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Capitolo 5. Piantagioni a breve rotazione

5.1. Generalità

La filiera della produzione della biomassa si attua secondo questa sequenza:

• scelta della specie;

• lavorazione del terreno e cure colturali;

• raccolta;

• stoccaggio;

• ripristino del terreno.

Le specie arboree che in Italia sono considerate utili per questo tipo di produzioni, sono i pioppi e i salici nelle pianure del nord e del centro, gli eucalitti nel centro sud e la robinia nei terreni collinari. La scelta della specie andrà effettuata tenendo conto delle caratteristiche pedo-climatiche della stazione. Per usufruire dei finanziamenti nei Piani di Sviluppo Rurale (PSR) sono indicate in dettaglio le specie utilizzabili per ogni determinato ambiente. I progetti per tali impianti devono essere approvati da organi competenti e collaudati da professionisti.

Per il pioppo e per il salice i terreni tradizionalmente vocati sono quelli pianeggianti e le golene dei grandi fiumi, in particolare quella del Po. Per il pioppo sono da prediligere terreni freschi, profondi e ben drenati, con contenuto di limo e argilla inferiore al 50% e pH compreso tra 5,5 e 7,5. Sono da evitare terreni torbosi e calcarei. Il salice può essere utilizzato anche su terreni più pesanti e sopporta molto bene falde freatiche alte e periodi di sommersione.

Gli eucalitti prediligono terreni a buona fertilità, in particolare, E. globulus è più esigente mentre l’E. camaldulensis si adatta a terreni più poveri, per sua maggiore plasticità ambientale.

La robinia (R. pseudoacacia) vegeta bene su un’ampia varietà di terreni e pur preferendo terreni permeabili, silicei e freschi, si adatta anche ai terreni calcarei.

Per i pioppi come per il salice, bassi costi d’impianto e semplicità operativa sono assicurati dalla possibilità di utilizzare per l’impianto talee legnose; in generale, la buona capacità di attecchimento e l’elevata maneggevolezza facilita la meccanizzazione.

Alcune sperimentazioni, in particolare quella svolta dall’ENEL-CRAM, ha ipotizzato densità di impianto di 7140 e 5710 piante ha-1 con distanze di 2 x 0,7 m e 2,5 x 0,7 m

rispettivamente. I cloni di pioppo utilizzati sono stati il “Villafranca” per P. alba, il “Lux” per P. deltoides e i cloni “Luisa Avanzo”, “Cima”, e “BL Costanzo” per l’ibrido P. x euramericana. Come si può notare sono stati utilizzati dei cloni iscritti al Registro Nazionale dei Cloni Forestali, caratterizzati da rapido accrescimento nel periodo giovanile e utilizzati in piantagioni tradizionali per la produzione di assortimenti di pregio. Ci sono state grosse differenze fra i cloni, in termini di biomassa secca prodotta alla fine dei due anni previsti della piantagione. Il “Lux” ha ottenuto il miglior risultato con circa 15,5 t ha-1

mentre il peggiore è stato il “Villafranca” con 8,2 t ha-1. Le produzioni si sono assestate al

disotto della soglia di convenienza economica. Per ottenere produzioni economicamente vantaggiose, si sarebbero dovuti raggiungere alla raccolta valori di biomassa di 20-22 t ha-1

(ENEL-CRAM, 1997).

Al contrario di altri tipi di biomasse legnose, per le quali il costo di utilizzazione comprende prevalentemente la raccolta e il trasporto (residui di prima e seconda lavorazione del legno, ramaglia di pioppeti e frutteti), le biomasse provenienti da piantagioni a turno breve in coltura specializzata si confrontano con i costi dell’intero ciclo produttivo. Obiettivo prioritario deve essere l’aumento della redditività per unità di prodotto; questo può essere ottenuto attraverso l’aumento delle produzioni e il contenimento dei costi.

Risulta necessaria un’ulteriore sperimentazione, procedendo anhe al monitoraggio degli impianti realizzati per queste produzioni. E’ necessario individuare e selezionare i migliori cloni e razionalizzare le tecniche d’impianto. Gli attuali indirizzi prevedono di adottare elevate densità d’impianto, tra le 8000 e le 15000 piante per ettaro. Attualmente queste tipologie produttive risultano competitive soltanto con l’aiuto dei sussidi. Solo l’adozione di un elevato livello di meccanizzazione su ampie superfici agricole potrebbe portare a rendimenti competitivi con gli investimenti alternativi nel settore agricolo. Il turno previsto per la raccolta per un ceduo di 10000 piante ha-1 è di 2-3 anni, ripetendo questo ciclo per 6

volte prima dell’espianto.

La preparazione del terreno per l’impianto è simile a quella adottata per il mais; aratura a media profondità seguita da una sminuzzatura con erpice o fresa. Tra le tecniche di coltivazione è fondamentale il diserbo chimico post-impianto o in pre-emergenza con

composti antigerminello, in modo tale da evitare la competizione delle infestanti nei primi mesi dopo l’impianto o la ceduazione; un eventuale successivo intervento di controllo può essere affidato a lavorazioni meccaniche tra le interfila. Negli anni successivi l’ombreggiamento delle chiome è sufficiente a contenere le malerbe.

La fertilizzazione, sporadicamente effettuata nelle piantagioni a turno normale (pioppeti), è indispensabile nelle piantagioni per biomassa per compensare le perdite di nutrienti derivate dalla frequente asportazione di biomasse nettamente più ricche di minerali, rispetto a piante di maggiori dimensioni nelle quali il legno prevale nettamente su cortecce e ramaglie. Va ricordato che le piantagioni a breve rotazione potrebbero smaltire gran parte delle deiezioni animali dei grandi allevamenti zootecnici utilizzandole come concime. Le deiezioni sono un aggravio di spesa per le aziende zootecniche per il loro difficile smaltimento.

