• Non ci sono risultati.

2.3 Punto di Vista in Terza Persona

2.3.1 Percezione

Dal punto di vista in prima persona le percezioni appaiono unificate, immediate ed affidabili, ma questa impressione non rispecchia i reali meccanismi neurali che compongono i sistemi sensoriali.

rappresentano il modo in cui lo stimolo `e stato elaborato. Si dice appunto elaborazione

inconscia poich´e l’organismo non ha nessun vantaggio a rappresentare il processo di scom- posizione e sintesi che viene messo in atto dai sensi. Quelle che comunemente intendiamo

come sensazioni sono fenomeni fisici che necessitano di un soggetto per essere percepiti. Ad esempio il suono senza un organo di percezione uditiva `e solamente una vibrazione che si propaga come un’onda acustica attraverso l’aria, e i colori senza un organo di percezione visiva non sono nient’altro che onde elettromagnetiche.

Questi organi e il loro sistema sensoriale sono il prodotto di milioni di anni di evoluzione; sono differenziati e specifici per ogni animale, ma condividono molte somiglianze. L’uomo, fra i cinque sensi, privilegia la vista, perci`o i centri cerebrali che si concentrano sulla codifica del segnale visivo occupano una grande superficie; invece per molti altri animali, come cani e gatti, i centri pi`u sviluppati, e quindi pi`u estesi, sono quelli olfattivi.

Dal punto di vista scientifico, le percezioni sono il risultato di una codifica che il nostro cervello compie, al fine di costruirsi delle rappresentazioni mentali degli eventi fisici. Le nostre rappresentazioni non sono mai copie fedeli del mondo, ma inferenze sulla realt`a, cio`e delle ‘ipotesi’, gradualmente sempre pi`u accurate ed esatte, sugli oggetti che stiamo osservando. Questo non significa dire che siano false o illusorie, ma che sono approssimazioni di eventi fisici estremamente complessi e che sono passibili di errore. Ad esempio, studi sulla “cecit`a al cambiamento” [O’Regan et al., 1999] e la “cecit`a inattentiva” [Simons, 1999] indicano come la vista sia un processo in parte inconscio che ci appare come unitario e continuo, quando `e in realt`a un processo frammentato, dipendente dall’attenzione e dal contenuto della scena osservata.

“The fact of change blindness is widely thought to have several important conse- quences. First, perception is, in an important sense, attention-dependent. You only

see that to which you attend. If something occurs outside the scope of attention, even if it’s perfectly visible, you won’t see it.

... Second, perception is gist-dependent. Some changes, for example, in the features that affect the gist of the scene, are more likely to be noticed.

Third, it seems that the brain does not build up detailed internal models of the scene; that is, it doesn’t perform the integration of information across successive fixations, contrary to the assumption of traditional orthodoxy.

... Our perceptual access to the world is robust, but fallible and vulnerable. How could one really think otherwise?” [Noe, 2002, pp. 4-7]

La vista `e uno dei sensi pi`u studiati, ma anche uno dei pi`u complessi. Nel suo libro “The

Astonishing Hypothesis”, Crick descrive accuratamente i processi coinvolti nella percezione

degli stimoli visivi, per dimostrare quanto le nostre convinzioni su ci`o che vediamo siano incorrette. Quello che pu`o sorprendere, dice Crick, `e che, nonostante non si sappia ancora

come vediamo le cose, `e piuttosto facile dimostrare che quello che si pensa di vedere `e in

realt`a una semplificazione o, in molti casi, semplicemente sbagliato.

L’immagine mentale che molti di noi hanno `e che ci sia un piccolo uomo da qualche parte nel nostro cervello, il quale segue tutto quello che succede.

“I shall call this the Fallacy of the Homunculus (homunculus is Latin for “little man”). Many people do indeed feel this way—and that fact, in due course, will itself need an explanation—but our Astonishing Hypothesis states that this is not the case.” [Crick, 1994, p. 24]

Crick cerca di dare un’idea della quantit`a di aree coinvolte nella processazione visiva (Figura 7); tuttavia, per comprendere cosa si intende con scomposizione e sintesi di una percezione, e come il segnale neuronale viaggia nel sistema nervoso, `e meglio analizzare un caso pi`u semplice. Un esempio pi`u utile potrebbe quindi essere quello del tatto.

