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La Florence Miscellany tra Mrs Piozzi e William Parsons

Durante i suoi numerosi viaggi in Italia Ippolito Pindemonte visitò la penisola da cima a fondo e durante il soggiorno nel capoluogo toscano, entrato in contatto con la cerchia di inglesi conosciuti a Venezia nel 1784, instaurò rapporti ancora più intimi con i membri del circolo “Della Cruscans”. Questa associazione, i cui membri sono stati definiti “writers of pretentious, affected, rhetorically ornate poetry”, era stata fondata agli inizi degli anni ’80 del secolo da Robert Merry e includeva, alcune personalità molto conosciute in Inghilterra.114 Tra i molti frequentatori quattro in particolare formarono un gruppo a sé stante: Bertie Greatheed, Robert Merry, William Parsons e Hester Thrale (Mrs. Piozzi). Questi autori diedero vita nel 1784 alla Arno Miscellany, una raccolta comprendente opere italiane e inglesi e che, ampliata e data alle stampe l’anno successivo, prese il nome nella sua edizione più famosa di Florence Miscellany. Robert Merry è stato a lungo considerato il padre indiscusso della raccolta ed è curioso notare che la sua fama di scrittore nacque proprio grazie alle performances inserite nella miscellanea. Nato a Londra da famiglia benestante, in gioventù il gentiluomo inglese sperperò tutto il suo denaro e visse per anni all’insegna della gozzoviglia fino a quando, nel 1784, non arrivò a Firenze ed entrò a far parte del gruppo degli inglesi che lì risiedevano.115 La pubblicazione della miscellanea suscitò interesse nei circoli della capitale inglese che calorosamente accolsero Merry al suo ritorno nel 1787 e lo sostennero nelle successive

112 Pietro Napoli Signorelli, Novelle di Polidete Melpomenio e di Lirnesso Venosio, Stamperia Simoniana,

Napoli, 1792, p.XIV.

113 Al termine della raccolta del 1851 è scritto: Napoli, 16 dicembre 1850 “Vista la dimanda del tipografo

Giosuè Vernieri con che ha chiesto di ristampare le Opere complete di Ippolito Pindemonte. Visto il parere del signor D. Raffele di Gennaro. Si permette che la suddetta opera si ristampi; però non si pubblichi senza un secondo permesso che non si darà se prima lo stesso signor. D. Raffaele di Gennaro non avrà attesto di aver riconosciuto nel confronto esser l’impressione uniforme all’originale approvato”, Cfr: Opere di

Ippolito Pindemonte, Per Francesco Rossi Editore, Napoli, 1851, p.571. Opere di Ippolito Pindemonte, Francesco Rossi-Romano Editore, Napoli, 1854.

114 The Editors of Encyclopaedia Britannica, Della Cruscans, Encyclopædia Britannica, 2011 (online

edition).

115 John Adam Cramb, Robert Merry, in «Dictionary of National Biography. 1885-1900», 37, Smith, Elder

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pubblicazioni.116 Le notizie pervenuteci invece su un altro dei protagonisti della raccolta fiorentina, Bertie Greatheed, lo dipingono come un abile scrittore, amico di Hester Thrale e intimo compagno di William Parsons.117 Conosciuto soprattutto per la pubblicazione della tragedia The Regent, il cui epilogo venne scritto da Mrs. Piozzi, apparentemente l’unico evento rilevante nella sua carriera letteraria fu la partecipazione alla raccolta fiorentina.118 Tra i contributori più importanti di quella che è stata definita, forse un po’ esageratamente, “probably the most important book of poetry on Italian themes to appear in the eighteenth century”, emerge la figura di William Parsons, il più profiquo fra gli autori della raccolta che infatti contiene soprattutto opere nate dalla sua penna.119 Un ruolo non meno importante, tuttavia, va riconosciuto anche alla signora Piozzi, la quale contribuì considerevolmente alla ricezione dell’opera e alla sua diffusione visto che la pubblicazione avvenne grazie al suo importante supporto finanziario.120 Dagli amici- colleghi la Piozzi fu caldamente invitata, anche se restìa, a scrivere la prefazione della

Florence Miscellany che si trovò poi, forse al di là delle previsioni dell’autrice, ad essere

uno degli scritti più conosciuti e più spesso ristampati autonomamente, proprio nella prefazione la dama inglese, come si addice alla tradizione, dichiara l’apparente disinteresse che ha guidato gli autori nella composizione dei versi della raccolta:121

