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L’intervento politico per l’abolizione dell’industria del sesso è, secondo le Femen, il primo passaggio necessario allo sviluppo di una sessualità libera, basata sulla dignità umana. Le conseguenze della schiavitù sessuale sono visibili in tutte le forme di violenza che le donne subiscono, tra cui insulti, intimidazioni, stupri, mutilazioni e aggressioni che sfociano in femminicidi. Femen riconosce le associazioni e i movimenti che nel mondo lottano per migliorare la condizione delle donne che subiscono violenza, e promuove per questo una «sorellanza senza frontiere»189; per le attiviste, tuttavia, un vero cambiamento potrà giungere solo attraverso la consapevolezza individuale di una nuova forma di sessualità. Una sessualità femminile libera si potrà davvero ottenere solo qualora scompaiano i modelli di diseguaglianza proposti dalla società patriarcale, alla quale si deve la sua concezione sessista. La pornografia mainstream è oggetto di condanna, perché veicolo di una sessualità sottomessa ai desideri e alle fantasie maschili, e vicina a forme di violenza sessuale. Allo stesso modo la pubblicità che pone al centro la donna in quanto oggetto di consumo, è frutto di concezioni patriarcali, che avvalorano una sessualità a senso unico. Per le Femen, il sistema patriarcale ferisce donne e uomini indistintamente, e solo quando donna e uomo saranno entrambi soggetti della loro sessualità, sarà possibile aspirare a una società egualitaria, nella quale il corpo non è più sottomesso all’economia di mercato. L’uomo non sarà più invitato ad agire in base a stereotipi di performance e dominazione legati all’atto sessuale, e l’educazione al rispetto dell’altro sarà un esito naturale. Nel rendere libera la propria identità femminile, alla donna non viene chiesto di offuscare il proprio potere sessuale; al contrario, attraverso una riscoperta e consapevole della sessualità, potrà definire la propria autonomia di azione.

Riconoscendo, tuttavia, come un tale progetto sia difficilmente realizzabile nel breve periodo, le attiviste hanno accolto in parte le riflessioni del movimento post-porno190. Al fine di smantellare un modello sociale etero normativo, in cui prevale il punto di vista

189 Il termine ricorre più volte nell’ultima pubblicazione del movimento, Rébellion.

190 Il termine “post-porno” racchiude una molteplicità di forme e pratiche pornografiche, nate con l’intento

di smascherare il maschilismo della pornografia. Tra i nomi legati al movimento si ricordano Annie Sprinkle, Mia Engberg, Erika Lust e Courtney Trouble. Numerosi anche i gruppi e i collettivi queer o femministi, che si mettono in gioco in prima persona al fine di dare voce ai soggetti esclusi dalla pornografia

mainstream, per superare le barriere della rappresentazione pornografica dominante e del consumo sessuale

normalizzato, e raggiungere la sfera pubblica, restituendo libertà e partecipazione a ciò che è considerato privato e vergognoso.

75 maschile, è necessario modificare l’immaginario sessuale nei confronti della funzionalità del corpo femminile, pertanto un «movimento che cerca di ridisegnare la pornografia come un’attività creatrice che costruisce e decostruisce le idee di genere, di potere, di politica e di uguaglianza»191 può aiutare a sostenere tale processo di liberazione. Femen condanna, quindi, gli stereotipi che la pornografia mainstream ha creato nel corso degli ultimi decenni, e sostiene la nascita di una pornografia di stampo femminile e omosessuale, perché rappresenta un avanzamento della parità sessuale all’interno dell’industria pornografica.

Incentivando l’esplorazione di nuovi linguaggi corporali e linguistici, quale valido approccio alla rivoluzione sociale, le attiviste hanno sempre più incluso nelle loro rivendicazioni un forte sostegno al movimento LGBT, ed espresso la propria partecipazione e condivisione alle battaglie contro la discriminazione di genere. La tematica del binarismo di genere non viene, tuttavia, affrontata dal punto di vista teorico, in quanto raggruppata all’interno del generale concetto di libertà di espressione.

La vicinanza alla comunità LGBT ebbe inizio nel dicembre 2012, quando le Femen parteciparono a Parigi a una manifestazione a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso e diedero vita a un nuovo grido, «In Gay We Trust» [«Crediamo nei Gay»]. Il sostegno all’amore omossessuale è in prima istanza la risposta diretta che il movimento attua nei confronti della religione, che, come si vedrà meglio in seguito, è considerata la sottomissione a un dogma e a un sistema basato su un rapporto di dominio da parte di un gruppo di persone sull’altro. L’apertura al mondo omosessuale ha permesso, quindi, di rafforzare la concezione di sessualità libera, intesa come una scelta disinibita, non rivolta alla mera procreazione, ma al piacere personale192. Manifestare a favore dei diritti di omosessuali e transessuali significa per Femen far rispettare i diritti umani basilari e promuovere la vera rivoluzione: l’acquisizione di una consapevolezza tale da permettere, nel lungo periodo, la costruzione naturale di una società in cui non ci si definisce più gli uni contro gli altri, ma che sia uno spazio comune, in cui conta la responsabilità di definirsi gli uni con gli altri193.

