. In una delle pagine più acute che siano state scritte, nelle riflessioni della modernità sull’Antigone sofoclea, Martha Nus- sbaum riunisce i due personaggi antagonisti, Antigone e Creonte, sotto il comune denominatore del rifiuto dell’eros:
Né Creonte né Antigone [...] sono esseri appassionati o animati dall’amore per qualcosa. Nessun dio, nessun essere umano sfug- ge al potere dell’eros, sostiene il coro (vv. 787-790), ma questi due strani esseri inumani, apparentemente, ci riescono. Creonte vede le persone amate in funzione del bene della città, per pro- durre cittadini equivalenti l’uno all’altro. Per Antigone i cari so- no morti o servi dei morti oppure oggetti assolutamente indiffe- renti. Nessun essere vivente è amato per le sue qualità persona- li, amato con l’amore che Emone prova e che Ismene loda. Alte- rando le loro convinzioni sulla natura e sul valore delle persone i due protagonisti hanno, all’apparenza, alterato o ricostruito le passioni umane. In questo modo essi conquistano l’armonia, ma i costi sono altissimi.
Non una sola parola di Antigone, in tutta la tragedia di Sofocle, esprime amore per l’uomo, Emone, che sposo le era destinato e che pure contrasta alla sua morte fino al punto di morire con lei (ma sarebbe forse meglio dire, morire su di lei ormai morta, ché la differenza non è di poco conto, giacché la duplice morte non segna certo un vicendevole legame infrangibile). Erroneamente
m. c. nUssBaUm, The Fragility of Goodness. Luck and Ethics in Greek Tragedy and Philosophy, Cambridge, At the University Press, 986 (edi-
zione italiana a cura di G. Zanetti, trad. it. di M. Scattola: La fragilità del
bene. Fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca, Bologna, Il
06 Lungo i sentieri del tragico Antigone innamorata, fra Barocco e Classicismo... 07
l’immaginario moderno proietta su questa morte l’ombra di al- tre morti, come quella di Romeo su Giulietta creduta morta, o di Giulietta sul morto Romeo, coppia di amanti perfetti in senso mo- derno. Antigone lamenta soltanto di morire a[klaustoı, a[filoı, ajjnumevnaioı («incompianta, senza amici, senza nozze», Sofocle, 876) e di «essere condotta viva da Ade che tutto addormenta alla riva di Acheronte, non partecipe delle nozze nè celebrata da alcun canto nuziale» (Sofocle, 80-86). Ma il suo lamento è il lamen- to di chi si sente privata di quella pienezza di vita che nel matri- monio si sarebbe realizzata, non è certo il rimpianto per una vi- cenda d’innamoramento incompiuta.
Forse le parole che meglio esprimono l’autentica dimensione sentimentale di Antigone, in Sofocle, sono nella scena iniziale con Ismene, quando la prima illustra alla sorella timorosa la sua scelta esistenziale che è qui, senza dubbio, scelta di morte:
Fa quello che ti pare. Io lo seppellirò, e in quest’azione sarà bello morire. Io cara a lui, con lui che mi è caro, giacerò, avendo com- piuto questo santo delitto, perché è più il tempo che io debbo pia- cere a quelli di laggiù, che a questi di quassù. Laggiù infatti gia- cerò, sempre (Sofocle, 7-76).
Non solo, peraltro, di scelta di morte si tratta, ma della consapevo- lezza di appartenere da lungo tempo al regno dei morti («l’anima mia da tempo è morta, in modo che può giovare soltanto ai morti», Sofocle, 559-560)
Di Antigone, in Sofocle, viene sottolineata la durezza, la rigi- dità di carattere (to; ghvnnhma wjmovn), anche se poi sulla bocca
della fanciulla viene posta un’affermazione di amore: «certamente
La scelta di morte è rivendicata da Antigone come discriminante il pro-
prio ethos rispetto a quello di coloro che scelgono la vita («Tu hai scelto di vivere, io di morire», Sofocle, 555). Ed è il procedere verso la morte di Antigone che caratterizza lo svolgimento della tragedia sofoclea (cfr. il primo kommos: Sofocle, 806-88).
