• Non ci sono risultati.

Gerarchia dell’Attenzione

Nel documento Coscienza: Approcci in Prima e Terza Persona (pagine 104-128)

2.3 Punto di Vista in Terza Persona

3.1.1 Gerarchia dell’Attenzione

L’analisi delle capacit`a e le differenze fra i due emisferi pu`o aiutarci a capire perch´e ci sia la necessit`a di dividere la processazione degli stimoli neurali; tuttavia non fornisce molte spiegazioni sul come questa differenziazione sia potuta svilupparsi nel corso dell’evoluzione. La teoria di McGilchrist, partendo da questa stessa domanda, si concentra su un particolare meccanismo che molte volte `e stato associato alla coscienza, cio`e l’attenzione. Secondo questa teoria, la nostra attenzione cambia costantemente fra due modalit`a: uno `e un processo bottom-up che cerca nella realt`a connessioni potenziali, mentre l’altro `e un processo

top-down che cerca di applicare e riconoscere nella realt`a schemi e pattern. Studi sugli

animali dimostrano che queste due modalit`a dell’attenzione sarebbero suddivise nei due emisferi, il sinistro pi`u utilizzato nella ricerca top-down e il destro in quella bottom-up, e che questa suddivisione sia il risultato di un processo evolutivo molto antico.

“A basic, evolutionarily conserved pattern of asymmetry sees the LH controlling well- established behavioral patterns in familiar, routine situations, and the RH taking control of responses to novel, unpredicted and potentially dangerous changes in the environment. Recent evidence showed that even cephalopods such as the common cuttlefish (Sepia officinalis) prefer to use their left eye (connected to the right optic lobe of their central nervous system) to scan for potential predators (i.e., vigilant

scanning) and seek shelter. The right eye (left optic lobe) was instead preferred for the less urgent activities such as attacking prey, or camouflaging.” [Bartolomeo and Malkinson, 2019]

La ricerca animale si `e concentrata principalmente a capire se la lateralizzazione sia un tratto biologicamente vantaggioso ed `e ormai largamente accettato che animali con un maggior grado di lateralizzazione sono animali con abilit`a sociali pi`u elevate e migliori abilit`a di sopravvivenza.

Un esempio `e uno studio condotto sui piccioni, nel quale volevano scoprire quali processi cognitivi fossero lateralizzati nella categorizzazione visiva di “umano”. Per fare ci`o, hanno fatto memorizzare loro delle figure contenenti immagini di persone e hanno testato le reazioni binoculari e monoculari a quelle, e nuove, immagini. I risultati suggeriscono che l’emisfero sinistro utilizzi un strategia di categorizzazione e si concentri sulle caratteristiche locali, mentre l’emisfero destro utilizzi una strategia basata su esempi e configurazione. Queste dicotomie cognitive fra gli emisferi cerebrali sono condivise dagli esseri umani, suggerendo che sistemi cognitivi lateralizzati abbiano definito gi`a l’architettura neurale dell’antenato comune a uccelli e mammiferi. [Yamazaki et al., 2006]

Prendendo da questi, ed altri, esempi derivati dalla sperimentazione animale, si pu`o essere tentati di ipotizzare che anche nel cervello umano i sistemi attenzionali dell’emisfero destro possano avere un ruolo preponderante nel rilevare eventi potenzialmente pericolosi o minacciosi. La ‘superiorit`a’ dell’emisfero destro umano nell’elaborazione delle informazioni relative al s´e, nell’elaborazione emotiva, cos`ı come nel riconoscimento dei volti, pu`o essere vantaggiosa per la produzione rapida di risposte a eventi esterni imprevisti. [Bartolomeo and Malkinson, 2019]

attenzione sostenuta, prontezza, attenzione focalizzata e attenzione divisa. Sebbene non siano identiche, vigilanza e attenzione sostenuta sono simili e sono spesso trattati come un unico concetto. Insieme alla prontezza, costituiscono la base di quello che `e stato chiamato “asse di intensit`a” dell’attenzione. L’altro asse `e la selettivit`a, composto dalle due restanti tipologie di attenzione: focalizzata e divisa. Gli esperimenti confermano che i diversi tipi di attenzione sono distinti e indipendenti l’uno dall’altro e sono utilizzati da un diverso numero strutture cerebrali, distribuite nell’area prefrontale, cingolata anteriore e parietale posteriore di entrambi gli emisferi. [McGilchrist, 2009, p. 67]

Guardando ai risultati della ricerca sul cervello, diventa chiaro che la vigilanza e l’attenzione sostenuta sono gravemente compromesse nei soggetti con lesioni all’emisfero destro, in particolare lesioni al lobo frontale destro [Wilkins et al., 1987]; al contrario, nei pazienti con lesioni dell’emisfero sinistro la vigilanza `e preservata [Korda et al., 1997]. I pazienti con lesioni dell’emisfero destro mostrano anche quello che viene chiamato rallentamento

percettivo-motorio, un segno di diminuita vigilanza, associato a cali di attenzione [Nakamura

and Taniguchi, 1977].

