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Da alcuni anni è emerso che il metabolismo ossidativo degli AGE non è appannaggio solo delle famiglie degli enzimi COX e LOX, ma è specifico anche di una superfamiglia di enzimi indicati come citocromo P450 (CYP).

.

Fig 38. Rappresentazione della membrana cellulare e del citocromo P450.

Tali enzimi sono ubiquitari e presenti in tutti gli organismi viventi, sono codificati da singoli geni e sono localazzati nel REL (reticolo endoplasmatico liscio) della cellula. Due sono le principali famiglie di enzimi CYP che intervengono nel metabolismo degli acidi grassi: le epoossigenasi e le idrossilasi che danno luogo a prodotti epossigenati (metabolizzati a loro volta soprattutto dall’enzima solubile epossido

idrolasi [soluble epoxide hydrolase sEH]) ed idrossilati (Capdevila J. Et al. 1981;

Campbell WB et al, 1996).

Esiste, quindi, una terza via metabolica dei PUFA n‐6 ed n‐3, quella degli enzimi CYP, costituita da due principali branche, quella degli enzimi CYP epossigenasi e quella degli enzimi CYP idrossilasi. Gli AGE, i PUFA e i LCPUFA sono dei potenziali substrati sui quali agiscono tali enzimi dando luogo a più di 100 metaboliti. (Levick

SP et al., 2007).

L’ epossidazione dell’EPA da luogo all’acido 17,18‐ eposseicosatetraenoico (EETr) e quella del DHA al 19,20‐ epossidocosapentaenoico (EDP) (Watkins Bruce A. Kim

Jeffrey 2015) che sono i maggiori metaboliti presenti dopo assunzione di EPA/DHA.

L’ idrossilazione dell’EPA e del DHA è attuata da varie isoforme: dall’EPA deriva l’acido 20‐HEPE cioè il 20‐ idrossieicosapentaenoico e dal DHA il 22‐idrossidocosaesaenoico (22‐HDHE), i quali hanno le stesse azioni degli omologhi, sono in competizione con il 20‐HETE derivati dall’ARA e metabolizzano meglio EPA e DHA rispetto all’ARA con produzione di metaboliti utili all’organismo (Konkel A,

Schunk WH 2011).

La doppia funzionalità pro e anti infiammatoria e cancerogena quindi non riguarda solo i prodotti degli enzimi COX e LOX ma anche quelli degli enzimi CYPs confermando come una alterazione dell’equilibrio tra gli eicosanoidi favorisca un vasto quadro di condizioni patologiche (Caramia G. 2012).

Fig 39. Mediatori lipidici con azione pro e antiinfiammatoria ottenuti per azione di COX, LOX e CYPs: I CYPs per epossidazione producocno composti epossigenati (E) e per idrossilazione composti idrossilati (H). Le frecce tratteggiate indicano blocco dell’infiammazione, le frecce continue indicano stimolo all’infiammazione (da Caramia G. 2012).

Anche ARA partecipa a questa via metabolica e da esso derivano i cannabinoidi endogeni (endocannabinoidi):

1. arachidonoil etanolamide (AEA), o amide dell’acido arachidonico detta anche anandamide (identificata nel 1992 il cui nome deriva dal sanscrito ‚ananda‛, beatitudine interiore);

2. 2‐arachidonoilglicerolo (2‐AG).

Qesti composti sono simili al Δ9-tetraidrocannabinolo (THC) scoperto nel 1964, il principio attivo della Cannabis Sativa o canapa indiana, che è ampiamente utilizzata a ascopo terapeutico nella medicina popolare cinese dal 3000 aC.

(a)

(b)

(c)

Fig 40. Formula di (a) arachidonoil etanolamide (AEA), (b) 2‐arachidonoilglicerolo (2‐AG) e (c) Δ9- tetraidrocannabinolo (THC).

Questi composti, sia esogeni che endogeni, hanno un importante ruolo nel mantenere le funzioni fisiologiche e modulare, attraverso i recettori CB1 (dei terminali nervosi centrali e periferici, del miocardio, retina) e CB2 (espressi sulle cellule immunitarie, dove modulano la loro migrazione e il rilascio di citochine) le risposte patofisiologiche del sistema nervoso centrale, immune, cardiovascolare e gastrointestinale per le loro caratteristiche antinocicettive, anti‐infiammatorie, anti ossidanti e neuro protettive.

Mentre la stimolazione dei recettori CB1, che avviene preferibilmente da parte dell’anandamide, è responsabile degli effetti euforizzanti, antispastici, stimolanti l’appetito tipici della marjuana, la stimolazione dei CB2, che avviene preferibilmente da parte del 2-AG, sembra essere responsabile dell’azione antiinfiammatoria e immunomodulatrice dei cannabinoidi.