Cfr. Sofocle, 471-472: «appare l’indole rigida della fanciulla, figlia di un
rigido padre: essa non sa cedere di fronte alle sciagure».
non per ricambiare l’odio (sunevcqein), ma per corrispondere all’amore (sumfile~i) io sono nata» (Sofocle, 5). Tuttavia, que- st’amore non è l’eros che scuote i sensi, l’eros lusimelhvı dei lirici4, è quella filiva che già il primo traduttore francese dell’An-
tigone (54), Calvy de La Fontaine, cristianizza in charité5. Non
è neppure l’amore per lo sposo, bensì è l’amore che costruisce un nesso vicendevole all’interno del ghenos. Non per nulla il rapporto amoroso evocato da Antigone – rapporto funerario, peraltro, che ha per quadro soltanto la «sotterranea dimora perpetua» (Sofocle, 89-89) – è quello che la lega ai consanguinei defunti «il maggior numero dei quali, essendo periti, Persefone ha accolto nel regno dei morti» (Sofocle, 89-894)6. E fra questi consanguinei, privile-
giato nella scelta d’amore è il fratello, privilegiato sullo sposo e sui figli, invero non per uno slancio sentimentale, bensì per un calcolo razionale che apparteneva a una visione tradizionale della fami- glia, come già attestava un aneddoto narrato da Erodoto7. Anche
4 Cfr. saffo, fr. 7 Diehl: «Amore che scioglie le membra».
5 Cfr. calvyde la fontaine, L’Antigone de Sophoclés, 86-868, edizio-
ne a cura di M. Mastroianni, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 000, p. 43: «Troys poinctz y a qui ont faict allumer / le mien desir affin de l’inhumer: / [...] amour pour second poinct, / car nul ne fault hayr, à ce m’espoinct» (questo passo corrisponde al citato Sofocle, 5), ove per certo l’amour ha la connotazione della caritas cristiana: come è eviden- te anche nell’introduzione da parte di Calvy del termine charité, in una rielaborazione (o sostituzione interpretativa) di Sofocle, 45-46: «Esti- moys tu que la severité / de ton edict vainquist ma charité? / Estimoys tu que tell’ peine passive / vainquist la joye en tous biens excessive / que j’esperoys? Car telle mort souffrant / plus grand plaisir venoit à moy s’offrant» (Calvy, 755-760). Sull’introduzione della nozione di charité nelle version francesi dell’Antigone, cfr. m. mastroianni, Le «Antigo-
ni» sofoclee del Cinquecento francese, Firenze, Olschki, 004, pp. 4-
45.
6 Cfr. Sofocle, 897-899: «Arrivata tuttavia laggiù, nutro fortemente fra le
mie speranze di giungere almeno cara a mio padre e gradita a te, o madre mia, e cara a te, o amato capo di mio fratello».
7 È la storia della moglie di Intaferne (herod., III, 9). Cfr. Sofocle, 90-
08 Lungo i sentieri del tragico Antigone innamorata, fra Barocco e Classicismo... 09
se proprio questo conclamato legame preferenziale per il fratello offrirà alle riscritture moderne, a partire dal Rinascimento, spunti emozionali, che, nella contemporaneità, si amplieranno e appro- fondiranno in letture psicanalitiche della fabula.
