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L’art. 47 della Carta di Nizza, sancendo il c.d. principio di effettività della tutela, richiede la necessità di forme di tutela che consentano il pieno ed integrale soddisfacimento dell’interesse per il quale si agisce in giudizio.

In riferimento agli strumenti di tutela offerti all’imprenditore debole, in un primo momento, la dottrina ha ritenuto di poter fare riferimento alle forme di tutela legislativamente previste per proteggere il consumatore377.

Tale possibilità è stata, però, successivamente disattesa dalla dottrina maggioritaria e da varie pronunce della Corte di Giustizia378, le quali, pronunciandosi espressamente sulla nozione di consumatore379, ne hanno sostenuto una lettura restrittiva all’interno della quale non sarebbe da ricomprendervi la figura dell’imprenditore debole.

377

Nello specifico, tale orientamento dottrinale si basava su una nozione ampia di consumatore, tale da potervi ricomprendere all’interno qualsiasi “contraente debole”.

378 Tra le varie pronunce in tal senso si segnala: Corte Giust., 22 novembre 2001, C- 541/99 e C- 542/99, Soc. Cape C. Soc. Idealservice, in Giur. it., 2002, 543. Nello stesso senso la Corte di Cassazione: Cass., sez. I, 25 luglio 2001 n. 10127, in Giur.. it., 2002, 543, con nota di FIORIO; Cass., sez. III, 14 aprile 2000 n. 4843, in Corr. giur., 2001, 524, con nota di CONTI.

379 Sulla nozione di consumatore cfr., M. A

STONE, Il consumatore medio nel diritto interno e

103

Conseguentemente, è stata esclusa l’applicazione analogica della disciplina consumeristica alle imprese deboli, anche, e soprattutto, sulla base delle differenti ragioni che ne giustificano la relativa protezione380.

Strumenti volti a tutelare l’imprenditore debole sono, comunque, previsti all’interno del nostro ordinamento giuridico.

Occorre, pertanto, primariamente fare riferimento alla l.10 ottobre 1990, n. 287, intitolata “Norme per la tutela della concorrenza e del

mercato” (c.d. legge antitrust), la quale, mirando a tutelare il mercato

dalle distorsioni che possono conseguire ad accordi anticoncorrenziali, indirettamente fornisce un’adeguata protezione anche all’imprenditore che, proprio a causa di tali alterazioni, potrebbe venirsi a trovare in una posizione di debolezza381.

Bisogna, però, rilevare come tale “tutela indiretta” incontri il limite di poter trovare applicazione soltanto laddove venga a crearsi un’effettiva lesione della concorrenza, non essendo, quindi, sufficiente la sussistenza di una mera asimmetria di forza contrattuale tra le parti382.

Per quanto riguarda, invece, gli strumenti espressamente previsti al fine di tutelare l’imprenditore debole, occorre fare riferimento in primis a quelli contenuti all’interno della disciplina della subfornitura.

Nello specifico, l’art. 9 della l. 192 del 1998, volto a sanzionare l’abuso di dipendenza economica, prevede il rimedio della nullità del patto attraverso il quale venga a realizzarsi il relativo abuso383.

380

Il diverso trattamento riservato al consumatore e all’imprenditore debole si giustificherebbe, pertanto, ricorrendo al principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione.

381 A.G

IANOLA, Autonomia privata e “terzo contratto”, cit., 131 ss. 382

Un discorso analogo vale in riferimento alle previsioni in materia di concorrenza sleale di cui agli artt. 2698 e ss. del codice civile, i quali possono, infatti, trovare applicazione qualora le imprese siano in rapporto di concorrenzialità.

383 L’abuso di dipendenza economica viene, infatti, sanzionato dalla legge in questione a prescindere da eventuali distorsioni della concorrenza nel mercato.

104

All’interno del secondo comma del medesimo articolo è statuito il rimedio inibitorio, il quale può essere disposto dal giudice ordinario insieme all’azione volta ad ottenere il risarcimento dei danni.

Ulteriore riferimento deve essere fatto alla disciplina inerente alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali di cui al d.lgs. 231 del 2002, come da ultimo modificato dal d.lgs. 9 novembre 2012, n. 192.

Ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. in questione, viene previsto il rimedio della nullità delle clausole, relative ai termini di pagamento, al saggio degli interessi moratori e al risarcimento per i costi di recupero, qualora risultino “gravemente inique in danno al creditore”384.

Inoltre, l’art. 8 del medesimo decreto, attribuisce la legittimazione alle associazioni di categoria degli imprenditori presenti nel CNEL a richiedere al giudice competente la pronuncia di un’azione inibitoria, al fine di tutelare i relativi interessi collettivi.

Oltre a tali rimedi finalizzati a tutelare l’impresa debole, all’interno delle varie legislazioni che vedono come protagoniste due imprese dotate di differente forza contrattuale, si ravvisano ulteriori strumenti di protezione385.

Un esempio in tal senso è costituito dalla previsione di obblighi di forma e contenuto (c.d. neo- formalismo)386.

Ulteriore denominatore comune alle discipline finalizzate a tutelare l’imprenditore debole è, infatti, la presenza di disposizioni aventi lo scopo di introdurre forme di controllo sul contenuto del contratto387.

384 F. B

ARTOLINI, A.M. BENEDETTI, M. GRONDONA, S. PAGLIANTINI, T. PASQUINO, La nuova

disciplina dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, cit., 90 ss.

385

La presenza di linee di tendenza di protezione comuni alle varie legislazioni concernenti i contratti di impresa, avallerebbe la presenza, all’interno del nostro ordinamento, dell’astratta categoria del terzo contratto.

386 Nella normativa inerente ai contratti d’impresa si assiste, infatti, ad una frequente previsione di oneri formali e di contenuto minimo del contratto.

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Al fine garantire la massima trasparenza, il legislatore, pertanto, ha fatto ricorso alla previsione di una serie di “obblighi informativi a forma vincolata”388

, nella fase precontrattuale, in quella contestuale alla consacrazione del vincolo in questione e, ancora, nella sua fase esecutiva.

L’esigenza di ottenere un mercato, che sia dotato di maggiore efficienza e funzionalità, ha, quindi, determinato l’adozione di regole dirette a incidere sia sul contenuto del contratto, sia sui rimedi.

Tutto ciò, nello specifico, funzionalizzato essenzialmente ad eliminare la differente forza contrattuale delle parti, quale ostacolo all’instaurazione di rapporti economico-contrattuali giusti389.

Quanto rilevato porta all’immediata conseguenza che il contratto risulta essere inevitabilmente diverso da quello disciplinato dal legislatore del 1942 c.c., non potendo, quindi, essere più qualificato come semplice espressione del volere delle parti, ma, piuttosto, come strumento sottoposto a limiti e controlli finalizzati al perseguimento di obiettivi ulteriori, rispetto a quelli facenti capo ai privati, che costituiscono espressione del principio di solidarietà390.

A seguito dell’emergere di nuovi valori costituzionali, i quali hanno direttamente inciso sul rapporto tra potere negoziale e controlli di

387 Tale limite imposto alla libertà negoziale è stato ritenuto perfettamente coerente con il nostro sistema giuridico, il quale, infatti, da un lato lascia libere le parti di autoregolamentare i propri interessi, dall’altro, però, si riserva un controllo sulle manifestazioni di autonomia contrattuale volto, prioritariamente, a verificarne la meritevolezza della tutela.

388

F. VENOSTA, Profili del neoformalismo negoziale: requisiti formali diversi dalla semplice

scrittura, in Obbl. e contr., 2008, 877, sottolinea che gli obblighi informativi vi sarebbero, come

espressione del principio generale di buona fede, anche in assenza delle norme che li sanciscono espressamente.

389

M.ASTONE, Rimedi e contratti del consumatore nella prospettiva del diritto privato europeo, in

Eur. e dir. priv., 1, 2014, 2.

390Autorevole dottrina ha, infatti, sottolineato l’avvenuto passaggio da una autonomia privata vincolata, ad una autonomia privata efficiente. In tal senso,V.SCALISI, Il contratto in trasformazione.

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meritevolezza e liceità, si è passati, pertanto, da una concezione di autonomia privata c.d. “vincolata”, ad una c.d. “conformata”.

