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Il SIB, al pari di altre forme contrattuali del tipo “pagamento a fronte di risultati”, in inglese Pay for Results (da cui l’acronimo PfR) o Pay for Success (PfS) negli Stati Uniti, è un meccanismo di finanziamento in cui il rendimento per l’investitore è determinato dagli impatti positivi generati da una certa attività sociale.

IL SIB non è un bond di per sé, quanto più uno strumento finanziario che si avvicina all’equity: la remunerazione del capitale e dell’interesse è contingente rispetto al raggiungimento di un predeterminato risultato sociale, la mancanza del quale osta al ri-ottenimento del capitale e dell’interesse che può di fatto diventare pari a zero e configurarsi come perdita di tutto il capitale investito. Il suo nome deriva quindi dal fatto che gli investitori sono coloro non solo interessati al ritorno economico dell’investimento ma soprattutto al ritorno sociale.

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Figura 2 – SIB, schema di funzionamento classico

Il meccanismo di funzionamento prevede tre attori principali: l’impresa sociale che realizza l’iniziativa, il settore pubblico che ripaga l’investimento e beneficia dei risultati, gli investitori che mettono a disposizione il proprio capitale.

Preliminarmente viene steso un contratto tra la pubblica amministrazione, l’impresa sociale e l’eventuale intermediario che definisce nel dettaglio i risultati da raggiungere nell’ambito del progetto, con documentazione oggettiva attestante tali risultati, i tempi di esecuzione, le modalità di selezione dei partecipanti, le modalità di pagamento e di flusso del denaro. E’ la parte più importante, poiché vengono stese le regole chiare dell’accordo.

In secondo luogo, gli investitori affidano il proprio capitale all’impresa sociale, normalmente nella forma dell’acquisto di alcuni Social Impact Bond, il cui pagamento si basa sulle regole definite nell’accordo descritto in precedenza.

Una volta ottenuto il capitale, l’impresa sociale comincia le proprie attività per raggiungere il risultato di cui all’accordo precedente; il suo processo è costantemente monitorato dall’autorità pubblica in modalità da definirsi a monte del processo. Un quarto attore può essere rappresentato da un intermediario che emette il SIB e svolge il ruolo di promotore del SIB presso la PA e gli altri attori; in alcuni casi, se

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l’intermediario non ha la possibilità di emettere un Bond, si affida ad un ente terzo, una banca, per l’emissione del Bond stesso.

In alcuni casi, se la legislazione nazionale lo permette e il sistema di funzionamento lo consente, è la stessa impresa sociale ad emettere un’obbligazione, ricevendo poi il pagamento da parte dello stato, una parte del quale è necessaria per remunerare gli investitori: in questo tipo di schema, che diverge da quello classico, non è necessaria la presenza di un intermediario.

Un quinto attore è il valutatore: può essere indipendente, ma non è requisito imprescindibile; il suo ruolo è quello di verificare i risultati oggettivi raggiunti dal progetto, per quantificare il risultato sociale e mettere in luce il rispetto o meno del contratto firmato all’inizio del progetto con gli obiettivi prefissati.

A margine dei cinque attori descritti può essere creato uno Steering Commitee o comitato tecnico-scientifico e un gruppo di management: lo Steering Commitee è formato da persone di importante caratura, non coinvolte a livello gestionale nel progetto e ha il compito di sviluppare un set di KPIS per la misurazione dell’impatto, monitorare gli impatti, promuovere la diffusione e l’adozione dello strumento di Social Impact Bond nel paese e internazionalmente; il management group ha invece lo scopo di governare l’implementazione del progetto ed è formato da un project manager, un rappresentante della pubblica amministrazione, un rappresentante degli investitori, un rappresentante dell’impresa sociale, un rappresentante dell’eventuale intermediario.

Al termine di ogni fase del progetto viene dunque effettuata la verifica del risultato conseguito: se non viene raggiunto l’obiettivo minimo, gli investitori perdono il capitale investito; in caso contrario vengono remunerati percentualmente a seconda del risultato raggiunto e di quanto stabilito nell’accordo iniziale. In alcune versioni di SIB gli investitori vengono comunque ripagati del capitale iniziale versato ma, se il progetto non raggiunge gli obiettivi prefissati, non ricevono alcun interesse aggiuntivo: questa prassi viene adottata per non disincentivare gli investitori che potrebbero preferire lidi più sicuri nei quali investire i propri capitali.

L’impresa sociale che eroga il servizio non sostiene costi aggiuntivi, neppure nel caso non ottenga il risultato minimo stabilito, ma è sottoposta a continui controlli da

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parte dell’intermediario o della pubblica autorità, a meno di specifici accordi messi nero su bianco sul contratto iniziale.

Il punto centrale su cui si basa tutto il meccanismo dei SIB è il beneficio per la pubblica amministrazione: il SIB infatti si configura come un risparmio per la PA in un dato settore in cui l’impresa sociale concentra le proprie iniziative; questo risparmio, da quantificare a monte per definire nei dettagli il contratto e l’interesse da remunerare agli investitori, viene incamerato dallo stato che ne utilizza una parte per retribuire il lavoro della social enterprise e gli investitori stessi. Se il risultato viene raggiunto il SIB si configura come un meccanismo win-win: l’impresa sociale realizza un’utile operazione sociale per i beneficiari, che sono sempre il centro del progetto; gli investitori ricevono un interesse proporzionato all’obiettivo raggiunto; lo stato risolve una parte di un problema sociale, risparmiando risorse proprie e restituendo solo una parte del risparmio agli altri attori. Più alto il risultato sociale, più alto il rendimento per l’investitore, più alto il prezzo da pagare per il governo ma allo stesso tempo più alto il risparmio per i minori costi sociali.

