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1. Genitori udenti, figlio sordo

1.6. Non sarà più “nostro”?

Sacks affronta più volte la situazione di genitori udenti cui nasce un figlio sordo, sostenendo che essi devono affrontare, tra gli altri, delicati problemi di appartenenza e identità. La madre di un bambino divenuto sordo all’età di 5 mesi a causa di una meningite, scrive:

Questo significa che di punto in bianco egli è diventato un estraneo, per noi, che in qualche modo non appartiene più a noi ma al mondo dei sordi? Che ora fa parte della comunità dei sordi, che non abbiamo più diritti su di lui? […] Finché la sua cura, la sua educazione, sono in mano nostra, io penso che egli abbia bisogno di aver accesso al nostro linguaggio, allo stesso modo in cui ha accesso al nostro cibo, alle nostre fobie, alla nostra storia familiare. (Sacks, 1990: 172)

Si tratta di un timore che può spingere i genitori a legare a sé i propri figlie e, come già affermato, a negar loro il contatto con altre persone sorde. Considerando la situazione emotivamente delicata nella quale i genitori si trovano, si tratta di una paura comprensibile, mentre è importante che i medici non la fomentino fornendo informazioni non obiettive, come invece purtroppo accade. Le famiglie udenti spesso vengono indirizzate verso una scelta riabilitativa di tipo esclusivamente logopedico e verso il totale inserimento del bambino sordo nel mondo degli udenti, ossia escludendo contatti con persone sorde e l’inserimento del bambino in contesti legati alla sordità. Ciò è dovuto appunto a una paura che viene loro trasmessa: se il bambino segna, non imparerà a parlare. Si tratta di un’evenienza che non è sostenuta da alcuna prova scientifica.

Molti genitori sperimentano la preoccupazione che il figlio diventi parte solo della comunità sorda, abbracciandone la cultura e divenendo per loro un estraneo:

If you just stuck with sign, my thinking was, he’s locked in this Deaf World… And I decided he would have to fit into both worlds. And I told him when he was real little, once he had a hearing aid on… And when he heard me when I would get real close and be talking to him I’d say “We’re gonna cross over and you’re gonna fit into our world because I’m not gonna let go… God gave you to me… I’m hanging on tight. You’re stuck; you’re not getting away.” (Meadow-Orlans, Mertens

& Sass-Lehrer, 2003: 18)

Si tratta di una situazione complessa proprio perché influenzata principalmente dall’emotività, dal legame genitore-figlio e a volte dalla religione della famiglia: nelle parole di questa madre ritroviamo la paura di dover rinunciare al figlio che potrebbe preferire il

Mondo dei Sordi a quello dei genitori, ma fortunatamente si parla di farlo essere parte di entrambi i mondi.

Due sono in realtà i problemi che possono porsi: il primo riguarda tutti i genitori ed è la difficoltà a staccarsi dai propri figli in modo da renderli esseri completi e autonomi. Nel caso di un figlio sordo, le paure si moltiplicano in considerazione del fatto che il mondo che dovrà affrontare è un mondo “sonoro”, molto diverso dal nido protetto e protettivo della famiglia. Oltretutto, tale distacco può essere necessario ad un’età precoce, ancora prima di quanto accade nel caso di bambini udenti, perché da ciò dipende l’avvio del suo sviluppo. La Consigliera dell’ENS M.S. afferma:

Non sono d’accordo con i genitori [udenti] che proteggono troppo i figli [sordi] perché così il figlio non diviene autonomo. Certo, i genitori devono proteggere un po’ il figlio, ma dentro di lui c’è effettivamente la capacità di essere indipendente, di vivere come tutti gli altri. Se lo proteggono sempre non imparerà mai, bisogna che lo lascino imparare ad affrontare le cose in autonomia. I sordi hanno tutte le capacità necessarie per vivere in maniera indipendente.

In seguito, spesso la persona sorda adulta potrà vivere un dilemma noto anche a molte persone udenti, ma enfatizzato dalla sordità e dal far parte del mondo udente che molto affida alla comunicazione vocale: rimanere al sicuro all’interno di una vita limitata o cercare di migliorare lo status quo mettendo a rischio le sicurezze della propria realtà. Lo sviluppo di una personalità sana ha origine nel contesto familiare, ma deve poi progredire all’interno della comunità e nel mondo, sui piani emotivo, sessuale e professionale. A questo scopo, l’importante è poter contare su un senso di equilibrio che la famiglia può garantire.

Il secondo problema riguarda la comunità dei sordi: non si tratta di una realtà da cui proteggere il bambino, pronta a portarlo via ai genitori, bensì al contrario potrebbe rivelarsi una risorsa liberatoria che permette al bambino di acquisire il linguaggio e di svilupparsi a suo modo. M.S. parla della necessità di far partecipare il bambino alle attività organizzate dalla comunità sorda:

I miei genitori sordi non hanno mai voluto che io rimanessi isolata, perciò mi facevano partecipare alle attività dell’ENS cosicché sviluppassi le mie capacità, una cultura, mi divertissi. Certo stavo

anche con le persone udenti, ma ero sempre un pochino isolata… Anche dopo, ad esempio a lavoro, con i colleghi [udenti], è normale. Anche i bambini a scuola, all’inizio stanno tutti insieme e poi inizia l’isolamento [del bambino sordo]. L’ho visto anche dall’esperienza di mio nipote [che ha frequentato una scuola pubblica]: all’inizio bene, poi quando usciva da scuola era sempre solo, rimaneva isolato, è normale. […]

L’ENS è utile per dare informazioni, ad esempio sulla comunicazione, per far incontrare i bambini sordi, ma dipende sempre dai genitori: se i genitori sanno dell’esistenza dell’ENS bene, se non lo sanno trovare informazioni è davvero difficile. E a quel punto il bambino sordo cresce e scopre l’ENS solo da adulto, mentre qui ci sono tanti bambini, c’è scambio di conoscenze, è bello.

