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La «cumpania» come alternativa al nichilismo

IV. PIETRO SPINA IN IL SEME SOTTO LA NEVE

IV.3) La «cumpania» come alternativa al nichilismo

In relazione a tutto ciò che abbiamo detto sulla dicotomia tra le due modalità di intendere i rapporti umani ne Il seme sotto la neve, il discorso sulla compagnia diventa fondamentale. Ora Pietro non è più alla ricerca di una verità ma va alla ricerca di persone che siano una conferma della verità da lui conquistata. Nel precedente paragrafo abbiamo mostrato sia la valenza storico-sociale di questo discorso, sia la sua base cristologica, aspetti compresi in quel particolare concetto di 'pazzia'; l'elogio della follia siloniano individua una particolare categoria di uomini diversi, i quali sono uniti da una stessa modalità anticonformista di intendere i rapporti umani: sta qui il valore differenziale. Laddove i rapporti nella vita pubblica sono fondati sul sospetto reciproco e sull'interesse, i nuovi compagni di Pietro, quali sono donna Maria Vincenza, Simone-la-faina, Infante, don Severino, Faustina, tutti personaggi segnati da vite particolari e bollati negativamente tanto dalla società piccolo-borghese quanto dai «cafoni», mettono in atto nel loro rapporto quell'utopia evocata nelle pagine finali di Vino e pane, nell'episodio del funerale di Luigi Murica, in cui tutti i «cafoni» vivono un senso nuovo di comunione delle anime, rese vicine dal puro bisogno di stare insieme.

Questo nuovo sentimento non riguarda solo gli uomini ma investe tutto il mondo circostante, non è quindi solo una modalità di rapporto tra esseri umani ma anche un modo di rapportarsi alle cose con umiltà e rispetto. Dice Pietro a donna Maria Vincenza, parlando del suo soggiorno nella stalla di Sciatàp:

«Ah, come darti, nonna, un’idea di quell’amicizia semplice muta profonda nata così tra noi? D’abitudine io non percepivo d’Infante che il suo lento ampio respirare; ma tra me e gli altri corpi, gli altri oggetti, di quella

caverna (Infante l’asino i sorci la mangiatoia la paglia il basto dell’asino una lanterna rotta) esisteva un’affinità una comunità una fraternità la cui scoperta m’inondò l’animo d’un sentimento nuovo, che forse, nonna, dovrei chiamare pace.»226

E dopo aver precisato che non si tratta né di una «romantica esaltazione», né di una «suggestione delle mie idee, delle mie preferenze politiche», aggiunge:

«Forse neppure la parola amicizia è la più giusta a indicare il genere di rapporti che si stabilirono tra me e le altre cose di quel rifugio; ecco, sarebbe più esatto dire che mi sentivo in compagnia, in buona fidata compagnia, che avevo insomma trovato dei compagni. Compagnia fu anche la prima nuova parola che Infante imparò da me.»227

Torneremo in seguito sull'importante ruolo anche metaletterario della figura d'Infante: per ora ci interessa far notare come si trovi in questo passo quel sentimento di «comunità», di «fraternità», con le cose e con l'uomo, quella sorta di panismo tutto siloniano, quantomai lontano dall'esaltazione dannunziana, che si esprime in un bisogno appagato di «affinità» con i semplici elementi naturali, una condizione che richiama molto da vicino quella già vissuta nella stalla di Cardile in Vino e pane, in cui Pietro avvertiva se stesso «Neppure come un oggetto centrale o fondamentale, rispetto agli altri, ma come un oggetto concreto e limitato: un prodotto della terra.»228 Il concetto di compagnia siloniano

si riempie anche di quest'accezione naturalistica e, anzi, si può dire che la differenza tra elemento naturale e elemento umano viene quasi a scomparire.

La contrapposizione, che abbiamo visto essere alla base della tensione del romanzo, tra mondo della vita pubblica e alternativa umana, acquista inoltre nuova profondità se messa in risonanza con delle pagine di Uscita di sicurezza che vanno sotto il titolo, non a caso, di La scelta dei compagni229, pagine necessarie per avere una giusta comprensione

della vicenda raccontata in Il seme sotto la neve. Il discorso sulla compagnia si riempie qui di problematiche filosofiche, storiche, politiche e letterarie: queste pagine si aprono con

226 RS I, p.725 227 RS I, p.726

228 Vino e pane, RS I, p.245

una riflessione sui concetti di decadenza e nichilismo nietzscheani, letti come categorie interpretative del «senso di smarrimento, di noia, di disgusto, prodotte dal nostro tempo», espressi tanto dai «libri di Heidegger, di Jaspers, di Sartre», quanto dai «suicidi di Essenin, di Majakovskij, di Ernst Toller, di Kurt Tucholsky, di Stefan Zweig, di Klaus Mann, di Drieu La Rochelle, di F. O. Matthiessen, di Cesare Pavese e di altri meno noti»:

Nel suo aspetto morale più comune, nichilismo è l'identificazione del bene, del giusto, del vero col proprio interesse. Nichilista è la diffusa intima convinzione che dietro tutte le fedi e dottrine in fondo non ci sia nulla di reale, e pertanto, in definitiva, solo importi e conti il successo. Nichilista è il sacrificarsi per una causa alla quale non si crede, facendo finta di crederci. Nichilista è l'esaltazione del coraggio e dell'eroismo, indipendentemente dalla causa a cui servono, equiparando così il sicario al martire. La stessa libertà può essere nichilista, la libertà che non sia al servizio della vita e si tramuta in schiavitù, agitandosi per nulla, nel suicidio e nel delitto, come taluni eroi di Dostoevskij. E così via.230

