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Il senso del travestimento

III. PIETRO SPINA IN VINO E PANE

III.2) Il senso del travestimento

A questo punto avviene la prima importante svolta del nostro protagonista che, dietro suggerimento del ritrovato amico Nunzio, accetterà di travestirsi da prete per sfuggire alle autorità, in una scena magistrale per l'ironia con cui è trattata, ironia densa di contenuti problematici99. Andiamo ora ad approfondire il senso di questa trovata narrativa: tra le

intenzioni originarie del romanzo, come abbiamo detto, c'è quella di parlare della riscoperta di mai dimenticati valori cristiani, cioè, come spiega in Uscita di sicurezza, quella «riscoperta dell'eredità cristiana nel fermento di liberazione della società contemporanea» considerata «come il nostro profitto spirituale più importante»100.

Consapevole del fatto che una tale ristrutturazione concettuale coinvolge l'individuo nel suo complesso, egli riesce a rendere narrativamente la profondità di questa trasformazione c o n l'escamotage letterario del travestimento. Secondo la modalità sperimentata in

Fontamara, il fingersi qualcun altro diviene occasione per una scelta esistenziale radicale.

99 È Nunzio stesso a pronunciare la 'formula rituale': «Questi indumenti [..] provengono dalle primitive religioni dei misteri, dei sacerdoti di Iside e di Serapide, come anche tu sai. Essi furono adottati nella Chiesa cattolica dalle prime comunità monastiche che cercarono di salvare i valori cristiani dalla contaminazione mondana per assicurare, a una minoranza vivente fuori della società e in opposizione alla società, le virtù carismatiche essenziali. Così i riti sopravvivono alle epoche nelle quali nascono e passano da una religione all’altra, da una società all’altra. Ora, ecco che tu, uomo iniziato ai nuovi misteri rivoluzionari, ai misteri della materia in rivolta, vesti gli stessi neri indumenti che da migliaia di anni sono simboli di sacrificio e di ispirazione soprannaturale.» (RS I, p.257) Il tono della cerimonia di vestizione risulta decisamente comico se si pensa alla riluttanza che il protagonista prova inizialmente contro l'indumento ecclesiastico e tuttavia vi sono, nell'ironia, alcune affermazioni che, a posteriori, risultano piuttosto pesanti, come il riferimento alla «minoranza vivente fuori dalla società e in opposizione alla società», che sarà un tema cardine dei romanzi successivi a Vino e pane, e l'accenno al «sacrificio», che effettivamente si compirà al termine del romanzo (e che già s'era compiuto in Fontamara), anche se non a danno di Pietro.

100 La situazione degli ex (1942), in Uscita di sicurezza, RS II, p.869-70. La relazione col romanzo è palesata subito dopo: «Penso che questo traspaia anche da Pane e Vino e dal Seme sotto la neve.». Ma si veda anche La narrativa e il «sottosuolo» meridionale: «la riscoperta dell'eredità cristiana nella crisi sociale del tempo presente resta l'acquisto più importante della nostra coscienza negli ultimi anni» (in La

narrativa meridionale, “Quaderni di prospettive meridionali”, n.1-2, Roma, 1956, p.22.) Più avanti

Berardo dichiara alla polizia fascista di essere lo Sconosciuto e in quel gesto è la dimostrazione della riscoperta della sua vocazione umanitaria originaria che lo porta alla comprensione di «essere il primo cafone che non muore per sé, ma per gli altri». Parallelamente a Berardo, anche Pietro Spina si finge qualcun altro: indossa i panni di un prete per sfuggire alla polizia. È l'unica maniera per non essere riconosciuto secondo Nunzio: in questo modo il protagonista è narrativamente costretto a compiere un azione che sarà gravida di conseguenze, infatti è 'solamente' per rendere la farsa più credibile che Nunzio fornisce a Pietro, divenuto nel frattempo don Paolo Spada, una raccolta di libri religiosi101 ed è, quindi, un caso (o forse il destino, ma caso e destino sono categorie

difficilmente applicabili alla necessità dello sviluppo narrativo di un romanzo) che questi libri di argomento religioso, sfogliati in un primo momento con sguardo distratto, finiscano per attrarre irresistibilmente Pietro che vi rimane attaccato «ogni sera finché gli occhi vi resistevano»102. In questo modo Silone tesse un intreccio perfettamente funzionale non solo

a rendere un messaggio di rinascita morale, ma anche a restituire la profondità che una tale ristrutturazione concettuale comporta, riuscendo a mantenersi lontano da qualsiasi dogmatismo e a rimanere dentro la viva realtà umana. La metamorfosi di Pietro Spina che, da rivoluzionario devoto al partito, scopre una maniera di essere 'alternativi' più profonda e metastorica103, trova un preciso corrispettivo narrativo nel suo travestimento da prete che

gli offre la possibilità di letture cristiane che lo rimettono in contatto con valori che credeva superati, ma in cui scopre una nuova vitalità104. In questo modo il lettore è chiamato dentro

il romanzo tanto dal fluido meccanismo letterario quanto dalla profondità dei temi messi in gioco attraverso questo meccanismo.

