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Il gas naturale è un combustibile fossile costituito da una miscela di idrocarburi la cui quota principale è rappresentata dal metano (CH4) la più breve e leggera tra le molecole appartenenti al gruppo degli idrocarburi, ma in esso sono spesso presenti anche butano, propano, etano, pentano, oltre che anidride carbonica, azoto ed elio.

Sotto il profilo geologico il gas naturale è la fase gassosa del petrolio. Esso,così come gli altri idrocarburi, deriva dalla decomposizione anaerobica di materiale organico ed è rinvenibile prevalentemente negli strati superiori della crosta terrestre. Sono rari i giacimenti costituiti esclusivamente da gas naturale (metano unito a vapori di idrocarburi condensabili o ancor più raramente metano quasi puro), più spesso il gas naturale si ritrova in associazione con il petrolio, disciolto o intrappolato in sacche o tasche superficiali (gas di copertura).

Il gas naturale è giudicato, allo stato attuale, il migliore tra i combustibili fossili; esso è molto versatile, può essere impiegato con facilità sia nell’industria che per usi domestici, sia per la produzione di energia elettrica che per il riscaldamento o, cosa ancora più interessante, per l’autotrazione.

Il gas presente nel sottosuolo terrestre è la più sostenibile tra le fonti fossili, le sue emissioni si limitano a vapore acqueo, tracce di ossido di azoto (solo ad alte temperature) e anidride carbonica, tra l’altro in misura inferiore rispetto agli altri combustibili fossili; è stato stimato, infatti, che le emissioni di biossido di carbonio provenienti dalla combustione del gas naturale sono più basse del 25-30% rispetto al petrolio e del 40-50% con riferimento al carbone114.

In natura il gas è inodore e incolore, ma mentre se destinato agli usi industriali non viene trattato, se destinato a usi domestici, a causa della sua elevata esplosività, viene addizionato con sostanze che gli conferiscano un odore molto forte, ciò al fine di renderne immediatamente percepibili, mediante l’olfatto, eventuali fughe ed evitare in tal modo il rischio connesso al suo utilizzo.

Esso non è normalmente tossico, sebbene talvolta possa essere contaminato da solfuro di idrogeno o mercurio, in tal caso tali sostanze devono essere rimosse prima di qualsiasi utilizzo del gas. Il gas naturale è conosciuto fin da tempi remoti, una delle testimonianze giunte fino a noi è contenuta in un testo cinese del 347 a.C. dello storico Chang Qu, in cui è descritta con minuzia di particolari la possibilità di illuminare gli ambienti mediante l’uso di una sostanza detta “aria di fuoco” che sembra fuoriuscisse spontaneamente da una sorgente rinvenibile in aperta campagna.115 In tempi più recenti Alessandro Volta, nel 1776, descrisse le proprietà del “gas delle paludi”116. Fino agli anni ’50 del secolo scorso, il gas naturale non era commercialmente ritenuto una valida alternativa al petrolio, poiché il prezzo di quest’ultimo era particolarmente basso, mentre lo sfruttamento del gas comportava elevati costi legati alle difficoltà di trasporto e distribuzione;

114 Sacco M. (a cura di), Alla scoperta dell’energia, Napoli, Regione Campania, Il Tamburo di latta, 2008. 115 Per approfondimenti si consulti il sito internet Energialab.it, all’indirizzo:

http://www.energialab.it/downloads/Schede/gasnaturale.pdf (accesso 02-10-09). 116 Per approfondimenti si consulti il sito internet Biografieonline.it, all’indirizzo:

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accadeva, quindi, che il gas derivante dalle perforazioni petrolifere non veniva recuperato, bensì lasciato fuoriuscire nell’atmosfera o bruciato in pozzi.117

L’estrazione del gas richiede un’attività di perforazione, effettuata con speciali trivelle in grado di raggiungere profondità a volte molto rilevanti. Dai luoghi di produzione, che sono per usualmente molto lontani da quelli di consumo, il gas naturale viaggia mediante metanodotti, cioè attraverso condutture fisse che possono estendersi per migliaia di chilometri o, dopo aver subito un processo di liquefazione, per mezzo di navi cisterna. La liquefazione avviene portando il gas alla temperatura di -260°F(equivalenti a circa -162°C) alla pressione di 1 atmosfera e dà luogo al gas naturale liquefatto detto comunemente (LNG).