We do not however by this little address mean to deprecate public Criticism, or solicit regards; why we wrote the verses may be easily explain'd, we wrote them to divert ourselves, and to say kind things of each other; we collected them that our reciprocal expressions of kindness might not be lost, and we printed them because we had no reason to be ashamed of our mutual partiality […]. Our little Book can scarcely be less important to Readers of a distant Age or Nation than we ourselves are ready to acknowledge it […] and though we have perhaps transgress'd the Persian Rule of sitting silent till we could find something important or instructive to say we shall at least be allow'd to have glisten'd

116 Ibidem.

117 Per un approfondito studio riguardo i “Della Cruscan”, la Arno Miscellany e la Florence Miscellany, si

rimanda agli esaustivi lavori di: W.N. Hargreaves-Mawdsley, The English Della Cruscans and their time.

1783-1828, Martinus Nijhoff, The Hague, 1967. E: Edward Bostetter, The Original Della Cruscan and the Florence Miscellany, in «Huntington Library Quarterly», 19, 3, 1956, pp. 277-300.

118 Gordon Goodwin, Bertie Greatheed, in «Dictionary of National Biography. 1885-1900», 23, Smith,

Elder & Co., London, 1890, p.32.

119 Edward Bostetter, The Original Della Cruscan and the Florence Miscellany, cit., p.277. 120 Ivi, p. 282.

121 La prefazione viene infatti pubblicata nella rivista Gentleman’s Magazine nel 1787 dove si accenna

anche che “A specimen of the poetry shall be given in the next month’s magazine”. In realtà nell’edizione di febbraio non viene riportato nulla ma in quella di marzo invece sono presenti: To Parsons e Conclusion della Piozzi, To Piozzi di Parsons e To Piozzi di Merry ed infine il Sonnet di Greethead. Cfr: Sylvanus Urban, The Gentleman’s Magazine and Historical Chronicle, LVII, I, 1787, p. 3, 257-258.

38 innocently in Italian Sunshine; and to have imbibed from it's rays the warmth of mutual Benevolence.122

All’interno della Florence Miscellany le opere sono varie e appartenenti a diversi generi: si trovano ballate, odi, sonetti, serenate e lettere, quasi tutte scritte in lingua inglese o italiana e tradotte da questa a quella e vice versa. Tra le pagine della raccolta si ritrovano poi, oltre che traduzioni dal francese, alcune imitations e traduzioni di opere di Dante, Alfieri, Tasso e Petrarca, tutte eseguite dal Parsons. Infine, nella sezione conclusiva, è trascritto uno spartito intitolato Serenata e successivamente la conclusione dell’opera viene affidata a questi versi:

After grave plays pert Epilogue advances, And after sober Minutes – Country Dances; After th’ Adagio comes th’ Allegro motion, And sugar – plumbs succeed each bitter potion. But to our Book what finish shall we give, But one Evviva! Let its Authors live! 123

2.1. Mrs. Piozzi e l’Hymn of Calliope

Ippolito Pindemonte ebbe sicuramente modo di conoscere tutti gli autori, più o meno secondari, che contribuirono alla pubblicazione della Florence Miscellany. Fra i succitati scrittori sicuramente l’autore della Gibilterra strinse le relazioni più intime con William Parsons e Mrs. Piozzi visto che, come si legge nelle biografie, continuò a frequentare entrambi durante il suo lungo soggiorno in Inghilterra.

Hester Lynch Thrale, conosciuta maggiormente con il cognome del suo secondo marito, il musicista Gabriele Piozzi, fu una donna molto influente nei circoli inglesi del suo tempo e frequentò importanti personalità della sua epoca. Oltre a conoscere bene Horace Walpole, la Thrale fu un’intima amica di Samuel Johnson, di cui poi scrisse i famosi

Anecdotes of the Late Samuel Johnson. Mrs. Piozzi faceva inoltre parte del famoso gruppo

delle Blue Stocking, i cui incontri londinesi erano patrocinati dalla figura di Elizabeth Montagu. Il gruppo, che si riuniva soprattutto per conversazioni di carattere letterario, fu frequentato sia da Johnson che da Joshua Reynolds ma anche da Walpole, il quale soleva

122 Mrs. Piozzi, Bertie Greatheed, Robert Merry, William Parsons, The Florence Miscellany, G.CAM

printer, Florence, 1785, pp. 5-6.

