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delle strutture: cenni teorici

3.6 Teoria della dinamica delle strutture

3.8.1 Frequency Domain Decomposiztion Method (FDD)

Per introdurre il metodo Frequency Domain Decomposition (FDD), è importante evidenziare una caratteristica sulla misurazione della funzione FRF nel contesto dell’identificazione output-only. Come la sollecitazione viene considerata un processo stazionario gaussiano a rumore bianco, la funzione PSD della sollecitazione è considerata costante, quindi Sjj(ω)=C, questa assunzione

influenza la terza assunzione presentata nell’equazione (12), rappresentata da: 𝐻 𝜔 (𝑖,𝑗 ) 2 = 𝑆 (𝜔)(𝑖,𝑗 )

𝐶

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Questa osservazione indica che i picchi della FRF in vicinanza delle frequenze di risonanza del sistema strutturale si possono ottenere direttamente dai picchi della funzione PSD valutandone solo la misura della risposta.

Il metodo FDD può essere visto come una estensione del metodo PP, il quale assume che le frequenze di risonanza siano bene spaziate nella frequenza e che il contributo dei modi nelle vicinanze delle frequenze di risonanza sia nullo. Il metodo è stato presentato da Brincker7 e le basi del metodo FDD sono rappresentate dal metoro Singular Value Deconposition (SVD) della risposta spettrale in densità di massa, data da:

𝑆𝑦 𝜔𝑘 = Ψ𝑘Λ𝑘Ψ𝑘𝐻

dove Λk è la matrice diagonale con i valori singolari, gli autovalori positivi e reali della matrice Sy(ω)

disposti i ordine decrescente. Il primo valore equivale per ogni frequenza allo spettro di potenza del sistema ad un unico grado di libertà in conformità ai modi significativi che contribuiscono alla risposta. Ψk è la matrice ortogonale complessa nella quale ogni colonna contiene i vettori dei modi di vibrare di ogni picco spettrale. L’apice H denota la coniugata trasposta, si può stabilire la seguente relazione per la matrice Ψk:

Ψ𝑘Ψ𝑘𝐻 = Ψ𝑘𝐻Ψ𝑘 = 𝐼

Il passo successivo è dato dall’analisi dello spettro dei valori singolari di Λk per la selezione dei picchi di risonanza e i corrispondenti modi di vibrare e la valutazione delle componenti del modello sui misurati gradi di libertà.

Di seguito sono elencati in dettaglio i passi seguiti nel processo FDD:

1. Per ogni set di misure registrate viene individuata una matrice di densità spettrale di potenza di dimensione m x m, dove m è il numero di strumenti di misura (accelerometri) a disposizione per ogni setup di prova:

𝑆𝑦𝑦 𝜔 = 𝑆𝑦1𝑦1(𝜔) ⋯ 𝑆𝑦1𝑦𝑚(𝜔) ⋮ ⋱ ⋮ 𝑆𝑦𝑚𝑦1(𝜔) ⋯ 𝑆𝑦𝑚𝑦𝑚(𝜔) Dove:

- Gyiyi(ω) = funzione di densità autospettrale;

- Gyiyj(ω) = funzione di densità spettrale incrociata;

2. Di ciascuna serie y, finestrata e sovrapposta, viene calcolata la trasformata discreta di Fourier:

𝑦1 ↔ 𝑌 1

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𝑦 ↔ 𝑌2 2 𝑦𝑛 ↔ 𝑌 𝑛 3. Si mediano le trasformate calcolate:

𝑌𝑖 = 𝑌𝑘

𝑛

𝑘=1

4. Dalla trasformata di Fourier di ricavano le funzioni di densità autospettrale e le funzioni di densità spettrale incrociata:

𝑆𝑦𝑖𝑦𝑖 𝜔 =2 ∙ Δ𝑡 𝑛 ∙ 𝑠 𝑌𝑖 2

𝑆𝑦𝑖𝑦𝑗 𝜔 =2 ∙ Δ𝑡 𝑛 ∙ 𝑠 𝑌 𝑌𝑖 𝑗

5. Si esegue la SVD (Singular Value Decompositio) di ciascuna matrice di densità spettrale di potenza in una matrice Λk fatta dai singula value e in una matrice dei singular vectors Ψk:

