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Un’opera fuori dagli schemi fontaniani: Esaltazione di una forma, Venezia (1960)

4. Fortuna critica e visiva dell’opera

Esaltazione di una forma è un’opera poco o per nulla considerata dalla letteratura critica e apparentemente lontana dal punto di vista formale dall’ambiente precedente e da quelli successivi. Fontana non la menzionò mai negli scritti, dove peraltro l’unico ambiente citato è solo quello del 1949 per la versione originaria o per le riedizioni. Rispetto agli altri ambienti del corpus fontaniano, escludendo i corridoi Utopie la cui

titolazione era dovuta al progetto di Eco e Gregotti, si tratta dell’unica opera con una denominazione autonoma.137

In analogia con l’Ambiente spaziale a luce nera del 1949, é un’opera con una forte componente cromatica sebbene unicamente sui toni del rosso e dell’arancio e non con la policromia enfatizzata dalla luce di Wood alla Galleria del Naviglio.

Se per certi aspetti l’opera è quindi riconducibile all’Ambiente del 1949, per altri è invece fortemente innovativa. Nell’opera veneziana, a giudicare da recensioni e testimonianze che parlano di “spumose onde, nylon impalpabili” o di “grumi di tessuto leggeri”, sembra che oltre agli effetti cromatici fosse evidente la componente tattile dei materiali, elemento assente nell’Ambiente del Naviglio.138 Una simile natura tattile e fortemente colorata ricorre, come si vedrà oltre, in uno dei due ambienti Utopie, e più precisamente in quello realizzato in collaborazione con l’architetto Nanda Vigo.

Un ulteriore elemento di forte innovazione è dato dal tema dell’equilibrio: non a caso Gianni Colombo - che in seguito avrebbe lavorato a lungo su temi analoghi - notò che il poligono era sghembo e la base non aderiva perfettamente al suolo.

Il tema della precarietà e del disequilibrio, come trattato in seguito, sarà infatti una delle cifre stilistiche riprese da Fontana nel 1964 per il corridoio con il pavimento morbido e ondulato in moquette rossa realizzato con Nanda Vigo per la X Triennale di Milano e

137 Il sintagma sembra appartenere al lessico del romanticismo tedesco. “Exaltation of a form” è presente nella traduzione inglese del 1926 di Der Untergang des Abendlandes (Il declino dell’occidente 1916-1918) di Oswald Spengler mentre Clement Greenberg usò il termine esaltazione nel primo capitolo del saggio Homemade Esthetics Observations on Art and Taste, pubblicato su “Art News” nel novembre 1972: “A certain picture, a certain passage of verse, a certain piece of music can make you feel unequal to the exaltation of cognitiveness with which it floods you; those are the supreme works.” Merita attenzione anche l’utilizzo della parola “forma” nel titolo, termine oggetto di dibattito circa la rappresentazione della realtà tra l’astrattismo romano del gruppo Forma costituitosi nel 1946 (Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato) e il Movimento Arte Concreta, fondato nel 1948 da Dorfles, Monnet, Munari e Soldati, cui partecipò anche Fontana in occasione della presentazione il 22 dicembre alla libreria Salto di una cartella di “12 stampe a mano”. In particolare si pensi al numero unico di “Forma”, pubblicato nell’aprile del 1947 nel quale Achille Perilli analizzava la differenza tra i due approcci proprio in relazione al concetto di forma:

“gli astrattisti [milanesi] pongono il problema della forma in modo completamente diverso dal nostro e mentre per noi la forma, per la sua appartenenza alla realtà è considerata nel suo ambiente, quindi interesse plastico per lo spazio e per la luce, per gli astrattisti al contrario la forma ha valore in sé, senza porre un’ambientazione di questa, astraendola quindi da ogni problema spaziale-luministico”. Fossati, Il Movimento Arte Concreta.., cit., p. 9.

138 Per quanto infatti varie foto riportino Fontana mentre tocca l’elemento sospeso nella galleria milanese, nessuna delle recensioni o delle analisi critiche dell’opera ne enfatizza la

quindi nel 1967 per l’ambiente con il pavimento obliquo realizzato a Foligno in occasione di “Lo Spazio dell’Immagine”. Una lettera inviata il 23 settembre 1960 a Sandberg da Gaetano De Luca, collaboratore di Marinotti, circa il trasferimento della mostra, attesta alcuni interessanti dettagli sulle opere ambientali.139 De Luca sottolinea che per l’“Ikebana”, di Teshigahara “evidemment rien à faire”. Quindi che la stanza di Munari e Di Blasi sia riproducibile grazie al negativo fotografico delle immagini alle pareti. Per quanto concerne Gallizio, sarebbe stata trasportata solamente la “Caverna”, già concepita dall’inizio come opera mobile. Per Enzo Mari “sont des choses très encombrants et nous croyons qu’elles étaient justifiés en Italie pur des raisons que vous connaissez aussi”. Dunque trattandosi di un artista italiano e giovane, non si considera necessario includerlo nella tappa olandese.

Infine per Fontana:

“il est d’accord pour envoyer presque tout. Pour la salle rouge M Marinotti en encore parlé avec quelqu’un du Cirfs à Paris, enore (sic) dans ces dernier semaine, mais il n’a pas eu l’impression que la chose pouvait marcher. Il n’aurait aucune difficulté à laisser tomber”.

Pare quindi ci sia stata quantomeno l’intenzione di vendere o riallestire l’opera a Parigi ma, allo stato attuale degli studi, i documenti disponibili non permettono di capire come e in che modo si sia conclusa la questione.

Fig. 39 Opera di Karel Appel per “Vitalità nell’arte”, stoffe cucite, 1959

Fig. 41 L. Fontana, Esaltazione di una Forma, 1960, tela e chiffon, 60 A 1

Fig. 43 L. Fontana, Esaltazione di una forma, fermo immagine dal documentario Dalla natura all’arte, 1960, Archivio Luce

Fig. 44 L. Fontana, Ambiente Spaziale, 1960, penna sfera blu e china rossa su carta, cm 22 x 32,9, 60 DAS 19

Fig. 46 L. Baldessari, allestimento per Mostra Nazionale Serica, 1927, Villa Olmo, Como

Fig. 47 M. Duchamp, Miglio di Corda, First Paper of Surrealism, 14 ottobre-7 novembre 1942, Reid Mansion, New York

Fig. 48 L. Baldessari, bozzetto per scenografia per Gugliemo Tell, concorso per il Teatro dell’Opera di Roma, 1929

Capitolo 3