Si può anche chiedere un supporto per il bambino sordo e a quel punto l’ENS collabora con una cooperativa che lo fornisce e questo funziona molto bene.

Purtroppo potrebbe presentarsi un problema ancora diverso, ossia che la comunità dei sordi si mostri tutt’altro che accogliente nei confronti degli udenti e quindi anche dei genitori del bambino sordo. Spesso infatti, essa si presenta molto chiusa e poco disponibile con gli udenti che si avvicinano per vari motivi. Per esperienza personale, inizialmente e per un periodo più o meno lungo, in quanto udenti si ha la sensazione di essere messi continuamente alla prova dalle persone sorde che difendono il loro Mondo e la loro Lingua da una minaccia percepita. Soprattutto riguardo la lingua dei segni, alcuni sordi segnanti tendono a rifiutare le competenze degli udenti, temendo che esse superino le proprie (Sacks, 1990).

Normalmente, accade che molti genitori udenti di figli udenti non riescano a svincolarli dai propri desideri e bisogni: allo stesso modo, ma con più coraggio e una particolare generosità affettiva, i genitori udenti di un bambino sordo devono permettergli di svilupparsi come essere libero e indipendente nella sua diversità. Non si deve temere una doppia identità del bambino, ma amarla e rispettarla, in modo da non spingerlo verso l’estraneità da una delle due culture e da contribuire alla formazione di un essere equilibrato e sano.

La madre di Charlotte, una bambina sorda profonda, parla (nel momento in cui la bambina ha 4 anni) delle peripezie affrontate dalla famiglia e dovute alla necessità di

percepire la figlia come simile a loro genitori udenti. In seguito, la famiglia di Charlotte sceglierà l’ASL e giungerà a una situazione in cui la bambina non sperimenterà isolamento e condiscendenza bensì un ambiente familiare coeso, vivace e stimolante: a 6 anni la bambina si mostrerà allegra, piena di curiosità, entusiasta del mondo e difficile da distinguere da una coetanea udente.

Nostra figlia Charlotte fu diagnosticata sorda profonda all’età di 10 mesi. Negli ultimi 3 anni siamo passati attraverso le emozioni più varie: sfiducia, panico, angoscia, rabbia, depressione e dolore, infine accettazione e ottimismo. Una volta liberatici dal panico iniziale, ci fu chiaro che la cosa da farsi era usare la lingua dei segni, con la nostra bambina, fin da quando era molto piccola. Organizzammo a casa nostra una classe d’insegnamento della lingua dei segni e ci mettemmo a studiare il Signed Exact English (SEE), una replica esatta in segni dell’inglese parlato: era la lingua che ci era parsa più adatta per consentirci di trasmettere a Charlotte la lingua, la letteratura e la cultura che erano nostre. Spaventati – noi genitori udenti – dal compito soverchiante di imparare una nuova lingua dovendola insegnare nello stesso tempo a Charlotte, pensammo che l’adozione di una lingua segnata con una sintassi simile a quella a noi familiare ci avrebbe facilitato… Avevamo un bisogno disperato di credere che Charlotte era simile a noi. (Sacks, 1990: 109-112)

M.M.C. parla della percezione di “due mondi”:

La mia idea della cultura sorda è in costante aggiornamento. Non mi è mai piaciuto pensare ai due mondi separati: sarebbe come affermare che due dei miei figli vivono “fuori dal mio mondo”. La cosa è piuttosto destabilizzante come madre, specialmente considerata l’età dei bimbi, 6 e 2 anni.

In For a Deaf Son, una madre sorda il cui figlio frequenta il Learning Center a Boston, dove si fornisce un’educazione bilingue ASL-lingua inglese, e altre madri udenti rassicurano

il padre di Thomas sul fatto che i genitori udenti non devono lasciare il proprio mondo per entrare nel mondo del figlio sordo:

That is your world. You don’t have to give up your world. But you also need to understand your son’s world. You can keep your own world, of course you can! Just like the parents who came here, just like, Mary Jane, you’re not giving up your world, are you?

[Mary Jane] I have a three-year old [child], I can’t give up my own world. This is his language time, too. I can’t just stop communicating with him because we have a deaf baby. I mean, it’s been hard and a long road but now that we’re here I wouldn’t want her any other way, she wouldn’t be Courtney, you know… You have just to follow your child’s lead. (Tranchin, 1994)

Gli argomenti sostenuti da Mary Jane ne introducono un altro, ossia la presenza di altri bambini, udenti, nella famiglia del bambino sordo, argomento che affronterò nel prossimo paragrafo.