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6 PUFAs n-3: INTEGRAZIONE CON NUTRACEUTIC

6.1 OLIO DI KRILL

Recentemente è stato evidenziato come l’olio di krill estratto da un gamberetto atlantico (Euphausia superba) contenga una quantità significativa di PUFAs in forma di fosfolipidi.

L’olio di krill è più efficiente nel rilasciare EPA e DHA all’interno dell’organismo o comunque dare gli stessi benefici dell’olio di pesce ma con dosaggi inferiori (Ulven

SM et al. 2011).

Il Krill è un gamberetto piccolo che vive in tutte le acque ma che aumenta in modo esponenziale nei mari più freddi.

Rappresenta una delle più grandi biomasse del mondo, stimata intorno alle 300-500 milioni di tonnellate dalla CCAMLR (Commission for the conservation of Antarctic Marine Living Resources) (Nicol et al 2012).

Fig 33:. Krill. A destra, dimensioni del krill rispetto ad una graffetta (fotografia di George F. Mobley per National Geographic).

Il Krill viene pescato nei fondali adiacenti al mare Antartico (in assoluto la zona meno inquinata della terra), e la sua pesca viene certificata per quanto riguarda la provenienza e la quantità di pescato (cosa necessaria onde evitare il depauperamento di una fonte di cibo fondamentale per balene e grossi cetacei).

Fig 34. Banchi di Krill e suo habitat (da CCAMLR https://www.ccamlr.org).

Essendo un componente molto abbondante di un ecosistema, quello Artico, estremamente fragile, la CCAMLR ha fissato cautelativamente delle quote massime per la pesca di questo gamberetto: ma l’aumento della richiesta nel mercato dei nutraceutici rende difficile il controllo e la protezione della specie, il cui depauperamento potrà in futuro incidere non solo sulla biomassa del krill ma anche su quelle delle altre specie marine che si cibano di questo prezioso plancton.

Il Krill pescato viene subito lavorato nel peschereccio, viste anche le temperature in loco tutto il processo avviene a bassissime temperature e questo fatto, oltre alla naturale presenza di asta xantina fa si che i doppi legami degli acidi mono e

polinsaturi non vengono ossidati. L’olio non viene trattato con n-esano ed altri solventi apolari per cercare di separare inquinant liposolubili (come i policlorobifenili): inoltre, in virtù dell'assenza di metalli pesanti, PCB ed altri inquinanti ed avendo il krill una durata di vita molto corta è consigliabile in gravidanza ed allattamento (FDA ed EFSA raccomandano un consumo moderato di pesce, soprattutto pesci di grossa pezzatura, tipo tonno e spada, che "stoccano" i metalli pesanti organicati nei loro tessuti più grassi).

Sia EPA che DHA sono contenuti nell’olio di pesce in forma di TG (trigliceridi): poiché i pesci non sono in grado di produrre PUFAs n-3 endogeni, essi provengono dalle alghe di cui si cibano i pesci (tra cui il krill): i pesci grossi, cibandosi di plancton e krill, a loro volta assumono i PUFAs n-3.

L’olio di krill contiene più o meno la stessa quantità di n-3 dell’olio di pesce, circa il 25% w/w di cui il 14%w/w di EPA e 6,5%w/w di DHA (Ulven SM et al. 2011).

Ma c’è una differenza sostanziale: gli omega-3 presenti nell’olio di krill sono omega-3 legati a fosfolipidi (non sono quindi TG classici), soprattutto alla fosfatidilcolina (40%w/w del totale).

Inoltre il krill contiene anche un antiossidante, l’astaxantina (provitamina E), un carotenoide liposolubile responsabile del suo caratteristi colo colore rosso, che non è un prodotto endogeno ma viene assunto con la dieta a base di alghe (Hussein et al.

2006).

Vi sono quindi diversi vantaggi:

1. i fosfolipidi sono più facilmente assorbibili e più biodisponibili rispetto ai TG dell’ olio di pesce, quindi è sufficiente una dose inferiore (62%) di olio di krill rispetto all’olio di pesce per mantenere livelli ottimali di PUFAs nel sangue (Ulven S.M. et al.

2011);

2. il krill è un animale molto piccolo e non è un predatore quindi nelle sue carni non si trovano le concentrazioni di inquinanti, come il mercurio, che sono invece presenti

nei pesci di grossa taglia come il salmone o il tonno da cui vengono ricavati i PUFAs,

quindi non subisce processi di purificazione poiché privo di quelle sostanze tossiche (tra questi i cosiddetti PCB) che di solito accumulano i pesci "più grossi e grassi e che vivono a lungo", pesci dai quali di soliti si ottengono gli omega-3 TG delle altre aziende;

3. il krill nel suo esoscheletro contiene astaxantina, un antiossidante che naturalmente preserva i grassi da irrancidimento: nei prodotti in commercio l’astaxantina è circa 100 ppm w/w.