Si parla quindi di ‚sistema endocannabinoide‛ che, partendo dagli acidi grassi PUFAs, rappresenta un vero e proprio sistema PNEI coinvolto nella regolazione di molteplici sitemi integrati tra cui i processi di proliferazione cellulare alla base della crescita dei tumori (Di Marzo V. 2008; Hermanson DJ, Marnett LJ. 2011).

Fig 41. Metabolismo degli endocannabinoidi (Di Marzo 2008).

Vi sono numerosi studi che hanno dimostrato l’effetto degli endocannabinoidi sulla proliferazione del tumore: l’anandamide ha attività antitumorale nel cancro al seno, nel cancro del colon retto e nell’osteosarcoma (Schwarz R. et al. 2018).

Il metabolita 2-AG induce apoptosi nel cancro della prostata (Nithipatikom K. et al,

2004). Gli endocannabinoidi DHEA e EPEA, derivati da una conversione enzimatica

del DHA e EPA, agiscono con azione antiproliferativa sempre nel cancro della prostata (Brown I et al 2010).

L’anandamide è inattivata dall’enzima idrolasi FAAH (fatty acid amide hydrolase) per cui la ricerca si sta concentrando in sostanze inibitrici di tale enzima (Di Marzo

8 CONCLUSIONI

Sono stati fatti enormi progressi nel campo degli acidi grassi essenziali n-3 e n-6, dopo la loro identificazione da parte di Burr e Burr nel 1929 (Burr G.O., Burr M.Miller

E.M. 1932).

Numerosissimi ricercatori hanno evidenziato la loro importanza sia dal punto di vista clinico, con lo studio della relazione tra acidi grassi essenziali e uno svariato numero di patologie, e biochimico, con la descrizione delle numerose via metaboliche che coinvolgono questi composti.

Molteplici e complesse sono le funzioni dei PUFAs in ogni età della vita, nella fisiologia e nella patologia. L’importanza strutturale e funzionale dei PUFA viene messa in particolare evidenza quando si esaminano le strette correlazioni tra PUFAs assunti con la dieta ed eicosanoidi con funzione regolatoria.

I PUFAs n-3 modulano la cascata della risposta infiammatoria, regolando la produzione di eicosanoidi (PG, PC, LX, TX), competono con la COX e con l’ ARA (e n-6) nella cascata metabolica delle lipoossigenasi. L’ARA viene convertito in PGH2 che a sua volta viene convertito in TXA2, un lipide pro infiammatorio: quindi, quando ARA è rimpiazzato da n-3, l’infiammazione viene ridotta.

In sostanza, se non è corretto affermare che n-3 sono antiinfiammatori mentre ARA e n-6 sono pro infiammatori, è sicuramente vero che, quando n-3 predominano su n-6 e ARA, vengono prodotte forme di leucotrieni e prostaglandine meno infiammatorie del trombossano A2 (Aterburn et al 2006).

Da questi aspetti emerge il possibile utilizzo di PUFAs n-3 in dosi farmacologiche, nel trattamento di diverse patologie dalla genesi infiammatoria, tra cui il cancro. La visione del cancro come patologia unicamente legata ad alterazioni del DNA è stata sostituita da una visione più globale, dove, accanto alla componente genetica si è affiancata una visione più orientata verso lo studio del metabolismo delle cellule

oncosoppressori non controllano solo la divisione cellulare ma intervengono anche nella regolazione delle vie metaboliche.

Secondo le stime dell’American Cancer Society, più di 1500 persone al giorno muoiono di cancro, mentre ogni anno 9 milioni di nuovi casi vengono diagnosticati nel mondo. Il cancro uccide 5 milioni di persone ogni anno e rappresenta la seconda causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari, nei paesi industrializzati.

Esaminando la relazione tra acidi grassi e neoplasie, ormai sono chiare le proprietà citotossiche di alcuni acidi grassi ed eicosanoidi da essi derivati.

E’ generalmente accettata la tesi secondo la quale i grassi di origine animale, ricchi di acidi grassi saturi, siano maggiormente associati ad un incremento della cancerogenesi rispetto ai grassi di origine vegetale.

Ma anche l’ acido linoleico, un n-6 di cui sono ricchi i semi vegetali, è noto per la sua proprietà di incrementare lo sviluppo di tumori nei modelli animali.

L’acido arachidonico, un altro PUFA n-6, è substrato per una classe di enzimi, le COX 1 e 2, e produce prostanoidi tra cui PGE2 che sembra coinvolta in alcuni tipi di cancro.

Le PGE esercitano un effetto sulle cellule del sistema immune, sono associate alla proliferazione cellulare, la differenziazione, l’apoptosi, l’angiogenesi e la formazione di metastasi (Larsson SC et al. 2004, Am): una loro produzione inappropriata può rappresentare il legame tra acidi grassi assunti con la dieta e cancerogenesi (Giammanco M et al. 2008).