123 Ivi, p.217.

Si ricorda che nell’indice finale, trascritto in appendice, le opere presenti vengono suddivise per autore e non per ordine di apparizione.

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riferirsi a quelle dame con l’appellativo di “petticoteries”.124 Ippolito Pindemonte annoverava tra le sue amicizie femminili proprio una delle fondatrici del circolo, Mrs. Montagu, e sappiamo che durante il soggiorno inglese frequentò spesso la Piozzi: si può dunque facilmente dedurre che durante la sua permanenza in Inghilterra abbia partecipato sicuramente a qualche riunione del famoso gruppo femminile.125

Tra i testi pubblicati da Esther Piozzi nella Florence Miscellany riveste una particolare importanza, nella nostra prospettiva, la Translation of Marquis Pindemonte’s Hymn to

Calliope, cioè la traduzione delle dodici ottave finali della Gibilterra Salvata nella sua

versione del 1783, che precedono direttamente il testo inglese.126 Il lavoro piozziano è di notevole rilevanza poiché rappresenta l’unico tentativo riuscito, seppur parziale, di tradurre in inglese il poemetto che Pindemonte aveva dedicato – come si è visto – alla celebrazione della Gran Bretagna contemporanea.

Sull’effettiva responsabilità della Piozzi nella traduzione gettò peraltro qualche ombra la testimonianza del Montanari, poiché il biografo di Pindemonte scrive:

L’inno cantato da Calliope in onore dell’Inghilterra, onde questo poema è compiuto, fu tradotto in inglese, ed il poema intero traslatato sarebbesi in questa lingua, se la gran difficoltà di rendere, come credevasi conveniente, in quelli, che gl’Inglesi chiamano versi bianchi, cioè non rimati, gli sciolti italiani, non avesse distolto dall’impresa Guglielmo Parsons, che era l’inglese letterato che la tentava.127

L’immediato messaggio che traspare dalla lettura di questo estratto è che l’inno della musa sia stato tradotto da Parsons e non da Mrs. Piozzi, alla quale tra l’altro non si fa nessun riferimento. In effetti per molto tempo si è erroneamente riconosciuto in Parsons la figura del traduttore delle ottave della Gibilterra quando in realtà fu invece la Piozzi a tradurre l’inno. Tuttavia, da una lettera del gentiluomo inglese si riscontra che anch’egli, come ricordato giustamente dal Montanari, avesse lavorato sull’opera: se la dama inglese fu occupata nella traduzione delle ottave finali, Parsons si dedicò invece, senza riuscire a portarla a termine, all’ardua impresa di tradurre l’intero poema:

124 The Editors of Encyclopaedia Britannica, Elizabeth Montagu, Encyclopædia Britannica, 2011, (online

edition).

“Petticoteries”: supposto neologismo di origine colloquiale qui usato con accezione presumibilmente dispregiativa, derivante dalla parola “Petticoat” usata al tempo per definire l’ampio capo di biancheria intima indossato dalle donne sotto il vestito. Ad oggi nell’Oxford Dictionary alla voce “petticoat” viene fornita la semplice traduzione di “slip”.

Ivi, Encyclopaedia Britannica voce Bluestocking.

125 Oltre a Elizabeth Montagu, l’altra centrale figura della Blue Stocking Society si riconosce in Elizabeth

Vesey. Cfr: Ibidem.

126 Mrs. Piozzi, Bertie Greatheed, Robert Merry, William Parsons, The Florence Miscellany, cit., pp.14-18. 127 Benassù Montanari, Della vita e delle opere d’Ippolito Pindemonte, cit., p.52.