Nell’olio di krill, la presenza di fosfolipidi facilita il passaggio delle molecole di acidi grassi n-3 a lunga catena attraverso la parete intestinale, incrementando la loro biodisponibilità ed incrementando il rapporto n-3/n-6 (15 a 1, rispetto agli altri oli di pesce ove questo rapporto è di "solo" 3 a 1).

Mentre i TG e gli altri grassi sono idrofobici, i fosfolipidi hanno una polarità data dalle teste idrofili che quindi non richiedono l’uso dei sali biliari per formare micelle ed essere digeriti. Inoltre, poiché le membrane cellulari sono costituite soprattutto da fosfolipidi, questo permette un miglior legame tra olio di krill e membrane cellulari e un più efficiente meccanismo di trasporto attraverso le membrane cellulari (Sampalis F et al. 2015).

I principali effetti dell’olio di krill si esplicano sulla inibizione della proliferazione della cellula cancerosa e sulla promozione dell’apoptosi.

Per quanto riguarda il primo aspetto, sono stati confrontati gli effetti antiproliferativi di EPA, DHA e FFA da olio di krill su diverse linee cellulari del cancro del colon. Ricordiamo che il cancro del colon è il terzo tipo di tumore in ordine di diffusione nel mondo (Jayathilake et al. 2016).

Gli effetti sulle diverse linee cellulari di varie concentrazioni di EPA (120, 160,180, 200 µM e di acidi grassi estratti dal krill (0,03-0,24 µL/100 µL) sono riportati nella figura sottostante e sostanzialmente mostrano un interessante effetto antiproliferativo.

Fig 36. Proliferazione (a) e apoptosi (b) della cellula cancerogena dopo trattamento con PUFAs su diverse linee cellulari di cancro al colon in confronto al bianco con etanolo (Jayathilake et al).

Per quanto concerne invece l’effetto sull’apoptosi, anche in questo caso l’effetto è significativo già con 0,12 µL/100 µL di acidi grassi estratti dall’olio di krill: sembra

che l’apoptosi sia indotta attraverso una depolarizzazione della membrana mitocondriale.

L’effetto antiproliferativo dell’olio di krill è stato anche dimostrato su altri tipi di tumori.

Ne caso per esempio dell’osteosarcoma, è stato dimostrato come l’olio di krill abbia un effetto comparabile con la doxorubicina, un farmaco antineoplastico (Su et al.

2015).

Abbiamo già accennato ai possibili lievi effetti collaterali che una massiccia assunzione di n-3 comporta e che comprendono eruttazioni, gas addominale, flautolenza, diarrea, nausea, costipazione e crampi addominali, effetti indesiderabili soprattutto in pazienti in trattamento con chemioterapici dati i loro ben noti effetti collaterali a livello gastro intestinale.

Uno studio (Maki KC et al. 2009) ha preso in considerazione gli effetti collaterali dell’olio di krill in confronto all’olio di pesce e all’olio di oliva come controllo: dopo 4 settimane di trattamento gli effetti collaterali per ciascun gruppo erano di 1 sul 32- 40% dei soggetti: il gruppo trattato con olio di krill aveva la % minore di soggetti (32%) mentre l’olio di oliva la maggiore (40%). Altri studi hanno confermato questi risultati, per cui si può affermare che l’olio di krill sia una supplementazione sicura e ben tollerata anche in soggetti con patologie.

Poiche il krill è un crostaceo, il consumo di olio di krill deve essere controllato in soggetti che mostrano allergie ai crostacei (Kwantes JM & Grundmann O., 2015).

Fig 37. Proliferazione di due tipi di cellule isolate del cancro del colon (a. HTC-15, b Caco-2) dopo 48 h di trattamento con acidi grassi estratti dall’olio di krill (KO) e estratti da olio di pesce (FO) in confronto al controllo con DMSO da cui si evince sia l’effetto tangibile sulla proliferazione e la maggior concentrazione di olio di krill rispetto all’olio di pesce per avere un analogo effetto antiproliferativo (Jayathilake et al. 2016).

Ma vi sono anche degli aspetti negative legati alla dose e al costo dell’olio di Krill. Per quanto riguarda le dosi, se è vero che l’olio di krill contiene acidi grassi in forma di fosfolipidi di più facile assorbimento, sembra che l’olio di krill contenga meno acidi grassi in senso assoluto rispetto all’olio di pesce (543 mg/3000 mg pari al 18% rispetto a 864mg/1800 mg pari al 48%). Questo comporta una peggiore compliance al paziente che deve consumare una dose maggiore (più capsule o capsule più grosse) di olio di krill rispetto all’olio di pesce (Ulven S.M. et al. 2011) .

Per questo motivo gli acidi grassi estratti dall’olio di krill mostrano, nei vari studi, lo stesso effetto antiproliferativo dell’olio di pesce solo se se ne usa una quantità maggiore e questo è da attribuire alla maggiore concentrazione di EPA in quest’ultimo (Jayathilake et al. 2016).

Inoltre l’olio di krill è 30 volte più costoso dell’olio di pesce (Kwantes JM &

Grundmann O., 2015).

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GLI EPOSSIDI DEGLI ENDOCANNABINOIDI: LA NUOVA

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