Nel 1581, in occasione dell’elezione del generale Acquaviva, pur senza diritto di voto come da regolamento, era stato inviato a Roma in veste di procuratore dei collegi sardi anche il p. Valpedrosa.
Successivamente la questione della costituzione della provincia di Sardegna entrò nel vivo in occasione della convocazione della Congregazione generale straordinaria del 1593, congregazione in cui l’ordine si trovò a dibattere temi di grande rilievo per la sua vita: la questione dei discendenti da christianos nuevos dentro l’ordine, quella dei memorialisti, il legame con la corona di Spagna con riflessi che andavano ben oltre i confini interni alla Compagnia.190
Nella corrispondenza da e per l’isola emerge chiaramente che attorno ai lavori della congregazione, a margine degli importanti temi che in essa si dibatterono, si affrontarono anche le vicende e il futuro delle fondazioni isolane. In quella occasione si palesarono non solo le intenzioni del centro romano, ma anche alcune tensioni interne alle comunità isolane, gli effetti del difettoso funzionamento della comunicazione all’interno dell’ordine e l’emergere di presunti interessi esterni alla Compagnia che interferirono nella concessione dello statuto di provincia indipendente.
Tutto ebbe inizio nella primavera di quell’anno quando si svolsero nell’isola le operazioni per designare il procuratore dei collegi da inviare a Roma. In una lettera del mese di maggio il p. Garrucho informò il generale che con i voti dei professi di Sassari (i padri Franch, De Filippis, Pischedda e Lupino) il p. vice-provinciale Olivencia era stato incaricato come procuratore per la Sardegna.191 Il p. Garrucho precisava inoltre di non voler contestare questa decisione visto che il p. Olivencia difendeva la sua elezione riferendosi al canone della III Congregazione generale, che non escludeva il vice-provinciale dall’elezione a procuratore. Pur riconoscendo il rispetto della procedura formale Garrucho proponeva però al generale alcuni dubbi. In primo luogo faceva presente che l’elezione non aveva accontentato tutti, poiché affidando questo ruolo al vice- provinciale si rischiava che alcune problematiche legate al suo modo di governo non sarebbero emerse in maniera chiara. Secondariamente proponeva che in futuro si pensasse di affidare l’elezione del procuratore non ai soli professi presenti a Sassari, ma a tutti quelli presenti nell’isola, per dare voce alle esigenze di tutte le comunità e per avere una decisione più condivisa. Qualche mese dopo lo stesso Garrucho, inviò un’altra lettera a Roma annunciando un cambiamento di programma: il p. Filippo de Filippis avrebbe sostituito il p. Olivencia come procuratore dei collegi alla Congregazione generale.192 La notizia arrivò a Roma senza ulteriori spiegazioni rispetto quanto deciso nel mese di maggio. Le vicende che portarono a questa svolta nelle questioni isolane rimangono ignote. L’unico commento del gesuita riguarda ancora una volta la valutazione del neo procuratore ritenuto anche lui poco adatto a rappresentare nel complesso gli interessi dei collegi e a presentare in modo attendibile la situazione delle comunità isolane. Giunto da troppo poco tempo nell’isola ed avendo risieduto solo al collegio di Sassari non è ritenuto pienamente informato della situazione di tutte le fondazioni: rimaneva quindi il pericolo che a Roma arrivasse un’immagine del contesto sardo diversa dalla realtà.193 Sebbene il neo procuratore avesse trascorso negli anni ’70 un
190
La Quinta Congregazione generale si svolse dal 3 novembre 1593 al 18 gennaio 1594. Sul clima che portò alla convocazione straordinaria della Congregazione generale prima della morte del generale si veda: A. ASTRAIN,
Historia de la Compañia de Jesús en la Asistencia..., cit., vol. III, pp. 505-531; 554-605; T. EGIDO (coord), Los Jesuitas en España..., cit., pp. 82-88; J. J. LOZANO, La Compañia de Jesús..., cit., pp. 98-117.
191
ARSI, SARD. 16, 137-139v. Cagliari, 13 maggio 1593. Juan Garrucho ad Acquaviva.
192
ARSI, SARD. 16, 143-144v. Cagliari, 18 agosto 1593. Juan Garrucho ad Acquaviva.
