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A causa del numero impressionante di scritture letterarie nate dal conflitto, appare complessa una classificazione che abbia il carattere dell’esattezza. In questa direzione sono tre i criteri individuati in questa tesi e che possono essere usati per delineare un quadro affidabile: il criterio formale, quello temporale e infine, il criterio della distanza tra chi scrive dal fronte e chi scrive rimanendo a casa.

1.5.1.1 I taccuini.

Molteplici furono le forme di scrittura attraverso le quali gli autori vollero raccontare la propria esperienza. Con la Grande Guerra fiorisce un nuovo genere di scrittura: il taccuino. Nelle pause tra un assalto e l'altro, accovacciati nelle trincee, i soldati annotano i loro pensieri, le emozioni, i nomi dei commilitoni incontrati o caduti, osservazioni sul tempo atmosferico e talvolta osservazioni a carattere strategico degli assalti. La scrittura dei taccuini, per la sua natura, si rivela sintetica e schematica. Oltre ad avere in comune alcune caratteristiche materiali come, per esempio, lo stile di scrittura e il luogo nel quale i fatti sono stati annotati, i taccuini condividono il destino di essere pubblicati postumi, perché, spesso, i soldati o cadevano al fronte oppure non avevano avuto il tempo materiale per pubblicarli. I loro erano semplicemente appunti personali, che sarebbero serviti in futuro come una sorta di avantesto, di materiale grezzo, dal quale costruire poi le loro narrazioni successive, come hanno fatto Arturo Stanghellini, Ardengo Soffici e Marino Moretti.

Non tutti gli autori hanno adottato una scrittura telegrafica nel medesimo modo, ad esempio Scipio Slataper, scrive alternando delle riflessioni più estese rispetto ad altre più essenziali. Triestino irredentista, che insieme ai due fratelli Stuparich, combatte contro l'Austria, noto agli ambienti letterari per le collaborazioni con «La Voce», annota

33 nelle pagine del suo taccuino, scritto dal 29 maggio al 3 dicembre del 1915 delle lunghe impressioni alternate a notizie telegrafiche:

29 maggio: arruolati e vestiti. (dormito su paglia 131°.) 30 maggio: in cerca di coperte (dormito su tre coperte.) 31 maggio: trasferiti reparto mobilitati. (dormito in camerata.) 2 giugno: partenza da Portonaccio, alle 15 ½ (dormito treno Firenze.) 3 giugno: arrivo a Portogruaro (dormito Agenzia Marittima)

5 giugno: Scodavacca, S. Valentino, Isonzo. (dormito sul Iudrio vicino Isonzo) Avanzata fra Begliano-S. Casciano.

6 giugno: Marmitte. Compagnie (Pieris?). (dormito vicino Camposanto).

7 giugno: rapporto colonnello. Stato Maggiore. Trincee. (dormito accanto trincea)52

Come è possibile osservare spesso nei taccuini i soldati cercano di annotare in modo schematico ogni informazione che riguardasse anche i loro spostamenti, forse per testimoniare la loro esperienza, forse per mantenere un costante contatto con la realtà, che poteva spesso sfuggire in quella dimensione surreale rappresentata dalla trincea. Anche il taccuino di Renato Serra, come quello di Slataper, alterna appunti telegrafici a «brani compiuti e letterariamente mirabili».53 Il giovane giunge nella zona del Podgora il 6 luglio del 1915 e cade il 20 dello stesso mese. Descrive il paesaggio circostante, devastato dalla guerra, ma che continua a vivere per la presenza di tanti uomini e riflette, come dice lui stesso, «sull'istinto di vivere»54 che si fa sentire di fronte alla presenza costante della morte. Tre mesi prima, Serra medita sulla condizione del soldato in un testo capitale come l'Esame di coscienza di un letterato, libro nel quale mostra il vero volto della guerra: «un volto di pena e di morte»55. Il 19 luglio Serra, pochi giorni prima di morire, riflette su come si senta un soldato ed è possibile notare come passi da uno stato d’animo lieto ad essere dominato dallo scoramento:

Disposizioni: i 2 plotoni di guardia, pronti per un bisogno. I primi feriti. Raggi. Notizie dai soldati. Sotto la tettoia del comando. Raffica di shrapnels che sfiorano il campo. [..] La mensa. Altri feriti (e morti). I prigionieri: prima 3. Il caporale

52 S.SLATAPER, a cura di G. Stuparich, Appunti e note di diario, Mondadori, Milano, 1953, p. 264. 53M.BIONDI, Introduzione, in C.PEDRELLI, a cura di R. Greggi, Pagine sparse per Renato Serra, con un

saggio introduttivo di Mario Biondi, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2006, p. 15.