Tra gli impatti ambientali derivanti dall’utilizzo del gas, oltre alla produzione di gas serra, già menzionata, bisogna considerare proprio le attività legate all’estrazione e al trasporto del gas. Esse risultano essere le principali responsabili delle esternalità negative derivanti dall’utilizzo di tale fonte energetica; si pensi, a tale riguardo, all’inquinamento provocato dai lunghi viaggi delle gasiere118,oppure, agli enormi cali di pressione generati nel sottosuolo dall’estrazione di gas (così come da quella di petrolio), che possono determinare fenomeni di subsidenza, la qualcosa può avere influenze nefaste sull’intero ecosistema.

Negli ultimi anni, l’impennata del prezzo del greggio e una crescente sensibilità ambientale hanno fatto conquistare al gas naturale un ruolo crescente nel panorama energetico mondiale e favorito la progressiva diffusione di tecnologie gas-oriented in tutti i segmenti di utilizzo. Il riferimento va, per il passato, al riscaldamento autonomo nel settore civile, alla cogenerazione119 industriale e ai processi da forno nell’ambito degli usi produttivi; per quanto riguarda il periodo attuale, si pensi all’espansione della tecnologia del ciclo combinato per la generazione elettrica120 che rappresenta il comparto cui si attribuisce la quasi totalità della variazione di consumo atteso.

PRODUZIONE DI GAS NATURALE

Nel mondo, il primato della produzione di gas naturale è detenuto da Russia e Stati Uniti che coprono rispettivamente quote pari al 19,6% (601,7 miliardi di metri cubi, equivalenti, dal punto di vista energetico, a 541,5 milioni di tonnellate di petrolio) e al 19,3% (582,2 miliardi di metri cubi, 533 Mtep) dell’offerta globale, ma mentre la Russia nel corso del 2008 ha incrementato la produzione di solo l’1,4% rispetto all’anno precedente, gli USA hanno intensificato l’offerta di ben il 7,5%.

I paesi che, più di tutti, hanno potenziato l’estrazione di gas, nell’arco del 2008, sono stati l’Azerbaijan (+50%), il Brasile (+22.4%) e il Qatar(+20.9%), sebbene non siano realtà che contribuiscano significativamente all’offerta globale di gas naturale; infatti, le prime due nazioni

117 Sacco M (a cura di), 2008, op.cit. 118 Le navi utilizzate per il trasporto del gas.

119 Produzione congiunta (in uno stesso impianto) di energia elettrica e di calore, che consente un cospicuo risparmio energetico rispetto alle produzioni separate.

120 Tecnologia per la produzione di energia elettrica da combustibili in forma gassosa, che si fonda sull’impiego congiunto della tecnologia che utilizza una turbina a gas con quella che sfrutta una turbina a vapore. Gli impianti a ciclo combinato permettono un utilizzo molto efficiente del combustibile e, contemporaneamente, offrono la possibilità di contenere l’impatto ambientale in termini di emissioni inquinanti.

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menzionate producono solo lo 0,5% del gas esistente (rispettivamente14,7 e 13,9 miliardi di metri cubi), mentre il Quatar ne estrae il 2,5% (76,6 miliardi di metri cubi).

Per quanto riguarda l’Unione Europea, la produzione ha subito, nel 2008, un incremento dell’1,2% giungendo a toccare, con 190,3 miliardi di metri cubi di gas (171,3 Mtep), quota 6,2% rispetto all’offerta globale.

I paesi appartenenti alla Comunità europea la cui produzione di gas è più elevata sono il Regno Unito e i Paesi Bassi che offrono sul mercato rispettivamente 69,6 miliardi di metri cubi (62,6Mtep) e 67,5 miliardi di metri cubi (60,8Mtep), nell’ordine il 2,3% e il 2,2% della produzione mondiale.

