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Teletorre 19. Non è mancata la fantasia agli inquilini di Teletorre 19 a

1.2 Focus sulla web t

Si faccia però ora un passo indietro andando ad esplorare nel dettaglio il nuovo micro universo costituito proprio dalle web tv che, con impeto sempre

41 maggiore, va ad affacciarsi nella vita quotidiana di ciascun individuo “digitale” senza fare differenza alcuna fra quelli che Prensky (2001) definisce “immigrati e nativi”. Nello specifico, i nativi digitali40 sono coloro che nascono in un’era già assuefatta dal digitale ed entrano immediatamente a contatto con questi media, gli stessi che Tapscot (2008) definisce membri della Net Generation, immersi totalmente nella rete digitale (con la quale e nella quale sono virtualmente cresciuti) dove viene alterato anche il modo in cui viene assimilata un’informazione. Gli immigrati digitali, invece, sono coloro che si adattano a queste tecnologie (le due categorie possono tuttavia cooperare anche in un’ottica di ribaltamento di ruoli dove in maniera costante ci si interscambia vestendo talvolta i panni di apprendista e talvolta quelli di insegnante).

Tornando al termine micro – usato da Colletti (2010) riferendosi al panorama delle web tv –, esso ben si coniuga alla realtà delle tv della rete in quanto ci permette di pensare ad uno snellimento della programmazione di tipo classico per informare e divertire immediatamente, in maniera semplice, chiara, istantaneamente comprensibile.

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Il termine è stato più volte rivisto dallo stesso autore ed è stato oggetto di diverse critiche soprattutto perché nessuna delle proposte di Prensky è stata supportata da dati scientifici. Nella sua prima stesura il termine identifica una persona che è cresciuta con le tecnologie digitali come i computer, Internet, telefoni cellulari e MP3 facendo riferimento alle persone nate (negli USA) dopo il 1985 come nuovo gruppo di studenti che accede al sistema dell’educazione. Per contro chi non è nativo digitale ma utilizza le tecnologie sarebbe un immigrato digitale. Negli anni successivi, per rispondere alle diverse critiche che mettevano in evidenza il fatto che i più giovani non presentavano tutti diffuse competenze digitali, lo stesso Prensky ha proposto il concetto di saggezza digitale e ultimamente quello di residente digitale e visitatore digitale (https://it.wikipedia.org/wiki/Nativo_digitale). Tale concetto è assai contestato nella letteratura internazionale recente e dui diversi contenuti editoriali presenti in rete: “Tralasciando il fatto che il mondo digitale è stato creato da Immigrati Digitali; tralasciando che gran parte della comunità internazionale degli studiosi di pedagogia si è scagliata contro Prensky perché trova che la sua visione sia troppo semplicistica; e tralasciando che anche Prensky si è “rimangiato” il termine Digital Native per passare a quello molto più ampio di Digital Wisdom (saggezza digitale), che abbatte le barriere dell’età, ciò che rimane oggi è un falso mito che rischia di fare più danni che altro. Smettiamola di dare per scontato che i giovani sappiano come relazionarsi con la tecnologia e come usarla correttamente: non è così! Provate ad entrare in una classe di una scuola media e chiedere come funziona una ricerca su Google: difficilmente userete una seconda mano per contare coloro che vi daranno una risposta corretta” (http://www.profdigitale.com/nativi-digitali-basta-per-favore/). O ancora: “Non solo il nativo digitale non esiste (ne è mai esistito) ma l’uso a-critico e a-riflessivo del termine ha generato un dannoso stereotipo che ha ingabbiato i giovani con etichette inutili ed esonerato noi educatori e genitori dall’ascolto autentico e dalla comprensione delle caratteristiche distintive di questa generazione” (http://www.giannimarconato.it/2011/03/nativo-digitale-uno-stereotipo-dannoso/). A tal proposito cfr. anche Bennett, Marton, Kervin, 2008 e Palfrey, 2008.

