunto, secondo una rappresentazione spinoriale dell’algebra di Poincar´e. Essendo autoconiugati sono degli spinori di Majorana. L’inclusione nella superalgebra di Poincar´e di una qualche simmetria interna richiede un insieme di N cariche spinoriali QαA, QαA˙ (α = 1, ..., N ) dove N `e la dimensione della rappresentazione del gruppo di simmetria interna. Le algebre con N > 1 sono dette algebre supersimmetriche estese.

1.5.1 Relazioni per le variabili

θ

e

θ

Riassumiamo qui una serie di relazioni quadratiche che saranno utili in seguito.

Queste coinvolgono la variabile θ

(29)

θ2 = (θθ) = θαθα = −2θαθβ θ2 = (θθ) = θα˙θα˙ = 2θα˙θβ˙

θαθβ = −1

2αβ(θθ) θαθβ = 1

2αβ(θθ) θα˙θβ˙ = 1

2α ˙˙β(θθ) θα˙θβ˙ = −1

2α ˙˙β(θθ).

(1.50)

La dimostrazione di queste formule ´e piuttosto immediata richiedendo solo la conoscenza delle relazioni

αβδγ = δγαδβδ − δδαδβγ

α ˙˙β˙δ ˙γ = δα˙γ˙δβ˙δ˙ − δα˙δ˙δβ˙γ˙

(1.51) e viene pertanto omessa.

1.5.2 Differenziazione e integrazione rispetto alle variabili

θ

e

θ

Introduciamo ora degli operatori differenziali e integrali e riportiamo alcune relazioni relative ad essi. Definiamo

α := ∂

∂θα ; ∂α := ∂

∂θα

α˙ := ∂

∂θα˙ ; ∂α˙ := ∂

∂θα˙

.

(1.52)

(30)

essere gli operatori rispetto a variabili di Grassman con indici puntati e non puntati e le relazioni

αββ = −∂α ; αββ = −∂α

α ˙˙ββ˙ = −∂α˙ ; α ˙˙ββ˙ = −∂α˙,

(1.53) che permettono l’innalzamento e l’abbassamento degli indici di questi nonch´e le re- lazioni di anticommutazione

{∂α˙, ∂β˙} = {∂α, ∂β} = 0 {∂α˙, θβ} = {∂α, θβ˙} = 0,

(1.54)

αθβ = δαβ ; ∂αθβ = δβα ; ∂α˙θβ˙ = δβα˙˙ ; ∂α˙θβ˙ = δβα˙˙

αθβ˙ = ∂α˙θβ = 0.

(1.55) che saranno molto utili nello studio dello spettro dell’MSSM e dell’NMSSM. Un sem- plice calcolo fornisce le relazioni

αθβ = ∂

∂θα(βγθγ) = βγδαγ = βα

α˙θβ˙ = ∂

∂θα˙

(β˙˙γθ˙γ) = β˙˙γδα˙γ˙ = β˙α˙

αθ2 = ∂αβθβ) = (∂αθββ − θβ(∂αθβ)

= δαβθβ − θβ(−αγγθβ) = θα+ θβαβ = 2θα

α˙θ2 = −2θα˙,

(1.56)

(31)

mentre l’integrazione rispetto a variabili di Grassmann ´e riassunta nelle seguenti definizioni

Z

dθ = 0 ;

Z

dθ θ = 1 ;

Z

αβ = 0

Z

dθ = 0 ;

Z

dθ θ = 1 ;

Z

α˙β˙ = 0

Z

αβθα =

Z

αβθβ =

Z

α˙β˙θα˙ =

Z

α˙β˙θβ˙ = 0

Z

α

Z

βθαθβ =

Z

α˙

Z

β˙θα˙θβ˙ = −1.

(1.57) V´a notato che l’integrazione su variabili grassmaniane e’ simile alla differenziazione.

Una discussione pi´u estesa di questi risultati la si pu´o trovare [5].

