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Il Realismo jacksoniano di Trump

2.5 Una politica estera realista e coerente: classificare Donald Trump

2.5.2 Il Realismo jacksoniano di Trump

Come nel caso della tradizione jacksoniana, anche quando si analizza la strategia trumpiana è bene andare oltre gli aspetti folkloristici o su cui si concentrano i media, cercando di comprendere quella che è l’essenza della visione del mondo del 45esimo Presidente degli Stati Uniti.

Contrariamente a quello che sostiene Hal Brands, la politica estera di Trump non è riducibile a quella che lo storico chiama ‘’Geopolitica transattiva’’243; come si è visto questa logica

è applicabile quando si analizza la visione del tycoon in merito alle alleanze, ma sarebbe alquanto semplicistico tacciare di ‘’transazionalismo economico’’ ogni aspetto della sua strategia globale.

241 Ibidem, pp. 116, 117. 242 Ibidem, pp. 118, 119. 243 Ibidem, p. 167.

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Così facendo non si coglierebbero, infatti, i tratti principali della politica estera di Donald Trump: il realismo e il mercantilismo.

Si è già avuto modo di evidenziare il nesso fra i principi della tradizione jacksoniana e quelli del realismo politico nel capitolo I (cfr. 1.3.4). In questa sede, è necessario ribadire come, in linea con i capisaldi di quella che è la scuola di Andrew Jackson, Trump si definisca un falco realista, che riconosce l’importanza della forza militare ed economica nella competizione senza regole fra le grandi potenze244.

È innegabile, d’altronde, la corrispondenza della visione del mondo di Trump con alcuni principi propri del realismo classico, in primis, per quanto riguarda la de-ideologizzazione della politica estera (cfr. 2.4.3). Come si è potuto facilmente notare, la visione della politica internazionale di Trump è altamente conflittuale. L’idea che gli Stati nel sistema internazionale siano in costante competizione per il potere, tuttavia, non è un’idea trumpiana ma un principio basilare delle teorie realiste delle relazioni internazionali. Allo stesso modo, l’idea che l’interesse nazionale prevalga sugli obblighi internazionali e che gli accordi internazionali siano tranquillamente sacrificabili qualora confliggano con la Ragion di Stato è un pilastro portante della realpolitik245; Trump altro non fa se non recepire questi principi e applicarli alla sua grand strategy.

Parimenti, il tycoon, in un monologo riguardante la politica estera all’Hotel Mayflower di Washington nell’aprile del 2016, affermò che:

«Nessun paese ha mai prosperato, se non ponendo prima di tutto il proprio interesse. Sia i nostri amici che i nostri nemici mettono al primo posto il proprio paese , e noi […] dobbiamo iniziare a fare lo stesso. Non consegneremo più il nostro paese e il suo popolo alla falsa promessa del globalismo. Lo stato- nazione rimane la vera base affinché sia possibile raggiungere la felicità e l’armonia»246.

Emerge da questo discorso il pensiero cardine del realismo, ossia che gli Stati sono i principali attori all’interno del sistema internazionale e gli accordi internazionali sono meri strumenti nelle mani di questi ultimi. Inoltre, sempre in quest’ottica, le organizzazioni internazionali sono nient’altro che ‘’epifenomeni’’ delle relazioni di potere fra gli Stati-nazione247.

244 Laderman C., Brendan S., Op. Cit., p. 96. 245 Jackson R, Sorensen G., Op. Cit., pp. 68, 69.

246 Cit. riportata da Schweller R., ‘’Three Cheers for Trump’s Foreign Policy’’, in Foreign Affairs,

Settembre/Ottobre 2018, p. 139, versione originale: «No country has ever prospered that failed to put its own interests first. Both our friends and our enemies put their countries above ours, and we […] must start doing the same. We will no longer surrender this country or its people to the false song of globalism. The nation-state remains the true foundation for happiness and harmony».

247Moschella M., Sicurelli D., ‘’Le organizzazioni internazionali e le relazioni internazionali’’, in Belloni R.,

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Anche quando l’ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale H.R. McMaster e l’ex direttore del National Economic Council Gary Cohn sostengono che il mondo non è una comunità globale ma un’arena dove le nazioni competono per difendere i propri interessi248, non fanno altro che

rigettare uno dei principi cardine del wilsonismo, adottando evidentemente la prospettiva hobbesiana delle relazioni internazionali (cfr. 1.3.4).

Sul piano delle relazioni economiche internazionali, la Realpolitik si traduce spesso in termini di mercantilismo, una teoria che subordina l’attività economica a quella politica al fine di accrescere il potere statale. Uno Stato forte è evidentemente necessario poiché, come nel caso del sistema internazionale per i realisti, anche per i mercantilisti l’economia internazionale è concepita come un’arena dove i diversi attori statali competono per far prevalere il proprio interesse249.

Quando Trump afferma che l’America deve operare da una posizione di forza economica250, conferma in realtà la validità del circolo virtuoso mercantilista secondo il quale ‘’il

perseguimento della forza economica supporta lo sviluppo del potere militare e politico dello stato, il quale a sua volta ne promuove e alimenta la forza economica’’251. Come per Trump (cfr. 2.4.2),

inoltre, anche per i mercantilisti ‘’la dipendenza economica da altri stati deve essere il più possibile evitata’’252.

Tuttavia, l’aspetto che accumuna maggiormente la dottrina trumpiana e quella mercantilista è la visione delle relazioni economiche internazionali come un gioco a somma zero, nel quale la vittoria di uno Stato avviene per forza di cose a discapito di un altro. Come si è più volte detto, Trump è convinto che paesi come Cina, Giappone, Corea del Sud e Germania prosperino a spese degli Stati Uniti, in parole povere: il loro guadagno sarebbe una perdita per l’America e nella realtà non sussisterebbero le condizioni per un gioco a somma positiva. Seguendo alla lettera i moniti della tradizione jacksoniana, Trump afferma che la politica estera americana ha il diritto/dovere di proteggere la sovranità economica, il benessere dei cittadini, la libertà d’azione e l’interesse della nazione; ciò dovrebbe avvenire anche a discapito degli alleati e del sistema internazionale253.

248 McMaster H.R., Cohn G.D., ‘’America First Doesn’t Mean America Alone’’, in The Wall Street Journal, 30

Maggio 2017.

249 Jackson R., Sorensen G., Op. Cit., p. 211. 250 Trump D. J., Op. Cit., pp. 47, 48.

251 Cit. Jackson R., Sorensen G., Op. Cit., p. 212. 252 Cit. Ibidem, p. 213.

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