42 “Micro tv come espressione di qualsiasi microcultura, micro esperienza” (Alberto Abruzzese41).

La web tv, a livello micro (o, se si vuole, in una prospettiva miniaturizzata), ha in sé la capacità di ridefinire operativamente l’ecosistema comunicativo42, contraddistinto da una forte e piena convergenza intesa come sovrapposizione, mescolanza, combinazione di molteplici mezzi di comunicazione di massa permettendo, così, la nascita di un loro uso più flessibile, subordinato ai propri spazi ed ai propri tempi. “Cambiano, perciò, luoghi, tempi e modalità della loro fruizione. […] Non solo l’audience si distribuisce su un ventaglio di proposte più ampio, ma tende a desincronizzarsi, scegliendo la flessibilità della differita e contando su supporti diversi; parallelamente diminuisce l’ascolto indifferenziato e passivo. Del resto la fortuna dei nuovi media deve molto alle trasformazioni del pubblico e alla capacità di soddisfare esigenze sempre impellenti: i nuovi ritmi e le nuove abitudini di vita hanno messo in crisi le scansioni usuali, molto rigide, del tempo quotidiano, rendendo impossibile a molti una fruizione fedele, rituale e routinaria, mentre le giovani generazioni mostrano dimestichezza più con i nuovi media che con la vecchia tv” (Piazzoni, 2014, pag. 258). Secondo Jenkins (2007) “la convergenza tra media è molto più che un semplice cambiamento tecnologico, alterando invece i rapporti fra i pubblici, i generi, i mercati, le imprese e le tecnologie esistenti. Essa cambia le logiche d’azione dei media insieme a quelle che guidano il consumo d’informazione e d’intrattenimento dei pubblici”.

Abbiamo toccato qui un punto cruciale delle teorie sulla rete: quello della convergenza mediale: “la convergenza tra media è molto più che un semplice

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http://infrastrutture.ilsole24ore.com/bancadati/1607. Cfr. anche “Paese che vai”, meeting sulle micro web tv, 2008.

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In generale, riferendosi a internet, “il mondo della rete viene descritto come un ecosistema che, mentre ingloba tecnologie e modelli culturali, evolve come un grande organismo vivente” (Formenti C., Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro, Egea, Milano, 2011, pag. 14). Cfr. anche Fortunati L., The New Television Ecosystem, Peter Lang, Frankfurt, 2012.

43 cambiamento tecnologico, alterando invece i rapporti fra i pubblici, i generi, i mercati, le imprese e le tecnologie esistenti. Essa cambia le logiche d’azione dei media insieme a quelle che guidano il consumo d’informazione e d’intrattenimento dei pubblici” (Jenkins, 2007). La convergenza, innanzitutto, consiste nell’integrazione di due tecnologie: l’industria dei media ed il settore delle telecomunicazioni. Tale fenomeno, permesso dalla digitalizzazione, è relativo alla produzione mediale. Con la convergenza, come dicono Grasso e Scaglioni (2010), “quelli che prima chiamavamo mezzi di comunicazione di massa ora si sovrappongono, si mescolano, si piegano con maggiore flessibilità agli usi che decidiamo di farne, ai nostri tempi, ai nostri spazi43”. La convergenza mediale (che non è solamente un processo tecnologico ma che comprende in questo cambiamento forti elementi di continuità) ha rotto, infatti, la dipendenza dei media dal tempo e dallo spazio per farsi istantanea, cronocompressa.

La temporalità, in particolare, può intendersi anche come un pattern condiviso tra la produzione, la distribuzione ed il consumo dei nuovi prodotti mediali ridefinendo anche i concetti di testo e di flusso. Esistono più livelli di convergenza: il primo livello consiste nei canali e nei supporti; il secondo livello è dato dal settore economico-industriale, allo scopo di mantenere buone posizioni di mercato e sfruttare al meglio le possibilità offerte dalle nuove tecnologie.