193
Il p. Filippo de Filippis era calabrese, aveva fatto il suo ingresso nella Compagnia nel 1561, era professo dei 4 voti dal 1579. Aveva compiuto studi di filosofia e teologia ed era stato rettore, predicatore nelle missioni, insegnante di teologia e humanitates. I cataloghi del collegio di Sassari attestano la sua presenza nell’isola fin dal 1568. Si trovava
lungo periodo di permanenza nell’isola aveva poi operato altrove fino a dopo il 1592, e per questo veniva ritenuto inadatto. Oltre che sull’inesperienza di De Filippis il padre sardo si esprimeva anche sul comportamento del vice-provinciale Olivencia, ritenuto uomo autoritario e poco affezionato al luogo in cui stava, mostrando chiaramente che il clima all’interno dei collegi non era dei più sereni. Immediatamente dopo la sua elezione a procuratore, il p. De Filippis fece redigere al segretario, il p. Pischedda, una relazione per il generale con le richieste dei collegi sardi. In quella stessa occasione descrisse le vicende della sua elezione. Si viene così a sapere che, per motivi non noti, fu lo stesso Olivencia a convocare a Cagliari per la seconda volta, tutti i consultori e i professi dei 4 voti per una nuova elezione del procuratore, così come previsto da un canone della Terza Congregazione generale. Anche questa elezione avvenne all’interno di un quadro formale di procedure che vennero rispettate. In occasione di questa assemblea vennero anche formulate una serie di richieste per il generale tra cui quella di concedere alla Sardegna di essere una provincia indipendente.
Il documento redatto dal Pischedda era destinato ad essere presentato ai padri riuniti nei lavori della Congregazione generale straordinaria a Roma.194 Non è chiaro in che data questo avvenne ma nel febbraio del 1594, presso la curia generalizia a congregazione conclusa, veniva preparata la risposta alle richieste del procuratore di Sardegna. Sulla questione dell’istituzione della provincia indipendente la cancelleria della curia Generalizia fu molto chiara e sintetica: Placet ut sit
provincia, sit qu[a]e ut hactenus fuit sub hispaniae Assistentia.195
A leggere questo documento nel febbraio di quell’anno, il centro dell’ordine dette il suo benestare alla costituzione della provincia di Sardegna, restando comunque sotto l’assistenza di Spagna. La corrispondenza che nei mesi successivi partiva dall’isola mostra che i padri isolani parlano spesso di “provincia”, di “provinciale”, usando in maniera molto chiara questi termini e confermando, almeno in apparenza, la ricezione della decisione romana.196 Questo rientrerebbe nella normalità se non fosse che da quella stessa corrispondenza emerge ben altro scenario e al contempo bisogna sottolineare che tale decisione anticiperebbe di tre anni l’istituzione della provincia di Sardegna che si fa in genere risalire al 1597.
Le stranezze di questa vicenda vengono chiarite dallo stesso procuratore De Filippis che racconta al suo ritorno nell’isola (avvenuto il 2 di maggio del 1594), di essersi reso conto che i padri lì presenti, ma anche molti esterni all’ordine, davano per acquisita l’istituzione della provincia
nell’isola ininterrottamente dal 1570 al 1574. É incerto dove abbia trascorso gli anni tra il 1574 e il 1591 anche a causa dell’assenza dei cataloghi per questi anni. Si sa di sicuro che non si trovava più a Sassari nel 1584 e neanche nel 1591 e 1592. Ricompare nei cataloghi del 1594 e del 1596. Con la nascita ufficiale della provincia sembra aver cambiato definitivamente sede.
194
ARSI, CONGR. 45, 7-10. Pro patre nostro & Congregationi Generali Acta seu Memoriae Viceprovincialae
Sardiniae 1593. Alla carta 8 c'è firma di Pischedda.
195
ARSI, CONGR. 45, 11-14. Responsa ad ea quae Procurator Sardiniae proposuit data p.° februarii 1594.
