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La politica forestale orientata alla produzione delle biomasse

Capitolo 3. Politica e normativa della bioenergia

3.2. La politica forestale orientata alla produzione delle biomasse

Prima di analizzare genericamente la passata politica forestale italiana, si vuole porre l’accento sulla confusione intervenuta con il passaggio di alcune competenze dallo Stato alle Regioni. Infatti, con i D.P.R. 15.1.1972 n. 11 e D.P.R. 24.7.77 n. 616 è iniziato il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste. Il passaggio delle competenze dallo Stato alle Regioni ha inciso profondamente sulla realtà forestale, essendo caratterizzato da alcuni significativi fattori come l’individuazione da parte delle Regioni di propri servizi forestali, l’emergere delle nuove funzioni dei boschi nel territorio e nella società, la ripartizione delle competenze sulle foreste in vari settori all’interno delle Regioni, lo scarso dinamismo e l’assenza di una politica di coordinamento a livello nazionale per gli aspetti produttivi e organizzativi del settore, alla luce del decentramento. Si è cercato di supplire a tali difficoltà attraverso l’introduzione della legge n. 752 dell’8 novembre 1986. Tale legge ha permesso la redazione dello Schema di Piano Nazionale Forestale (PNF) approvato dal CIPE il 2 dicembre 1987. E’ il primo documento nazionale che riconosce come obiettivi, l’autonomia e la specificità del settore forestale; si ha la netta separazione del PNF dal Piano Agricolo Nazionale. Il bosco è inteso come risorsa naturale rinnovabile in grado di svolgere molte funzioni oltre la produzione legnosa. L’obiettivo guida del Piano è la valorizzazione economica e funzionale delle foreste. E’ individuato come obiettivo

prioritario il potenziamento economico del sistema forestale, con il coinvolgimento diretto dei capitali e dell’attività dei privati. Tra gli obiettivi specifici del Piano compare una maggiore integrazione fra agricoltura e foreste e lo sviluppo di un rapporto più stretto fra le foreste e l’industria del legno, con un incremento dell’autoapprovigionamento. Per la prima volta si distinguono bene le funzioni dell’amministrazione statale da quella regionale. In ambito regionale è ben evidenziata l’azione per lo sviluppo delle foreste e l’ampliamento dell’arboricoltura da legno e della pioppicoltura. Tale Piano, però, anche grazie ai problemi sottolineati in precedenza, ha avuto uno scarso impatto culturale a livello nazionale e regionale.

Successivamente il Regolamento comunitario 2080/92, accolto in un primo tempo con indifferenza dagli agricoltori, ha contribuito alla rivitalizzazione del settore sia a livello comunitario che nazionale. Il Regolamento, infatti, è stato un vero e proprio atto di politica forestale diretto ad incentivare e a migliorare la superficie boscata. Senza ritornare sulle misure riassorbite nel successivo Regolamento 1257/99, si vuole sottolineare la presa di coscienza relativa ad una corretta pianificazione forestale, anche in Italia dove l’applicazione del Regolamento è stata insufficiente.

La legge n. 499 del 23 dicembre 1999 “Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale”, che integra la politica comunitaria, ha istituito il “Documento di programmazione agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale” (DPAF), di competenza del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MiPAF). Per il triennio 2001-2003 il DPAF ha prefigurato un quadro di riferimento per gli operatori del settore, agroalimentare e forestale, per il rilancio dell’agricoltura italiana considerata settore economico strategico inquadrandola nell’ottica di uno sviluppo sostenibile.

“La necessità di collocare la conservazione e la valorizzazione delle foreste e dei prodotti forestali in un approccio globale di gestione sostenibile delle risorse naturali rinnovabili, impone ad una nuova politica forestale i seguenti obiettivi:

• Collegare ed integrare il settore forestale e il settore agricolo;

• Realizzare piani di riforestazione con conseguente creazione di nuove foreste ponendo particolare attenzione all’esigenza di incentivare la nascita di foreste basate su essenze autoctone, contemperando la presenza d’aree di pascolo;

• Coniugare la difesa e l’incremento del patrimonio boschivo con gli interessi economici dell’intera filiera che vedono l’Italia primo Paese esportatore di prodotti lavorati in legno, importare segatura. Una legge quadro potrà definire, armonizzandoli, gli elementi per la ricostruzione e la valorizzazione del sistema forestale nazionale.