Caldwell, attraverso un’approfondita analisi, individua tre diverse dimensioni della convergenza alle quali Jenkins ne aggiunge una quarta.

La prima tipologia di convergenza elaborata da Caldwell è quella estetica (o linguistica, relativa al contenuto mediale ed alla sua forma) che vede, appunto,

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La convergenza dei mezzi di comunicazione è la realtà con cui confrontarsi ogni giorno, dal momento che i media si sovrappongono fra loro, si ibridano, trovano alleanze, sono consumati e “ri- forgiati” l’uno attraverso l’altro, per soddisfare esigenze di intrattenimento e di informazione sempre più articolate, attive, dislocate, frammentate (Grasso A., Scaglioni M. (a cura di), Televisione

44 la convergenza come fenomeno stilistico in cui la televisione è considerata un medium combinatorio, un luogo nel quale specifiche e discrete forme artistiche vengono aggregate e presentate come parti di un tutto. In sostanza in questa tipologia di convergenza convivono concrete forme testuali che l’ambiente multi televisivo è in grado di generare o ri-generare sulla base di un’incessante metamorfosi. I programmi televisivi sono infatti sempre più spesso progettati per adeguarsi ad un contesto multipiattaforma in cui l’ampiezza e, al tempo stesso, la frammentazione del panorama di offerta rendono indispensabile per le istituzioni mediali dar vita ad un coinvolgimento profondo e costante con lo spettatore, disegnando un’esperienza immersiva e di contatto con i testi televisivi (Grasso, Scaglioni, 2010).

Il secondo punto riguarda una convergenza tecnologica intesa come la confluenza di tutti i media in un unificato sistema di distribuzione (ad esempio la televisione, attraverso un processo di digitalizzazione e “computerizzazione”, cambia forma, evolve in web tv. Si trasforma in un luogo di utilizzo che mantiene la propria forma di mezzo di informazione, cultura e intrattenimento, modificando però i suoi linguaggi, format e output) o, detta altrimenti, “la conversione di tutte le informazioni in un formato digitale e la fine della distinzione tra media diversi” (Colombo, 2013, pag. 19). In tal modo gli attori in grado di gestire il contatto sono anche quelli che detengono il potere di gatekeeping, ossia sono in grado di modulare e controllare un flusso di contenuti ininterrotto disponibile al fruitore in “ogni luogo” ed in “qualsiasi momento”44 e che punta a eccitare e ad accrescere l’interesse del pubblico potenziale. Noteremo, in questo, caso una sostanziale differenza tra convergenza dell’offerta (stesso contenuto trasmesso su

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La web tv, nello specifico, appare essere “fruibile attraverso qualsiasi mezzo elettronico dotato di capacità di connessione ad internet. Il che vuol dire che essa, praticamente, abbatte ogni confine fisico, temporale e locale. Potenzialmente la web tv è sempre con noi. […] La web tv, poi, non presenta palinsesti rigidi. […] Le modalità di fruizione on demand, podcasting o filesharing permettono tranquillamente all’utente di decidere orario, modo e luogo in cui riprodurre il contenuto audiovisivo desiderato” (Crocitti V., Dalla Tv alla Web-Tv: il giornalismo tra streaming, hashtag e libertà, SGB, Messina, 2012, pp. 62-63).

45 molteplici piattaforme) e convergenza della fruizione (l’utente può accedere a dei contenuti da differenti piattaforme45). Ma questa situazione porterà all’inevitabile nascita di una dialettica convergenza/divergenza che prevede l’affermazione non di un processo di integrazione di tecnologie distributive, bensì di una confluenza di contenuti convergenti per piattaforme divergenti46. Per dirla in altri termini, la televisione (il medium) non contempla più un solo apparecchio di fruizione (il televisore)47.

Il terzo significato di convergenza rimanda ad una dimensione prettamente economico-istituzionale (o, potremmo azzardare, industriale) che prende in considerazione l’insieme delle trasformazioni avvenute nel mercato televisivo e mediale che porta a pensare alla convergenza come conglomerazione. La convergenza istituzionale, in particolare, prende la forma di una moltiplicazione degli attori che operano, a diverso titolo, nel mercato televisivo.

