4. Disturbi del sonno ancora oggetto di studio e di indefinitiva conferma diagnostica
2.6. Focus sull’interazione tra i problemi del sonno e del comportamento Una percentuale alta, dal 25 al 50%, dei genitori lamenta problemi di sonno nel figlio
(Chervin, 2000). Senza contare che alcune sindromi, come le apnee ostruttive notturne, la sindrome delle gambe senza riposo, i movimenti limbici periodici e la sonnolenza diurna causano sintomi simili ai disturbi da comportamento dirompente, come iperattività, disattenzione, impulsività e irritabilità.
• Sindrome delle apnee ostruttive (Obstrusctive Sleep Apnea Syndrome, OSAS) Sindrome caratterizzata dalla presenza di episodi di completa e/o parziale e/o prolungata ostruzione delle vie aeree superiori durante il sonno, con persistenza dell’attività dei muscoli respiratori in assenza di flusso aereo oronasale, associata a desaturazione ossiemoglobinica. Non esiste un pattern fenotipico caratteristico: alcuni bambini sono obesi altri sono magri, alcuni bambini presentano ipertrofia adenotonsillare, alcuni bambini presentano difficoltà di crescita e altri hanno un’eccessiva sonnolenza diurna. L’incidenza dell’OSAS in età pediatrica è intorno al 1-3% e colpisce prevalentemente i bambini nella fascia di età dai 2 ai 5 anni. È stato scoperto, qualche decennio fa, che i bambini con disturbi del sonno a livello respiratorio, come l’OSAS, spesso mostrano sintomi di inattenzione e iperattività, del tutto simili al DDAI (Guilleminault et al., 1981; Guilleminault et al., 1982). Studi più recenti riportano che i problemi respiratori legati al sonno accrescono i problemi comportamentali di ostilità e di irritabilità, tipici del DOP, ma anche i sintomi di litigiosità, aggressività e bullismo, più simili al DC (Chervin et al., 2003), e ancora, risultano connessi ai disturbi emozionali (Crabtree et al., 2004), ai disturbi di memoria (Kheirandhis-Gozal et al., 2010) ed aumentano la probabilità di sviluppare Disturbi dell’Apprendimento (Gozal, 1998; Chervin et al., 2002).
Come prova di ulteriori evidenze scientifiche, uno studio (Chervin et al., 1997) ha valutato i problemi respiratori durante il sonno e l’incidenza in un campione di bambini con varie problematiche evolutive: bambini con DDAI in comorbidità con DOP e/o DC, con disordini affettivi e con difficoltà di apprendimento; bambini con altre patologie psichiatriche; e bambini con malattie pediatriche generali (allergie, asme, problemi gastrointestinali, ecc.). Il 33% dei bambini con DDAI presentava problemi respiratori durante il sonno, mentre solo il 10% degli altri due gruppi aveva disordini respiratori. Tuttavia anche i gruppi di bambini con disturbi psichiatrici e con altre malattie pediatriche presentavano sia disturbi respiratori che livelli elevati di inattenzione e iperattività durante le ore diurne. Questo dato è significativo, perché dimostra non solo l’esistenza di un’associazione tra problemi respiratori notturni e disturbi del comportamento, ma che tale interazione non è specifica dei DCD. Infatti, se pur i problemi respiratori nell’infanzia incrementano i livelli di inattenzione e iperattività, non sono specifici del DDAI, ma sono associati ad un’ampia gamma di disordini evolutivi (Carskadon et al., 1993).
• Disturbo da eccesiva sonnolenza diurna (Eccesive Daytime Sleepness, EDS)
L’EDS si presenta in età scolare in maniera peculiare: irritabilità, iperattività, problemi attentivi, aggressività, disturbi di apprendimento, frequenti sonnellini, facile distraibilità,
cadute di concentrazione, linguaggio rallentato, problemi di crescita e frequenti sogni ad occhi aperti (day-dreaming). Dunque, di fronte ad un bambino che a scuola ha difficoltà di apprendimento e presenta sintomi di inattenzione bisogna sempre sospettare la presenza di un disturbo del sonno in età evolutiva, in particolare dovremmo considerare la comorbidità tra DCD e OSAS o EDS.
