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Il dedicatario della Gibilterra: John Strange

La vita del naturalista britannico John Strange, “an eminent geologist, antiquarian and

connoisseur”, fu incentrata sullo studio delle lettere e delle scienze naturali e, dopo gli

studi a Cambridge, si articolò soprattutto fra Italia e Inghilterra.164 Nato nel 1732 in un sobborgo a Barnet, nel Middlesex, all’età di venticinque anni John Strange arrivò in Toscana, passando per la Germania e il Tirolo e dimorò vicino Pisa per circa otto anni, periodo durante il quale si dedicò a vari studi, tra cui quello delle antichità romane.165 In questo periodo Strange si concentrò su quelli che erano i suoi campi di maggior interesse, ovvero la geologia e la vulcanologia e proprio da questo primo soggiorno toscano nacque la Letter on the natural paper of Cortona (1764), l’opera più rilevante di quegli anni.166 L’inglese, anche se apparentemente dal “character of being a very recluse man”, entrò

163 Lettera di Lord Byron a John Murray datata 4 giugno 1817, Cfr: Thomas Moore, The Life of Lord Byron with his Letters and Journals, John Murray, London, 1847, p.357.

164 John Ingamells, A dictionary of British and Irish travellers in Italy 1701-1800, New Haven and London,

Yale University Press, 1997, p.903.

165 Luca Ciancio, A Calendar of the Correspondence of John Strange, F.R.S. (1732-1799). Edited with an introduction of Luca Ciancio, The Wellcome Institute for the History of Medicine, London, 1995, p.13. 166 Ivi, p.14.

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subito in contatto con importanti studiosi dell’epoca come Giovanni Lami e l’abbé Fortis, figura – quest’ultima – centrale negli anni relativi all’incarico di Residente britannico.167 Prima del ritorno in patria, dove nel 1766 entrò a far parte della Royal Society e della Society of Antiquaries, divenne membro delle Società Botaniche di Firenze e Cortona e, grazie all’amico Algarotti, anche dell’Accademia delle Scienze di Bologna.168 L’anno di svolta per il naturalista fu comunque il 1773 quando venne incaricato di ricoprire il ruolo di console britannico a Venezia, dove rimase fino al 1789, anno del definitivo ritorno in Inghilterra.

Durante la sua permanenza nella Penisola Strange visse per lo più nel capoluogo veneto ma effettuò vari soggiorni anche a Firenze e Napoli e, soprattutto, viaggiò a lungo in Europa, programmando tours incentrati sullo studio delle scienze naturali. Sappiamo però che, a causa dei notevoli impegni ai quali doveva rispondere in qualità di ambasciatore britannico, Strange prese nel 1774 la decisione di assumere al suo servizio Alberto Fortis che, per suo volere, compì vari viaggi di studio.169 Fu nel corso degli anni Settanta che uscirono le prime importanti opere dell’inglese in campo geologico, come i due articoli apparsi sulle Philosophical Transactions nel 1775 (pubblicati in italiano nel 1778 con la traduzione proprio di Fortis) e, soprattutto, il celebre trattato De’ monti colonnari e d’altri

fenomeni vulcanici dello stato Veneto.170 Nel 1786 Strange terminò il suo incarico di Residente britannico e ottenne dal re un “Leave of Absence… on account of [his] private affarirs”, ma in realtà rassegnò le dimissioni solo nell’agosto di tre anni dopo.171 La decisione di lasciare la Penisola si fece probabilmente più concreta dopo il decesso della moglie Mary Ann Gould che alla fine del 1786 morì a causa di un’operazione chirurgica.172

La partenza per l’Inghilterra venne preceduta da una serie di viaggi necessari per il trasporto di tutti i beni dell’inglese che, indicati nei relativi cataloghi, mostrano la passione di Strange per l’arte, approfondita soprattutto in Italia e influenzata dall’amicizia

167 John Ingamells, A dictionary of British and Irish travellers in Italy 1701-1800, cit., p.903.

168 Maria Toscano, The Nature in the Fact. Storiografia, naturalismo e collezionismo in Europa alla fine del Settecento, (Tesi di dottorato), Università l’Orientale, Napoli, 2009, p.51.

Luca Ciancio, A Calendar of the Correspondence of John Strange, cit., p.19.

169 Ivi, p.30.

170 Si tratta di: An account of two giants causeway, or group of prismatic basaltine columns, and other curious concretions in the Venetian state in Italy e An account of a curious giant causeway, or group of angular columns, newly discovered in the Euganean hills. Cfr: Maria Toscano, The Nature in the Fact.,

cit., p.334.