191 Femen, op. cit., p. 38. 192 Femen, Rébellion, cit., p. 135.

193 Inna Shevchenko ne parlò in questi termini: «Difendiamo, direi, una sorta di idea utopica. Sogniamo

questa nuova società, dove l’uguaglianza non sarà un’uguaglianza sulla carta, o sulla teoria, ma diventerà la legge assoluta per noi tutti». Cfr. Face to Face... Inna Shevchenko, Leader of Femen International, Video YouTube, 4.34, caricato da ELLENUKTV, 20 novembre 2015. ˂ https://youtu.be/kbHMUIyoxuk ˃.

77 IV. DIVERSI GRADI DI SUCCESSO

Si è visto come Femen abbia cercato di impiegare in maniera strategica e a scopo sovversivo la visione del corpo-soggetto, e abbia ridonato centralità al tema della libera sessualità. Per le Femen, la presa di coscienza della nudità, distinta dal nudo a sfondo sessuale194, permetterebbe di dissociare la sensazione di vergogna che una donna può provare nei confronti del proprio corpo. Già prima dell’arrivo in Francia, i flash-mob sempre più mirati, gli shooting fotografici sempre più curati e i post online sempre più dettagliati mettevano in risalto la fisicità delle attiviste. Talk-show televisivi, registi e documentaristi195 iniziarono ad approfondire le denunce alla corruzione del sistema patriarcale e allo sfruttamento del corpo femminile su cui queste giovani donne basavano le loro proteste; di fatto, l’elemento che godeva di maggiore visibilità all’interno di questi contributi era il loro seno nudo. Le Femen ribadivano, tuttavia, l’utilizzo consapevole della propria nudità; come spiegò una delle fondatrici: «C’è un’ideologia dietro la protesta a seno nudo, ma ci siamo rese ben presto conto che togliersi la maglietta e urlare ad alta voce è un buon modo per attirare l’attenzione. Funziona. Certo, le persone parlano della nostra nudità, ma ascoltano anche il nostro messaggio»196.

Numerose studiose e commentatrici, nonché partecipanti a diversi movimenti femminili, evidenziarono che tale obiettivo non veniva, però, raggiunto a causa della totale mancanza di analisi strutturale a sostegno della tecnica del topless. La lotta femminista delle Femen fatica a essere percepita come tale, perché il loro femminismo è considerato una sottomissione al dominio maschile e alle logiche patriarcali che si propongono di sfidare197. Il problema principale è individuato nell’efficacia della tattica198 di azione di Femen, intesa dal movimento come elemento chiave e universale

194 Sull’argomento si veda: John Berger, Ways of seeing, Penguin Classic, New York, 2008, Kindle e-book. 195 Cfr. Femen. L’Ucraina non è in vendita, Kitty Green, 2013. Je suis Femen, Alain Margot, Luminor

Films, 2014. Everyday Rebellion, The Art of Change, Riahi Brothers, 2014. Nos seins, nos armes, Nadia El Fani, Caroline Fourest, France 2, 2013. Web.

196 Kim Willsher, Femen's topless warriors start boot camp for global feminism, “The Guardian”, 22

settembre 2012. Ultima consultazione: 26 agosto 2017. < https://goo.gl/MkVPJs >.

197 Theresa O'Keefe, My body is my manifesto! SlutWalk, FEMEN and femmenist protest, in “feminist

review”, n. 107, 2014, p. 8.

198 In un video pubblicato il 19 giugno 2013 sul canale YouTube di Anna Hutsol, e intitolato How to become

a FEMEN sextremist – lesson 1 (˂ https://youtu.be/qUXWJn6CkKQ ˃), le attiviste enunciavano le tre regole fondamentali della loro tattica: la posa aggressiva, con le gambe leggermente divaricate e le braccia in alto, il volto sempre scoperto e, infine, il divieto di sorridere; bisogna urlare il proprio slogan perché l’obiettivo non è attrarre, ma spaventare. Il video fu realizzato nell’ambito del film-documentario dei fratelli

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per la trasformazione politica e sociale di qualsiasi società contemporanea. Considerati i numerosi obiettivi di denuncia che il movimento si pone, le proteste appaiono spesso approssimative e reazionarie, incapaci di provocare dei ricordi indelebili e appartenenti a un femminismo da «fast-food», come lo ha definito Mona Chollet199. Al fine di indagare le problematiche di Femen, appare, perciò, necessario accostarne la quasi decennale esperienza ad alcune realtà emerse quasi negli stessi anni e che, al di là del loro grado di successo, permettono di individuare dei termini di paragone.