Nel terzo stasimo della tragedia (Sofocle, 78-805) il coro scioglie un breve canto a Eros, alla forza invincibile di amore (“Erwı ajnivkate mavkan, Sofocle, 78)8. Vengono evocati alcuni
dei topoi ricorrenti nella poesia classica greca e latina: ubiquità dell’amore, universalità di un potere violento che concerne indif- ferentemente divinità, uomini e animali e a cui nessuno e niente può resistere, follia di chi è in preda all’innamoramento. Questo potere è visto negativamente, come forza che conduce a rovina. In particolare, il coro, riflettendo su quanto sta avvenendo nell’An-
tigone, deplora che la passione amorosa induca gli uomini a vio-
lare le leggi e possa spingere anche i giusti a commettere ingiusti- zia. Non traspare minimamente un atteggiamento di simpatia per Emone ed Antigone, in quanto coppia in qualche modo vicende- volmente legata (perlomeno da una promessa che dovrebbe con- cretizzarsi in una realizzazione sponsale), anzi dal testo risulta disgusto e condanna per una situazione di disobbedienza e di vio-
queste ricompense! Eppure io ti ho onorato secondo il modo di vede- re dei benpensanti. Infatti, né s’io fossi stata mai madre di figli, né se lo sposo mio, morto, si fosse disfatto, io non mi sarei mai assunta siffatta fatica contrastando le leggi della città. In omaggio a quale legge dunque dico queste cose? Ebbene, io potrei avere un altro sposo, se fosse morto il precedente, e un altro figlio da un altro uomo, se avessi perduto il pri- mo, ma essendo mia madre e mio padre nascosti nell’Ade, non vi è alcun fratello che possa nascere mai più».
8 Diverse sono le interpretazioni che la critica ha offerto di questo stasi-
mo: cfr. almeno k. von fritz, Haimons Liebe zu Antigone, «Philolo-
gus», 89 (94), pp. 9-4; l. castiglioni, [Eroı ajnivkate mavcan, in
aa. vv., Convivium. Beiträge zur Altertumswissensschaft K. Ziegler...
zum 70. Geburtstag, Stuttgart, A. Druckenmüller, 954, pp. -; e le
note del commento di Müller (g. müller, Sophokles. Antigone, erläu-
tert und mit einer Einleitung versehen, Heidelberg, Carl Winter, 967,
pp. 40-47).
lazione delle leggi9.
Se un’unica volta in tutta la tragedia ad Emone viene rivolta una parola di tenerezza – l’appellativo fivltatoı, «carissimo» (Sofocle, 57) –, questa parola è posta sulla bocca di Ismene0, la
sola peraltro a fare riferimento positivo alle eventuali nozze della sorella col figlio di Creonte, là dove afferma che per Emone nes- sun’altra scelta matrimoniale sarebbe bene assortita come quella di Antigone (Sofocle, 570). Quanto ad Emone, se di lui viene detto che è «forse afflitto per la sorte dell’imminente sua sposa Antigone e angosciato per la delusa speranza delle nozze» (Sofocle, 67- 60), anche in questo caso non è chiaro se si debba collegare tale delusione (ajpavth) a quella «brama amorosa (i{meroı) che è negli occhi di una sposa desiderabile» (Sofocle, 795-797).
Ben diversa, dunque, è l’icona che l’antichità ha tramandato del personaggio di Antigone, da quella riproposta a cominciare dal Rinascimento. Quella classica è l’icona che verrà fissata in modo definitivo da Euripide nelle sue Fenicie (vv. 489-490), là dove, con formula significativa, Antigone si autodefinisce bavkca nekuvwn, la «baccante dei morti»: immagine, questa, che accoppia la sfrenatezza, quindi la mancanza di moderazione e disciplina – mancanza di swfrosuvnh –, con l’appartenenza al mondo funera- rio. Sfrenatezza, però, che non è mai la sfrenatezza dell’eros.
. Il Rinascimento, invece, quello francese soprattutto, a par- tire da testi che si pongono come traduzioni dell’originale greco
9 Cfr. m. mastroianni, Le «Antigoni» sofoclee ecc. cit., pp. 69-89. 0 Mentre la tradizione manoscritta attribuisce la battuta del v. 57 («Emo-
ne carissimo, quanto poco conto di te tiene tuo padre!») ad Ismene, vari editori (a partire dall’editio princeps aldina del 50 e da quella di Tur- nèbe del 55) la spostano sulla bocca di Antigone: ma non se ne vede la ragione, a meno di voler fare esprimere alla protagonista un sentimento nei confronti di Emone che in nessun’altra parte della tragedia si mani- festa.