Studi su soggetti sani e pazienti split-brain confermano che l’emisfero destro giochi un ruolo cruciale negli aspetti di “intensit`a” dell’attenzione [Dimond, 1979], e studi PET forniscono ulteriori prove che confermano la dominanza dell’emisfero destro in prontezza e attenzione sostenuta. [Sturm et al., 1999] Nel complesso appare chiaro che, dei due principali assi di attenzione, l’intensit`a dipenda principalmente dall’emisfero destro.

Considerando invece l’altro asse principale cio`e la selettivit`a, la questione `e diversa: i deficit nell’attenzione focalizzata sono pi`u gravi con lesioni all’emisfero sinistro [Dee and Allen, 1973], mentre l’attenzione divisa sembra essere una capacit`a di entrambi gli emisferi [Gode- froy and Rousseaux, 1996]; tuttavia alcune ricerche sembrano indicare un ruolo primario

nell’emisfero destro, in particolare nella corteccia prefrontale dorsolaterale. [Vohn et al., 2007] [McGilchrist, 2009, pp. 66-68]

Sembra che in generale l’emisfero sinistro utilizzi l’attenzione focalizzata per concentrarsi a discriminare i singoli dettagli che compongono la visione complessiva, mentre l’emisfero destro, potendo utilizzare diversi tipi attenzione, `e in grado di riunire tutti questi dettagli. Ad esempio nel linguaggio, le connessioni lessicali e semantiche pi`u vicine dipendono maggiormente dall’emisfero sinistro; al contrario, l’emisfero destro elabora le informazioni in modo sfocato, interagendo con significati pi`u vagamente correlati. [Chiarello, 1988, pp. 55-69]

McGilchrist impiega questi risultati per fondare quella che chiama la gerarchia

dell’attenzione, che reputa essere il meccanismo che regola la nostra esplorazione. Un

meccanismo in primo luogo temporale, poich´e sembra che sia l’emisfero destro il primo a ricevere, o ‘notare’, nuove informazioni.

“If whatever is new to experience is more likely to be present in the right hemisphere, this suggests a temporal hierarchy of attention, with our awareness of any object of experience beginning in the right hemisphere, which grounds experience, before it gets to be further processed in the left hemisphere.

This coexists with and is confirmed by a hierarchy of attention at any one moment in time, which also establishes the right hemisphere, not the left, as predominant for attention. Global attention, courtesy of the right hemisphere, comes first, not just in time, but takes precedence in our sense of what it is we are attending to; it therefore guides the left hemisphere’s local attention, rather than the other way about.” [McGilchrist, 2009, pp. 73-74]

Espandendo da questa definizione, rintraccia una serie di dicotomie che caratterizzano il

• Il nuovo contro il conosciuto: cio`e che le nuove esperienze vengano in primo luogo analizzate dall’emisfero destro e, quando sono diventate familiari, vengono sottoposte all’emisfero sinistro. [McGilchrist, 2009, p. 69] Ad esempio, imparando a suonare il pianoforte, in principio sarebbe l’emisfero destro ad entrare in azione, mentre l’esercizio e la pratica farebbero entrare in azione l’emisfero sinistro.

• L’integrazione contro la divisione: in generale l’emisfero sinistro `e pi`u interconnesso con se stesso e le regioni a lui vicine, mentre l’emisfero destro `e pi`u connesso con i centri al di sotto della corteccia. [McGilchrist, 2009, pp. 72-73] Secondo uno studio del 2005, il suo potere di integrare le informazione su vaste aree non `e solo dovuto dalle pi`u estese connessioni di materia bianca, ma a un corteccia associativa posteriore pi`u grande, fibre associative pi`u dense, maggiore interconnessione del lobo temporale e strutture integrative pi`u grandi nel lobo parietale. [Schutz, 2005]

• L’intero contro le parti: l’emisfero destro vede innanzitutto l’insieme, prima che il ten- tativo di conoscerlo lo scomponga in parti. Soggetti con lesioni al cervello unilaterali dimostrano deficit complementari nella capacit`a di disegnare. Danni all’emisfero de- stro, fanno perdere ai disegni coerenza ed integrit`a, rendendoli cos`ı distorti da essere appena riconoscibili.