196
ARSI, SARD. 16, 163-164. Sassari, 10 maggio 1594. Olivencia ad Acquaviva [por que veo que ningun
estrangero quiere venyr a esta provincia] e ARSI, SARD. 16. 199-199v. Iglesias, 12 dicembre 1594. Figus ad
Acquaviva [He querido hazer esta a V. P. y representar a V. P. lo que se offrece desta provincia]. L’occorrenza del termine “provincia” riferito alla Sardegna si riscontra però già a partire dall’inizio del 1593 quando il progetto di una provincia a sé stante era ben lungi dall’essere realizzato (ARSI, SARD. 16, 134-135v. Olivencia ad Acquaviva [Hai
enesta provincia...]; ARSI, SARD. 16, 147-151v. 18 agosto 1593 [De Filippis è mandato a Roma come Procuratore
della provincia]). È invece del 1588 una lettera che il generale Acquaviva spedisce ai provinciali. Questa lettera è indicata con il titolo “Comun a los provinciales y al de Cerdeña. Circa Admittendos”. Essa è conservata nella serie ARSI, HISP. 86a, 14-18. 24 dicembre 1588. In questo caso il dato deve essere trattato con maggiore cautela, sia perché il volume che la contiene è indicato con la dicitura “Apografo codex C”, sia perché questo titolo potrebbe essere stato dato dall’archivista in fase di riordino. La mancata individuazione del manoscritto originale impedisce di considerare questo riferimento come attestazione dell’uso del termine “provincia” prima del 1593.
gesuitica di Sardegna.197 Tale notizia sarebbe stata data da alcuni sardi residenti a Roma di cui al momento non è stato possibile definire l’identità. Per questo motivo gesuiti isolani, viceré, prelati isolani e i padri che scrivevano dalla Spagna davano per scontata la nascita ufficiale della provincia. Dalle sue parole è evidente che per il procuratore, che a Roma aveva presenziato alla Congregazione generale, la concessione della provincia non era una procedura conclusa, sebbene la risposta della cancelleria della curia generalizia poteva far pensare il contrario. Appena tornato nell’isola e resosi conto del fraintendimento De Filippis scrisse al generale chiedendo di mettere fine all’equivoco concedendo una volta per tutte lo statuto di provincia al complesso delle fondazioni sarde, vista la convinzione erroneamente diffusasi non solo tra i membri delle comunità isolane:
“Quando yo llegue aqui se havia publicado entre los nostros y en toda la ysla que se havia hecho provincia y los nostros y los forasteros todos escriven Provincial sin vice, al p. Olivencia y lo mismo hizieron los padres de España que desde ay le escrivieron al tiempo de la Congregacion y en las cartas de V. P. tambien se le ha dado Provincial. Demando que haviendo esta introducion universal seria de particular sentimiento impedir que no pasase adelante. Por lo que controlo el afecto que puedo pido a V. P., que quanto prima embie el suplemento para que desde luego sea provincia. Pues lo que se pide de casa professa V. P. sabe y todos saben que ay muchos provincias que no la tienen aunque con el tiempo sin duda la haura aqui”. 198
Lo stesso Olivencia informa sulla diffusione della notizia della presunta avvenuta concessione del titolo di provincia:
“Los padres algunos de aquel cabo me escriven como el padre Zuquello les dixo esta respuesta de V. P. y ellos sabian [que e]l Antonio Horru queria hazer universidad y no casa professa, se melancholizaron, por que los forasteros sardos que estan ay en Roma avian escrito asy a los nuentros como a otros seglares que era ya provincia y al Señor Virrey y a algunos perlados lo avian escrito asy a los nuestros como a otros seglares que era ya provincia y al señor Virrey y a algunos perlados lo avian escrito de essa ciudad, y a my el p. Gil G[onzalez] y otros quatro de la Congregacion y agora dizen que se hallan como burlados, yo nunca [en] las patentes me ha llamado sine viceprovincial no obstante que todos aca y muchos de ay y V. P. entre ellos [en] las mas ultimas cartas me llaman Provincial, vea V. P. si mandare a los nuestros que no me llamen asy, y crea V. P. con verdad, que [a] my se me da muy poco, pero dizen que es afrenta de la provincia [bolver] atras de lo que avian divulgado por entre forasteris, y certifico a V. P. que aunque a los 19 de noviempre pasado me lo escrivio el p. Garcia de Alarcon y que lo podria dezir a algunos amigos que hasta que] por otras vias se supo yo no lo dixe, y el p. Garcia (nel rimando al margine sx: y padre Gil [Glz] y Fra[ncisco] de Porres y otros) en las cartas me llama provincial en el sobrescrito hare en esto y en lo de mas sin ninguna difficultad lo que V. P. ordenare"199
Le lettere che De Filippis scrisse nei giorni successivi al suo ritorno nell’isola inquadrano il complesso degli avvenimenti verificatisi in quegli stessi mesi (tra la fine del 1593 e l’inizio del 1594) e, anche se il procuratore non li ricollega direttamente, potrebbero aver avuto un peso rilevante sull’esito della vicenda della concessione della provincia. Si viene infatti a sapere che, mentre a Roma si svolgeva la Congregazione generale, a Cagliari, un tale di nome Antonio Horru, decideva, consigliato dal viceré e dall’arcivescovo della città, di destinare un’ingente somma di denaro all’apertura di un’università in città, abbandonando la prima intenzione di finanziare una
197
Sulla data di ritorno del p. De Filippis nell’isola ci informa il p. Olivencia in una lettera del 10 maggio: ARSI, SARD. 16, 163-164v. Bartholome Olivencia ad Acquaviva.