171 Luca Ciancio, A Calendar of the Correspondence of John Strange, cit., p.36.

John Ingamells, A dictionary of British and Irish travellers in Italy 1701-1800, cit., p.904.

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con l’Algarotti.173 L’inglese, oltre che ad essere un appassionato collezionista, fu anche un commerciante: al di là dei libri italiani, fra i quali si segnala un numero cospicuo di copie della traduzione dell’Elegy di Gray, furono molti altri i beni messi sul mercato inglese tra il 1789 e il 1791.174 Grazie ai cataloghi superstiti si può ben immaginare la mole della sua collezione, “one of the most extensive (private) collections in Europe”: erano presenti opere di vulcanologia, geologia, biologia marina, ma anche manufatti di antiquariato, opere di letteratura straniera, europea e non.175 La speranza dell’uomo di poter ricavare una notevole somma di denaro dalla vendita dei quadri però non andò a buon fine e questo, a suo parere, soprattutto a causa dell’evidente ignoranza inglese in materia di belle arti:

Much to my regret, I have to say that I earned nothing. I barely realised five hundred sequins out of one thousand sequins I spent… In conclusion, this country has changed; they want modern paintings and despise the old ones; especially the altar-pieces and large canvases either by Giorgione, or Titian or Paulo or whatever;… and I am sick at heart to see them looking at Titian’s Supper, Giorgione’s Resurrection and Cima’s Altar-piece with indifference; such paintings are not marketable here if not by chance; and in this case at very low price… although they will not draw me away from the fine ancient things; I cannot stand what they like here, modern and bold things. […] I am so consumed with anger to see ancient Italian painters despised here by impostors that I could not think about it and I barely know what I have written.176

Strange fu anche uno dei committenti più importanti di Francesco Guardi che fu per molti anni suo collaboratore e al quale lo studioso commissionò molti lavori. Al di là dell' oggettiva necessità di fissare su carta ciò che veniva studiato, le ragioni che spinsero Strange a commissionare innumerevoli disegni a tema naturalistico va ricercata soprattutto nella sua convinzione dell’inscindibilità di arte e natura, in adesione al principio secondo cui le “figures are absolutely necessary to convey adequate ideas of many objects”.177 Se si tiene conto dell’opinione strangeiana e del fatto che Guardi è

173 Ibidem.

La collezione pittorica di Strange era ricchissima e comprendeva quadri di artisti come Bellini o Carpaccio ma anche Tiziano, Tintoretto, Veronese, Tiepolo, Canaletto o Guardi. Cfr: Maria Toscano, The Nature in

the Fact., cit., p.77-79.

174 Duccio Tongiorgi, Committenze inglesi nel Settecento veneto: il ‘caso Gray’ e la traduzione dell’Elegy di Cesarotti, in «Nelle grinfie della storia. Letteratura e letterati fra Sette e Ottocento», Edizioni ETS, Pisa,

2003, pp.26-54, alla p.35.

Maria Toscano, The Nature in the Fact., cit., p.74.

175 Luca Ciancio, A Calendar of the Correspondence of John Strange, cit., p.38. Ivi, Toscano, p.77.

176 Lettera di Strange al suo agente Giovanni Maria Sasso datata 2 marzo 1791, Cfr: Luca Ciancio, A Calendar of the Correspondence of John Strange, cit., p.37.

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considerato ad oggi uno dei maggiori esponenti del vedutismo, è strano immaginare che l’inglese commissionasse rappresentazioni proprio a un artista come lui, le cui opere “reflect a new sensibility characterised by a less rationalistic and ‘photographic’ account of nature and architecture”.178 Infine, fu proprio il Guardi l’artista degli affreschi che si dovevano ammirare a villa Loredan, dimora nella quale Strange visse tra l’85 e l’86 dopo la morte della moglie.179

3.1. Pindemonte e Strange

Il decesso della compagna, conosciuta anche il con il nome di Madame Montaigne e di cui il vescovo di Derry disse “who deserves to be preferred to all the Basaltes in the world”, determinò in Strange una fase di cambiamento.180 Dopo la morte avvenuta nel 1783 e i due anni passati a villa Loredan, lo Strange si allontanò dall’ambiente mondano e visse anni segnati dallo sconforto. Del dolore provato dall’uomo ce ne lascia un’idea questo documento del 10 giugno 1783, importante non tanto per il tema trattato, ma per il fatto che sia l’unica lettera di Strange a Pindemonte a noi pervenuta:

Non voglio più mancare al mio dovere di ringraziarla della Gentilissima sua de’ 21 scorso; ripena degli affetti del suo buon animo. Il motivo veramente è fatale per me, ne so quando potrò risorgere dalle circostanze crudeli che mi opprimono; la ragione, col tempo, farà qualche cosa. Il dolore per ora non ammette conforto, ne risoluzioni; onde posso assicurarla che la nuova che V.S. Ill.ma mi dice di avere sentita, cioè, ch’io voglia lasciare il soggiorno d’Italia, è senza verum fondamento; non essendomi ne anche passata per la mente, piena solo della triste delle mie circostanze. In mezzo a queste non ho voluto privarmi del piacere di rassegnarmi con tutto l’animo.181

A differenza delle informazioni che ci sono giunte sui rapporti che Pindemonte instaurò con figure come Bertola o Parsons, meno precisi risultano essere quelli relativi al legame con John Strange. La prima attestazione riguardante la loro conoscenza è una lettera che il veronese spedì all’amico l’11 gennaio 1780, ringraziandolo per il dono di un libro dedicato ai fenomeni vulcanici, il già citato De’ monti Colonnari e d’altri fenomeni

vulcanici dello stato veneto.182 Nella lettera, corredata da varie lodi e riverenze nei

178 Ivi, p.36.

179 Maria Toscano, The Nature in the Fact., cit., p.70.

180 John Ingamells, A dictionary of British and Irish travellers in Italy 1701-1800, cit., p.903.

181 Lettera di Pindemonte a Strange datata 10 giugno 1783, Cfr: Maria Eros Luzzitelli, Ippolito Pindemonte e la fratellanza con Aurelio de’ Giorgi Bertola, cit., p.159.

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confronti del destinatario, il Pindemonte non perse l’occasione di dichiarare la sua ammirazione per la nazione inglese:

Ella seguiti ad onorare la sua immortale nazione, ove la filosofia trova ingegni tanto profondi, e l’eloquenza una costituzione di governo così favorevole; e permetta che ammirando dalle cime del Parnaso la gloriosa carriera sua filosofica, io mi soscriva intanto con verità.183

La figura di Pindemonte era probabilmente marginale all’interno del circolo di amicizie nel quale si muoveva l’inglese, che era invece più intimamente legato a personalità di maggiore peso, come si evince dalla scarsa entità della loro corrispondenza.184 Il loro legame però non fu nemmeno limitato ad una conoscenza superficiale: basti pensare alla lettera che il veronese spedì a Strange dopo la morte della moglie, dove si nota un sentimento sincero di amicizia e di compassione.185 Nonostante le speculazioni sulla profondità del loro rapporto, di cui non avremo mai riscontro, sembra comunque che i due ebbero delle personalità molto affini, caratterizzate entrambe da una grande riservatezza. Vista l’importanza e l’influenza del residente britannico, non è da meravigliarsi che anche il Pindemonte, come altri, individuò nella figura del naturalista la persona a cui dedicare uno dei suoi poemi. La figura di Strange in questo contesto ben si prestava ad essere associata ad un poema celebrante la nazione inglese e inoltre, se si considera l’intima amicizia che legava Torelli sia allo Strange che all’allievo Pindemonte, la decisione della dedica può essere più che mai comprensibile. Un’ipotesi sul motivo della dedica a Strange viene fornito anche da Vaglione, il quale, con una visione evidentemente un po’ troppo naïf, afferma che dietro la decisione di dedicare all’inglese il poemetto ci sia stato il dolore scaturito dalla perdita della moglie.186 Quest’ipotesi, nata come risposta sbrigativa ad una domanda che necessita invece un’analisi certamente più approfondita, risulta invece del tutto falsa. L’errore commesso dall’autore, oltre che nella superficialità dell’interpretazione, è da ritrovarsi nella semplice questione della datazione. Vaglione ignora infatti l’esistenza dell’edizione del 1782 della Gibilterra, già indirizzato a Strange che al tempo poteva ancora godere della compagnia della moglie.

In una della quattro lettere sopravvissute tra Strange e Pindemonte, datata primo dicembre 1782, è presente il riferimento ad un’opera che il veronese spedì all’amico:

183 Lettera di Pindemonte a Strange datata 11 gennaio 1780, Cfr: Ivi, p.125. 184 Le lettere giunteci tra i due sono solo quattro.