40 I had also begun a Translation of the Gibilterra Salvata, but did not succeed in it at all to my satisfaction, & have therefore reluctantly given it up; the subject requires Blank verse, which I never could write to please myself, & I have before lamented to you my total incapacity, tho I have a tolerable facility at short poems.128

Per la Piozzi la pubblicazione della miscellanea fu un’occasione per dimostrare i suoi veri talenti letterari e l’aiutò a distogliere l’attenzione dall’incombenza della pubblicazione degli aneddoti sul Johnson che tutti le richiedevano:

Mean Time I have sent Sir Lucas Pepys an Ode written by the Chevalier Pindemonte a noble Venetian in praise of England, with my Translation over against it: so People may see I am at Liberty to write something, and may undertake the Memoirs of Dr. Johnson as well as anything else.129

Inoltre, grazie alla militanza nel gruppo delle Blue Stocking, la Piozzi fu anche in rapporti con Horace Walpole che, vale la pena qui accennarlo come una nota di costume, non dovette avere una grande opinione di lei, se così scrisse a Horace Mann nell’ottobre del 1785:

For that ridiculous woman Madame Piozzi, and t'other more impertinent one, of whom i never heard before, they are like the absurd English dames with whom we used to divert ourselves when I was at Florence.130

Nonostante il giudizio impietoso affidato a questa lettera sappiamo che in precedenza, sempre in una lettera a Mann, Walpole aveva usato toni più delicati riferendosi alla Piozzi, e che aveva letto quasi sicuramente anche la traduzione delle ottave della Gibilterra, essendosi infatti procurato una copia della Florence Miscellany.

I have lately been lent a volume of poems composed and printed at Florence, in which another of our exheroines, Mrs. Piozzi, has a considerable share; her associates three of the English bards who assisted in the little garland which Ramsay the painter sent me. The present is a plump octavo; and if you have not sent me a copy by our nephew, I should be glad if you could get one for me: not for the merit of the verses, which are moderate enough

128 Di questa lettera del Parsons a Pindemonte, come ci informa la Cappellari, non si conosce la data precisa

poiché parte è andata perduta. Cfr: Simona Cappellari, Pindemonte e Alfieri nelle lettere di Byron e di

William Parsons, in Gian Paolo Marchi, Corrado Viola (a cura di), «Vittorio Alfieri e Ippolito Pindemonte

nella Verona del Settecento», Fiorini, Verona, 2005, pp. 163-180, alla p.171.

129 Lettera della Piozzi indirizzata a Samuel Lysons datata 14 giugno 1785, Cfr: Corrado Viola, Fabio

Forner, Due corrispondenze inglesi di Ippolito Pindemonte, in Anna Maria Babbi, Silvia Bigliazzi, Gian Paolo Marchi (a cura di), «Bearers of a tradition: studi in onore di Angelo Righetti», Fiorini, Verona, 2010, pp.181-196, alla p.194.

130 Lettera di Walpole a Horace Mann datata 30 ottobre 1785, Cfr: Horace Walpole’s Correspondence, 25,

41 and faint imitations of our good poets; but for a short and sensible and genteel preface by La Piozzi, from whom I have just seen a very clever letter to Mrs. Montagu, to disavow a jackanapes who has lately made a noise here, one Boswell, by Anecdotes of Dr. Johnson. In a day or two we expect another collection by the same Signora.131

2.2. La traduzione inglese

Come l’amico Parsons dichiarò a Pindemonte, la traduzione del poema su Gibilterra risultò particolarmente complessa da portare avanti; ma questo non impedì a Mrs. Piozzi di completare l’impresa, resa ancora più ardua dalla gran fretta con cui fu condotta, poiché la pubblicazione della miscellanea era prossima.132 Dalla traduzione dell’inno di Calliope infatti si evince l’impegno che la donna profuse nel lavoro e si nota il suo intento di mantenere fede il più possibile all’originale, cercando di mutarne però leggermente il tono in modo di fare del testo pindemontiano una vera e propria celebrazione della nazione inglese:

What laurels for thy Sons suffice BRITAIN, the generous, brave and wife! Who lifts more high her tow’ry head As gath’ring tempests round her spread; ‘Tis thus the hound-chas’d lion turns, And with increasing fury burns;

The Hydra thus Herculean strength confounds,

While heads succeed to heads, and heal her hard-dealt wounds. ‘Twas not in vain, the voice from high,

Resounding thro our nether sky, Defenceless Britain taught to dare, And fix the sea the feat of war; Till Asia’s prostrate pomp was seen Bending before old Ocean’s Queen,

For such was all-controuling Heavn’s command,

Who sways by force the Sea, with laws shall rule the lans. But Fame must fade, and Power must cease,

On all but thee sweet fainted Peace Smiling in silvery robes I fee,

Her white wand stretch’d o’er all but thee; Must then thy flame contracted blaze, Or lend to lesser lights her rays?