Secondo alcuni, l’effetto degli n-3 si esplicherebbe soprattutto nel loro effetto antagonizzante la produzione di PG2: per questo motivo si preferisce parlare di rapporto n-3/n-6 (indice n-3) piuttosto che di quantità di n-3 in senso assoluto. Incrementando il rapporto n-3/n-6 nell’alimentazione si aumenterebbe conseguentemente anche il rapporto PG3/PG2 e questo sarebbe particolarmente utile nei casi di tumori ormono-dipendenti come il mammario e il prostatico (Rose

Inoltre, una riduzione delle PGE2 ridurrebbe la risposta flogistica che può essere coinvolta nella genesi di alcuni tumori.

EPA compete con ARA perché entrambi sono catalizzati dagli stessi enzimi, quindi un elevato livello di EPA nella cellula determina una maggiore produzione di PGE3 e

altri eicosanoidi da esso derivati con riduzione della quota di PGE2 e conseguente effetto antiinfiammatorio, antiproliferativo e pro apoptotico (Schmitz G. Ecker J. 2008). Un altro meccanismo con cui questi acidi grassi fondamentali possono regolare la crescita del cancro è attraverso la modulazione della struttura e funzione della membrana cellulare.

La membrana cellulare rappresenta non semplicemente un doppio strato di fosfolipidi che separa l’esterno dall’interno della cellula ma è un complesso sistema di strutture lipidiche-proteiche e di micro domini con la fondamentale funzione di comunicazione e trasduzione dei segnali che arrivano alla cellula: alterazioni di questa struttura regolatoria modificano i messaggi cellulari e sono responsabili di diverse patologie dall’obesità al cancro (P.Escriba et al. 2015).

EPA e DHA, modulando le proprietà chimico fisiche della membrana cellulare, possono modificare l’attività di recettori e citochine responsabili della trasduzione dei segnali della cellula tumorale, della crescita e della proliferazione del tumore (R.

Chapkin et al. 2008).

Infine, vari studi in vitro e preclinici in vivo hanno evidenziato come EPA e DHA giochino un ruolo inibitorio sulla crescita del tumore attraverso l’induzione dell’apoptosi e che questo processo avvenga sia se questi acidi grassi sono utilizzati da soli sia in associazione con le terapie convenzionali (D. Eliseo and F Velotti 2016). La cosa positiva è che questi acidi grassi sono in grado di indurre tossicità nelle cellule cancerose promuovendo l’apoptosi, lo stress ossidativo e riducendo l’infiammazione che supporta il tumore, e contemporaneamente vengono utilizzati dalle cellule sane a scopo benefico e protettivo nei confronti dello stress ossidativo.

In particolare DHA, in associazione con il chemioterapico, pare avere un effetto citotossico selettivo su determinati tipi di cellule cancerose, promuovendo l’apoptosi e proteggendo simultaneamente le cellule sane (Marshall K. and Winwood R. 2017). In studi pre clinici e clinici questi acidi grassi sembrano incrementare la sensibilità delle cellule tumorali nei confronti delle tradizionali terapie citotossiche (adiuvanti) e migliorare la selettività dell’effetto tossico diminuendo la tossicità sistemica attraverso due azioni sinergiche:

1. i PUFAs sono degli eccellenti substrati per la lipoossidazione in quelle

situazioni in cui aumenta lo stress ossidativo, come quella che si verifica in presenza di un chemioterapico;

2. i PUFAs modificano un particolare ‚bersaglio‛ della cellula tumorale

chiamato lipid-raft, un dominio ordinato, rigido e organizzato all’interno del doppio strato fosfolipidico composto da acidi grassi, colesterolo e proteine in proporzioni definite (Fuentes et al. 2018 in press).

L’effetto anti cancro dei PUFAs EPA e DHA è associato anche con l’accumulo di specie radicaliche nelle cellule cancerose: EPA e olio di pesce in vivo e in vitro possono incrementare i ROS e il Ca2+ nei mitocondri distruggendo la membrana

mitocondriale, come pure modificare il potenziale di membrana dei mitocondri (MMP), portando in ogni caso alla morte della cellula (Jayathilake et al. 2016).

Infine, recenti scoperte hanno posto l’attenzione sulla capacità del mitocondrio di regolare la sintesi dei lipidi attraverso un meccanismo enzimatico PDC dipendente: modulando la quantità di grassi assunti con la dieta pare si possa diminuire la capacità di accumulare lipidi mitocondriali nelle cellule del cancro della prostata, togliendo al tumore il suo carburante.

Quale impatto potranno avere i grassi n-3 a lunga catena sulla terapia del cancro in futuro? I risultati ad oggi prodotti sono molto promettenti ma mancano ancora studi

su larga scala e trial clinici randomizzati che ci consentano di disporre di dati certi utilizzabili per realizzare degli schemi terapeutici che vedano gli omega-3 come supporto routinario alla terapia oncologica, nella pratica clinica ed ambulatoriale.

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