198
La lettera di De Filippis si trova in ARSI, SARD. 16, 170-171v. Sassari, 22 maggio 1594. Pilippus Philippi ad Acquaviva.
199
casa professa della Compagnia di Gesù.200 Il p. De Filippis spiega chiaramente che la decisione di Horru aveva fatto sfumare la possibilità della concessione del titolo di provincia da parte del generale poiché lo stesso aveva posto una condizione, proprio la fondazione di una casa professa, per l’accettazione delle richieste dei collegi sardi.
Il particolare rivelato dal procuratore (dell’esistenza di una condizione posta dal centro romano) non compariva nella minuta della lettera inviata nell’isola da Roma come risposta ufficiale e per ora non c’è stato modo di chiarire le motivazioni e le ragioni di questa omissione.
La conferma di questa doppia versione sulle condizioni di fondazione della provincia sarda si evince anche da una lettera di Olivencia spedita a Roma per annunciare che chi voleva fare donazione per casa professa ha nel frattempo cambiato idea in cui afferma
“En las respestas que V. P. da a esta provincia del memorial que llevo el procurador della dize V. P. a la ultima: "Placet ut sit provintia, ex executioni mandabitur cum erecta fuerit domus professa”201
Questa novità permette però di comprendere lo stupore dello stesso De Filippis al suo ritorno in Sardegna e il rammarico dimostrato alla notizia del cambiamento d’idea da parte dell’Horru. Il fatto che il riferimento alla Casa Professa compaia nelle lettere del Procuratore, che si trovava a Roma al momento della decisione della Congregazione generale, non ci aiuta a capire come sia avvenuta la comunicazione del provvedimento della concessione del titolo di provincia ai collegi isolani, vista l’omissione nella presunta risposta ufficiale del centro romano e le notizie poco attendibili messe in circolazione da esterni alla Compagnia.
In realtà dalle notizie a nostra disposizione è difficile capire se il cambiamento di direzione da parte di Horru abbia effettivamente determinato la presunta inversione di rotta del generale nell’intenzione di concedere il titolo di provincia all’isola. Questo anche perché non si conoscono attraverso documenti ufficiali le effettive intenzioni romane. La minuta della risposta alle richieste della Congregazione generale ai padri sardi sembra confermare l’intenzione di concedere il titolo senza particolari condizioni. Le reazioni di De Filippis e le indicazioni di Olivencia sembrano invece far pensare all’esistenza di una condizione da rispettare, sebbene non attestata da documenti ufficiali.
A collegare in un quadro più organico le diverse vicende di quei mesi interviene poi il racconto del p. Olivencia, in una lettera spedita a Roma nel maggio del 1594.202 Pur non arrivando a chiarire l’esatta relazione degli eventi e i nessi di causa ed effetto il padre ne fornisce un resoconto più articolato, unendovi alcune sue considerazioni. Si apprende così da un’altra voce quanto era già stato anticipato dal procuratore: il perché le disposizioni romane non ebbero applicazione
200
Di Antonio Horru si apprende poco dalla documentazione. Olivencia racconta che è sposato, ha una figlia a sua volta sposata che però non ha figli e ha una salute precaria. La famiglia è molto devota della Compagnia e i gesuiti mostrano di essere al corrente dell’entità suo patrimonio e delle sue rendite: “Para después de sus dias y de los de su
mujer y de una hija sola que tienen ya tanbien de edad mayor y que ha quatorze anos que es casada y no ha tenydo hijos ni los espera por ser muy enferma y asi los padres como la hija son muy devotos de la Compañia y ternan como sesenta mil libras sardas entre los padres y la hija que seran como veintiquatro mil escudos poco va multiplicando cada dia con ganados que de solos quesos haze dos mil ducados al año y cogio este año pasado quasi dosmil haneegas españolas de trigo, y va cargando censales todo lo que puede cada año y es todo para este effecto yi no he querido que se haga la escriturra hasta que se embie a V. P. la razon de todo lo que pide y yo tenga licencia de V. P. para ello por star yo este cabo no puedo embiarlo a V, P”. ARSI, SARD. 16, 163-164v. Sassari, 10 maggio 1594. Bartholome de
Olivencia a Acquaviva.