Attualmente in Italia la penetrazione del gas sul bilancio energetico primario è superiore a un terzo del totale (36,5%)121. Il Paese dispone di risorse di gas naturale che hanno svolto una funzione importante nei decenni passati. L’attuale produzione nazionale è, tuttavia, nel complesso abbastanza modesta rispetto a una richiesta che è in persistente incremento, la qual cosa determina una conseguente costante crescita del livello di dipendenza dall’estero della nazione.

Nel 2008, l’Italia ha estratto dal sottosuolo 8,4 miliardi di tonnellate di metri cubi di gas ( 7,5 Mtep) corrispondenti allo 0,3% dell’offerta globale e si è assistito a un decremento del 6,1% rispetto all’anno precedente.

CONSUMO DI GAS NATURALE

Attualmente, poco più del 24% del fabbisogno mondiale di energia primaria è soddisfatto dal gas naturale, che sembra costituisca una delle fonte energetiche primarie destinate ad avere gli sviluppi più interessanti nei prossimi decenni. Si prevede, al riguardo, che nel 2025 le quantità di gas consumate raggiungeranno circa 5 trilioni di metri cubi122, quasi il doppio dei consumi registrati nel 2002. Ciò potrebbe rendere difficile in futuro l’approvvigionamento, sia per la scarsità delle riserve accertate, sia per la loro concentrazione in aree poco stabili del pianeta.

Nel 2008 i consumi globali di gas naturale sono stati poco più di 3 trilioni di metri cubi, paria a 2726,1 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, in crescita del 2,5% rispetto al 2007.

Gli Stati Uniti, detengono il primato con il 22% dei consumi mondiali, in crescita dello 0,6% rispetto all’anno precedente.

La Russia, avendone cospicui giacimenti, ne ha utilizzato 420,2 miliardi di metri cubi, nel 2008, paria al 13,9% del consumo mondiale, sebbene con un calo dell’1,6% rispetto ai consumi dell’anno precedente, andamento in linea con le tendenze recessive del periodo.

121 Terna, Dati Statistici sull’energia elettrica in Italia, Dati generali, Terna, 2008. Disponibile on line all’indirizzo:

http://www.terna.it/LinkClick.aspx?fileticket=98C9%2FExTsKU%3D&tabid=418&mid=2501 (accesso: 03-10-09). 122 Enel, Gas. Una crescita inarrestabile, Enel 2009.

Disponibile on line all’indirizzo:

http://www.prontoenel.net/attivita_en/ambiente/gas/index.asp?WAREF=http%3A//www.prontoenel.net/attivita/ambie nte/gas/ (accesso 08-10-09).

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I paesi dell’Unione Europea nel loro complesso, consumano molto più gas naturale di quanto ne producano, nel corso del 2008, la richiesta è stata pari a 490,1 miliardi di metri cubi (441,1 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), corrispondente al 16,2% della domanda planetaria123 con un divario di 10 punti percentuali rispetto alla produzione (6,2% del totale)124.

Nel caso dell’Italia, il picco della domanda, nell’arco degli ultimi dieci anni, si è toccato nel 2005 con 79,1 miliardi di metri cubi di gas consumato, per poi calare nel 2006 (77,4 miliardi di metri cubi), crescere leggermente nel 2007 (77,8 miliardi di metri cubi) e calare, nuovamente, seppure di poco, nel 2008 (il decremento registrato è stato pari allo 0,4% rispetto all’anno precedente), anno in cui il consumo di gas del paese si è attestato a 77,7miliardi di metri cubi (69,9 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), quantità che rappresenta il 2,6% dei consumi mondiali.

RISERVE DI GAS NATURALE

Più della metà delle riserve accertate di gas naturale sono concentrate in soli tre Paesi: Russia (23,4%), Iran (16%) e Qatar (13,8%). Agli attuali tassi di sfruttamento, si stima che in Russia saranno sufficienti per i prossimi 72 anni, mentre nelle altre due nazioni si esauriranno in un arco di tempo superiore ad un secolo.