54M.BIONDI, Introduzione, cit. p. 42. 55M.BIONDI, Introduzione, cit. p. 48.

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presso l'ufficiale: notizie. […] Il povero Combi, Stelluti e gli altri; feriti e feriti...- La trincea rioccupata e riperduta: le bombe. Genta mi porta la notizia: Scoramento. Da ricominciare. Che cosa resterà da fare a me? Esame di coscienza: triste. Si fa sera, fra le nuvole e la luce fresca.56

L'alternanza tra una scrittura telegrafica ed una più prolissa caratterizza anche i taccuini dannunziani: Annamaria Andreoli ha scritto che «talora siamo di fronte a rapidi e rapidissimi appunti, con elenchi d'indirizzi e di spese, talaltra a pagine di diario complesse e costruite».57 D'Annunzio, nelle pagine del suo diario, segna sintetici pro- memoria, prende appunti per discorsi da pronunciare, racconta le sue gesta inimitabili ed eroiche. Scrive su foglietti, in circostanza impensabili, come ad esempio mentre è in volo:

9 agosto 1918 Partenza alle 6 e 3'

Alle 6 e 15' il sole rosso nei vapori, di fronte. Di là dal Tagliamento nubi basse a bioccoli.

I monti illuminati a sghembo – Le nuvole accovacciate. Il tono pieno del motore. Ore 7-15' Quoto 3100. Fa freddo – Le creste dentate, aspre – deserte- Le nuvole che intasano le cavità. I picchi che si levano dinnanzi a noi […].58

Anche Marinetti, in quello che lui stesso definisce il suo taccuino di guerra, registra le sue impressioni secondo lo stilema futurista, servendosi di un fiume inarrestabile di parole.

56 C.PEDRELLI, Introduzione, in R.SERRA, a cura di C. Pedrelli, Diario di trincea, Stilgraf, Cesena, 2004,

p. 49.

57A. ANDREOLI, Nota al testo, in D’Annunzio, a cura di G. Andreoli, Diari di guerra: 1914-1918,

Mondadori, Milano, 2002, p. LI.

35 Riferisce nel taccuino anche molti incontri avvenuti con Gabriele d'Annunzio:

Parla lungamente con me di guerra del Carso della fanteria meravigliosa. Dello strano contrasto tra i migliori sublimi eroici Italiani sorprendenti divini e i pessimi vili sconci luridi luridissimi altri italiani paurosi neutralisti imboscati. 59

Presta inoltre grande attenzione alle nuove armi impiegate nei combattimenti, descrivendoli con una sintassi che va contro ogni regola sintattica italiana, in favore del canone di scrittura futurista:

Nella baracca rrrrrronzio delle mosche sul soffitto. Tric Trac qui strii grii pom di topi nelle pareti e sopra luuuuuuungo roooOOOOONZIO di aereoplani tatatata TUM TUM SCRABRUUUUN-BRUN BOMBE”.60

1.5.1.2 I diari e i diari-memorie.

Non mancano tuttavia, oltre ai taccuini, altre forme di scrittura come quelle dei diari. Da un punto di vista teorico il diario viene scritto nel giorno stesso in cui i fatti sono accaduti realmente e dal punto di vista formale è caratterizzato da una scrittura più lunga e distesa. Tra i vari diari editi, uno tra i più celebri è il Giornale di guerra di prigionia, scritto da Carlo Emilio Gadda. Lo scrittore racconta, attraverso sei quaderni, la sua esperienza, avvenuta tra l'agosto del 1915 e il dicembre del 1919. Si ritrovano alcuni temi fondamentali: il desiderio d'azione del soldato, che vive un rapporto difficile con il padre, sentendosi inutile ed inoperoso, cercando di riscattarsi attraverso l'azione in guerra. Le battaglie tanto attese si rivelano nella noia di giorni squallidi e ingloriosi e questi contribuiscono ad accrescere i sensi di colpa dell'autore che, oltre a sentirsi inutile, non riesce neppure a combattere per la propria patria, che riesce persino a scampare alle pallottole nemiche mentre queste uccidono il fratello Enrico. Queste emozioni sono rivelate dalla scrittura attraverso la disarmonia prestabilita tipica del pasticcio, che renderà unica la scrittura di Gadda:

59F.T.MARINETTI, a cura di A. Bertoni, Taccuini 1915-1921, Il Mulino, Bologna, 1987, pp. 11-112. 60F.T.MARINETTI, Taccuini 1915-1921, cit. p. 114.