𝑆𝑦 𝜔𝑘 = Ψ𝑘Λ𝑘Ψ𝑘𝐻 Dove: - Λ𝑘 = 𝑠1 ⋯ 𝑠𝑚 - Ψ𝑘 = 𝑢11 ⋯ 𝑢1𝑚 ⋮ ⋱ ⋮ 𝑢𝑚1 ⋯ 𝑢𝑚𝑚

6. Dalla rappresentazione grafica dello spettro dei valori singolari è possibile individuare i picchi cui corrispondono i modi da identificare (figura 12):

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Il metodo FDD è stato implementato da Brincker8 nel 2001 con il metodo EFDD (Enhanced

Frequency Domain Decomposition). Sostanzialmente il primo passo del metodo EFDD è lo stesso

di quello FDD ma la stima dei valori delle frequenze e dei coefficienti di smorzamento sono calcolati attraverso l’applicazione della funzione inversa FTT di ogni funzione di densità spettrale per ogni modo vibrazionale. La funzione risposta di auto-correlazione ottenuta è ora una tipica risposta di un sistema ad un singolo grado di libertà di un sistema con una risposta dinamica in vibrazioni libere (figura 13). L’intersezione con l’asse delle ascisse fornisce le frequenze naturali per ogni sistema e i coefficienti di smorzamento vengono calcolati attraverso decrementi logaritmici.

Figura 13 - Funzione di auto-correlazione di un sistema ad un singolo grado di libertà ottenuta col metofo EFDD per i primi tre picchi.

Come sopra descritto, i metodi output-only devono avere la possibilità di separare i picchi delle funzioni di densità spettrale delle frequenze di risonanza da altri picchi che risultano da fonti indesiderate. Per svolgere questa selezione dei picchi strutturali si usa la funzione scalare di coerenza tra la risposta di due punti misurati, yi e yj. I valori della funzione di coerenza γ2(ω)

valgono:

𝛾𝑖,𝑗2 𝜔 = 𝑆 (𝜔) 𝑦(𝑖,𝑗 ) 2 𝑆 (𝜔)𝑆𝑦(𝑖,𝑗 ) (𝜔)(𝑖,𝑗 )

Variano da zero ad uno e indicano, nel dominio delle frequenze, la linearità tra i due segnali misurati e la presenza di modi globali. I valori vicini ad uno indicano una forte relazione tra i segnali. Comunque, per le frequenze di risonanza risultanti da modi locali o da frequenze vibrazionali ambientali che non riescono a mobilitare un modo globale, la funzione di coerenza

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risulta avere valori bassi9. Nella figura 14 b) sono evidenziati i valori di coerenza per le densità spettrali tra due punti di riferimento in tutti i set di dati raccolti, si osserva, quando la il valore della coerenza e vicino ad uno, un picco evidente nel primo valore singolare che appare nella figura 14 a).

Figura 14 - Metodi FDD: a) decomposizione del singolo valore (SVD) del metodo FDD; b) coerenza della densità spettrale tra trasduttori collegati per tutte le serie di dati.

L’implementazione del metodo FDD è semplice. Tuttavia, questo metodo valuta le frequenze di risonanza con valori di frequenze discrete di limitata precisione a causa del fatto che il metodo si basa sull’analisi del segnale attraverso la funzione FFT. In particolare si trovano difficoltà nella stima delle frequenze che presentano valori vicini alle frequenze di risonanza. Per aumentare la risoluzione delle frequenze, devono essere usate serie temporali molto lunghe per l’analisi modale. In alternativa si usa il metodo EFDD, il quale supera questi problemi, poiché utilizza la funzione inversa FFT per la valutazione delle frequenze di risonanza e dei coefficienti di smorzamento.

I metodi FDD ed EFDD sono usati in software per l’identificazione modale come ARTeMIS Extractor

4.0.

3.8.2 p-LSCF

Il poly-refernce Least Squares Complex Frequency Domain (p-LSCF), conosciuto anche con il nome

PolyMAX (LMS), è una tecnica parametrica sviluppata nel dominio elle frequenze, inizialmente

sviluppata tra i metodi input-output per eseguire l’identificazione dei parametri modali dalle FRF.