Cfr. r. stUrel, Essai sur les traductions du théâtre grec en français avant 1550, «Revue d’Histoire Littéraire de la France», (avril-juin
0 Lungo i sentieri del tragico Antigone innamorata, fra Barocco e Classicismo...
– ma non vi è traduzione, interpretatio, umanistica che non sia in qualche modo rielaborazione, se non altro per un continuo slitta- mento di senso a livello lessicale – opera una reductio alla moder- nità e costruisce progressivamente un’Antigone diversa, o meglio sull’Antigone classica sovrappone elementi nuovi appartenenti eminentemente al campo dell’innamoramento, che rientrano in una delle tipologie più diffuse del teatro tragico dal Cinquecento in poi, quella degli infortunez amans. E tale operazione continuerà nella drammaturgia del Seicento.
I primi rifacimenti francesi dell’Antigone sofoclea, quello di Calvy de La Fontaine (54) e quello di Jean-Antoine de Baïf
(57), si presentano come traduzioni, ma sono segnati da forti
slittamenti di senso – sul piano del lessico, ma anche su quello del- l’immaginario – anzitutto nella direzione di una cristianizzazione4,
scandita da alcuni concetti quali charité, piété, péché, mondanité,
abuz, vanité, biens eternelz, biens de terre basse, ecc. Il linguag-
gio scritturale (si pensi al concetto biblico di timor Domini, qui di
crainte de Dieu) si fonde con il linguaggio derivato dai trattati di
ascetica (quelli de contemptu mundi, per esempio). Tutto il discorso
coUrt, Étude sur les traductions des tragiques grecs et latins en France
depuis la Renaissance, Bruxelles, M. Lamertin, 95; l. de nardis, Gli
occhiali di Scaramuccia, Palermo, Palumbo, 9, pp. 9- e 4-56;
cfr. anche supra, pp. -57: L’ «interpretatio» dei cori nei primi volga-
rizzamenti francesi di tragedie greche; d. cecchetti, Thomas Sébillet e
la traduzione: i testi proemiali dell’«Iphigéne d’Euripide», in aa. vv.,
Il progetto e la scrittura / Le projet et l’écriture, a cura di F. Bruera, A.
Emina, A.P. Mossetto, Roma, Bulzoni, 007, pp. 9-55.
L’Antigone de Sophoclés, cit. La recente edizione è la prima: il testo era
conservato nel ms. Soissons, B.M. 0 (89 A).
Antigone, in Euvres en rime de Ian Antoine de Baïf, t. II, Paris, Lucas
Breyer, 57. Un’edizione recente, con introduzione di S. Maser, si tro- va in La tragédie à l’époque d’Henri II et Charles IX. Vol. V: 1573-
1575, dir. par E. Balmas et M. Dassonville, Paris-Firenze, P.U.F.-Ols-
chki, 99, pp. -69.
4 Sulla cristianizzazione del testo dell’Antigone nel Cinquecento francese,
cfr. m. mastroianni, Le «Antigoni» sofoclee ecc., cit., pp. -75 (cap. II:
Antigone cristiana).
sofocleo sull’osservanza delle «leggi non scritte e immutabili, fissate dagli dei» (Sofocle, 454-455) viene trascritto (o meglio, interpretato) alla luce del neotestamentario «obedire oportet Deo magis quam hominibus»5.