It must, but Poet’s piercing eyes explore

And fee how inbred worth compensates foreign power.

131 Lettera di Walpole a Horace Mann datata 3 febbraio 1785, Cfr: Abraham Hayward, Autobiography, Letters and Literary Remains of Mrs. Piozzi (Thrale). Edited with notes and Introductory Account of her life and writings, 1, LONGMAN, GREEN, LONGMAN, AND ROBERTS, London, 1861, p.271. Curioso

è il fatto che di questa lettera non ci sia riscontro sul sito della Horace Walpole’s Correspondence.

42 Where slowly turns the Southern Pole,

And distant Constellations roll, A Sea-girt Continent lies hurl’d That keeps the balance of the world; But feltred fogs, and hoary frost Defend th’inhospitable Coast,

Which, veil’d from sight, eludes the Pilot’s care, And leaves him fix’d in Ice, a statue of Despair. By difficulties then repell’d

Shall Britons quit fair Honor’s field? No! – Soon beneath th’Antarctic Sky, Their fails shall swell, their standards fly; Soften with Arts unknown before

The savage on the sea-beat shore;

And teach him to lament that Hero’s doom

Who first their lands deseried, and seiz’d them for his tomb. To that third world the wond’ring Muse

Britannia’ thy brave Chief pursues, When, with possessive step, the sand He proudly prints at thy command; Second to none, let this be dear, Nor weep the western Hemisphere; By Poets promised, and by Fate prepar’d

Here fix thy mild domain, here reap thy just reward. Meanwhile, when Retrospection lends

Her glass to view long-parted friends, And the forsaken Parent sees

With sighs her distant Colonies; Direct the tube, ‘twill shew for thee Realms scatter’d thro’Immensity: For so Urania dictated to Fame

That new discover’d stars should wear thy George’s name. What if those happier regions hold

No silver bright, nor burnish’d gold, Nor Commerce thence could hope return By flying navigators borne,

Tho taught by France they gayly dare Upheld thro’atmospheric air.

Arts solid treasures wait thy equal mind,

In vain by Ocean’s belt from age to age confin’d. If rolling worlds like ours below,

Or light-dispensing suns they glow, May we not justly call them thine, Britannia! Thro’ whose glass they shine, When in the moon thy piercing descry, To thee those objects every power must yield, As won by wisdom’s worth on Luna’s argent field. Italia first, (for thus my heart

43 The pleasing tale delights t’impart)

Italia first essay’d to soar,

And dar’d the dang’rous truth explore: In vain, the sceptre quits her hands, While Fate her envied power withstands,

And, quench’d on Earth her once distinguish’d flame, Scatters in empty space her second air-built name. So Destiny the youthful tread

Of earlier Eastern nations led;

So sunk their glory, quench’d their light, That dazzled once the wond’ring sight: Much Albion yet we hope from thee, Tho others boast the pencil free,

Each softer Art with more succes display,

Or range more num’rous hosts in battle’s firm array. Meantime to Glory’s ardent chace

Still’animate thy hardy race; Hunt Science thro her last retreats, Ard rifle her of all her sweets; O’er Arts and Arms extend thy reign, And cover with thy fleets the main; Soft Pleasure’s all-seducing paths despise,

With pristine vigor warm, with rough experience wise.133

La traduzione della Piozzi, nella quale si riscontrano inevitabilmente differenze con l’originale, cerca comunque di mantenere, nella maggior parte delle ottave, un’aderenza notevole alla versione italiana. Il carattere celebrativo nei confronti dell’Inghilterra è presente anche nell’originale, ma nel lavoro piozziano si riscontra molto più intensamente. Esemplare di questa caratteristica è ad esempio la scelta della traduzione del seguente verso: “Felici antenne/ Da’ tuoi porti salpar veggio, o m’inganno?” che in inglese perde completamente i riferimenti originali e si trasforma in: “By difficulties then repell’d / Shall Britons quit fair Honor’s field? /No!”. Nella terza ottava si nota inoltre che l’accezione profetica di questi versi cantati dalla musa, viene completamente perduta nella versione piozziana, infatti i versi:

Ceder regni dovrai? Cedansi; io canto

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