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La consacrazione degli ultimi anni

4. XXXIV Biennale, Venezia (22 giugno - 20 ottobre 1968)

Fontana delegò a terzi l’esecuzione degli ultimi ambienti realizzati nell’arco dello stesso mese (XXXIV Biennale di Venezia, Documenta IV a Kassel).

Pochi giorni dopo l’esposizione genovese, in occasione della mostra “Linee della ricerca contemporanea: dall’informale alle nuove strutture” alla XXXIV Biennale di Venezia, venne allestita l’ultima riedizione dell’Ambiente nero del 1949, la cui esecuzione venne delegata all’architetto Scarpa.314 Nonostante Fontana avesse partecipato con un ambiente, la sua opera era inserita nella sezione “Informale: segno/ gesto/materia/scrittura” e non in quella “Dimensioni nuove nello spazio: pittura-oggetto/ opera-ambiente/strutture primarie” dove erano esposti l’Ambiente visuo-cine-estetico: ambiente a struttura e colore permutabili verde-rosso-blu (1964-68) di Gianni Colombo, e Omaggio a Venezia. Electronic dé-coll-age-happening room (1959-1968) di Wolf Vostell. Nel testo introduttivo in catalogo Gian Alberto Dell’Acqua, Segretario Generale della mostra, menzionava “la ricostruzione di uno dei primi ambienti spaziali di Lucio Fontana”, esposto significativamente a fine percorso quale “precoce saggio di

313 Giovanni Anceschi nel 1964 in occasione della mostra “Nouvelle Tendance” al Musée des Arts Décoratifs di Parigi aveva realizzato l’Ambiente a shock luminosi con luci stroboscopiche intermittenti. Nouvelle tendance: propositions visuelles du mouvement international, catalogo mostra, aprile-maggio, Musée des arts décoratifs, Palais du Louvre, Pavillon de Marsan, 1964 Parigi.

314 Marinella Venanzi ha reperito nellʼArchivio Scarpa di Treviso un disegno inedito

dellʼarchitetto che mostra una sezione della stanza con appeso lʼelemento e la scritta autografa “per Fontana fare questo”. Venanzi, Fontana e lo Spazio.., cit, p. 173. Treviso, Archivio Carlo

environment”.315 In analogia con la versione olandese dell’Ambiente nero, anche a Venezia l’elemento centrale era bidimensionale ricordando le sagome in legno dei Teatrini. L’Ambiente era allestito in una stanza completamente nera, illuminata con luce di Wood e cosparsa di tocchi di colore fluorescente alle pareti a delineare un piano virtuale sfalsato rispetto al pavimento.316 Appesa al soffitto pendeva una forma di compensato che, nell’unica immagine a colori sopravvissuta, sembra di colore giallo e rivestita di carta colorata. A lato dell’elemento centrale pendevano tre propaggini simili a quelle che Fontana aveva realizzato e non esposto a Amsterdam. (figg. 102-103) La Biennale del 1968 fu adombrata dalla contestazione e le recensioni documentarono il clima soffermandosi più sugli episodi di critica al sistema delle arti che sulla descrizione delle opere in mostra.317 Della riedizione veneziana dell’Ambiente nero, sono quindi noti, allo stato attuale degli studi, solo due immagini fotografiche a colori e alcuni studi a matita, tra i quali uno con indicazioni circa la presenza di tre luci di Wood.318 (fig.104) Una coeva testimonianza di Enrico Crispolti pubblicata su “Arte illustrata” ricorda come l’artista non ebbe occasione di vedere l’opera:

“Fontana mi disse di non essere affatto contento della ricostruzione dell’Ambiente del ’49 in Lo Spazio dell’Immagine a Foligno, lo scorso anno; non ha potuto vedere invece quello realizzato meglio a Venezia”.319