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Tuttavia, per un sistema eccitato da rumore bianco, ci sono alcune delle somiglianze tra la decomposizione modale della FRF e di metà spettro. Perciò tale tecnica è stata esportata anche nel campo dell’identificazione output-only da Peeters & Van der Auweraer nel 2005.

Il metodo LMS PolyMAX utilizza la FRF come dato di partenza. Come solitamente avviene per i metodi nel dominio del tempo, esso richiede delle risposte impulsive come dati primari (ottenute con la trasformata inversa di Fourier della FRF). Nel metodo poly-reference LSCF, la right

matrix-fraction si assume rappresenti la FRF misurata:

𝐻 𝜔 = 𝑧𝑟 𝛽𝑟 𝑧𝑟 𝛼𝑟 𝑝 𝑟=0 𝑝 𝑟=0 15

Dove *H(ω)+ è la matrice contenente la FRF tra tutti gli m input e gli l output; *βr] è il numeratore della matrice dei coefficienti polinomiali; *αr] è il denominatore della matrice dei coefficienti polinomiali e p è l’ordine del modello.

Un modello nel dominio z, ad esempio un modello nel dominio della frequenza derivato da uno a tempo discreto, è utilizzato nell’equazione, tramite:

z = e jωΔt

dove Δt è il periodo di campionamento.

L’equazione 15 può essere scritta per tutti i valori dell’asse delle frequenze della FRF. I coefficienti polinomiali ignoti *βr+, *αr] sono quindi trovati come soluzione ai minimi quadrati di questa equazione (dopo la linearizzazione). Una volta che i coefficienti del denominatore *αr] sono determinati, i poli e i fattori di partecipazione modale vengono calcolati come autovalori e autovettori della matrice guida:

0 0 ⋯ 0 − 𝛼0𝑇 𝐼 0 ⋯ 0 − 𝛼1𝑇 ⋯ ⋯ ⋯ ⋯ ⋯ 0 0 ⋯ 0 − 𝛼𝑝−2𝑇 0 0 ⋯ 𝐼 − 𝛼𝑝−1𝑇 ∙ 𝑉 = 𝑉Λ

I fattori di partecipazione modale sono le ultime m righe di V; la matrice Λ contiene i poli e-λiΔt sulla diagonale. Essi sono connessi alle frequenze ωi (rad/s) e ai rapporti di smorzamento ξi come segue:

𝜆𝑖, 𝜆𝑖 = −𝜉𝑖𝜔𝑖 ± 1 − 𝜉𝑖2𝜔𝑖 Il segno * denota il coniugato complesso.

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Questa procedura permette di costruire un diagramma di stabilizzazione per aumentare l’ordine del modello e usare criteri distabilità per le frequenze, rapporti di smorzamento e fattori di partecipazione modale.

Teoricamente, le forme modali possono derivare dai coefficienti *αr+, *βr] ma possono essere trovati anche considerando il cosidetto pole-residue model:

𝐻 𝜔 = 𝜐𝑖 < 𝑙𝑖 𝑇 > 𝑗𝜔 − 𝜆𝑖 𝑛 𝑗 =1 + 𝜐𝑖 < 𝑙𝑖𝐻 > 𝑗𝜔 − 𝜆𝑖 − 𝐿𝑅 𝜔2 + 𝑈𝑅

Dove n è il numero dei modi; H denota il complesso coniugato trasposto della matrice; ,νi} sono le forma modali; <lit> sono i fattori di partecipazione modali e λi sono i poli. [LR] e [UR] sono rispettivamente il residuo più basso e il più alto che modella l’influenza dei modi fuori banda rispetto alla banda di frequenze considerata. L’interpretazione dei diagramma di stabilizzazione indica una serie di poli λi a fattori di partecipazione corrispondenti <lit>. Poiché le uniche incognite sono le forme modali ,νi} e i residui inferiore e superiore, possono essere ottenute risolvendo l’equazione in modo lineare con il metodo dei minimi quadrati. Questo step è chiamato Least

Squares Frequency Domain (LSFD).

L’algoritmo p-LSCF è considerato uno dei più accurati nel campo delle tecniche OMA nel dominio delle frequenze. Il diagramma di stabilizzazione ottenuto è estremamente chiaro e rende molto più agevole la selezione dei poli fisici. Tale metodo è implementato nella Toolbox di Matlab (MACEC 3.2).