101 Per quanto don Benedetto ci abbia già rivelato che al ginnasio Pietro già «divorava vite di santi.» (RS I, p.227)

102 Vino e pane, RS I, p.279

103 Sul carattere metastorico della “coscienza”, considerata come il punto centrale della riflessione siloniana, insiste Alfonsi, nel suo Ignazio Silone o la ricerca del permanente, Catanzaro : Carello Editore, 1991 104 Si veda quello che Pietro scrive a Nunzio: «Ti ringrazio particolarmente per le letture. [..] Che

impressioni strane e allucinanti. Mi pare di aver ritrovato il filo di una vita precedente.» (RS II, p.279, corsivo nostro)

Il travestimento diviene significativo anche in un senso più generale, quando si pensa al fatto che proprio “contro la messinscena dello spettacolo universale delle finzioni” è diretta “la ribellione continua di tutti gli eroi siloniani”105. In questo caso però è proprio il

travestimento (quindi una finzione) lo strumento necessario per questa “ribellione”: la finzione diventa paradossalmente il mezzo per combattere la finzione e questo è possibile perché, ovviamente, si tratta di finzioni diametralmente opposte; da una parte il fascismo, movimento dalla «natura tragico-carnevalesca», nella cui epoca «fu inaugurata una vita pubblica ostentatrice di sentimenti eroici senza profonde radici nelle coscienze, e ne risultò un’espressione rumorosa e gesticolante di passioni ambigue o finte o superficiali»106;

dall'altra il travestimento come escamotage per non essere catturati (Pietro Spina) o il fingersi un ricercato per affermare la propria superiorità morale (Berardo di Fontamara). Sono finzioni dal senso completamente opposto: il primo tipo è oppressivo, funzionale al potere e all'istituzione; il secondo tipo invece risulta sempre epifanico (Pietro scopre una nuova attualità del messaggio cristiano, Berardo si riconnette al suo destino), è un'occasione di crescita morale per il personaggio che finge. Anche in questo Silone risulta essere più profondo di quello che potrebbe sembrare: da un lato la semplicità dell'espediente letterario del travestimento o del fingersi qualcun altro, dall'altro l'atmosfera farsesca che spesso investe le scene della vita pubblica e istituzionale dell'epoca107, si

nutrono chiaramente di riflessioni sulla necessità menzognera del potere108.

La finzione è tuttavia un grosso problema per un uomo come Pietro Spina, campione

105 L. FASCIATI, L'unico libro di Ignazio Silone, «Cenobio», n.4, Ottobre-Dicembre 1996, Vezia (Svizzera), p.324

106 Uscita di sicurezza, RS II p.878

107 Tra i tanti esempi che si possono prendere, ne scegliamo uno che funziona particolarmente perché si tratta a tutti gli effetti di una farsa, ovverosia di un gioco tra bambini, una lotta tra il «partito nazionale» e il «nemico ereditario» (che cambia di continuo nonostante questo fantomatico carattere ereditario) in cui, di riflesso, si legge tutto il carnevalesco del sentimento patriottico fascista: «“Gli inglesi non si battono per terra, ma in acqua” disse il prete. I ragazzi decisero di battersi nel ruscello. Don Paolo seguì le vicende della zuffa dalla finestra. Il nuovo nemico ereditario fu rapidamente battuto; però anche il partito nazionale uscì dalla lotta inzuppato fradicio.” (RS I, p.284)

108 Com'è stato fatto notare, questo atteggiamento è simile all'ultimo Pasolini, ma laddove Pasolini è mosso da una “nostalgia per il passato pre industriale” (G. B. Squarotti, L'utopia come vita, suppl. «Oggi e Domani», anno XVIII, n.6, Giugno 1990, ora in Riepiloghi per Silone, Consiglio Regionale dell’Abruzzo,

dell'onestà intellettuale e morale: la farsa gli crea imbarazzo fin da subito, quando, arrivato all'albergo Girasole a Fossa dei Marsi, viene portato al capezzale di Bianchina.

Rivista di Cultura Oggi e Domani, Pescara : Ediars, 1998, p.162), Silone è tutto rivolto al futuro, a trovare nuovi modi, alternativi al movimento comunista, per tirarsi fuori da quella pervasiva «decadenza nichilista annunziata da Nietzsche» (Uscita di sicurezza, RS II p.885).