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Semper in eodem loco – 21 luglio 1916.

Continuano lievi crisi di animo, alternate di noia e di paralisi; la cui ragione determinante è l'ozio assoluto, nei riguardi militari, che prostra il corpo e lo spirito. [..] La seconda ragione della mia indolenza e prostrazione è un'antica, intrinseca qualità del mio spirito, per cui il pasticcio e il disordine mi annientano.61

All'interno della forma di scrittura diaristica occorre fare un'ulteriore differenza definendo quella che costituisce la forma diario-memoria: ovvero tutti quei testi che prevedono una struttura diaristica, ma in questi si riscontra una distanza temporale, che può essere di pochi mesi o anni tra i fatti narrati e la scrittura. Quello che genera la scrittura in questa forma è il ripensamento su quanto è accaduto e su quello che si è provato, affidando alle parole la propria memoria. Un esempio è rappresentato dal diario-memoria di Ardengo Soffici, nel Kobilek, che è scritto e pubblicato nell'ottobre del 1917, mentre gli avvenimenti narrati risalgono dal 10 agosto fino al 26 dello stesso mese del 1917, data in cui l'esperienza militare di Soffici si concluse in ospedale per una ferita all'occhio sinistro. In questo caso gli appunti presi da Soffici in forma di taccuino durante la guerra svolgono la funzione di avantesto, che guida lo scrittore nella redazione del suo diario dopo pochi mesi.

Con il passare del tempo, la Guerra si allontana e gli avvenimenti raccontati non sono più registrati contemporaneamente al loro accadere, ma si realizzano nella scrittura anche a distanza di anni: è il caso rappresentato dal diario di guerra di d'Annunzio, Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele d'Annunzio tentato di morire, pubblicato nel 1935, volume autobiografico nel quale dichiara di non poter trascurare l'esperienza della guerra, vissuta come «una disfida senza guanto» tra lui e la morte.62

61C.E.GADDA, a cura di C.Vela, G. Gaspari, G. Pinotti, F. Gavezzani, D.Isella, M. A. Terzoli, Saggi,

giornali, favole ed altri scritti, Garzanti, Milano, 199, p. 533.

62 G.D’ANNUNZIO, Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele D’Annunzio tentato

di morire, in A. ANDREOLI., a cura di C. Zanetti, Prose di ricerca - Tomo I, Mondadori, Milano, 2005, p. 1699 e 1701.

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1.5.1.3 Romanzi di guerra

I taccuini e le memorie non costituiscono le uniche forme di scrittura; durante la guerra fioriscono testi narrativi con delle strutture romanzesche o descrittive. Gadda, mentre tiene ancora segreto il Giornale di guerra e di prigionia, decide di raccontare la guerra attraverso la narrazione del Castello di Udine, edito nel 1934. Significativo appare il tentativo di Gadda di descrivere il dolore e lo strazio di una madre che perde suo figlio in guerra; si cita a tal proposito un brano de La cognizione del dolore, romanzo incompiuto a causa dell'avanzare della Seconda guerra mondiale, composto tra il 1938 e il 1941, inizialmente pubblicato a puntate sulla rivista «Letteratura», che vede la luce solo nel 1963:

Vagava, sola, nella casa. Ed erano quei muri, quel rame, tutto ciò che le era rimasto di una vita. Le avevano precisato il nome, crudele e nero, del monte: dove era caduto: e l’altro, desolatamente sereno, della terra dove lo avevano portato e dimesso col volto ridonato alla pace e alla dimenticanza, priva di ogni risposta, per sempre. Il figlio che le aveva sorriso, brevi primavere! che così dolcemente, passionatamente, l’aveva carezzata, baciata. Dopo un anno, a Pastrufazio, un sottufficiale d’arma le si era presentato con un diploma, le aveva consegnato un libercolo, pregandola di voler apporre la sua firma su di un altro brogliaccio: e in così dire le aveva porto una matita copiativa. Prima le aveva chiesto: “è lei la signora Elisabetta Francois?”. Impallidendo all’udir pronunziare il suo nome, che era il nome dello strazio, aveva risposto: “sì, sono io”. Tremando, come al feroce rincrudire di una condanna. A cui, dopo il primo grido orribile, la buia voce dell’eternità la seguitava a chiamare. Avanti che se ne andasse, quando con un tintinnare della catenella raccolse a sé, dopo il registro, anche la spada luccicante, ella gli aveva detto come a trattenerlo: “posso offrirle un bicchiere di Nevado?”: stringendo l’una nell’altra le mani scarne. Ma quello non volle accettare. Le era parso che somigliasse stranamente a chi aveva occupato il fulgore breve del tempo: del consumato tempo. I battiti glielo dicevano: e sentì di dover riamare, con un tremito dei labbri, la riapparita presenza: ma sapeva bene che nessuno, nessuno mai, ritorna”.63

Nel 1921 è il momento di Rubè, scritto da Giuseppe Antonio Borghese, nel quale l'autore narra del malessere personale che investe il protagonista del libro. La vicenda è ambientata sullo sfondo del Primo conflitto mondiale, successivamente durante la crisi

38 post-bellica, con gli scontri tra bolscevichi e fascisti. La guerra per Rubè è l'occasione per vivere una vita nuova, chiede dunque di essere mandato in prima linea nel Cadore, dove vive i giorni migliori della sua vita, ma nei quali assiste alla crisi degli ideali dell'interventismo nel quale aveva creduto. Puccini, che già aveva raccontato la guerra nel libro Dal Carso al Piave, del 1918, incentrato sulla rotta di Caporetto, decide di dedicare il suo romanzo alla guerra dei contadini. Il protagonista del romanzo, Cola, rappresenta il soldato ubbidiente e riflette le parole della saggezza popolare, che non ama la guerra e come gli altri continua a fare il suo dovere, desiderando di sopravvivere alla morte imminente, amando la campagna coltivata e non quella distrutta dalle bombe, accettando anche l'amputazione di un braccio con spirito di rassegnazione.

1.5.1.4 Poesie di guerra.

Anche la lirica è attraversata dalla guerra. Uno dei poeti che ha regalato ai lettori la sua esperienza ed i suoi sentimenti in versi è stato Giuseppe Ungaretti: «Le prime mie poesie sono dunque poesie di guerra»64 dirà il poeta in Vita d'un uomo. La sua raccolta il Porto

Sepolto, composta da ottanta poesie, esce a Udine nel 1916. Questi componimenti

assomigliano ad un taccuino in versi, in calce ad ogni componimento si trova il riferimento al luogo e alla data nella quale vengono scritti, mantenendo le caratteristiche della scrittura telegrafica grazie ai canoni della corrente poetica ermetica, per cui risultano essenziali nella forma e in ultimo sono scritti su dei foglietti volanti di vario genere, riposti in un tascapane, che fu poi affidato ad Ettore Serra, il quale trascrisse le poesie e le pubblicò. Ungaretti è, come avrebbe ricordato Saba in Di questo libro e di un

altro mondo, il poeta della guerra, capace di descrivere, attraverso le pennellate di pochi

versi, l'orrore del conflitto e la paura dell'uomo di fronte all'imminenza della morte.

39 Ardengo Soffici pubblica versi sulla guerra, tra cui la poesia Ospedale da campo 026, del quale ora si ricordano alcuni versi:

Ozio dolce dell’ospedale! Si dorme a settimane intere; Il corpo che avevamo congedato

Non sa credere ancora a questa felicità: vivere. […]

Qui tutto converge in un’unità indicibile; Misteriosamente sento fluire un tempo d’oro Dove tutto è uguale:

I boschi, le quote della vittoria, gli urli, il sole, il sangue dei morti, Io stesso, il mondo,

E questi gialli limoni

Che guardo amorosamente risplendere

Sul mio nero comodino di ferro, vicino al guanciale.

Resta impressa nella mente l’immagine di quei gialli limoni, simbolo di forza ritrovata nella convalescenza, che rivela un modo di fare poesia genuino, fresco, lontano dalla retorica di D’Annunzio.

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