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1. Approcci, opzioni educative e metod

1.5. La letto-scrittura

1.5.1. Il metodo Logogenia ®

La Logogenia® è una disciplina di Linguistica con basi teoriche di Grammatica Generativa introdotta dalla linguista Bruna Radelli. Si tratta di una metodologia di lavoro che si propone di stimolare l'acquisizione della lingua italiana scritta (o di qualsiasi altra lingua storico-orale) nei bambini e negli adolescenti sordi e di favorire la comprensione degli aspetti grammaticali nelle frasi e nei testi. Nel 2000, Radelli fonda la Cooperativa Logogenia, per

favorire la diffusione e la corretta applicazione del metodo – si tratta infatti dell’unico ente in Italia autorizzato ad applicarlo e a svolgere attività di formazione e aggiornamento.

Radelli (2011) sosteneva quanto segue: "I sordi che sanno scrivere e leggere comprendendo perfettamente il testo non hanno più bisogno di alcun intermediario, non dipendono più dagli intermediari più o meno volenterosi ed abili che normalmente li circondano". Il metodo Logogenia® si propone dunque, come obiettivo finale, l’autonomia della persona sorda per quanto riguarda la letto-scrittura.

Per avere un’idea più precisa dell’approccio logogenico, ho intervistato l’attuale presidente della Cooperativa Logogenia, E.F., e ho assistito a una seduta di logogenia con una bambina sorda profonda, impiantata.

La Logogenia® si occupa di migliorare la capacità del bambino sordo di comprendere la lingua scritta e di scrivere correttamente e in modo autonomo. Il logogenista lavora esclusivamente sulla comprensione delle informazioni grammaticali nelle frasi e nei testi, allo scopo di favorire l’ampliamento del bagaglio lessicale e una migliore comprensione del testo in generale, nonché un impiego più autonomo della lingua scritta in tutte le sue declinazioni e in tutti i suoi usi.

Non si tratta di un approccio escludente, in quanto si affianca a quelli già attivati per il bambino sordo. Come afferma E.F.:

Ogni bambino ha diritto di poter sviluppare il proprio potenziale umano, cognitivo e linguistico e ciò deve poter avvenire secondo i percorsi più adatti per ognuno, che per ogni bambino possono essere diversi. Ogni possibilità di accesso alla lingua è fondamentale, e certamente la LIS è la lingua a cui il bambino sordo può accedere in modo precoce e completo prima di qualunque altra. In ogni caso, qualunque sia la scelta educativa operata dalla famiglia – oralista o segnante – è fondamentale che si sviluppi un percorso adeguato di logopedia. Altrettanto importante, anche se spesso trascurato, deve essere un corretto approccio alla lingua scritta, che non deve essere insegnata ma della quale occorre favorire lo sviluppo naturale, come appunto propone e realizza la Logogenia®.

Riteniamo che nessuno di questi approcci possa garantire da solo un corretto e completo sviluppo linguistico che porti il bambino sordo ad essere autonomo linguisticamente nella lingua storico orale

del paese in cui vive. D’altra parte, la corretta e serena integrazione di questi approcci può invece garantire per ogni bambino sordo un futuro di autonomia.

Certamente ogni bambino sordo deve poter padroneggiare almeno una lingua, ricordando, tuttavia, che la situazione migliore sarebbe quella di bilinguismo, con una completa padronanza dell’Italiano oltre che della LIS, così da poter interagire attraverso l’italiano – almeno nella sua forma scritta – come un qualunque coetaneo udente.

[…] Resta comunque lo scoglio di poter arrivare a comprendere autonomamente la lingua orale, almeno nella sua forma scritta. E tale obiettivo non può essere garantito né solo dallo sviluppo di una lingua dei segni né solo dall’accesso ad un buono stimolo uditivo, ma va affrontato direttamente e adeguatamente con strumenti specifici e mirati.

Secondo l’esperienza di E.F., solitamente i genitori si rivolgono alla Cooperativa Logogenia non prima dei 7/8 anni del bambino, “quando le difficoltà iniziali di accogliere la sordità del figlio e di metabolizzare le conseguenze delle diagnosi sono già state superate”. Si tratta anche dell’età in cui emergono più chiaramente i problemi relativi alla comprensione della lingua italiana scritta. Proprio a causa di questi problemi irrisolti, molti genitori vivono con ansia il rapporto con gli insegnanti e la scuola e hanno la percezione che le difficoltà di comprensione linguistica dei figli non vengano capite, soprattutto quando un recupero uditivo soddisfacente fa sì che i figli abbiano un buon eloquio e una buona competenza comunicativa. Altri genitori invece tengono molto al fatto che i figli sfruttino tutte le loro potenzialità e, secondo l’esperienza di E.F.,

[…] temono che insegnanti poco informati possano sottostimare le capacità dei loro figli e possano stabilire degli obiettivi di lavoro troppo bassi, penalizzanti per le reali capacità dei propri figli. […] spesso, i genitori che si rivolgono a noi hanno una buona consapevolezza intuitiva delle problematiche linguistiche dei figli e si aspettano dalla logogenista a cui si rivolgono che li aiuti non solo a risolverle, ma anche a metterle in luce e farle comprendere agli altri

operatori che lavorano con il loro figlio. In questi casi, il logogenista è visto e interpretato come un operatore che deve interagire con la scuola e con i servizi per aiutare la famiglia a mettere in luce le vere e oggettive difficoltà linguistiche del figlio, ma anche le sue vere potenzialità, eventualmente fornendo linee guida e indicazioni agli operatori scolastici affinché, correggendo le loro pratiche di lavoro quotidiane sulla lingua, possano favorire lo sviluppo di maggiore autonomia nella comprensione e produzione di lingua scritta”.