Uno studio recente (Calhoun, et al., 2012) si è interessato delle conseguenze dell’EDS sull’apprendimento, l’attenzione, l’iperattività e i DC su un campione di bambini dai 6 ai 12 anni. In particolare sono state analizzate alcuni funzioni neurocognitive che si ipotizzava fossero compromesse: la Working Memory (WM), la velocità di elaborazione degli stimoli, l’attenzione divisa e le funzioni esecutive. I risultati hanno mostrato che l’EDS è associata a una diminuzione della velocità di elaborazione e della capacità di WM di questi bambini, e questo porta ad un aumento delle difficoltà di apprendimento, di attenzione e ad una maggiore iperattività, come segnalato dai questionari compilati dai genitori. Tuttavia l’EDS non ha effetti sulla quantità e sulla qualità del sonno, piuttosto gioca un ruolo importante sul rallentamento dei processi di pensiero, sulla capacità di elaborare le informazioni in modo rapido ed efficiente, abbassando i livelli di vigilanza e di concentrazione nei bambini.
Altri studi affermano che l’EDS sia una manifestazione dei sintomi di ansia e/o depressione, di obesità, di DDAI, in particolare del sottotipo disattento, e dell’asma (Calhoun et al., 2011).
Un’altra ricerca solleva la possibilità che la crescente presenza di disturbi psichiatrici nell’infanzia sia legata, almeno in parte, ai problemi del sonno. Stein e i suoi collaboratori (Stein et al., 2001) hanno studiato l’interazione della variabile disturbi del sonno in età precoce (dai 4 ai 12 anni) e le variabili, storia medica e problemi di esternalizzazione e internalizzazione, quest’ultimi sono stati indagati con la Child Behavior Checklist (CBCL, Achenbach & Edenlbrock, 1983). La CBCL è un questionario che viene compilato dai genitori ed indaga tre aree: i disturbi internalizzanti (reattività emotiva, ansia-depressione, disturbi somatici e ritiro sociale), i disturbi del sonno e i disturbi esternalizzanti (iperattività e condotte aggressive o dirompenti). La percentuale maggiore di disturbi del sonno sono: problemi respiratori, l’EDS e tempi eccessivamente lunghi nell’addormentamento (come già riportato da altri studi: Simonds & Parraga, 1982; Horne, 1992; Minde et al. 1993). Inoltre alcuni genitori hanno lamentato la presenza di questi disturbi già a partire dal secondo anno di vita. Le analisi statistiche hanno confermato che il miglior predittore dei problemi di sonno attuali è una storia di problemi di sonno precoci e ricorrenti, questo dato è importante perché molti dei problemi che si presentano durante l’età evolutiva tendono a decrescere con
l’aumentare dell’età, ma è vero anche che, più prematuri sono i problemi maggiore sarà la probabilità che si mantengano e crescano con il passare degli anni. Infatti, molti dei bambini dello studio con una storia di problemi di sonno fin dalla tenera età sviluppavano problemi internalizzanti o ansioso/depressivi. Mentre bambini con un’alta frequenza di comportamenti aggressivi avevano una qualità del sonno molto bassa. Anche i soggetti con atteggiamenti oppositivo-provocatori andavano a letto più tardi degli altri, questo influiva sulla loro quantità di sonno. Come segnalato da un’altra ricerca, i bambini che dormono di meno hanno una maggiore probabilità di sviluppare disturbi psichiatrici (Lavigne et al., 1999).
I dati precedenti sono stati confermati da uno studio longitudinale (Lam et al., 2003) che mirava ad identificare: la presenza o meno di disturbi del sonno in età precoce (dai 3 ai 4 anni); la valutazione dei predittori di tali disturbi e se fossero associati o meno a futuri disturbi del comportamento, o se fossero influenzati dalla depressione materna o dal cattivo funzionamento generale della famiglia. Il 33% dei genitori ha confermato la presenza di disturbi del sonno del proprio figlio, questi bambini avevano punteggi significativamente alti alle sottoscale della CBCL, in particolare avevano problemi internalizzanti, soprattutto problemi somatici, rispetto ai bambini che non avevano problemi di sonno e punteggi più alti nell’area dei disturbi esternalizzanti, nello specifico delle condotte aggressive. Le analisi statistiche hanno mostrato che con il crescere dell’età i bambini con precoci problematiche di sonno erano più portati a sviluppare disturbi esternalizzanti, anche se questi non rientravano nel range clinico. Non è stata trovata nessuna relazione tra la depressione materna e i problemi di sonno nel bambino, questo dato suggerisce che la depressione non sia la causa, ma piuttosto l’effetto della gestione dei problemi dei figli. Allo stesso modo sembra che il funzionamento globale della famiglia non influenzi negativamente il sonno del bambino, infatti dopo un periodo di assestamento il nucleo famigliare ritrova un suo equilibrio.