Figura 17: Disegni rispettivamente di un uomo, una bicicletta e di una casa, e ettuati da un paziente con danni all’emisfero destro [McGilchrist, 2009, p. 80]

una relativa povert`a di dettaglio, poich´e l’accento `e sull’intero. Un paziente descritto da H´ecaen e Ajuriaguerra non era in grado di riconoscere il disegno di una casa, fino a che non ha notato che aveva un caminetto. [McGilchrist, 2009, p. 81]

• Il contesto contro l’astrazione: per le stesse ragioni per cui l’emisfero destro predilige l’osservazione dell’intero, allo stesso modo predilige il contesto piuttosto che le singole entit`a. `E l’emisfero destro a processare gli aspetti non letterali del linguaggio. Soggetti con lesioni all’emisfero destro non riescono a comprendere i significati pi`u impliciti e tendono a prendere i modi di dire alla lettera. L’emisfero sinistro `e si concentra di pi`u sull’astrazione, un processo che separa gli oggetti dal loro contesto, mentre il destro non `e in grado di considerare gli oggetti separati dal mondo che li circonda. In generale, concetti e parole astratte, insieme a una complessa sintassi, sono dipendenti dall’emisfero sinistro. [McGilchrist, 2009, pp. 82-85]

• Gli individui contro le categorie: l’emisfero destro `e in grado di distinguere specifici casi ed esempi, mentre l’emisfero sinistro ragiona di pi`u in categorie astratte. In generale l’emisfero sinistro ha la tendenza a classificare, mentre il destro ad identificare gli individui. Chiaramente entrambi gli emisferi sono coinvolti nel riconoscimento, ma il modo in cui lo fanno `e nettamente diverso. [McGilchrist, 2009, pp. 85-87]

Insieme a queste considera anche altre dicotomie, come ad esempio personale contro

impersonale e vivo contro non-vivo, fornendo una importante bibliografia di articoli che

possono essere interpretati a favore di questa teoria. In definitiva, sembra che i diversi meccanismi attenzionali ed elaborativi dei due emisferi abbiano un ruolo chiave nella regolazione dei contenuti consci e della vita emotiva; bisogner`a condurre ancora molti studi perch´e si possa raggiungere conclusioni generalizzabili che non incorrano in inesattezze. Tuttavia mi sembra necessario sottolineare come queste ipotesi, e in generale teorie come

quella di Goodale e Milner 22, quella di Gazzaniga 23 e questa di McGilchrist, non possano,

e nemmeno debbano, essere interpretate come una descrizione precisa e fedele descrizione scientifica dei processi neurali: queste teorie andrebbero interpretate come il tentativo di riunire conoscenze scientifiche, filosofiche e psicologiche. Quando si cercano di descrivere meccanismi nel generale si `e obbligati a sacrificare un certo grado di accuratezza per far trasparire pi`u efficacemente il contenuto particolare della teoria, ma questo non significa che non vi si possa, magari in futuro, trovare una pi`u stretta correlazione con i risultati della ricerca scientifica.

“The divided nature of our reality has been a consistent observation since humanity has been sufficiently self-conscious to reflect on it. That most classical representative of the modern self-conscious spirit, Goethe’s Faust, famously declared that ‘two souls, alas! dwell in my breast’. Schopenhauer described two completely distinct forms of experience; Bergson referred to two different orders of reality. Scheler described the human being as a citizen of two worlds and said that all great European philosophers, like Kant, who used the same formulation, had seen as much. What all these point to is the fundamentally divided nature of mental experience... It seems like a metaphor that might have some literal truth. But if it turns out to be ‘just’ a metaphor, I will be content. I have a high regard for metaphor. It is how we come to understand the world.” [McGilchrist, 2009, pp. 636-637]

Come abbiamo detto precedentemente, al momento non abbiamo sufficienti prove per con- fermare, ma nemmeno escludere a priori, le diverse teorie. C’`e in effetti la possibilit`a che ciascuna di queste abbia una certa misura di verit`a. D’altra parte, una delle caratteristiche pi`u evidenti del cervello umano `e la sua complessit`a; non stupirebbe affatto scoprire infine che il cervello sfrutta niente meno che tutti i meccanismi presi in considerazione, al fine di

22Sul percorso ventrale per l’esperienza cosciente e quello dorsale per l’azione. 23Sui pazienti split-brain aventi due coscienze.

orchestrare un’intricata sinfonia di informazioni che viaggiano in variegate modalit`a, in in- numerevoli direzioni. Studiare la letteratura scientifica, soprattutto se si parte da un punto di vista filosofico, permette di comprendere gli innumerevoli passi avanti e la profondit`a della ricerca sul cervello umano. Senza queste conoscenze, sarebbe facile depennare il riduzionismo di mente a cervello come una semplificazione inefficace.

