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Capitolo 6. Il miglioramento genetico delle specie forestali

6.1. Principi di miglioramento genetico

La ricerca in genetica forestale persegue una doppia strategia:

• cercare l’informazione scientifica necessaria per conservare dinamicamente la biodiversità forestale naturale;

• studiare e valorizzare, attraverso il miglioramento genetico, le popolazioni caratterizzate da aspetti adattativi e produttivi più utili all’impiego pratico, legati alla produzione legnosa e al miglioramento ed alla ricostituzione ambientale.

In un qualsiasi programma di miglioramento genetico volto alla costituzione varietale, dopo aver definito le caratteristiche peculiari che la nuova varietà o clone dovrà presentare, ed aver individuato i materiali vegetali più idonei per il conseguimento degli obiettivi fissati, si dovranno scegliere gli individui che origineranno la generazione successiva (selezione) e stabilire il sistema di unione mediante il quale gli individui selezionati dovranno riprodursi. La scelta degli individui autorizzati a riprodursi non può essere effettuata soltanto sulla base del fenotipo ma deve tener conto del tipo di controllo genetico dei caratteri oggetto di selezione.

Le problematiche che il miglioratore genetico deve affrontare sono molteplici e di diversa natura a seconda del tipo di caratteri per i quali viene effettuata la selezione e del sistema riproduttivo che caratterizza la specie coltivata.

Il miglioramento genetico dovrà puntare sia all’individuazione dei caratteri espressione di resistenza e/o tolleranza a stress biotici ed abiotici sia al miglioramento quantitativo e qualitativo della produzione legnosa (Ducci, 2001).

Particolarmente utile ai fini della ricerca biologica e del miglioramento genetico è la biometria, cioè la disciplina scientifica che studia le tecniche di riconoscimento e classificazione di un individuo o di un insieme di individui in base alle caratteristiche fisiche. Molto spesso la ricerca ha necessità di valutare e selezionare individui per analizzare popolazioni, osservare un carattere o comunque comprendere un determinato fenomeno. Queste ricerche possono essere affrontate soltanto ricorrendo ad esperimenti controllati costituiti da un certo numero di unità sperimentali alle quali vengono applicati

appropriati modelli matematici che conducono alla determinazione di indici. Sulla base di tali indici sono formulate le ipotesi che permettono di descrivere il fenomeno oggetto di studio. I dati in uno studio biometrico sono generalmente basati sull’osservazione di individui appartenenti ad una popolazione; da un punto di vista statistico con il termine popolazione si intende un insieme di infiniti elementi comprendenti tutti i valori attribuibili ad una determinata variabile alla quale si può estendere un’analisi inferenziale effettuata su un campione rappresentativo. Il campione è una porzione della popolazione, il quale per essere rappresentativo deve essere estratto casualmente, cioè tutti gli elementi che compongono la popolazione devono avere la stessa probabilità di far parte del campione. E’ ovvio che più il campione è numeroso più le inferenze effettuate sulla popolazione sono attendibili.

Il termine più comunemente impiegato in statistica è “variabile”, tuttavia in biologia la parola “carattere” viene di solito utilizzata come sinonimo. Le variabili possono essere suddivise in due categorie:

• variabili qualitative;

• variabili quantitative.

Le variabili qualitative sono quelle che possono essere espresse soltanto in modo qualitativo, non misurabili. Ad esempio, sono variabili qualitative il colore dei semi di pisello, la forma di una foglia ed il sesso di una pianta in una specie dioica, la presenza o l’assenza di reste in frumento tenero.

Le variabili quantitative sono quelle che possono essere misurate; se assumono un numero infinito di valori tra due punti qualsiasi vengono definite “continue” altrimenti se hanno valori numerici fissi, senza possibilità intermedia, vengono definiti “discrete” o “discontinue”. Molti caratteri studiati in biologia, come l’altezza, la superficie fogliare e la produttività, sono variabili continue. Esempi di variabili discrete sono il numero di piante in una determinata superficie, il numero delle discendenze, il numero di insetti catturati, il numero di cellule e il numero di colonie batteriche sviluppatesi.

Si chiamano varianti le diverse espressioni di un carattere: giallo e verde sono le varianti del carattere colore, pennata e palmata della forma di una foglia, maschile o femminile del sesso, i valori numerici corrispondenti ai singoli individui nel caso di caratteri quantitativi. I caratteri qualitativi sono controllati da singole coppie alleliche e quindi la selezione a favore di questi caratteri è teoricamente semplice. In realtà da un punto di vista pratico

questo è vero soltanto parzialmente in quanto il gene che controlla il carattere oggetto di selezione può avere scarsa penetranza ed espressività nel nuovo contesto genetico oppure può essere strettamente associato a geni sfavorevoli. Un carattere qualitativo molto importante da un punto di vista del miglioramento genetico è quello legato alla resistenza ai patogeni.

I caratteri quantitativi sono quelli su cui risulta più difficile effettuare la selezione sia per la natura del loro controllo genetico che per l’influenza dell’ambiente nella loro manifestazione fenotipica. I caratteri quantitativi risentono molto di più dell’effetto dell’ambiente rispetto ai caratteri qualitativi. Essi, inoltre, sono controllati da una molteplicità di geni la cui azione si può ritenere uguale e cumulativa, o additiva, sul valore fenotipico ma il cui singolo effetto è in genere troppo piccolo affinché lo si possa seguire individualmente. Questi caratteri variano in modo continuo nella popolazione e non possono essere classificati secondo classi discrete ma possono essere misurati e quindi descritti mediante parametri numerici. La posizione occupate dai geni sui cromosomi che controllano i caratteri quantitativi corrispondono ai loci o tratti cromosomici per questi caratteri, comunemente definiti Quantitative Trait Loci (QTL) (Barcaccia, Falcinelli, 2005).