• Non ci sono risultati.

LA FORMAZIONE COME STRADA PER LO SVILUPPO E L’INTEGRAZIONE

Nel documento Diritti dell uomo e società democratica (pagine 123-127)

Ingalill Nordli

“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

(Costituzione della Repubblica Italiana, art.4)

« Il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l'uomo, la persona, nella sua integrità: L'uomo infatti è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale”.

(Gaudium et spes, 63)

Uno dei messaggi lanciati dal Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nelle sue “Considerazioni finali” del 2019 è che l’immigrazione può dare un contributo alla capacità produttiva dell’Italia a patto che le persone che arrivano nel nostro Paese abbiano competenze di alto livello. Inoltre – ha sostenuto Visco – entro il 2030, senza il contributo dell’immigrazione, la popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni diminuirebbe di 3 milioni e mezzo, e calerebbe di ulteriori 7

milioni nei successivi quindici anni. Oggi, su 100 persone, ce ne sono 38 con almeno 65 anni e tra venticinque anni ce ne saranno 76.

Risulta quindi importante promuovere l’integrazione e la preparazione di chi proviene da altri Paesi ed investire sulla formazione, elemento fondamentale per lo sviluppo economico dell`Italia e leva per rendere la persona partecipe della società. E parlando di competenze si parla implicitamente della prospettiva che si vuole dare al nostro paese.

Già nel 2000, a Lisbona, il Consiglio Europeo adottò l’obiettivo strategico di un'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile garantendo un lavoro degno e di qualità per tutte le persone e favorendo la coesione sociale. L’obiettivo dichiarato era quello di coniugare lo sviluppo economico con un modello sociale e di welfare inclusivo. Con l`Agenda di Lisbona il tema della formazione è diventato uno dei pilastri dell’Europa sociale e democratica ed è stato considerato un elemento fondamentale di tutela e partecipazione all’interno di un contesto economico e sociale in forte cambiamento: le trasformazioni seguite ai fenomeni della globalizzazione e dell’internazionalizzazione hanno infatti creato situazioni di disagio sociale e una diversa e soprattutto iniqua distribuzione delle risorse disponibili, creando processi di disuguaglianza e povertà progressivamente in aumento sia sul piano economico che su quello sociale.

Prendiamo in considerazione alcuni dati: rispetto al numero di laureati l`Italia si trova in fondo alla classifica dei 35 Paesi OCSE per attrattività di laureati e di dottori di ricerca. Le poche prospettive di carriere, le barriere linguistiche e burocratiche, il clima politico rispetto al dibattito sull’immigrazione e le difficoltà per il permesso di soggiorno sono tutti elementi che penalizzano fortemente l`Italia104. Ci sono inoltre problemi legati al riconoscimento delle lauree estere, soprattutto quelle conseguite fuori dall’Unione europea e tanti migranti si trovano a fare lavori per i

104 https://www.dottorato.it/content/immigrazione-italia

quali sono sovraqualificati, come baby-sitter, badanti o braccianti agricoli.

Nel rapporto Settling in 2018. Indicators of Immigration Indication105 si evidenzia come oggi la mancata valorizzazione delle competenze di chi migra ostacola non solo il processo di inclusione sociale degli stessi immigrati, ma anche la crescita economica del Paese d'arrivo. Per questo sarebbe sempre più necessario introdurre misure per facilitare il riconoscimento della laurea conseguita all’estero o riconoscere la laurea conseguita integrandola con eventuali corsi ed esami.

Allargando poi il discorso al problema strutturale relativo alla mancanza di politiche industriali di lungo termine legate a investimenti nella formazione e nella ricerca si constata che nel mercato del lavoro, sempre più precario, si prediligono lavoratori con minime qualificazioni professionali, interscambiabili e facilmente sostituibili. Un sistema Paese che non investe nelle nuove tecnologie e nella formazione continua della propria manodopera finisce col perdere anche i suoi giovani laureati come più volte emerge nel dibattito sulla “fuga dei cervelli”. Possiamo si parlare di industria 4.0 ma per raggiungere veramente gli obiettivi dichiarati serve un cambio di visione e la valorizzazione della persona e delle sue competenze, considerandola come una risorsa sia per se stessa e per il proprio progetto personale di vita che per tutta la comunità. Mettere al centro la persona a prescindere dalla sua provenienza, darle la possibilità di contribuire al processo di sviluppo della società è la strada da intrapredendere.

Nella nostra società sono presenti immigrati che possono contribuire allo sviluppo del paese con le loro reali competenze, non solo quelle scritte sul curriculum. Le interviste realizzate dal gruppo di ricerca hanno

105 Settling in 2018. Indicators of Immigrant Integration. Autore: OECD and European Union. 9 Dicembre 2018.

infatti evidenziato molte altre competenze quali la capacità di adattarsi, l’intraprendenza, la socialità, la responsabilità, la resilienza. Sono capacità che possono essere valorizzate anche se una persona non è laureata e non ha titolo di studio specifici; sono le cosiddette “soft skills”.

Troppo spesso incaselliamo le persone dentro ambiti preconfezionati, immaginando, ad esempio, che uno straniero, per la conoscenza linguistica che possiede, possa occuparsi di traduzione e fare da mediatore culturale, senza chiederci quale ruolo questa persona ricopriva nel suo Paese di origine.

La strada ce la indica ancora una volta la nostra Costituzione quando afferma che servono delle politiche specifiche per “promuovere delle condizioni” che possono dare la possibilità al cittadino di “..svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Proprio questo è un passo importante della nostra Carta che guarda al futuro.

Diversi studi ci dimostrano come il legame fra crescita ed equità dipenda, oltre che dalle condizioni economiche e finanziarie, anche dal contesto istituzionale e sociale. Non basta quindi che ci sia un lavoro e un reddito, servono la qualità e la stabilità del lavoro offerto attraverso politiche che sappiano far collaborare pubblico e privato, istituzioni, aziende, enti di formazione, scuole, università e ricerca per creare sviluppo e nuovi posti di lavoro.

Il futuro del Paese sta proprio in questa sfida: come rendere l’uomo l’autore, l’attore, il centro e il fine della vita economico-sociale per coloro che sono nati in Italia e per coloro che sono arrivati e arriveranno da altri Paesi. In questo processo il lavoro e la formazione sono due elementi decisivi.

LA RICERCA,

DIASPORA E CIRCOLAZIONE DELLE

Nel documento Diritti dell uomo e società democratica (pagine 123-127)