Ma questa, che caratterizza a livello di linguaggio ciò che altrove ho definito reductio ad sanctitatem di Antigone6, si accompagna
ad un’altra reductio, quella alla vicenda amorosa, che progressiva- mente ha sempre più peso, fino a fare del personaggio un’eroina fortemente connotata a livello sentimentale7. Basta considerare la
versione del citato coro “Erwı ajnivkate mavkan in Calvy e in Baïf. In Calvy l’impulso amoroso è riferito non solo ad Emone come in Sofocle, ma anche ad Antigone («Ce qui appert, helas, en Antigone, / qui aujourd’huy attaincte de tes dardz / a myeulx aimé suivre tes estandartz / et obeir à Venus et à toy [scil. Amour] / qu’au roy Creon et sa derniere loy, / dont il convient que la mort elle souffre»8). In
Baïf non è Antigone, come non lo era in Sofocle, il personaggio che subisce l’impulso dell’eros: l’attenzione viene concentrata su Emone preda di Amore invincibile («Car, manifestement, ta forte ardeur / du fils de notre Roi contraint le coeur / d’aimer, jusqu’à la mort, sa fiancée. / O invincible Amour, tu es vainqueur, / te jouant, à ton gré, de sa pensée»9). Viene meno, però, il riferimento sofocleo all’eros
che induce a infrangere le leggi e, soprattutto, manca l’attestazione di un rapporto di valore fra passione e legge. Baïf, invece, crea il nesso amore/morte nell’evocazione di una coppia in cui l’amante è fedele fino alla morte («aimer, jusqu’à la mort, sa fiancée»).
5 Cfr. Act., 5, 9. Su questa commistione di linguaggi cfr. anche supra,
pp. 59-0: Il genere tragico come luogo del sincretismo rinascimenta-
le. L’«Antigone» di Robert Garnier.
6 Cfr. m. mastroianni, Le «Antigoni» sofoclee ecc., cit., p. 6.
7 Non dobbiamo scordare che questo processo di reductio alla moderni-
tà del testo classico ha anche a monte le attualizzazioni – o piuttosto le letture anacronistiche – della tradizione medievale: quella, per esempio, dei romans antiques del XII secolo. Cfr. a. Petit, L’anachronisme dans
les romans antiques du XIIe siècle, Paris, Champion, 00.
8 Ed. cit., 456-46, pp. 64-65. 9 Ed. S. Maser cit., 895-899, p. 48.
Lungo i sentieri del tragico Antigone innamorata, fra Barocco e Classicismo...
Sarà la prima pièce originale francese – non più traduzione o rifacimento – consacrata al personaggio di Antigone, Antigone, ou
La Pieté0 di Robert Garnier (580), a orientare definitivamente la
fabula nella direzione di una tragedia che è anche tragedia d’affetti
e di passione amorosa, secondo un’impostazione che ritroveremo una sessantina d’anni più tardi, nel 69, in un’altra pièce, origi- nale ma con forti richiami alla tragedia di Garnier, l’Antigone di Rotrou. Questa svolta decisiva, concernente disegno e interpre-
tazione del personaggio, è caratterizzata peraltro dal venir meno della centralità di Sofocle quale modello, a favore di altre fonti che incominciano ad assumere nella seconda metà del Cinque- cento un’importanza ben più grande quale fornitura di materiale classico per la produzione tragica. Per quanto riguarda la grecità, Euripide si impone come riferimento assoluto, mentre Sofocle, cui appartengono le due prime tragedie greche tradotte in francese,
scompare in Francia dal panorama della drammaturgia cinque- secentesca: solo Edipo re avrà una certa fortuna nel Seicento, e
non per l’esemplarità che gli attribuisce la Poetica di Aristotele,
0 Paris, M. Patisson, 580. Edizione moderna di riferimento: r. garnier, Antigone, ou La Pieté, éd. crit. établie, présentée et annotée par J.-D.
Beaudin, Paris, Champion, 997 (sigla: G).
Paris, Antoine de Sommaville, 69: la prima rappresentazione dovreb-
be risalire al 67. Edizione moderna di riferimento: J. de rotroU, An-
tigone, texte établi et présenté par B. Louvat, in id., Théâtre complet: 2.
Hercule mourant – Antigone – Iphigénie, sous la direction de G. Fores-
tier, Paris, STFM, 999, pp. 6-4 (sigla: Ro).
57: lazarede Baïf, Tragedie de Sophoclés intitulee Electra (Paris,
Estienne, Roffet); 54: calvyde la fontaine, L’Antigone de Sopho-
clés (cit.).
