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Funzione dell'aneddoto della donna in treno

III. PIETRO SPINA IN VINO E PANE

III.10) Funzione dell'aneddoto della donna in treno

«La donna scese dal treno prima di me, ed io continuai per il resto del viaggio a pensare alla grande dignità e potenza della letteratura e all'indegnità della maggior parte degli scrittori, me compreso. Comunque, da quell'incontro data il mio proposito di rileggere Pane e vino con spirito critico.»192

Queste parole di Silone sono riferite ad una «donna anziana [..] vestita e pettinata con molta semplicità» che legge Brot und Wein193 in treno, tratta Zurigo-Lugano, vicino allo

stesso Silone: fortunatamente, si rincuora il nostro autore, non ci sono sue foto in quell'edizione e così la donna non lo riconosce. Lo scrittore ne è sollevato perché vive sulla propria pelle in quell'occasione la «potenza della letteratura»: nel vedere una sconosciuta sfogliare le pagine del suo libro e nello scorgere il punto della narrazione in cui la donna si trova194, Silone finisce per pentirsi di aver scritto quel passo, si rende improvvisamente

conto di essere responsabile nei confronti di quella persona reale e sconosciuta che, «apparentemente impassibile», è immersa nel suo libro e per cui quel libro «può avere un'importanza personale». «Forse non avevo mai sentito, in un modo così preciso e diretto, il privilegio e la responsabilità del mestiere di scrivere, benché, posso dirlo, non fossero sentimenti nuovi per me», chiosa Silone.195

Quest'aneddoto raccontato nell'Introduzione è fondamentale per comprendere il senso dell'esperienza di Pietro Spina, che rinasce a nuova vita nel passaggio da Pane e vino a Vino e pane, proprio dopo una presa di coscienza dell'«indegnità della maggior parte

192 Introduzione a Vino e pane, RS I, pp.199-203 193 Traduzione tedesca di Pane e vino.

194 «un capitolo [..] che mi era costato non poca fatica.» (RS I, p.200)

195 RS I, p.200 (corsivo nostro). Il brano prosegue sul problema della responsabilità: «Mi tornò alla memoria l'imbarazzo in cui mi aveva gettato, un anno prima, la lettera di un operaio italiano, a nome di un gruppo di suoi compagni di lavoro, come lui emigrati in Svizzera. Essi stavano discutendo una certa frase d'un mio libro e, non essendo d'accordo sul modo d'intenderla, aveva deciso di rivolgersi all'autore. Ma io avevo scritto quella frase del tutto distrattamente...» (RS I, p.200-1)

degli scrittori» di fronte alla letteratura: da questa considerazione, quasi divina, della letteratura discende un profondo senso di responsabilità; ma il senso di responsabilità, segnalato nell'Introduzione come motivazione extra-testuale alla base della riscrittura del romanzo, è tutt'uno con quello che sta alla base della ristrutturazione assiologica che coinvolge il percorso psicologico di Pietro Spina. Così come il romanzo è preceduto dall'episodio dell'autore che si vede letto da una donna, l'apparizione del protagonista del romanzo è preceduta dai discorsi del suo vecchio insegnante di materie classiche, don Benedetto, che ne approfitta subito per leggere un brano del tema conclusivo del ginnasio di Pietro agli ex-alunni che sono venuti a trovarlo per il compleanno. Il brano letto da don Benedetto recita così: «“Non vorrei vivere secondo le circostanze, l’ambiente e le convenzioni materiali, ma, senza curarmi delle conseguenze, vorrei vivere e lottare per quello che a me apparirà giusto e vero”»196. Il parallelismo strutturale è evidente: da una

parte Silone 'anticipa' il romanzo vero e proprio attraverso la circostanza di una donna che lo legge, dall'altra don Benedetto ricorda Pietro e, narrativamente, anticipa la sua comparsa attraverso la lettura di un suo vecchio testo. Da entrambi gli episodi emerge un forte sentimento di responsabilità, evocata, nel primo, dalla «potenza della letteratura», strumento da usare con ponderata cautela, e nel secondo dall'affermazione di una volontà di «vivere [..] per quello che a me apparirà giusto e vero» – difficile immaginare un proposito meno oneroso per la coscienza. Questo parallelismo illumina il lettore circa il senso dell'avventura di cui sarà partecipe: il libro che ha in mano, riscrittura di un precedente lavoro, compare nel mondo nello stesso modo in cui Pietro Spina compare nel libro e questa identica modalità trova il suo corrispettivo tematico nella responsabilità. Silone, stando alle sue parole, ci è vicino non tanto perché quella di Pietro è la 'sua' storia, non tanto per l'identificazione col personaggio (cosa piuttosto problematica, come abbiamo visto) quanto perché il suo bisogno di riscrivere Pane e vino nasce dichiaratamente da un

senso di inadeguatezza verso la letteratura e quindi verso di 'noi', lettori di una storia nata «ex abundantia cordis, subito dopo l'occupazione fascista dell'Abissinia e durante i grandi processi di Mosca inscenati da Stalin per distruggere gli ultimi residui dell'opposizione», scritta in uno «stato d'animo [..] più proclive all'enfasi, al sarcasmo, al melodramma che a una pacata narrazione».197

Tuttavia l'Introduzione si conclude concentrandosi sulle motivazioni di tecnica letteraria che hanno portato Silone a rimettere mano al romanzo, motivazioni che tendono a farci leggere l'aneddoto della donna solo in relazione al problema di una riscrittura volta a sfrondare «gli elementi secondari o d'ispirazione contingente» e ad approfondire il «tema fondamentale»; l'episodio però, come abbiamo detto, trova in realtà un preciso parallelismo strutturale all'interno del romanzo nella modalità in cui ci viene presentato Pietro Spina. Questo parallelismo mette subito in diretta relazione il senso dell'avventura narrata con lo scopo del romanzo nel mondo reale: il romanzo si carica, nei nostri riguardi, della stessa responsabilità di cui si sente investito Pietro nei confronti dei personaggi che incontra. Da questo fatto segue che l'alternativa umana, punto focale del nostro studio e incarnata dal protagonista di Vino e pane, non è un fatto esclusivamente intrinseco al romanzo, bensì è una modalità esistenziale pensata per agire nel reale, nel «personale» di chi legge.