Figura 7: “Each line represents many axons, running in both directions. At the bottom of the figure, labelled RCC, are the retinal ganglion cells in the e ye. LGN is part of the tha- lamus. This projects to the first visual area, VI, shown subdivided into four parts, with the second visual area, V2 (also in four parts), just above it. The names of the different areas are fairly arbitrary and need not concern the reader. At the top, HC stands for hip- pocampus and ER for the entorhinal cortex that leads into it.” [Crick, 1994, p. 156]

Ciascun sistema sensoriale ha i propri recettori che rispondono a stimoli specifici e li codifi- cano in energia elettrica. La pelle delle mani e dei piedi utilizza un meccanocettore di quattro tipi: corpuscoli di Meissner, corpuscoli di Merkel, corpuscoli di Pacini e corpuscoli di Ruffini.

Figura 8: Meccanocettori del tatto [Kandel et al., 2013, p. 483].

I meccanocettori del tatto e i fotorecettori della vista hanno un proprio campo recettivo, cio`e rispondono a stimoli solo se questi sono applicati all’interno di una certa regione; nel caso del tatto, la specifica regione della cute.

I corpuscoli di Meissner e Merkel sono superficiali e rispondono a pressioni lievi, con un campo recettivo piccolo adatto a discriminare i fini d ettagli. Invece i corpuscoli di Pacini e Ruffini si trovano pi`u in profondit`a e sono pi`u adatti a discriminare le pressioni forti e le vibrazioni. Ognuno dei recettori si occupa di segnalare i dettagli spaziali degli oggetti, mentre questi interagiscono con la cute. Hanno dunque delle ben definite propriet`a t emporali: i corpuscoli di Meissner e quelli di Pacini si adattano velocemente allo stimolo e smettono di scaricare il loro potenziale d’azione in caso di stimolazione prolungata, mentre quelli di Merkel e Ruffini si adattano pi`u lentamente e continuano a scaricare in risposta a stimolazione prolungata. I recettori non sono distribuiti uniformemente, ad esempio i polpastrelli sono pi`u densamente

innervati, soprattutto di corpuscoli di Meissner, i quali permettono di discriminare i fini dettagli.

Figura 9: La soglia minima entro la quale i meccanocettori di diverse parti del corpo ri- escono a discriminare. Sul polpastrello dell’indice e` circa due millimetri, mentre sul pol- paccio pi`u di 45 millimetri [Kandel et al., 2013, p. 505].

Oltre ai quattro meccanocettori appena descritti, nella cute fornita di peli si trovano anche i termocettori, i nocicettori, i quali si occupano della percezione di stimoli dolorosi, e i

propriocettori, i quali segnalano la posizione, postura e i movimenti delle varie parti del corpo.

Ciascuno di questi recettori invia il proprio segnale attraverso le fibre afferenti, passando per i gangli spinali, i quali sono 31 coppie di nervi distribuiti lungo l’asse della colonna.

Il segnale afferente, percorrendo il midollo spinale, raggiunge i cosiddetti “centri superiori”, cioe` il tronco encefalico e talamo, per poi essere proiettato alla corteccia somatosensoriale.

Figure 10: Le vie afferenti del tatto e del dolore. [Kandel et al., 2013, p. 493].

Ci sono due particolarit`a nella trasmissione del segnale; la prima, pi`u visibile, `e che avviene un incrociamento degli assoni, cio`e che il segnale proveniente dal lato sinistro del corpo verr`a proiettato all’emisfero destro e viceversa. Per il caso del tatto e della propriocezione, questo incrociamento avviene al livello del bulbo, nel tronco encefalico, e per il caso del senso termico

e del dolore, avviene gi`a nel midollo spinale. La seconda particolarit`a `e che queste ‘stazioni’, lungo le quali il segnale viaggia, non sono dei semplici ripetitori, ma dei veri e propri centri di

rielaborazione, i quali modificano il segnale mediante meccanismi di divergenza, convergenza

ed inibizione.

Figura 11: La corteccia somatosensoriale e le sue divisioni, nel macaco. [Kandel et al., 2013, p. 516].