Le malattie crittogamiche e virali devono essere prevenute tramite la scelta di un adeguato materiale d’impianto, prevedendo una coltivazione senza l’uso di prodotti chimici, riducendo costi e migliorando l’impatto di queste colture sull’ambiente. Elevato sembra il rischio dovuto agli insetti dannosi, polifagi e particolarmente attivi su materiale perennemente giovane. Si temono in particolare il coleottero defogliatore Melasoma popoli e il curculionide Cryptorhynchus laphati. Questi, se non adeguatamente controllati, possono provocare gravi danni alle colture da biomassa e rappresentare pericolosi focolai d’infezione. La difesa fitosanitaria presenta complessivamente gravi problemi tecnici legati alla densità d’impianto.

Il principale problema tecnico è quello dell’utilizzazione del materiale, soprattutto per quello destinato alla produzione di energia elettrica; essendo legato alla stagionalità delle operazioni di taglio, si possono creare problemi rispetto al consumo nelle centrali, per il mancato approvvigionamento continuo durante l’arco dell’anno.

La raccolta del materiale può essere eseguita con due diversi sistemi. Il primo prevede il taglio, la raccolta, la sminuzzatura, secondo una sequenza successiva e continua, mentre il secondo prevede il taglio e la raccolta del materiale in una prima fase e la sminuzzatura, da effettuarsi in una fase successiva, con l’impiego di una cippatrice convenzionale.

Il primo sistema prevede l’utilizzo di una falcia-trincia-caricatrice eventualmente abbinata a due trattori con rimorchio che, avanzando parallelamente alla macchina, raccolgono alternativamente il cippato prodotto e lo scaricano presso il luogo dello stoccaggio; questo

può essere dislocato sia in azienda sia presso la centrale di trasformazione. Alla falcia - trincia - caricatrice può essere abbinato il cassone posteriormente ed è quindi la macchina a scaricare il materiale fuori del campo. La falcia - trincia - caricatrice è una macchina ingombrante, pesante, di elevata potenza e di alto costo. Non sono state ancora completamente risolte alcune questioni legate all’impiego di questi macchinari, in particolare sui loro organi di taglio. Questi si usurano rapidamente alla presenza di terreni non opportunamente livellati; per evitare tale fenomeno si può alzare l’organo di taglio, distanziandolo maggiormente dal terreno, incorrendo in una sicura perdita di biomassa raccolta. Inoltre, le macchine sembrano avere limiti di taglio, con massimi di 120-140 mm di diametro delle piante, perché si generano problemi al sistema di convogliamento delle piante verso l’organo sminuzzatore. Le macchine operatrici vanno utilizzate con pendenze non superiori al 15%.

Con l’adozione del secondo metodo di lavoro, la sminuzzatura del materiale può essere programmata di volta in volta in rapporto alle richieste di consegna da parte dell’utilizzatore finale; si sminuzza del materiale che ha già perso umidità e che quindi è già utilizzabile. Per la raccolta si possono utilizzare macchine che effettuano il taglio convogliando le piante in appositi cassoni in grado di autoscaricarle a bordo campo. In alternativa esistono macchine capaci di costituire fasci di fusti tagliati poi depositati in andane lungo le linee di taglio, oppure, che tagliano le piante lasciandole in campo. Per questi sistemi è necessario l’impiego di ulteriori macchine che trasporteranno e accumuleranno le piante al centro aziendale.

Lo stoccaggio del materiale, qualora non esistano le condizioni per la vendita del materiale fresco all’utilizzatore finale, dovrà essere effettuato in azienda per un tempo variabile. Il cippato può essere adeguatamente conservato solo quando il legno raggiunge un certo grado di essiccazione. La conservazione del prodotto ancora umido è difficile e richiede l’adozione di specifici accorgimenti per evitare fenomeni di fermentazione che possono portare all’autocombustione. Il cippato presenta anche il problema di essere ingombrante. Il deterioramento qualitativo delle particelle di legno e le notevoli perdite di massa (oltre il 20% di sostanza secca), determinate dall’azione dei batteri e dei funghi, sconsigliano la conservazione del cippato in grossi cumuli all’aperto. E’ possibile invece adottare procedimenti di essiccazione naturale del prodotto che prevedono la conservazione in un’area coperta e ben areata, utilizzando preferibilmente le strutture già esistenti in

azienda. A questo proposito sono state sperimentate varie soluzioni, tutte in grado di contenere le perdite fino ad un massimo del 10% di sostanza secca e di portare il prodotto, nell’arco di 3-4 mesi, dallo stato fresco (umidità maggiore del 50%) a valori di umidità finale del 20-25% riferiti al peso anidro. L’essiccazione del prodotto avviene tramite correnti di aria calda, che si generano all’interno del cumulo durante i processi di biodegrazione, e che si arrestano quando il legno raggiunge un’umidità inferiore alla soglia di attività dei suddetti agenti di alterazione. L’area coperta deve avere una pavimentazione ben compattata, livellata e sistemata in modo tale da evitare possibili ristagni idrici, al fine di ridurre il deterioramento del materiale posto alla base del cumulo; in questo caso sono necessarie continue movimentazioni del cippato. Esistono altri sistemi come quelli che utilizzano pavimenti grigliati affinché l’aria possa circolare nella massa legnosa; questo sistema garantisce perdite contenute di materiale per respirazione tali da non superare il 10-15% del totale.

Alla fine del ciclo colturale è previsto il ripristino del terreno all’uso agricolo mediante estirpazione e accatastamento a bordo campo delle ceppaie. Anche queste potranno essere utilizzate per la produzione di cippato.