Queste definizioni di 'nichilismo' si ritrovano costantemente nei rapporti umani che caratterizzano la società piccolo borghese de Il seme sotto la neve, seppur trattati con ironia e gusto del farsesco. I passi da portare sarebbero molti. Si guardi, ad esempio, la spiegazione del narratore riguardo la partecipazione numerosa al banchetto in onore della vittoria di Calabasce contro don Bastiano nella questione degli appalti per la costruzione di un ponte:

In tutta la contrada la notizia ha suscitato una profonda impressione; e benché il disprezzo verso Calabasce sia generale, nessuno degli invitati ha osato rifiutare l'invito al banchetto che deve festeggiare la sua vittoria.231

O la descrizione dell'atmosfera prima dell'arrivo di De Paolis:

[..] c'era stata tra gli ospiti una discussione piuttosto acida se bisognasse o no aprire le finestre per rinnovare l'aria viziata da due bracieri e dai toscani. La discussione non ha approdato a nulla, ognuno ha detto la sua per sfogare il fiele che l'amareggiava, e alla fine non ci si è capito un' acca.232

Ma gli esempi sarebbero numerosissimi: Silone in queste scene che descrivono i rapporti di società piccolo borghesi, inserisce continuamente tutti quegli elementi nichilistici indicati in La scelta dei compagni, quali «l'identificazione del bene con il

230 Uscita di sicurezza, RS II, p.877 231 RS I, p.850

proprio interesse», la «convinzione che dietro le fedi e le dottrine non vi sia nulla di reale, che conti solo il successo», «l'esaltazione del coraggio e dell'eroismo indipendentemente dalla causa a cui servono, con la conseguente equiparazione del sicario al martire». A tal proposito è esemplare il dialogo tra don Michele e don Achille, nei riguardi di De Paolis, il quale ostenta sicurezza in virtù della sua 'eroica' uccisione di un socialista una decina di anni addietro:

«Se invece di sprecare i soldi di casa e di sgobbare all'università per quello straccio di laurea, avessimo anche noi ammazzato un socialista» sospira don Michele. «Ma non ci pensammo.»

«Fu un'imprevidenza grave» ammette don Achille. «Adesso purtroppo è tardi e siamo vecchi.»

«Non sarebbe mica tardi» corregge don Michele. «Per l'eroismo non è mai tardi. Ma, francamente, a chi sparare? Qui non c'è lotta politica, siamo in un paese ridicolmente arretrato. Avevamo un pazzo e ce lo siamo lasciato scappare.»233

Acquista notevole profondità l'ironia con cui Silone investe queste scene, in quanto si rivela essere un mezzo per denigrare il nichilismo di fondo che coinvolge la società e che è alla base, secondo quanto dice in Uscita di sicurezza, del senso di malessere caratteristico del mondo intellettuale occidentale nella prima metà del novecento.

La scelta dei compagni, poi, prosegue andando ad indagare le conseguenze storiche

di una tale condizione esistenziale:

La grande guerra rivelò semplicemente la fragilità dei miti progressivi sui quali poggiava la civiltà capitalistica. Anche nei paesi vincitori le vecchie istituzioni traballavano per le dure prove subite, e sembravano impalcature marce. Da esse lo scetticismo e la corruzione scendevano fino alle basi sociali.234

Poi i Fascismi, ulteriore conferma di nichilismo:

[..] la dittatura rafforzò bensì gli antichi strumenti di coercizione e ne creò degli altri, ma non creò, né poteva creare, un nuovo ordine morale e produsse anzi, col suo clima di retorica, di paure e di servilismo, un aggravamento e un'esasperazione della generale decadenza morale.235

Per concludere:

233 RS I, p.856 234 RS II, p.878 235 Ibid.

La rappresentazione che di questa situazione dell'uomo di oggi ci ha dato la letteratura postnietzscheana ed esistenzialista è a tutti nota. Essa si riduce a questo: ogni legame tra l'esistenza e l'essenza dell'uomo è rotto; l'esistenza è priva di ogni significato che la sorpassi; l'umano si riduce alla mera vitalità.236

Come si vede da queste citazioni, la problematica è per Silone decisamente ampia: certamente tutti questi aspetti non sono trattati analiticamente nel romanzo, ma vengono rappresentati drammaticamente nell'ottica di una dimensione quotidiana, per fornire al lettore un'alternativa esemplare attraverso la vicenda di Pietro e dei suoi compagni. Tuttavia il parallelismo intertestuale con Uscita di sicurezza ci dimostra che il polo negativo della dialettica alla base del romanzo ha una sua notevole profondità, riferendosi per Silone al grande problema culturale del nichilismo novecentesco:

Come uscirne? Io non vedo che una via di liberazione: esplorare coraggiosamente l'intera superficie. Anche se l'impresa è irta di rischi, questa superficie non è affatto incommensurabile; e chiunque vi si avventuri con assoluta lealtà intellettuale e cuore sano, non dovrebbe mancare, presto o tardi, di raggiungere il suo limite. Là gli si presenterà bruscamente il baratro del suicidio oppure riscoprirà un qualche valido senso dell'umano. Non è un'ipotesi astratta, dato che ad alcuni è capitato proprio questo, e non si tratta di esempi da poco.237

La soluzione di Silone è questa, perseverare nella ricerca, «esplorare l'intera superficie», che significa non arrendersi alla disfatta culturale del nichilismo, del vuoto di senso, ma tenacemente creare un'alternativa umana proprio laddove l'umano viene schiacciato e annientato dal meccanismo. Ne Il seme sotto la neve e in tutti gli altri romanzi del nostro autore c'è questa proposta di alternativa umana.

236 RS II, p.879 237 RS II, p.880