Inoltre scegliamo la normalizzazione

d2θ := −1

4dθαβαβ

d2θ := −1

4dθα˙β˙α ˙˙β d4θ := d2θd2θ

(1.58) in modo da ottenere

Z

d2θ(θθ) = 1 ;

Z

d2θ(θθ) = 1. (1.59)

Sar´a particolarmente utile nel calcolo dell’azione la funzione delta definita rispetto alle variabili grassmaniane, con relative propriet´a di integrazione

Z

d2θf (θ)δ2(θ − θ0) = f (θ0) → δ2(θ) = (θθ) (se θ0 = 0) (1.60) dove f ´e una generica funzione di θ del tipo

f (θ) = f(0)+ θαfα(1)+ (θθ)f(2).

(32)

Analogamente, nel caso di ¯f (θ)

f (θ) = ¯¯ f(0)+ θα˙α˙(1)+ (θθ) ¯f(2) definiamo

δ2(θ) = (θθ).

Valgono le relazioni

Z

d4θf (θ)δ2(θ) = f(2)

Z

d4θ ¯f (θ)δ2(θ) = ¯f(2). (1.61) Queste propriet´a saranno fondamentali nello studio delle densit´a di lagrangiane e permettono di porre a zero alcune delle componenti della espansione dei supercampi in maniera diretta.

1.6 Supercampi e trasformazioni supersimmetriche

Procediamo adesso con l’introduzione dei supercampi, che saranno le entit´a fondamen- tali che verranno usate per introdurre il contenuto particellare del Modello Standard supersimmetrico e delle sue estensioni non minimali. In questo capitolo la discussione verte sulle propriet´a formali del calcolo supersimmetrico mentre le propriet´a fisiche di questa descrizione verr´a presentata nel capitolo 3.

Un generico supercampo ´e dato dall’espansione in serie di potenze delle variabili θ e θ su un superspazio. Tale espansione sar´a una somma finita in quanto non saranno presenti potenze di ordine superiore a due per le propriet´a di anticommutazione di θ e θ. Avremo

Φ(x, θ, θ) = f (x) + θαφα(x) + θα˙χα˙(x) + (θθ)m(x) + (θθ)n(x) + (θσµθ)Vµ(x) + (θθ)θα˙λα˙ + (θθ)θαψα(x) + (θθ)(θθ)d(x)

(1.62) dove Φ ´e uno scalare di Lorentz.

(33)

Le varie componenti hanno spin/chiralit´a differenti, infatti f (x), m(x), n(x) sono funzioni scalari complesse, Vµ(x) ´e un campo vettoriale di Lorentz, φα, ψαsono spinori left-handed, χα˙, λα˙ sono spinori right-handed ed infine d(x) ´e un campo scalare.

Quindi un supercampo Φ rappresenta un multipletto di campi di spin diversi.

Consideriamo ora una generica trasformazione di supersimmetria, ottenuta euris- ticalmente “esponenziando” l’azione dei generatori con opportuni parametri di Grass- mann θ e θ nella forma

L(xµ, θα, θα˙) := exp(−ixµPµ+ iθQ + iθQ), (1.63) con L operatore unitario. Pµ agir`a sulle coordinate bosoniche mentre Q e Q su quelle fermioniche del supercampo. La forma esponenziale (1.63) non ´e l’unica possibile. Infatti, se ora definiamo gli operatori unitari

L1(xµ, θα, θα˙) = exp(−ixµPµ+ iθQ)exp(iθQ) L2(xµ, θα, θα˙) = exp(−ixµPµ+ iθQ)exp(iθQ)

(1.64) possiamo dimostrare che questi permettono di definire due rappresentazioni equiv- alenti ad L e che agiscono rispettivamente su Φ1 e Φ2, supercampi equivalenti a Φ.

Con la formula di Baker-Campbell-Hausdorff [10] si possono dimostrare le seguenti relazioni

L(x, θ, θ) = L1(xµ+ iθσµθ, θ, θ)

= L2(xµ− iθσµθ, θ, θ).

(1.65) Per comprendere meglio la natura delle tre differenti definizioni degli operatori L, conviene scrivere la relazione che collega un supercampo Φ0 nel punto del superspazio (x0µ, θ0, θ0) a quello nel punto (xµ, θ, θ). Questa ´e data da

φ(x, θ, θ) = L(x, θ, θ)Φ0L−1(x, θ, θ) (1.66)

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