Anche il Turkmenistan, con il 4,3% rispetto al dato globale, possiede riserve utili a soddisfarne il fabbisogno per più di cento anni.

Tutti insieme, i Paesi dell’ ex Unione Sovietica possiedono il 30,8% delle riserve, destinate a durare in media, secondo le previsioni, circa 71,8 anni.

La regione Nord americana, comprendente Stati Uniti, Canada e Messico, possiede, invece, una quota abbastanza esigua di riserve di gas naturale (4,8% del totale) e, stando ai calcoli, agli attuali livelli di produzione e consumo si esauriranno tra poco più di un decennio (figure 2.7, 2.8 e 2.9). L’Unione Europea dispone di una quota ancor più esigua di riserve, solo 2,87 trilioni di metri cubi di gas naturale(1,6% del gas totale esistente) 125, ma a causa dei diversi livelli di sfruttamento rispetto a quelli presenti nell’area Nord americana, sembra che siano destinate a durare qualche anno in più, secondo le stime effettuate, giungeranno a esaurimento tra poco più di un quindicennio.

Tra tutte, la situazione peggiore risulta essere quella della Danimarca che possiede una quota di riserve inferiore allo 0,05 % di quella globale e, agli attuali tassi di sfruttamento, esaurirà il gas posseduto nell’arco di cinque anni e mezzo. In una situazione simile a quella danese si trova lo Stato mediorientale del Bahrain, per il quale si prevede lo svuotamento dei giacimenti esistenti nell’arco di poco più di sei anni.

Nell’ambito della Comunità Europea le nazioni più ricche sotto il profilo delle riserve di gas naturale risultano essere : i Paesi Bassi, con lo 0,8% delle riserve globali e prosciugamento dei giacimenti previsto tra 20,6 anni; la Romania, con una percentuale delle riserve sul totale mondiale

123 BP- Bitish Petroleum (a cura di), 2009, op. cit., p.27. 124 Ivi, p.24.

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pari allo 0,3% e il probabile depauperamento completo dei depositi di gas presenti nel sottosuolo nell’arco di 54,6 anni; la Polonia, il cui sottosuolo custodisce lo 0,1% del gas esistente sulla Terra, destinato ad esaurirsi tra poco più di 27 anni.

Anche Italia e Germania sono dotate dello 0,1% delle riserve mondiali, corrispondenti a 0,12 trilioni di metri cubi, ma esse, secondo le previsioni, sono destinate a finire tra poco più di nove anni in Germania e tra poco più di quattordici anni in Italia.

Figura 2.7: Riserve provate di gas naturale alla fine del 2008

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Figura 2.8: Distribuzione delle riserve provate di gas naturale nel 1988, 1998 e 2008

Fonte: Bp Statistical Review of World Energy, June 2009, p.23

Figura 2.9 : Stima della durata delle riserve di gas naturale nelle diverse regioni del mondo

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PREZZI DEL GAS NATURALE126

I dati storici, relativi al periodo 1985-2008, riguardanti i prezzi medi del gas naturale nell’ambito dell’Unione Europea mostrano che il picco si è toccato proprio nell’ultimo anno considerato. Nel 2008, infatti, la quotazione del gas sul mercato europeo è stata di 12,61 dollari per ogni milione di Btu127, con un incremento del 41,2% rispetto al 2007 ed è più che triplicata rispetto al 1985.

Il valore più basso del prezzo del gas naturale si è registrato nel 1999 allorquando il gas è stato quotato a 1,80 dollari per milione di Btu.

IL CARBONE

Il termine carbone deriva dal vocabolo latino carbo (all’ ablativo “carbone”), a sua volta derivante dal greco karpho (καρφω) , che vuol dire “rendere asciutto, arido”. La radice indoeuropea car corrisponde al significato di ardere.