Le linee d’indirizzo e di coordinamento della politica forestale nazionale tengono conto di diverse necessità espresse dal settore:

• Quella di una nuova pianificazione intesa come momento di raccordo tra piani forestali regionali e gli scenari internazionali, attraverso il monitoraggio delle risorse e della filiera legno;

• La necessità di finalizzazione del sostegno alla selvicoltura per la salvaguardia della biodiversità, della tutela del paesaggio, della conservazione dei suoli e alla regimazione delle acque, del contenimento dei fenomeni di cambiamento climatico su scala globale e di desertificazione;

• L’incentivazione dell’associazionismo e dell’integrazione fra le attività forestali e le altre attività legate all’uso multiplo del bosco;

• La razionalizzazione ed adeguamento di processo e di prodotto delle produzioni forestali tradizionali uniti allo sviluppo delle forme d’utilizzazione a carattere più innovativo, e soprattutto ad un forte rilancio delle possibilità di valorizzazione economica integrata, legata alle possibilità d’impiego ai fini turistici, ricreativi e didattici delle superfici forestali;

• Prevenzione degli incendi anche attraverso il coinvolgimento responsabile degli agricoltori e la promozione di difese attive e pascolamento guidato.

Particolare attenzione andrà riservata agli impegni relativi alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, previsti sempre dal Protocollo di Kyoto; la creazione di “carbon sink” non dovrà comportare problemi alla tutela della biodiversità vegetale, né dovrà costituire alibi rispetto alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, né dovrà costituire un alibi ai tentativi di diminuire gli obiettivi di riduzione ma dovrà rappresentare un’occasione per aumentare il patrimonio boschivo.” (DPAF, 2001-2003)

E’ evidente come nel DPAF la notevole considerazione data alla costituzione di nuovi impianti forestali, siano essi nuovi boschi o impianti di arboricoltura da legno, non solo

come strumento per la creazione di depositi di CO2 ma come opportunità concrete per

accrescere il nostro patrimonio boschivo.

“A seguito del protocollo di Kyoto del ‘97 l’UE ha individuato nell’incremento dell’utilizzazione delle fonti d’energia rinnovabili il principale strumento di riduzione delle emissioni inquinanti. Le biomasse assumono un ruolo fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo del raddoppio del contributo delle rinnovabili al 2008-2012, come stabilito anche dal CIPE nel 1999.

L’agricoltura costituisce il principale interlocutore per la sua potenzialità produttiva sia in termini di utilizzazione dei residui di produzione sia poiché direttamente coinvolta nella produzione di biomasse e ciò anche considerando che nello stesso periodo si prevede un aumento delle superfici non coltivate nell’UE e nel nostro Paese prossimo al 20% del totale. Tuttavia il problema del differenziale di costo tra combustibili di origine vegetale e di origine fossile costituisce il principale freno allo sviluppo di questo settore.

Occorre incentivare la collaborazione tra settore primario e quello petrolifero e predisporre incentivi per stimolare una nuova domanda anche all’interno dello stesso settore agricolo.” (DPAF, 2001-2003)

Il settore primario è ritenuto molto importante per le politiche energetiche, in particolare, per la capacità di produrre energia rinnovabile da biomasse, proprio nell’ottica più generale di una sostenibilità dello sviluppo.

Il D.Lgs. n. 227 del 18 maggio 2001, che introduce le norme di “orientamento e modernizzazione del settore forestale” conseguenti alla legge n. 57 del 5 maggio 2001, definisce per la prima volta in una norma nazionale l’arboricoltura da legno. Infatti, all’art. 2 si definisce l’arboricoltura da legno come “...la coltivazione di alberi, in terreni non boscati, finalizzata esclusivamente alla produzione di legno e biomassa. La coltivazione è reversibile al termine del ciclo colturale.” Nello stesso articolo sono equiparati i termini bosco, selva e foresta e si stabiliscono alcuni criteri ai quali ogni Regione deve attenersi per identificare e definire chiaramente il bosco.