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Il genere e la società civile

Senza entrare nel merito delle differenze storiche e culturali fra le ex repubbliche sovietiche, caratterizzate da diversi gradi di libertà politica, di apertura all’Occidente, di sviluppo economico e, più in generale, di modernizzazione, è possibile rintracciare alcune condizioni generali tipiche delle donne nel periodo post-comunista.

Considerato il focus della presente indagine sulle origini e sugli elementi fondanti Femen, la trattazione segue lo sviluppo di Russia e Ucraina, i principali Paesi del blocco sovietico interessati da questo movimento femminista. Vista la giovane età delle protagoniste di Femen, il legame con il passato inizia per loro negli anni immediatamente precedenti la fine dell’Unione Sovietica.

Nell’epoca della perestrojka convivevano almeno tre sistemi di valori: l’ideologia comunista nella sua nostalgica idealizzazione, scevra dal caos e dalle disillusioni politiche; le concezioni e le tradizioni della Russia prerivoluzionaria e, infine, i valori occidentali, basati sull’idea di democrazia, individualismo, imprenditoria e proprietà privata35. Il concetto di «società civile» trovò, quindi, nuova idealizzazione, non più assimilato alla disobbedienza politica, ma rivisitato secondo la teoria liberal-democratica. La società civile sarebbe dovuta divenire il luogo privilegiato per l’attività politica e la mobilitazione dei cittadini al di fuori della sfera governativa, l’essenza stessa dello spirito democratico, uno spazio che non aveva necessità di esistere secondo i principi del socialismo.

Il modello di società civile emerso in Russia e Ucraina rientra nella versione «dall’alto verso il basso», poiché la formazione di gruppi di persone impegnate nello sviluppo della

34 Ivi, p. 216.

35 Larissa Lissyutkina, Soviet Women at the Crossroads of Perestroika, in Gender Politics and Post-

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società al di fuori dei parametri governativi, venne permesso dalle condizioni e dalle politiche promosse dai governi stessi36.

Nel considerare lo sviluppo delle ricerche sugli studi di genere in Russia e Ucraina, si nota come questi siano stati inseriti nella società civile post-sovietica sul modello del discorso occidentale. Allaine Cerwonka ha sottolineato l’impianto transnazionale delle questioni patriarcali e femministe, ricordando la non completa impermeabilità del blocco politico e culturale imposto dal clima della Guerra Fredda, e la commistione tra gli elementi locali e globali nella formazione delle basi su cui gli studi di genere si sono sviluppati37.

Fin dai primi anni Novanta emersero in Russia numerose pubblicazioni in merito, che diedero inizio a un dibattito sull’eredità sovietica, in termini di emancipazione e parità di diritti, rispondendo alla soluzione della questione femminile e all’immagine della madre lavoratrice. La categoria del patriarcato, quale sistema dominato dal maschile in campo burocratico, militare, occupazionale e quale sfruttamento del lavoro domestico non pagato della donna e negazione del corpo femminile, venne contrapposta alle discriminazioni del periodo sovietico, targettizzate come emancipazione socialista38. L’esclusione delle donne dalla sfera politica e da posizioni lavorative vantaggiose, unitamente alle considerazioni sulla femminilità e sulla sessualità, furono studiate per rimarcare il clima sfavorevole al pensiero femminista e si notò, ad esempio, come il marxismo stesso risultasse essere «solo un’ulteriore versione dell’ideologia patriarcale, in cui la prospettiva del genere era e rimane una categoria molto meno importante rispetto alla classe o all’ordine sociale»39.

Venne anche notato dalle prime studiose russe che la maggior parte delle donne non considerava il proprio status oggetto di discriminazione rispetto allo status maschile, quanto più un problema derivante dalla difficoltà di bilanciare il ruolo di madre e di

36 George E. Hudson, Civil Society in Russia: Models and Prospects for Development, in “The Russian

Review”, vol. 61, n. 2, 2003, pp. 212-222.

37 Allaine Cerwonka, Traveling Feminist Thought: Difference and Transculturation in Central and Eastern

European Feminism, in “Signs: Journal of Women in Culture and Society”, vol. 33, n. 4, 2008, p. 825.

38 Anna Temkina, Elena Zdravomyslova, Gender Studies in Post-Soviet Society: Western Frames and

Cultural Differences, in “Studies in East European Thought”, vol. 5, n. 1, 2003, p. 54.

39 Natalia Pushkareva, Gendering Russian History, Women’s History in Russia: Status and Perspectives in

Clio on the Margins, Women’s and Gender History in Central, Eastern and Southeastern Europe (Part Two), a cura di Krassimira Daskalova, Aspasia, vol. 7, n. 1, 2013, p. 201.

33 lavoratrice40, poiché i problemi relativi alla famiglia, ai figli e alla riproduzione venivano da sempre associati alla donna, e non all’uomo41.

L’icona dell’eroina del lavoro sociale, una superdonna sovietica con un carattere quasi semi-mascolino, venne a mano a mano decostruita negli anni Novanta42, ed emersero differenti modalità con le quali donne e uomini esprimevano la propria ritrovata libertà, a livello culturale e sessuale, mentre veniva riscoperto e rafforzato il mito matriarcale, spesso a sostegno del risveglio del nazionalismo. Da un lato, l’invasione della cultura di massa di stampo occidentale costituì nuovi standard di vita, mentre dall’altro emergevano tendenze di russificazione; le discussioni delle prime studiose e sostenitrici del femminismo in Ucraina riguardarono le ingerenze di due modelli contrapposti, di contro ai tentativi di costruzione di una cultura nazionale, scevra dal passato sovietico43. Lo sguardo ai miti ancestrali ha portato con sé una nuova metanarrativa sul potere femminile e se l’appellativo di «madre» costituisce ancora oggi la più nota personificazione della Russia44, e unitamente al culto ortodosso di Maria, madre di Dio, ha investito la donna di una simbolica missione salvifica, diffondendo un ideale spirituale e morale di donna altruista e devota, anche la figura matriarcale ucraina Bereginja costituì uno dei punti maggiormente dibattuti dalle voci femministe alla fine del Ventesimo secolo, quale riposta allo «shock culturale della libertà post-totalitaria che distrusse ogni forma di tabù»45.