185 Francesco Vaglione, Dell’amicizia d’Ippolito Pindemonte con un naturalista inglese, cit., p.126. 186 Ivi, p.124.

57 Mi prendo la libertà, Signore, di mandarle una mia nuova poesia, che parmi, almeno per l’argomento, poter meritare l’attenzione di un filosofo naturalista, e per conseguenza la sua. È vero ch’io ho cercato sopra tutto, come credo doversi fare anche in tali argomenti, d’esser poeta; ma io spero che questo stesso piacerà al naturalista filosofo, il quale deve conoscere i confini delle arti, e sapere che l’arte che si professa servir mai non deve a quella di cui si tratta. E anche il tratto in lode della Inghilterra, da una giusta e sentita ammirazione inseritovi, mi parve una ragione di più per farle tenere il mio poemetto. Vegga se ho saputo giustificar bene il piacere che or mi procuro: che certo è un piacere il far leggere le proprie cose a colore che più si stimano. Io non altro desidero che d’aver suoi comandi; e pregandola di molti miei complimenti alla moglie sua pregiat.a, sono con tutto l’ossequio… 187

Nonostante l’improbabile ipotesi che l’opera in questione fosse la Fata Morgana, in realtà si può affermare, direi con certezza, che il poema in questione fosse invece la Gibilterra

Salvata.188 Questa ipotesi sarebbe avvalorata da alcune evidenze: nella Fata Morgana,

nonostante sia vero si faccia riferimento a questioni che possono “meritare l’attenzione di un filosofo naturalista”, non è presente una sezione incentrata sulla lode di Albione; infatti, gli unici versi relativi alla Britannia sono i seguenti:189

E già Vittoria su le stanche poppe Volare, e alfin vegg'io la Dea superba Militar co i Britanni: allor di cielo Scenderà l'alma Pace, allor fia pago L'American, già nuovi patti unendo, E qual gli detta in sen del nido avito E de l'Anglico nome amor risorto, Cui l'ira solo a sopir giunse, o Febo, M' inganna, o ancora un popol sol di due Veggio contra il comun nemico antico Formarsi, e ancor su i trionfati mari Del fier Tridente armar sola una destra.190

Inoltre, un altro motivo per cui la lettera potrebbe più verosimilmente fare riferimento alla Gibilterra Salvata risiede nel fatto che Pindemonte accenni all’opera come ad una “nuova poesia”: la Gibilterra fu scritta effettivamente nel 1782, anno corrispondente alla datazione della lettera, mentre la Fata Morgana, nonostante venga pubblicata lo stesso anno, fu scritta durante il periodo trascorso dal Pindemonte tra Napoli e la Sicilia, quindi intorno al 1779, e nell’opera “si notano, infatti, ben chiari, filtrati nel tessuto ancora

187 Lettera di Pindemonte a Strange datata 1° ottobre 1782, Cfr: Ivi, pp. 125-126. 188 Ivi, p.125.

189 Ivi, p.126.

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classico, gli innesti naturalistici d'influenza mergellinese, come pure l'aperto richiamo ai temi massonici della vecchiaia del mondo, e della virtù”.191 Dalla lettera succitata sembrerebbe che Pindemonte non avesse ancora deciso di dedicare il poema all’amico, ma sia dal frequente rimando a questioni vulcanologiche e naturali presenti nel testo, sia dalla dedica in apertura, è chiaro come durante la stesura dell’opera Strange fosse un pensiero ricorrente:

Scrivendo questa poesia, io tratto tratto pensava a voi; e come mi parea nel tesserla, che dovesse, quando pur possa in qualche parte piacere, piacere a voi particolarmente […].192

Infine, grazie ai documenti relativi ai beni del naturalista inglese, nel catalogo della

Bibliotheca Straengiana del 1801 è segnalato che lo Strange possedette cinque copie del

poema pindemontiano, ma tutte della stessa edizione: 193

1596 Pindemonte (il Marchese Ippolito) Gibiltorra Salvata Poema, 8.vo. Veron. 1782.

Dedicated to Mr. Strange

1597 Il Medesimo 1598 Il Medesimo 1599 Ditto

1600 Ditto 194

Dal catalogo sembrerebbe quindi che l’uomo possedette solamente la versione veronese, con la famosa dedica a lui rivolta in data 24 dicembre, ma non l’edizione modificata del 1783 pubblicata a Venezia e contenente le Memorie della vita e de’ militari servigj del

luogotenente-generale Giorgio Augusto Elliot.