E.F. sottolinea la conditio sine qua non per il successo di qualsiasi intervento (ri)abilitativo, ossia che la famiglia deve avere un rapporto sereno con il bambino. Per quanto riguarda l’intervento logogenico in particolare, dev’essere stata utilizzata una lingua adeguata e sufficientemente ricca, necessaria per stimolare lo sviluppo grammaticale del bambino nei primi anni di vita, e devono essere instaurate l’abitudine di usare la lingua scritta per piccole comunicazioni pratiche quotidiane e di leggere per passione. A questo proposito, E.F. sottolinea la mancanza di precoci indicazioni sullo sviluppo linguistico del bambino sordo, sostenendo che “sarebbe auspicabile una maggiore informazione rispetto alla possibilità che il recupero uditivo non porti automaticamente ad una perfetta autonomia linguistica”. Come nel caso dell’apprendimento della lingua vocale, la precocità dell’intervento (ri)abilitativo è essenziale.

La (ri)abilitazione logogenica prevede che, dopo una valutazione delle competenze comunicative e linguistiche del bambino sordo in età evolutiva, inizi un programma di interventi individuali della durata di circa un’ora (poco meno per i bambini più piccoli e fino ad un massimo di un’ora e mezza per adolescenti e giovani), per due o tre incontri ogni settimana. È essenziale che l’intervento nel suo insieme duri almeno cento/centocinquanta ore di lavoro per poter ottenere dei risultati apprezzabili e significativi.

Il metodo Logogenia® prevede una forma di diario condiviso a sfondo grammaticale basato su scambi regolari tra insegnante e studente, esclusivamente scritti, veloci e che non lasciano il tempo di monitorare troppo. Per impedire ai sordi di sfruttare la loro capacità di dedurre dal contesto, durante la seduta si cambia bruscamente argomento, si passa, sempre gradualmente, da parole riferite al concreto a parole relative all’astratto28 e si evita

28 Come ribadito da Jim Cummins, professore universitario e studioso del linguaggio, bisogna sì partire dal concreto e da richieste cognitive

contenute (per poi procedere verso l’astratto e verso richieste cognitive impegnative), ma solo per graduare il processo e mettere a proprio agio i soggetti, perché tutti gli apprendimenti devono in realtà comportare sfide cognitive. I bambini sordi vanno dunque supportati, ma non sottovalutati o facilitati, poiché ne va del processo di apprendimento: bisogna semplicemente costruire il nuovo su una base già appresa.

di dare solo ordini ragionevoli, ma spontanei e anche bizzarri (anche se sempre realizzabili, come ad esempio toccare il naso dell’insegnante, spettinarsi). I singoli errori vengono corretti semplicemente scrivendo la frase corretta accanto a quella sbagliata, secondo il concetto delle coppie minime in opposizione29 (Trovato, 2014). Il materiale linguistico proposto viene creato ad hoc sul momento dal logogenista in base alle esigenze del bambino, con lo scopo di attivare la capacità di cogliere il ruolo e l’informazione veicolata da tutti gli elementi della lingua, lessicali e funzionali.

Una breve parentesi riguardo alle parole funzionali, in quanto nei testi prodotti dai sordi esse vengono omesse o sbagliate con grande frequenza. Si tratta di parole che hanno una funzione esclusivamente grammaticale, nel dettaglio:

- determinanti (articoli, numerali, aggettivi dimostrativi, quantificatori) - ausiliari

- preposizioni - congiunzioni - pronomi

Ciò accade perché le persone sorde mostrano notevoli problemi di accesso e quindi di apprendimento delle parti del parlato elencate, afferenti alla morfologia grammaticale e identificabili solo attraverso la percezione acustica – i morfemi grammaticali hanno scarso contenuto semantico, variano molto in base al contesto, sono brevi e non accentati e quindi quasi impossibili da percepire nel flusso del parlato per una persona sorda (Caselli, Maragna & Volterra, 2006). Inoltre, le parole funzionali: non sono descrittive (non si riferiscono a oggetti extralinguistici come invece i nomi); coincidono con parole che rientrano in altre categorie grammaticali (per esempio, articoli e pronomi in molte lingue sono espressi con una parola identica); sono identificabili attraverso il canale acustico, ma assai difficilmente attraverso la lettura labiale (Trovato, 2014).

Bambini e adulti sordi spesso decifrano le singole parole secondo la loro conoscenza del mondo e la loro esperienza e non sulla base della struttura della frase, ossia fanno prevalere il peso del contesto (Volpato, 2014). Dato che le difficoltà con le parole funzionali sono causate dal fatto che l’input linguistico non raggiunge i sordi, bisogna fornirgliene uno che evidenzi proprio ciò che notano di meno o trascurano; inoltre, bisogna spiegare loro come i significati cambiano se cambia la struttura grammaticale e reiterare input abbondanti,

concentrati e precisi su singoli aspetti sintattici cosicché possano elaborare spontaneamente i dati necessari per l’acquisizione della lingua (Trovato, 2014).

1.6. Il caso italiano: la mancanza di riconoscimento della LIS e la