Il segnale cos`ı elaborato raggiunge la corteccia somatosensoriale primaria, la quale e` organizzata somatotopicamente, cio`e le aree fisicamente v icine s ono r appresentate vicine

anche nella corteccia somatosensoriale 17. Questa organizzazione non riflette esattamente

la disposizione spaziale del nostro corpo; la quantit`a di corteccia cerebrale dedicata varia a seconda della parte del corpo, ad esempio la mano `e una delle aree pi`u larghe.

“A second major insight from the early electrophysiological studies was that the so- matosensory cortex contains not one but several somatotopic arrays of inputs from the skin and therefore several neural maps of the body surface. The primary so- matosensory cortex (anterior parietal cortex) has four complete maps of the skin, one each in areas 3a, 3b, 1, and 2. Basic processing of tactile information takes place in area 3, whereas more complex or higher-order processing occurs in area 1. In area 2 tactile information is combined with information concerning limb position to mediate the tactile recognition of objects. Neurons in the primary somatosensory cortex project to neurons in adjacent areas, and these neurons in turn project to other adjacent cortical regions. At higher levels in the hierarchy of cortical connec- tions somatosensory information is used in motor control, eye–hand coordination, and memory related to touch.” [Kandel et al., 2013, p. 364]

La corteccia somatosensoriale primaria proietta il segnale verso la corteccia motoria e verso l’area associativa somatosensoriale. Questa viene definita un’area associativa unimodale poich´e processa solamente un tipo di informazione, in questo caso il tatto; ma, dopo es- sere stato elaborato da questa area, il segnale viene ulteriormente elaborato dalle cortecce

associative multimodali, cio`e in grado di associare pi`u stimoli fra di loro.

Figura 12: Le proiezioni dalla corteccia somatosensoriale e dalla corteccia parietale posteri- ore verso aree associative multimodali [Kandel et al., 2013, p. 365].

La corteccia motoria e quelle sensoriali occupano circa met`a della corteccia cerebrale, il resto `e occupato da queste aree associative, che, come abbiamo visto precedentemente, sono tanto difficili da studiare quanto fondamentali per la sintesi finale delle percezioni.

Riassumendo: i sensi scompongono gli oggetti in aspetti significativi, q uali g randezza, dis- tanza, forma, colore etc., e li codificano i n s egnale n euronale, c io`e p otenziale d ’azione e neurotrasmettitori, il quale viene inviato e rielaborato attraverso le fibre a fferenti fi no ai centri superiori. I nervi periferici inviano costantemente una tale quantit`a di informazioni che per il cervello sarebbe impossibile elaborare, perci`o viene selezionata l’informazione che pu`o accedere alla rielaborazione e alla memoria. Circuiti neurali provenienti da aree su- periori modificano l ’informazione a fferente, i ntervenendo c os`ı d inamicamente s ul fl usso di informazioni coinvolte [Kandel et al., 2013, p. 527].

Il segnale, arrivando all’encefalo, viene processato dalle aree sensoriali primarie, che si oc- cupano di ricostruire un’immagine unimodale della percezione; dopodich´e il segnale viene inviato alle aree sensoriali secondarie ed infine a lle c ortecce a ssociative, d ove l a rappresen- tazione unimodale viene integrata con le altre percezioni, con la memoria e con ulteriori centri cognitivi. Di tutte queste fasi, quest’ultima e` la pi`u misteriosa e probabilmente la pi`u importante. Ancora non si sa che cosa succeda al segnale neuronale una volta entrato nelle

aree associative, quello che sappiamo `e che, in ultima istanza, la percezione e le sensazioni emergono alla coscienza in modo unitario ed integrato.

Il fatto che la nostra percezione, sotto introspezione, ci appaia quindi come unitaria ed af- fidabile, `e estremamente utile per gli organismi, i quali non sarebbero in grado di gestire la vastissima quantit`a di informazioni che sarebbero comprese in una rappresentazione completa del mondo. Lo sforzo costante della nostra struttura percettiva `e quindi quello di costruire, o rappresentare, la realt`a, sia attraverso un processo bottom-up guidato dai significati ai quali poniamo attenzione, sia un processo top-down per il quale applichiamo le nostre cognizioni al mondo esterno. Per poter affrontare un compito cos`ı complicato, la nostra biologia ha sfruttato diversi meccanismi per ridurre l’incertezza ed l’ambiguit`a, quali l’impressione di stabilit`a delle nostre percezioni, l’immediatezza e l’incorreggibilit`a delle sensazioni consce.

Documenti correlati