3.2. Strange e Pindemonte tra Torelli e Lord Bute

Strange e Pindemonte furono legati dalla comune amicizia con Giuseppe Torelli, figura molto influente nella vita del veronese. Il Torelli infatti non solo trasmise la sua anglofilia all’allievo, ma lo mise anche in contatto con eminenti personalità inglesi che soggiornarono in Italia nella seconda metà del Settecento. Tra gli inglesi che il Cavaliere conobbe grazie all’intercessione del maestro si trova William Hamilton, residente

191 Maria Eros Luzzitelli, Ippolito Pindemonte e la fratellanza con Aurelio de’ Giorgi Bertola., cit., p.26. 192 Ippolito Pindemonte, Gibilterra Salvata, Eredi di Agostino Carattoni, Verona, 1782, p.1.

193 Luca Ciancio, A Calendar of the Correspondence of John Strange, cit., p.38.

194 Samuel Paterson, A Catalogue of the general, curious and extensive library of that Distinguished Naturalist and Lover of the Fine Arts, the Late JOHN STRANGE…, Nichols and Son, London, 1801, p.75.

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britannico a Napoli che il Pindemonte conobbe durante il suo viaggio partenopeo.195 John Strange, intimo sia con il Torelli che con l’Hamilton, consigliò a quest’ultimo di intrattenersi quando possibile con il giovane Pindemonte, il quale sicuramente dovette fare una buona impressione al residente, come risulta inequivocabilmente attestato in questa missiva di Torelli:

Il Cavaliere Hamilton scrive di lei da Caserta al Signor Strange in questi termini […] “Il continuo servigio, ch’io debbo prestare costì a S.M. Siciliana, non m’ha concesso di vedere il Marchese Pindemonte da voi raccomandatomi, quanto avrei voluto; essendo in vero uno amabilissimo, e compiutissimo giovane. Tuttavolta m’ha promesso di qui ritornare la Primavera, e farmi godere, quanto potrà, la sua compagnia”. Quindi oculos deiicis? Non bisogna arrossire, udendo i propj pregi, ma darne lode a Lui, da cui solo debbono riconoscersi.196

Il precettore di Pindemonte si dedicò negli anni allo studio dell’acquisizione di conoscenze non solo letterarie e traduttive ma soprattutto scientifico-matematiche. Intimo amico del padre di Pindemonte fu, come già accennato, allievo di Scipione Maffei e proprio di quest’ultimo lo scienziato veronese iniziò a scrivere una biografia che lo occupò gran parte della sua esistenza, senza però portarla mai a termine.197 I documenti e gli appunti del Torelli, consegnati in parte a lui e a Jean-François Séguier direttamente dal Maffei, non finirono nel dimenticatoio: fu infatti il Pindemonte, forse sotto l’influsso di Michele Sagramoso, a concludere il lavoro del suo maestro e l’Elogio del marchese

Scipione Maffei fu dato alle stampe nella raccolta degli Eloji italiani già nel 1782.198 In realtà, come per altri componimenti, l’elogio del maestro alimentò in parte quelle voci di plagio che talvolta circolavano sul conto del Pindemonte; e questi, anni dopo la prima pubblicazione dell’opera, scrisse infatti all’amico Bertola:

[…] Il Torelli non solo non pubblicò, ma ne meno scrisse la vita del Marchese Maffei: anzi le memorie, che erano nelle sue mani, passarono, dopo la sua morte, alle mie, ed io scrissi il mio elogio su quelle.199

La giustificazione pindemontiana non può comunque essere considerata interamente veritiera alla luce di ciò che invece il Torelli scrisse al suo collega Séguier già nel 1767:

195 Corrado Viola, Fabio Forner, Due corrispondenze inglesi di Ippolito Pindemonte, cit., p.182.

196 Lettera di Torelli a Pindemonte datata 4 marzo 1779, Cfr: Maria Eros Luzzitelli, Ippolito Pindemonte e la fratellanza con Aurelio de’ Giorgi Bertola., cit., p.31.

197 Luca Ciancio, Giuseppe Torelli, in «Dizionario biografico degli italiani», 96, 2019, (Treccani online). 198 Maria Eros Luzzitelli, Ippolito Pindemonte e la fratellanza con Aurelio de’ Giorgi Bertola., cit., pp.35-

36.

60 Mandovi con questo buon mezzo una delle mie operette, in testimonio della mia stima, la quale sarà seguita fra non molto dalla vita del nostro Marchese Maffei, per convincervi della vostra incredulità.200

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