L’autonomia contrattuale, essendo un valore costituzionalmente garantito, viene tutelato nel rispetto, però, dei limiti imposti dall’utilità sociale, dalla protezione della sicurezza e dalla dignità umana.

Conseguentemente, in riferimento all’autonomia privata potrà sorgere una esigenza di contemperamento degli interessi in gioco che dovrà, quindi, risolversi nel rispetto della dignità umana, in quanto nucleo essenziale di ogni diritto391.

Tale mutamento del sistema dei valori trova conferma nell’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali, all’interno del quale il riconoscimento della libertà d’impresa non appare incondizionato, e ciò in quanto il relativo potere dovrà avvenire in modo conforme al diritto dell’Unione europea e ai principi fondamentali previsti dalle varie legislazioni nazionali.

In tale nuovo contesto, all’interno del quale si riconosce in primis alla dignità umana la funzione di strumento di controllo della liceità dell’agire contrattuale, ruolo fondamentale viene riconosciuto alla clausola generale della buona fede.

Quest’ultima, infatti, ben può rappresentare un mezzo idoneo a consentire l’ingresso dei valori attinenti alla persona umana nell’ambito dei rapporti contrattuali, in modo da poter svolgere una funzione di composizione dei valori di solidarietà ed efficienza al fine di conseguire la c.d. “giustizia contrattuale”392

.

391

In riferimento alla dignità come clausola generale del sistema cfr., F. GAMBINI, Il principio di

dignità. I diritti della persona, Tutela civile, penale, amministrativa, a cura di P. Cendon, Utet,

Torino, 2005, I, 231 ss. 392 M.A

STONE, Rimedi e contratti del consumatore nella prospettiva del diritto privato europeo, cit., 17.

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L’esigenza sentita dal legislatore europeo è stata, dunque, quella di introdurre sull’autonomia privata e sulla libertà contrattuale, finalizzata a tutelare le categorie deboli e, contestualmente, a garantire il regolare svolgimento del mercato.

Il tutto sullo sfondo del più generale fenomeno della piena attuazione di un mercato comune, pienamente concorrenziale, rispetto al quale, la composizione degli interessi facenti capo ai soggetti che in esso operano, risulta essere strumentale393.

E’ stato, infatti, rilevato come il legislatore europeo si sia quasi totalmente disinteressato del profilo concernete la fattispecie contrattuale, preoccupandosi, al contrario, unicamente di predisporre regole e principi riguardanti il regolamento contrattuale.

E’ in tale contesto che si realizza, pertanto, il passaggio dalla logica della fattispecie, che ha la sua sedes all’interno del codice civile del 1942, alla logica del regolamento394.

E’ stato rilevato come, le singole discipline relative ai c.d. “contratti d’impresa”, avrebbero in comune il fatto di non tenere conto, a livello applicativo, dell’istituto della risoluzione del contratto per inadempimento395.

Tale “silenzio normativo” è stato interpretato, da autorevole dottrina396, come possibilità di poter ricorrere, in mancanza di differenti e

393 M.A

STONE, Rimedi e contratti del consumatore nella prospettiva del diritto privato europeo, cit., 1, secondo la quale “Oltre all’introduzione di nuovi tipi e principi contrattuali si è assistito

all’ampliamento delle fattispecie di responsabilità civile , alla continua previsione di rigide prescrizioni per la produzione di beni e servizi, a presidio della sicurezza e della salute dei consumatori, sino a giungere alla emanazione di apposite disposizioni aventi ad oggetto la tutela collettiva dei diritti dei consumatori”.

394

V. SCALISI, Il contratto in trasformazione, Invalidità e inefficacia nella transizione al diritto

europeo, Giuffrè, Milano, 2011, 378 ss.

395 La risoluzione per inadempimento, rientrando nel genus della risoluzione volontaria, costituisce esercizio del potere di autotutela accordato alle parti nell’ambito della loro libertà negoziale.

396 E.D

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specifiche previsioni in tal senso, alla disciplina generale di cui agli artt. 1453 e ss. del codice civile397.

Dall’analisi dei contratti d’impresa emerge come l’unica disposizione riferita alla risoluzione sia quella di cui all’art. 1564 c.c., inserita nell’ambito della disciplina dettata per il contratto di somministrazione398.