5. “Cinetismo: esculturas electrónicas en situaciones ambientales”, Città del Messico (luglio-agosto 1968)

esculturas electrónicas en situaciones ambientales” curata dall’artista, performer, critico e curatore americano Willoughby Sharp presso il Museo Universitario de Ciencias y Arte nell’ambito del programma culturale della XIX Olimpiade a Città del Messico.320 Sharp era specificatamente interessato alle nuove tecnologie e negli anni sessanta aveva curato varie esposizioni di primo rilievo tra cui “Light-Motion-Space” nel 1967 al Walker Art Center di Minneapolis. Il ponte con Città del Messico fu Mathias Goeritz, artista tedesco naturalizzato messicano, che aveva ricevuto l’incarico di Sovrintendente delle promozioni internazionali del Comitato Organizzativo dei Giochi Olimpici.321 E’ possibile che Sharp avesse visto in prima persona l’arte ambientale dell’artista italiano grazie all’Ambiente spaziale realizzato in occasione della mostra “Lucio Fontana. A Spatial Concept of Art” del 1967 a Minneapolis. Dal testo di Sharp in catalogo si evince che in occasione della mostra alcune opere, tra cui apparentemente quella di Fontana, fossero state realizzate ad hoc, allo scopo di creare una “esperienza cinetica totale”:

“This exhibition was designed so that the eighteen individual environmental situations create a total kinetic experience. Each of the works fills a single room built especially for it. Eight of the works (Agam, Lye, Morris, Piene, Takis, Tinguely, Uecker and Whitman) are sculptural systems that were simply plugged in. Ten of the works (Brader, Fontana, Haacke, Le Parc, Levine, Mack, McClanahan, Medalla, Soto, and Van Saun) were made in situ especially for the exhibition either after the artist’s design or under his direct supervision”.322

Le immagini riprodotte in catalogo riguardano però opere di repertorio, per Fontana il soffitto per il Padiglione delle Fonti di energia progettato dagli architetti Gian Emilio, Piero e Anna Monti per lʼesposizione celebrativa del centenario dellʼUnità italiana “Italia

320 Regesto dei documenti, cataloghi mostre, n. 79.

321 J. Josten, Mathias Goeritz y el arte internacional de nuevos medios en la década de los sesenta, in (Ready) Media: Hacia una arqueología de los medios y la invención en Mexico, K. Jasso, D. Garza Usabiaga (a cura di), Laboratorio Arte Alameda, Instituto Nacional de Bellas Artes, Ciudad de Mexico, 2010, pp. 110-132.

322 W. Sharp, Cinetismo: esculturas electrónicas en situaciones ambientales, catalogo mostra, Museo Universitario de Ciencias y Arte, julio-agosto 1968, Ciudad de Mexico, 1968, p. 16.

61” a Torino.323 Qui lʼartista aveva realizzato nella sala poligonale progettata dai Monti un soffitto enorme con 1230 metri di tubi al neon blu e verdi disposti in sette piani sovrapposti. La commissione da parte di Sharp di unʼopera in neon potrebbe essere dovuta alle recenti pubblicazioni internazionali in cui lʼartista italiano era annoverato tra i padri delle recenti espressioni artistiche legate allʼuso delle nuove tecnologie. Un articolo della critica Nan Piene, moglie dellʼartista del gruppo Zero Otto Piene, sulle commissioni pubbliche in Europa, pubblicato su “Art in America” nella primavera del 1967, era infatti illustrato da una foto del soffitto al neon realizzato da Fontana in occasione di “Italia ʼ61” a Torino (fig. 105). Un ulteriore articolo della Piene, illustrato da una foto della Struttura al neon del 1951, ricostruiva invece la storia dellʼuso della luce in arte, attribuendo a Fontana il ruolo di precursore nel paragrafo dedicato a ambienti e performance.324

L’opera realizzata da Fontana per la mostra di Città del Messico non è documentata nel catalogo generale dell’artista e nel catalogo della mostra non è indicato il titolo. Una recensione della mostra pubblicata il 21 luglio 1968 sul quotidiano “El Sol de Mexico” è illustrata da vari ambienti tra cui quello di Fontana. La foto mostra lo scorcio di una stanza con due bimbi che guardano un soffitto bianco attraversato da tubi lineari al neon bianchi disposti a diverse altezze: una versione ambientale del soffitto per “Italia 61”, di dimensioni ridotte ma soprattutto allestito in una stanza buia con le pareti dipinte di nero. (fig. 106) La recensione riporta una affermazione dello stesso Fontana sullʼuso della luce in arte:

el Museo de Ciencias y Arte de Ciudad Universitaria y estos niños contemplas esas nuevas

formas”.325