In sintesi il SIB permette alla PA di realizzare progetti di innovazione sociale senza assumere eccessivi rischi finanziari; la remunerazione si basa su risultati misurabili: questo favorisce la trasparenza della spesa pubblica e dovrebbe stimolare gli operatori a massimizzare gli sforzi per raggiungere l’obiettivo; infine coinvolge investitori privati anche nel sociale, favorendo un nuovo afflusso di capitali.

Il meccanismo di funzionamento di una tale macchina non è però semplice; ci sono diversi punti su cui porre attenzione perché si possa raggiungere un utile risultato sociale, affiancato da un ritorno economico.

In primis è necessario, da parte di tutti gli attori in gioco, una conoscenza approfondita del contesto e della problematica sociale che si affronta, affidandosi ad imprese del terzo settore con esperienza e affidabilità.

In secondo luogo deve essere identificato in modo chiaro il target di riferimento e lo strumento di misurazione dei risultati con i suoi indicatori; inoltre la Pubblica Amministrazione deve avere la possibilità di calcolare i costi per quel servizio e il risparmio che ne deriva in caso di successo dell’operatore. Non è un sistema semplice, a causa della complessità dei centri di costo della pubblica amministrazione; infatti i settori pubblici che beneficiano del risultato devono essere capaci di dividersi i proventi: se il SIB è pagato dal Ministero A, ma i vantaggi

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sociali sono per l’area di competenza del Ministero B, se non c’è una chiara divisione dei proventi e dei costi, il rischio è quello di bloccare il SIB prima ancora che nasca.

In terzo luogo il fornitore dei servizi, nella versione originale del SIB, non ha conseguenze anche a fronte di un risultato negativo: è importante che venga premiato in base ai risultati ma anche che possa essere sostituito durante il progetto se non sta raggiungendo i risultati sperati. Infatti il rischio non è distribuito in modo equo, tanto che chi investe di più, ha meno potere di controllo; pertanto gli investitori dovranno essere aziende/società con buona capacità finanziaria e difficilmente piccoli investitori privati; infine per sostenere i SIB, nei paesi anglosassoni in alcuni casi sono intervenuti dei fondi di garanzia per proteggere gli investimenti: questo facilita l’afflusso di capitali, diminuendo il rischio per gli investitori.

La situazione italiana merita almeno un breve accenno dato che il nostro paese non favorisce la nascita di uno strumento finanziario come i SIB per alcune peculiarità normative che risultano ostative.

La prima difficoltà è relativa al fatto che lo strumento dei SIB deve essere soggetto alla disciplina degli appalti pubblici, con tutte le complessità del caso; nel caso di un SIB infatti sembra più opportuno affidarsi a imprese sociali di particolare esperienza nel campo oggetto dell’intervento con un affidamento diretto per lo scopo; ma non sembra però possibile escludere la disciplina dell’appalto pubblico, che prevede una gara tra diversi fornitori. L’appalto pubblico di per sé non rende impossibile il SIB, ma rende difficile da costruire una procedura pubblica per uno strumento mai sperimentato prima, con il rischio di non selezionare il partner migliore. È ipotizzabile quindi che, almeno nel primo esperimento, si ricorra ad un’eccezione per la nomina diretta, così come nel primo caso inglese di Peterborough, studiando poi

un meccanismo che rispetti in pieno la disciplina24.

Il secondo problema è di ordine finanziario: secondo le regole contabili della finanza pubblica, la PA deve accantonare una somma per poter remunerare gli investitori in caso di successo. L’accantonamento per diversi esercizi successivi è permesso dalla legge e viene effettuato di norma, ma per la situazione attuale del paese una tale manovra finanziaria può creare problemi anche a causa dei patti di stabilità; è

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Fondazione Cariplo (2013), I Social Impact Bond: la finanza al servizio dell’innovazione sociale? Quaderni dell’Osservatorio N.11, Fondazione Cariplo, Milano

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necessario quindi sperimentare vie nuove, magari ricorrendo all’utilizzo di fondi europei per un progetto speciale come quello dei SIB.

Il terzo problema che si configura è relativo ai costi di gestione e all’investimento in risorse umane: la PA deve investire in risorse umane per far funzionare un sistema così innovativo e non è scontato che voglia investire risorse umane su un progetto di tali dimensioni quando potrebbe semplicemente emettere un bando che vada ad aggredire il problema sociale oggetto del SIB, con inferiori costi di struttura e di gestione.

E’ necessaria dunque una via innovativa per mettere in moto anche in Italia la complessa macchina burocratica dei Social Impact Bond, ma i proclami del Presidente del Consiglio Renzi nel documento la Buona Scuola, che identificano il SIB come strumento potenzialmente utile per contrastare la dispersione scolastica, fanno ben sperare per un primo esperimento a breve.