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Con il termine piattaforma si intende l’insieme delle cosiddette piattaforme distributive, ossia le tecnologie attraverso cui il segnale televisivo raggiunge diversi utenti/spettatori.

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I nuovi media possono essere distinti tra loro sulla base di diversi criteri. Tra questi individuiamo una matrice di carattere non solo tecnologico, ma anche economico-sociale. Si tratta del passaggio da media divergenti, per cui i media sono diversi e si contrappongono tra loro, a forme sempre nuove di convergenza mediatica. Ciò sta a significare che media che fino a poco tempo fa utilizzavano canali distinti oggi possono utilizzare uno stesso medium nel senso che, ad esempio, possiamo leggere il giornale o guardare la tv il tutto sullo schermo del nostro computer o tablet connesso alla rete. Lo stesso accade per le trasformazioni tecnologiche, organizzative e contenutistiche che caratterizzano l’avvento della Multi Tv (Scaglioni, Sfardini, 2008), cioè il passaggio dal tradizionale broadcasting ad una modalità dell’esperienza televisiva più complessa e più ricca che integra il vecchio medium televisivo ed il nuovo medium rappresentato dalla rete globale di internet. Ciò ci porta a pensare che, quando qualcuno ci parla di un programma televisivo che ha visto, non sapremo (a meno che non glielo si chiede) su quale piattaforma lo abbia guardato. I nuovi mezzi di comunicazione, dunque, non servono banalmente a trasferire informazioni da qualcuno a qualcun altro, ma in modo assai più complesso legano e separano i soggetti e gli oggetti della comunicazione attraverso una continua negoziazione di ruoli tra produttori/emittenti e destinatari/utenti. (Gili G., Colombo F.,

Comunicazione, cultura, società. L’approccio sociologico alla relazione comunicativa, La Scuola,

Brescia, 2012, pp. 309-313).

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Grasso A., Scaglioni M. (a cura di), Televisione convergente. La tv oltre il piccolo schermo, Link RTI, Milano, 2010.

46 Ultima tipologia di convergenza (quella elaborata da Jenkins) è quella definita come culturale, o cultura della convergenza48, che pone la propria attenzione sui risvolti sociali e culturali della convergenza stessa mettendo al centro dell’analisi il ruolo degli attori che forgiano la transizione mediale. La convergenza è, dunque, un fenomeno culturale che comprende i modi in cui gli attori sociali si inseriscono nel nuovo ambiente che va prendendo forma. Siamo di fronte ad una cultura popolare sempre più mediatizzata49 e partecipativa in cui gli attori/consumatori, attraverso processi di media literacy e media education, stanno imparando ad utilizzare le tecnologie mediali per controllare e piegare queste ultime ai propri bisogni.

Nessuna di queste dimensioni della convergenza può essere analizzata autonomamente ma ciascuna richiama le altre nel quadro di complessi rapporti di causalità ed influenza che non sono prevedibili a priori, ma dipendono dalle scelte, dalle strategie e dalle tattiche adottate dagli attori che sviluppano

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Secondo Jenkins il fenomeno della convergenza, oltre ad avere un valore tecnico, ne ha un altro ancor più percepibile: quello culturale. Andiamo più nello specifico. Jenkins parla esattamente di “Cultura della convergenza” identificando da un lato l’ibridazione di pratiche comunicative top-down (guidato dalle corporazioni dei media mainstream) e bottom-up (guidata dai consumatori, e dall’altro, la circolarità di produzione e consumo (produsage). “Per convergenza intendo il flusso dei contenuti su più piattaforme, la cooperazione fra poi settori dell’industria dei media e il migrare del pubblico alla ricerca continua di nuove esperienze di intrattenimento. Convergenza è una parola che tenta di descrivere i cambiamenti sociali, culturali, industriali e tecnologici portati da chi comunica e da cio che pensa di quello di cui parla” (Crocitti V., Dalla Tv alla Web-Tv: il giornalismo tra streaming,

hashtag e libertà, SGB, Messina, 2012, pp. 47-48).

