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Fortress America vs Better Nationalism

2.5 Una politica estera realista e coerente: classificare Donald Trump

2.5.1 Fortress America vs Better Nationalism

Il modello strategico denominato da Hal Brands ‘’Fortezza America’’ rappresenta la versione più intransigente della politica estera di Donald Trump; tale archetipo, infatti, incarna perfettamente la visione del mondo della tradizione jacksoniana.

La strategia ‘’Fortezza America’’ parte dal presupposto che gli altri paesi abbiano sfruttato sistematicamente gli Stati Uniti, approfittando del loro ruolo di poliziotto del mondo e di fornitore di beni pubblici; ciò avrebbe reso gli Usa sensibilmente più deboli e vulnerabili. Mentre l’America agiva per il bene collettivo globale, gli altri Stati approfittavano dell’ingenuità statunitense, cercando di acquisire più vantaggi e benefici possibili dall’ordine liberale a guida Usa. In sintesi: mentre l’America pensava al mondo, i suoi alleati, astutamente, davano priorità ai propri interessi nazionali. Secondo la prospettiva della ‘’Fortezza America’’ la politica estera dovrebbe tornare ad essere ancella dell’interesse nazionale, concepito in maniera strettamente minimalista237. In pratica

questa concezione strategica deriva dall’idea di Pat Buchanan, secondo la quale la politica estera doveva essere intesa come lo scudo della nazione (cfr. 1.3.4).

Ne discende, in primo luogo, un desiderio di riappropriazione della sovranità economica, perseguibile soltanto attraverso misure protezionistiche volte al raggiungimento dell’indipendenza economica americana e alla salvaguardia della middle class statunitense, posta sotto la schiacciante pressione della competitività internazionale. Nafta e Tpp dovrebbero essere stracciati e le imprese che delocalizzano, tacciate di anti-patriottismo, meriterebbero di essere punite tramite un

236 Brands H., Op. Cit., p. 102. 237 Ibidem, pp. 106, 107.

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innalzamento della tassazione; per utilizzare una celebre espressione del 45esimo Presidente degli Stati Uniti: ‘’buy American and hire American’’238.

In secondo luogo, gli Usa dovrebbero smettere di fornire protezione agli alleati a meno che questi ultimi non intendano versare un corrispettivo in forma di tributi all’America. In caso contrario, sarebbe necessario ritirare le truppe che stazionano in territorio straniero in modo tale da incanalare lo sforzo bellico esclusivamente verso la protezione del territorio nazionale. Di conseguenza, sarebbe necessario devolvere le funzioni di security provider alle varie potenze, in maniera tale da ricreare un equilibrio di potenza su scala regionale, anche a costo di incentivare la proliferazione nucleare. La macchina da guerra americana, quindi, verrebbe chiamata a svolgere il solo compito di proteggere la nazione e, di tanto in tanto, di compiere operazioni chirurgiche contro i vari gruppi terroristici. L’inutile e controproducente esportazione della democrazia e i costosissimi interventi umanitari di tipo astrategico dovrebbero essere felicemente abbandonati, evitando impantanamenti tattici e strategici. È evidente che, per agire in maniera tanto indisturbata, gli Stati Uniti dovrebbero liberarsi dalle catene del multilateralismo, per adottare, al contrario, una diplomazia di tipo bilaterale239.

Il secondo modello strategico delineato da Hal Brands è quello denominato ‘’Better Nationalism’’: una grand strategy di questo tipo non mirerebbe a distruggere l’ordine globale liberale, ma, al contrario, si limiterebbe a perseguire una politica estera di stampo più nazionalista, senza rinnegare completamente l’internazionalismo. Se Trump adottasse questo modello a guida della propria strategia globale, conferirebbe priorità alla rinegoziazione degli accordi internazionali in senso più favorevole all’America; insisterebbe sulla necessità di un burden- sharing più equo da parte degli alleati; cercherebbe di limitare in maniera parziale la dipendenza degli Usa dal resto del mondo, senza tuttavia rinunciare al ruolo di pilastro del sistema internazionale degli Stati Uniti. In sostanza: un internazionalismo dai toni meno globalisti e più nazionalisti240.

Dal punto di vista economico, questo modello strategico si traduce nel cosiddetto ‘’free trade with a bite’’ per utilizzare un’espressione di James Baker, Segretario del Tesoro dell’amministrazione Reagan. Gli Stati Uniti non rinuncerebbero al ruolo di motore dell’integrazione economica; allo stesso tempo, però, si dimostrerebbero più risoluti nell’adottare misure più assertive per tutelarsi da eventuali misure discriminatorie da parte dei propri partner commerciali.

238 Ibidem, p. 107. 239 Ibidem, pp. 108-110. 240 Ibidem, p. 114.

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Lo stesso discorso può essere fatto in materia di alleanze: l’America confermerebbe ogni suo impegno internazionale, esortando, al contempo, programmi in favore della riforma dei termini dei propri obblighi, in modo tale da raggiungere un livello di burden-sharing più significativo e sostenibile. La Nato non cesserebbe di esistere, ma verrebbe sensibilmente cambiata e riadattata al mutato contesto strategico e securitario. Parimenti, la presenza militare americana in territorio straniero non verrebbe smantellata, ma soltanto considerevolmente ridotta. In definitiva, non si verificherebbe alcuna devoluzione di compiti securitari alle potenze regionali, come auspicato invece dal modello ‘’Fortress America’’241.

Per quanto riguarda la promozione della democrazia e dei diritti umani, questa non verrebbe praticata tanto tramite costosi e frustranti interventi umanitari, quanto attraverso sforzi non-militari. I valori americani verrebbero diffusi tramite il buon esempio e la stabilizzazione delle aree verrebbe affidata principalmente agli eserciti locali, supportati e addestrati, in ogni caso, dalla straordinaria macchina militare statunitense.

Parimenti, anche le organizzazioni internazionali sopravvivrebbero alla dottrina ‘’better nationalism’’; certo è che gli Stati Uniti sfrutterebbero il più possibile l’innegabile potere negoziale, di tipo politico ma anche economico, di cui dispongono all’interno di tali enti al fine di riformarli in senso meno limitativo per quanto riguarda la sovranità americana. In conclusione, lo scopo di tale dottrina non sarebbe quello di distruggere il multilateralismo e l’ordine globale; il ‘’better nationalism’’ si propone, più che altro, di riformare il sistema internazionale in maniera più favorevole agli interessi statunitensi242.