Con l’espressione “carbone naturale” o “carbone fossile” si indica una roccia sedimentaria nera o bruna costituita da resti vegetali, più o meno completamente fossilizzati in seguito a un processo, detto di carbonizzazione che consiste, inizialmente, nella fermentazione in ambiente anaerobico delle masse vegetali e, successivamente, nella trasformazione di queste in seguito all’intervento determinante di fattori fisici quali pressione e temperatura. Durante la carbonizzazione la cellulosa, sostanza formata da carbonio, idrogeno e ossigeno, di cui sono composti in massima parte i tessuti vegetali, perde l’ossigeno e l’idrogeno e si trasforma in carbone. Tutto ciò avviene in maniera lentissima nell’arco di millenni.

Il carbone è composto prevalentemente da carbonio e idrocarburi, ma in esso sono presenti anche altri elementi e composti, alcuni a base di zolfo. Esso presenta la proprietà di combinarsi con l’ossigeno atmosferico con reazione fortemente esotermica (produzione di calore).

L’era geologica nel corso della quale si è verificata la più intensa carbonizzazione, si colloca tra i 350 e i 270 milioni di anni fa e, dal fenomeno descritto, ha preso il nome di Carbonifero.

In base allo stadio di carbonizzazione raggiunto, si distinguono diverse tipologie di carboni fossili, caratterizzati da particolari proprietà fisiche e chimiche che hanno notevole rilevanza ai fini della loro utilizzazione pratica. I più noti sono la torba, la lignite, il litantrace (il “carbone” per antonomasia) e l’antracite (la varietà qualitativamente più pregiata) (tabella 2.5).

La torba è la forma più recente di carbone fossile, di colore bruno, aspetto spugnoso e contenente notevoli quantità di acqua, tanto che può raggiungere un tasso di umidità del 75%. Essa è costituita

126 Ivi, p.31.

127 Btu sta per British thermal unit. Un Btu equivale a 0,252 Kcal o anche a 1.055 KJ.

Un trilione di Btu, con riferimento al gas naturale, è pari a 0,028 miliardi di metri cubi e a 0,025 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio.

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da una massa più o meno compatta di resti vegetali con prevalenza di piante palustri e lacustri. Le torbiere sono diffuse principalmente nei paesi a clima temperato e freddo.128

La lignite include vari tipi di carbone fossile, alcuni più simili alla torba, altri al litantrace. Presenta tracce visibili delle materie prime vegetali ed è di formazione relativamente recente. Contiene spesso accentuate percentuali di zolfo, ha umidità superiore al 21%, è igroscopica e a contatto con l’aria tende facilmente a polverizzarsi e a liberare materie volatili. È di difficile stoccaggio e trasporto, perché presenta elevati rischi di combustione.

Il litantrace sub-bituminoso è un carbone naturale, di aspetto nero e legnoso, che viene impiegato principalmente per la produzione di vapore nelle centrali elettriche. Esso si polverizza abbastanza lentamente a contatto con l’aria e bruciando genera notevoli quantità di fumo.

Il litantrace bituminoso è il carbone più comunemente utilizzato nel commercio internazionale per la produzione di energia elettrica. È dotato di un livello di umidità inferiore al 21% e contiene dal 14% a oltre il 40% di sostanze volatili. Nel bruciare produce fumo e si decompone facilmente se esposto all’aria.

L’antracite è la tipologia di carbone più nobile. Essa ha un aspetto nero, compatto e lucido. Possiede una percentuale di materie volatili inferiore al 10% e una elevata percentuale di carbonio. Non contiene umidità e ha un potere calorifico superiore rispetto a tutti gli altri tipi di carbone. L’antracite non dà coke129 e viene di preferenza utilizzata direttamente come combustibile.

Per completezza di informazione, bisogna aggiungere che esistono molte altre tipologie di carboni fossili di uso e d’interesse industriale più ristretto, quali: gli scisti carboniosi, la dopplerite, i noduli calcareo carboniosi e così via.