Oltre all’Œdipe di Corneille (659), abbiamo un Edipe di Jean Prévost,
pubblicato nel 64 (cfr. J. Prévost, Edipe. Tragédie, a cura di S. San-
drone, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 00), e un Edipe di Tallemant de Réaux, composto in data imprecisata prima o dopo la pièce di Cor- neille e rimasto manoscritto nel Seicento (cfr. tallemant de réaUx,
Edipe, a cura di N. Fiordaliso, Pescara, Libreria dell’Università, 970).
Abbiamo notizia di un perduto Edipe di Nicolas de Sainte-Marthe, ami- co di Jean Prévost, composto anch’esso intorno al 64.
ma per l’esistenza di un Œdipus di Seneca, autore la cui fortuna non viene meno, e che continua ad essere saccheggiato anche da quegli autori che vogliono far credere di attingere alle fonti gre- che. Per la tragedia, infatti, le fonti latine hanno grandissimo peso: Seneca, evidentemente, da cui deriva il fenomeno portante della drammaturgia manierista e barocca, il senechismo appunto4, ma
anche testi dell’epica, Virgilio, ad esempio, e per le tragedie che si rifanno al mito tebano il fortunatissimo Stazio, senza contare, per altri miti, la presenza dei Metamorphoseon libri ovidiani, e nel Seicento, sempre di Ovidio, la presenza delle Heroides. Un reper- torio, infine, di notizie e spunti per gli autori di tragedie, offrono gli storici antichi e i mitografi.
Le due tragedie su Antigone, che concernono il nostro discorso, sdoppiano e raddoppiano la trama, facendo confluire nella fabula fonti diverse, come lo stesso Garnier si premura di segnalare nel suo Argument, ove vengono menzionati Eschilo, Sofocle, Euripide, Seneca e Stazio5. Segnalazione peraltro frutto di vanteria, perché
Eschilo è certamente ignorato dal testo di Garnier e ad Euripide vi sono solo pochi riferimenti sicuri, mentre in filigrana ritroviamo le Phoenissae di Seneca e la Thebais di Stazio nella prima parte, l’Antigone sofoclea nella seconda. Quanto al testo di Rotrou, le due fonti principali sono l’Antigone di Garnier e la Thebais di Stazio: anche la pièce di Sofocle è letta attraverso Garnier (o attraverso il volgarizzamento italiano di Luigi Alamanni, del 5, fortuna- tissimo in Francia6). La rete di intertestualità è complessa ed è
stata con chiarezza e precisione evidenziata da Bénédicte Louvat nella sua edizione della tragedia di Rotrou7.
4 Cfr. Les tragédies de Sénéque et le théâtre de la Renaissance, par J. Jac-
quot, Paris, CNRS, 964.
5 Cfr. G, pp. 60-6: «Ce subjet est traitté diversement, par Eschyle en la
Tragedie intitulee Des sept Capitaines à Thebes, par Sophocle en l’Anti- gone, par Euripide aux Phenisses, et par Seneque et Stace en leurs The- baides».
6 Cfr. J. morel, Le Mythe d’Antigone, de Garnier à Racine, in id., Agréa- bles mensonges, Paris, Klincksieck, 99, pp. 6-67.
4 Lungo i sentieri del tragico Antigone innamorata, fra Barocco e Classicismo... 5
Dal moltiplicarsi delle fonti, prende forma un racconto delle vicende di Antigone che non si limita a narrarne l’esito finale della vita, quando essa disobbedisce a Creonte e affronta la morte pur di rendere gli onori funebri al fratello Polinice, ma ne ricostruisce la storia a partire dalla guerra dei Sette contro Tebe e dallo scontro fratricida di Eteocle e Polinice, disegnando i rapporti dell’eroina con il padre, con la madre, con i fratelli, con il promesso sposo.
GARNIER
Atto I: Édipe e Antigone si con- frontano. Malgrado le rimostranze della figlia, che non vuole abban- donarlo, Édipe decide di andarsene, solo, e di attendere la morte in una natura solitaria («Je me veux repo- ser en cet antre cavé / dans ces hor- ribles monts tristement enclavé», G, 9-9).
ROTROU