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Un breve approfondimento merita la nozione di mediatizzazione, al centro di recenti dibatiti tra molteplici studiosi tra cui Couldry e Hepp (2013), Deacon e Stanyer (2014, 2015) e Lunt e Livingstone (2014, 2016). Couldry e Hepp la reputano essere una evoluzione del concetto di globalizzazione mediale, anche se tale accostamento apparirebbe troppo astratto (cfr. anche Ampuja, 2012). Per Deacon e Stanyer, invece, il termine può avere più interpretazioni (così come dichiarerebbero anche Adams e Jansson, 2012), ma essi lo accostano principalmente alla vita politica rappresentata attraverso i media e focalizzandosi su come la mediatizzazione lavora alla luce anche di inevitabili cambiamenti storici e di contesto. Per Lunt e Livingstone, infine, si tratterebbe di un processo istituzionale che cambia, si organizza e si evolve a seconda delle tecnologie a disposizione di volta in volta. Si tratterebbe allora di un meta-processo che imita/riprende la nozione di globalizzazione mediale. Gli studiosi citati concordano tutti sulla questione che il concetto di mediatizzazione stia subendo un processo di intensificazione. In sostanza il concetto di mediatizzazione potrebbe essere accostato a quello di “sfera pubblica” (qualcosa che accade sotto gli occhi di tutti), elemento nettamente distinto dalla “sfera provata”. Ma tale netta distinzione, soprattutto in relazione alle nuove tecnologie social, sta venendo meno. Si sta verificando, infatti, un cambiamento storico nell’approccio e nel consumo dei media, ma anche nella produzione di contenuti mediali: se in passato si veniva mediatizzati, oggi ci si mediatizza, ovvero si trasmette attraverso i media squarci della propria vita privata. Ciò porterebbe, appunto, sfera pubblica e privata a sovrapporsi e a non essere più nettamente scisse.

47 particolari tecnologie, modelli di offerta, prodotti e stili (Scaglioni, Sfrardini, 2008). In sostanza, il processo di convergenza tenta di realizzare progressivamente un ambiente caratterizzato da una marcata ibridazione tra forme mediali dove “le parti componenti di uno strumento non si sommano, ma si moltiplicano” (Galbiati, Piredda, 2010, pag. 175).

Secondo Livolsi (2011, pp. 79-80), convergenza e ibridazione collidono tra loro in quanto in una fase iniziale di questo processo viene a crearsi una sorta di meta-medium, ossia un contesto identificato con il computer in cui vanno a confluire tutte le funzionalità dei media antecedenti. In un secondo momento, a questa iniziale fase se ne aggiunge un’altra in cui, pur rimanendo il principio di convergenza ciò che emerge è “una progressiva integrazione del sistema mediale a livello produttivo (basti pensare in tal senso agli accordi tra multinazionali originariamente operanti in ambiti diversi), tecnologico (il digitale caratterizza trasversalmente l’evoluzione di tutti i mezzi, dalla radio alla tv), linguistico e testuale (con l’ideazione dei prodotti multipiattaforma che si declinano per i diversi media)” Questo tipo di convergenza porta ad una sorta di ibridazione, ossia alla “trasformazione degli assetti del sistema mediale così come erano definiti nella forma originaria”50.

Alle tradizionali caratteristiche di medium di massa, infatti, vanno ad affiancarsi le peculiarità tipiche dell’era dell’abbondanza e della frammentazione, con la proliferazione di canali e forme di offerta multipiattaforma volte all’esigenza di formare comunità di fruitori meno ampie ma più fedeli (rafforzando anche i concetti di identità ed appartenenza) a specifici contenuti51.