Tabella 2.5 : Proprietà chimiche e fisiche (composizione) dei principali carboni fossili

Carbonio % Idrogeno % Ossigeno % Azoto % Zolfo % Potere calorifico kcal/kg Torba 55 - 60 5,5 - 6,5 30 - 40 1 - 1,5 0,2 3.000 - 4.500 Lignite 60 - 70 5 - 6 20 - 30 0,5 - 1,5 1 - 4 4.000 - 6.200 Lintrace 75 - 90 4,5 - 5,5 5 - 15 0,5 - 1,5 0,5 - 3,5 6.800 - 9.000 Antracite 90 - 95 2 - 3 2 - 3 0,1 - 0,5 0,5 - 2 8.000 - 8.500 Fonte: Enel130 128

Per approfondimenti si consulti internet all’indirizzo: http://www.carbonepulito.it/carbone/?p=15 (accesso: 20-09-09).

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Il coke è un residuo solido derivante dalla carbonizzazione del carbone. Essa si ottiene portando, in assenza di aria, ad alte temperature (tra gli 800 e i 1100°C) un carbone adatto (carbone da coke o metallurgico) per un arco di tempo compreso tra 14 e 20 ore; il processo estrae tutte le sostanze volatili che possono essere utilizzate come gas. La distillazione a secco del carbon fossile, accompagnata dalla raccolta di gas e prodotti liquidi organici diversi, è stata impiegata moltissimo, negli anni scorsi, per fornire materie prime all’ industria chimica. Il coke è, solitamente, utilizzato nell’industria metallurgica per produrre ghisa.

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Il carbone fossile è stato usato come combustibile fin dalla preistoria. Numerose testimonianze archeologiche ne confermano l’utilizzo sin dall’Età del Bronzo, ma è a partire dal secolo XIX che si verificato il suo sfruttamento su vasta scala; esso è stato, infatti, il motore della rivoluzione industriale.

Le tecniche di esplorazione si fondano sul carotaggio di campioni di terreno a varie profondità e sulla loro successiva analisi. L’estrazione, invece, può essere eseguita mediante speciali trivelle, se il combustibile si trova in miniere poste a grandi profondità nel sottosuolo; in caso contrario, se il giacimento è situato in prossimità della superficie terrestre, vengono create miniere a cielo aperto e il carbone viene estratto mediante l’ausilio di enormi macchine escavatrici. A proposito delle miniere è bene sottolineare che, per quanto riguarda quelle a cielo aperto, esse hanno un forte impatto sul paesaggio circostante; per quanto riguarda quelle situate nel sottosuolo, esse raggiungono solitamente profondità superiori ai 200 metri e sono costituite da cunicoli polverosi nei quali le temperature raggiungono i trenta gradi centigradi, in tali condizioni, anche utilizzando le tecnologie minerarie più moderne, resta elevato il rischio di incidenti131 e la salute dei minatori è costantemente minacciata da malattie polmonari, la più tipica delle quali è la silicosi.

Dal carbone è possibile estrarre, per raffinazione, altri tipi di combustibili che presentino quali vantaggi rendimenti più elevati e maggiore trasportabilità. Le tecnologie utilizzate a tal fine sono la liquefazione e la gassificazione.

La liquefazione permette di trasformare il carbone, attraverso complessi procedimenti, in combustibili liquidi quali benzina o gasolio.

Il processo Fischer-Tropsch permette di sintetizzare in maniera indiretta idrocarburi liquidi; tale tecnologia è stata spesso utilizzata in paesi politicamente isolati, aventi difficoltà ad acquistare greggio sui mercati mondiali; il processo Fischer-Tropsch fu utilizzato per molti anni in Sud africa e in Germania nel periodo nazista.

La liquefazione del carbone si può ottenere anche in maniera diretta attraverso il cosiddetto processo Bergius (liquefazione attraverso idrogenazione); anche tale metodologia fu utilizzata prevalentemente in Germania, nei periodi dei conflitti bellici mondiali.

Il carbone può essere reso liquido anche mediante un processo detto di carbonizzazione a bassa temperatura o anche LTC (low temperature carbonization), ideato da Lewis Kerrick, negli anni ’20, negli USA. Si trasforma inizialmente il carbone in coke, portandolo a temperature tra i 450°C e i 700°C, invece degli 800°C-1100°C del coke utilizzato solitamente nell’industria metallurgica.