Conoscere nel dettaglio i meccanismi attenzionali emisferici, o le vie ventrali, o addirittura la frequenza delle oscillazioni alla quale i neuroni si sincronizzano, non ci porta pi`u vicini a svelare i misteri della coscienza; tuttavia aiuta a far luce sulla molteplicit`a delle interazioni e la problematicit`a dei processi coinvolti. Aiuta a non sottovalutare i pi`u raffinati livelli di complessit`a ed integrazione che riesce a raggiungere un cervello, anche se gravemente danneggiato ed anche se non umano.

4

Conclusioni e Direzioni per l’Indagine

Riassumendo, nelle sezioni precedenti abbiamo visto come un approccio improntato ad analizzare le impressioni ed i resoconti fenomenologici sulla nostra vita mentale, quindi in prima persona, conduca a dei risultati e delle teorie ben precise. Ad esempio abbiamo visto la teorizzazione dei qualia, propriet`a qualitative soggettive che non sono accessibili da nessuno se non il soggetto che li prova; la teorizzazione dell’immediatezza delle sensazioni, le quali vengono considerate accessibili in maniera privilegiata grazie all’affidabilit`a e all’incorreggibilit`a dell’introspezione.

Tutte queste caratteristiche esaltano gli aspetti privati della soggettivit`a ed enfatizzano il divario epistemologico che separa lo studio della mente dallo studio del cervello.

Abbiamo per`o visto che, per quanto non esistano ancora i presupposti per avanzare una teoria scientifica della coscienza, alcune delle proposte in prima persona possono essere sottoposte ad uno scrutinio scientifico e, impiegando quindi un approccio in terza persona, i risultati non coincidono con quelli derivati dall’approccio in prima persona.

Ad esempio, abbiamo discusso di come la percezione non possa essere considerata immediata poich´e `e un processo vincolato fisicamente e temporalmente ad una sequenza di passaggi di

scomposizione ed integrazione che avvengono in varie stazioni del nostro sistema nervoso.

Abbiamo visto come la nozione di incorreggibilit`a dell’introspezione non sia compatibile con il concetto di verit`a. Come ha detto Armstrong, se accettiamo l’esistenza dell’introspezione, allora questa deve essere in qualche modo un processo di auto-analisi che compie il cervello. [Armstrong, 1963, p. 418-419] Che quindi questo processo possa condurre a risultati sbagliati `e subito evidente, poich´e nessun processo biologico `e in grado di eliminare del tutto la possibilit`a di errore.

siderazione il funzionamento e la cooperazione di aree estese, abbiamo visto come la soggettivit`a possa essere ancora pi`u complessa di quello che si poteva pensare: lesioni localizzate possono alterare irreversibilmente alcuni aspetti della soggettivit`a, lasciando completamente inalterati gli altri. Ad esempio danni alla corteccia medioventrale temporale possono condurre ad agnosia visiva, per la quale i pazienti non sono in grado di riconoscere gli oggetti, pur vedendoli ed essendo in grado di disegnarli; oppure danni alla corteccia prefrontale, come nel caso di Phineas Gage, conducono a radicali cambiamenti nel carattere della persona.

A complicare la situazione, non solo le nostre abilit`a cognitive sono frammentate in diverse zone del cervello, ma anche il modo in cui queste aree comunicano fra loro e, pi`u in generale, i meccanismi che regolano il flusso dell’informazione, influenzano la nostra vita mentale. Questi meccanismi, cui esempi possono essere la via ventrale/dorsale e la bilateralit`a degli emisferi, sono in larga parte sconosciuti e non sappiamo se ulteriori meccanismi debbano ancora essere scoperti.

Dal punto di vista scientifico, `e piuttosto evidente considerare la nostra coscienza come intimamente legata alle funzioni del nostro cervello. Si pu`o quindi dire che la coscienza sia un processo biologico e che sia possibile darne una definizione scientifica?