50

Cfr. Centorino M., Romeo A., Sociologia dei digital media. Concetti e percorsi di ricerca tra

rivoluzioni inavvertite e vita quotidiana, FrancoAngeli, Milano, 2012, pp. 46-47.

51

Il consumo dei contenuti mediali diventa sempre più identitario e fuso a pratiche di possesso. La fidelizzazione aumenta il legame con il prodotto televisivo (o web televisivo) e fa si che più gente lo renda in qualche modo discorsivo. Allo stesso tempo, maggiori sono gli elementi ed i discorsi in circolazione, più probabili sono i rimbalzi e le ricadute su un pubblico più vasto che ancora non conosce il programma e magari (grazie a questa fattispecie e più semplificata forma di “passaparola”)

48 Ricapitolando, l’era della convergenza mediale spinge l’industria mediale a strutturare percorsi fruitivi capaci di coinvolgere il ricevente in pratiche di visione, fruizione e partecipazione che lo rendono protagonista e fedele consumatore della cultura mediale in cui è avvolto. Proprio il tema della fedeltà risulta essere un “campo” da coltivare giorno dopo giorno in quanto l’era dell’abbondanza e dell’enorme possibilità di scelta tra contenuti alternativi (a cui possono aggiungersi elementi di disturbo come lo zapping52 ed il multiconsumo) porta a registrare un alto tasso di infedeltà da parte di un pubblico incostante. Certi prodotti televisivi si trasformano in eventi mediali53, diventano parte di una cultura di visione collettiva che il soggetto è chiamato a condividere, pena l’esclusione dalla rete dei discorsi sociali. Tale condivisione porta a sentirsi parte di comunità di cultori che attivamente connettono il consumo di un programma televisivo all’espressione della loro identità ed alla costruzione di un senso di appartenenza54. Vi è allora una “frenetica” ricerca di scambio, di condivisione e connessione con gli altri, di un’azione da compiere insieme agli altri che porta alla nascita di una cultura contemporanea della partecipazione55.

decide così di guardarlo (Grasso A., Scaglioni M. (a cura di), Televisione convergente. La tv oltre il

piccolo schermo, Link RTI, Milano, 2010).

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Dallo zapping televisivo si passa al surfing del web (e delle web tv). Il pubblico, diventato ora utenza, potrebbe essere pertanto definito “nomade della rete” in quanto costantemente attivo nella ricerca di specifici contenuti. Stessa cosa per la tradizionale televisione dove, però, avremmo potuto parlare di “nomadi delle frequenze”.

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Gli eventi mediali sono i grandi eventi storici dotati di un aspetto cerimoniale e di unicità. Tali eventi sono creati in base ai criteri di notiziabilità o valori notizia presentando quattro caratteristiche: si svolgono in diretta; la programmazione regolare è sospesa; raccolgono vasti pubblici; predispongono il pubblico in maniera ricettiva. (Gili G., Il problema della manipolazione: peccato originale dei media?, Francoangeli, Milano, 2001). Dayan e Katz affermano, inoltre, che i media event possono essere divisi in tre tipologie: competizioni, conquiste ed incoronazioni. Per approfondire l’argomento: Dayan D., Katz E., Le grandi cerimonie dei media. La storia in diretta, Baskerville, Bologna, 1993.

54

Scaglioni M., Sfardini A., Multi Tv. L’esperienza televisiva nell’età della convergenza, Carocci, Roma, 2008 – pag. 126.

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La possibilità di ricerca, scambio e condivisione di filmati contenuti in archivi multimediali online è favorità, soprattutto, da software peer-to-peer o P2P. Si tratta cioè di una rete paritaria, termine con cui si intende “una rete di computer o qualsiasi rete informatica che non possiede nodi gerarchizzati

49 Sintetizzando ulteriormente potremmo affermare che al giorno d’oggi si sta progressivamente assistendo ad un’evoluzione dei media definiti “classici” fondata su una convergenza che va letta nei termini di una progressiva inglobazione e specificazione delle pratiche tradizionali ma non di una loro