L’art. 1564 c.c., rubricato “Risoluzione del contratto”, in particolare, prevede che in caso di inadempimento di una delle parti relativo a singole prestazioni, la controparte possa chiedere la risoluzione del contratto qualora l’inadempimento abbia una notevole importanza e sia tale da menomare la fiducia circa l’esattezza degli adempimenti successivi399.

La disciplina inerente al contratto di somministrazione appare, pertanto, più severa rispetto quella della risoluzione ex artt. 1453 e ss. del codice civile e ciò, in quanto, la disposizione di cui all’art. 1564 c.c. tenderebbe a garantire la stabilità del rapporto facendo prevalere la conservazione del contratto rispetto ad un inadempimento che concerne una singola prestazione400.

In tal modo, quasi sicuramente, la norma intenderebbe favorire il somministrato, che di regola si qualifica parte debole del rapporto, rendendo per la controparte più difficoltoso il poter agire attraverso l’azione di risoluzione.

397

G.F.BASINI, Risoluzione del contratto e sanzione dell’inadempiente, Giuffrè, Milano, 2001, 134 ss. 398 G.B.F

ERRI -A.NERVI, Il contratto di somministrazione, in Tratt. Lipari-Rescigno, III, 3, Giuffrè, Milano, 2009, 85.

399

M.NUZZO, Somministrazione (contratto di), in Enc. dir., XLV, Giuffrè, Milano, 1990,167 ss. 400 L’istituto della risoluzione per inadempimento, previsto dagli artt. 1453 e ss. del c.c., consentito unicamente per i rapporti a prestazioni corrispettive, presuppone non soltanto il verificarsi di un inadempimento che si qualifichi di non scarsa importanza, ma richiede altresì che il medesimo non sia imputabile al dolo o alla colpa della controparte.

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Tale esigenza parrebbe accumunare la somministrazione ad altre tipologie contrattuali di durata a prestazioni periodiche, previste nel nostro ordinamento giuridico401.

Quanto sopra rilevato ha indotto, gran parte della dottrina, a ritenere che, in assenza di disposizioni analoghe in riferimento alle altre fattispecie contrattuali tra imprese, sia possibile estendere analogicamente la disciplina dettata in tema di somministrazione a tutti i contratti di durata a prestazioni periodiche stipulati tra imprese402.

La presenza delle forme di tutela analizzate all’interno della maggior parte delle discipline riguardanti i contratti tra imprese, ha indotto la dottrina a ritenere di poter avallare la configurabilità dell’astratta categoria del terzo contratto.

A fronte di tale orientamento minoritario, si colloca la tesi secondo la quale, al contrario, tali linee di tendenza non rappresenterebbero indici sulla base dei quali poter costituire una categoria autonoma afferente i contratti d’impresa403

.

Ciò in quanto, i mezzi di tutela suddetti riguarderebbero non soltanto l’ambito delle relazioni contrattuali intercorrenti tra imprenditori dotati di maggior forza contrattuale e imprenditori deboli, ma in generale il diritto dei contratti.

Conseguentemente, seppur il nostro ordinamento si riveli particolarmente sensibile nei confronti dell’imprenditore debole, sembrerebbe che quest’ultimo non possa risultare destinatario di

401

A.PINO, Il contratto a prestazioni corrispettive, Cedam, Padova, 1963, 57 ss. 402 G. M

IRABELLI, Dei singoli contratti, Giappichelli, Torino, 1960, 230 ss., il quale rileva che le norme dettate in tema di somministrazione sembrano riguardare i rapporti destinati ad avere una durata nel tempo, piuttosto che un preciso contenuto economico-giuridico e, pertanto, non sembra affatto azzardato affermare che tali norme debbano trovare applicazione per tutti i contratti di durata. 403 G.A

MADIO, Il terzo contratto. Il problema, in Il terzo contratto, a cura di G. Gitti e G. Villa, Il Mulino, Bologna, 2008, 14, il quale sottolinea come, in realtà, pur se non esiste la categoria del terzo contratto, nondimeno non si deve concludere per un’assoluta incomunicabilità.

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un’apposita disciplina di tutela, in quanto, come precedentemente rilevato, gli strumenti ad esso accordati gli sono concessi non in quanto imprenditore ma, piuttosto, poiché contraente debole tout court404.