“Is consciousness a product of the brain? The only certainty here is that anyone who thinks they can answer this question with certainty has to be wrong. We have only our conceptions of consciousness and of the brain to go on; and the one thing we do know for certain is that everything we know of the brain is a product of consciousness.” [McGilchrist, 2009, p. 40]

Dal punto di vista filosofico, la distinzione fra cervello e mente viene frequentemente considerata come una divario fondamentale ed incolmabile. Tuttavia in questi ultimi anni

si stanno iniziando a delineare i presupposti per colmare questa distanza. Lo studio della coscienza inizia ad essere considerato non pi`u come un tema impossibile da affrontare seriamente, o un tab`u, ma come una importante ricerca da svolgere sulla frontiera del sapere scientifico. Su questa frontiera si riuniscono molte teorie provenienti da diverse discipline e diversi ambiti; per questo motivo, `e necessario procedere con la massima cautela nell’utilizzo della terminologia. Ci`o che `e vero da un punto di vista in prima persona, pu`o risultare falso dalla terza persona e viceversa.

Come possiamo fare allora per far procedere l’indagine sulla coscienza?

Ritengo che questi due punti di vista non debbano necessariamente essere tenuti separati, non credo che vi sia una ‘barriera epistemologica’ fra i due punti di vista, bens`ı una complessa relazione, probabilmente in gran parte di natura linguistica, fra due descrizioni che possiamo dare di un medesimo fenomeno.

Da un punto di vista scientifico, l’approccio computazionalista sembra essere la direzione pi`u produttiva ed efficace: anche senza avere la visione completa del funzionamento del cervello umano, i ricercatori sono in grado di realizzare delle reti neurali artificiali che sembrano in grado imitarlo in maniera progressivamente pi`u raffinata. Siamo ancora agli albori di queste tecnologie, ma non `e del tutto impensabile che, fra qualche decennio, saranno proprio queste reti neurali ad ‘insegnarci’ come funziona un cervello.

La sperimentazione su pazienti con lesioni in diverse aree del cervello ci fornisce alcuni pezzi del puzzle, ma non rivela l’intera immagine: siamo quindi obbligati a procedere per tentativi, formulando delle ipotesi che contestualizzino i risultati. Tuttavia l’immagine che gi`a ne sta emergendo `e assai diversa dall’immagine che abbiamo della nostra esperienza in prima persona. Come abbiamo visto per il modello del s´e fenomenico, anche la forte sensazione soggettiva che proviamo di “essere qualcuno” `e un processo neurale per il quale

noi “simuliamo” ed “emuliamo” noi stessi costantemente; dai meccanismi coscienti pi`u semplici, quali la propriocezione, fino a quelli pi`u complessi, come la percezione di essere un s´e riflessivo. Come dice Metzinger, nessuno `e mai stato o ha posseduto un s´e. Sono sempre e solo esistiti modelli coscienti di s´e che non riescono a riconoscersi come modelli. Il s´e fenomenico non `e una cosa, ma un processo. Secondo Dennett, la nascita della ragione ha visto la contemporanea nascita dei confini, nello specifico del confine fra “me” e “il resto del mondo”, una distinzione che perfino la pi`u piccola delle amebe deve compiere. Questo `e il s´e biologico, e, anche secondo lui, perfino questo s´e molto semplice non `e una cosa tangibile, bens`ı un astrazione, un principio di organizzazione. [Dennett, 1991a, p. 414]

“Evolution has made you this way. On the contrary. Arguably, until now, the con- scious self-model of human beings is the best invention Mother Nature has made. It is a wonderfully efficient two-way window that allows an organism to conceive of itself as a whole, and thereby to causally interact with its inner and outer envi- ronment in an entirely new, integrated, and intelligent manner. Consciousness, the phenomenal self, and the first-person perspective are fascinating representational phenomena that have a long evolutionary history, a history which eventually led to the formation of complex societies and a cultural embedding of conscious experience itself.” [Metzinger, 2003, p. 1]

Per chiunque l’esperienza soggettiva `e assolutamente vera e indiscutibile, ma abbiamo visto come questa impressione possa essere tanto forte quanto illusoria. Del resto anche chi `e affetto da anosognosia non mette in dubbio di essere sano, e nega fortemente la propria disabilit`a. Abbiamo un’impressione diretta e immediata dei nostri pensieri, ma questo non rappresenta il modo in cui il cervello integra l’informazione, spesso contrastante, delle nostre

Nel documento Coscienza: Approcci in Prima e Terza Persona (pagine 104-128)

Documenti correlati