201
ARSI, SARD. 16, 165-167v. Sassari 15 maggio 1594. Bartholome de Olivencia a Acquaviva cfr con “Petitur ut
Sardinia fiat Societatis provincia ob rationes allatas R: Placet ut sit provincia, sit que ut hactenus fuit sub hispania Assistentia” [1594 - ARSI, CONGR. 45, 11-14. Responsa ad ea quae Procurator Sardiniae proposuit data p.° february
1594]”.
202
ARSI, SARD 16. 165-167v. Sassari, 15 maggio 1594. Batholome de Olivencia ad Acquaviva. In particolare le carte 166-166v.
immediata e il motivo per cui, la diffusione incontrollata delle decisioni del generale, creò nell’isola la situazione descritta dal procuratore De Filippis al suo ritorno. Si ripercorre in maniera più dettagliata la vicenda della defezione del potenziale sostenitore finanziario della fondazione della casa Professa, il cagliaritano Antonio Horru,203 del ruolo rivestivo dal viceré Gaston de Moncada204 e dall’arcivescovo di Cagliari Francisco de Vall205, nell’abbandono del progetto iniziale e nella richiesta della fondazione dell’università. Dal racconto di Olivencia emergono anche le motivazioni ufficiali di tale intervento: i due consiglieri avevano convinto Horru che sarebbe stato molto più probabile che qualche altro benefattore avesse appoggiato la fondazione della casa professa, mentre risultava più difficile il sostegno all’apertura dell’università. Olivencia, consapevole della gravità della situazione e del suo mancato intervento, giustifica la sua incapacità di interloquire dicendo che in quel frangente si trovava a Sassari e avendo avuto notizia del cambiamento di intenzione di Horru, non era riuscito per la distanza ad intercedere affinché il progetto della la casa professa non sfumasse. È lo stesso Olivencia a descrivere lo sconforto dei padri cagliaritani all’annuncio delle condizioni poste dal generale per la notizia ormai diffusa che dal mese di febbraio Antonio Horru aveva formalizzato la sua intenzione di chiedere la fondazione dell’università. Olivencia si dice così imbarazzato di ricevere molte lettere in cui lo si chiama provinciale e anche lui chiede al generale provvedimenti concreti per fermare la diffusione di questo malinteso. Dalle lettere del vice- provinciale Olivencia e del procuratore De Filippis non emergono interpretazioni su quello che accadde in quelle settimane e tanto meno si trovano commenti e prese di posizione precise sul ruolo giocato in quella vicenda da diversi personaggi esterni all’ordine che riuscirono ad influenzarne le vicende. È accertato che agli inizi del Seicento il governo spagnolo accolse la richiesta degli stamenti sardi di concedere la fondazione di uno studio universitario nella città dell’isola, decisione che sarebbe stato il primo passaggio necessario per l’apertura dello studio cagliaritano nel 1626. Questa richiesta era stata avanzata più volte nel corso del Cinquecento (1543, 1554, 1573) senza però ottenere risultati vista la scarsa dotazione economica offerta dalla città. Oltre ad un sensibile cambiamento di prospettiva da parte del sovrano spagnolo l’accoglienza della richiesta del 1603 ebbe alla base una adeguata disponibilità finanziaria che con molta probabilità la città di Cagliari era riuscita a mettere insieme nel tempo. Questo potrebbe far pensare che il tentativo riuscito dell’arcivescovo e del viceré di far cambiare destinazione al lascito di Antonio Horru avesse come obiettivo finale quello di dotare Cagliari di un’università, senza un coinvolgimento della Compagnia, obiettivo effettivamente raggiunto qualche anno più tardi.206 Il loro atteggiamento risulta ancora più ambiguo dal momento che nella relazione redatta da Pischedda per i collegi sardi