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GERMANIA: L'ARCIPELAGO BRUNO

Nel documento Sisifo 26 (pagine 47-50)

di Elia Bosco

X

L'ondata di violenza xe-nofoba che ha travolto la G e r m a n i a negli ultimi due anni è un f e n o m e n o che non conosce precedenti in tutto il dopoguerra tedesco. Iniziati nella tarda estate del 1991, con il «Pogrom di Hoyerswerda», q u a n d o un n u m e r o r e l a t i v a -mente esiguo di Naziskin riu-scì, con il plauso della popola-zione, a «liberare» la città dagli stranieri, gli atti di violenza ca-talogati ufficialmente come di «estrema destra» sono aumen-tati costantemente anche se con andamento discontinuo. Secon-do i rapporti di polizia essi so-no stati 1483 nel 1991, un nu-mero cinque volte maggiore ri-s p e t t o a l l ' a n n o p r e c e d e n t e (270), 2.518 nel 1992, e oltre 1.300 già nei p r i m i m e s i di q u e s t ' a n n o ( D e r S p i e g e l 23/1993). Dopo aver raggiunto le punte m a s s i m e nella tarda estate e nell'autunno del 1992 con gli episodi di Rostock (22-28 Agosto) e di Mölln (23 No-v e m b r e ) , le azioni x e n o f o b e sembravano drasticamente ridi-mensionate — anche a seguito delle numerose manifestazioni di protesta sviluppatesi in varie parti della RFT. I drammatici fatti a v v e n u t i a fine m a g g i o nella città di Solingen tuttavia, sembrano confermare le posi-zioni di chi considera i gruppi di militanti parte di un più am-pio arcipelago bruno che si è venuto formando nel corso de-gli ultimi dieci anni, e che ora si a n d r e b b e s t r u t t u r a n d o in « n u o v o m o v i m e n t o s o c i a l e » (Jaschke, 1992).

Seguendo questa tesi, nei pros-simi paragrafi verrà analizzata in un primo tempo la struttura dell'attuale movimento; succes-s i v a m e n t e v e r r a n n o p r e succes-s e in esame le sue chances di costi-tuirsi in «nuovo attore»1.

Scontando una certa ap-^ r j prossimazione,

all'inter-no de\\'arcipelago bruall'inter-no si p o s s o n o i n d i v i d u a r e d u e componenti principali. La pri-ma è rappresentata dall'area al-quanto segmentata della destra radicale, il cui peso politico, sempre relativamente margina-le nella RFT, è andato aumen-tando negli anni ottanta soprat-tutto a seguito del processo di innovazione culturale e orga-n i z z a t i v a a t t u a t o dai g r u p p i della Nuova Destra tedesca. Al suo interno si collocano anzi-tutto una serie di partiti che hanno cominciato a profilarsi sulla scena politica nella se-conda metà del decennio pas-sato. Tra questi i più importanti sono i «Republikaner» (REP), la «Lega Tedesca del popolo» (DVU), il «Partito nazionalde-mocratico tedesco» (NPD), il

«tradizionale» partito neonazi-sta sopravvissuto a numerose crisi, e la «Lega tedesca per il popolo e la patria», costituitasi nei 1991 come partito trasver-sale che ammette la doppia mi-litanza.

Esponenti di un conservatori-smo antidemocratico e nazio-nalpopulista, queste organizza-zioni ambiscono a presentarsi come partiti di estrema destra «modernizzati» che hanno pre-so le distanze dall'eredità na-zionalsocialista e accettato i principi dell'ordine democrati-co, anche se ciò è in larga mi-sura frutto di un'operazione di «restyling». Rilevante è il fatto che nel mercato politico esse rappresentano dei «partiti pon-te» che si collocano nella «zo-na grigia» tra la destra radicale ed il s e t t o r e c o n s e r v a t o r e dell' establishment. Ciò vale in particolare per i Republikaner, l'organizzazione che insieme alla DVU ha ottenuto significa-tivi successi alle elezioni euro-pee del 1989 e nelle regionali del 1992, e che ha buone pro-babilità di entrare al Bundestag nella tornata elettorale dell'an-no prossimo;

— un s e c o n d o c o m p l e s s o di organizzazioni è costituito dai gruppi neonazisti veri e propri, che perseguono una strategia di tipo eversivo mirante alla crea-z i o n e di un n u o v o « Q u a r t o Reich». Nel corso del decennio p a s s a t o h a n n o a c q u i s i t o una crescente importanza le orga-n i z z a z i o orga-n i formatesi iorga-ntororga-no a l l ' e x t e n e n t e d e l l a Bunde-swehr Michael Kuehnen, vera figura leader della nuova gene-razione, morto recentemente di A I D S . Si tratta di partiti di quadri operanti al limite della clandestinità come il «Partito l i b e r t a r i o dei l a v o r a t o r i » , il « F r o n t e n a z i o n a l i s t i c o » e la «Comunità di principi del nuo-vo f r o n t e » (Gesinnungsge-meinschaft der Neuen Front) i m p o r t a n t i q u e s t ' u l t i m e per l'attività svolta nella ex R D T dove entrambe sono riuscite ad i n f i l t r a r s i n e l l a s c e n a d e g l i Skin e degli H o o l i g a n s (As-s h e u e r , S a r k o w i c z , 1992, p. 104);

— accanto alle organizzazioni prettamente politiche troviamo inoltre una fitta rete di riviste, case editrici, fondazioni cultu-rali, circoli di intellettuali, sia di appartenenza partitica che indipendenti, come pure sette religiose «neopagane» collega-te al New Age. A l c u n e delle più note sono la «Società per la libera stampa», l'associazione culturale con il più alto numero di iscritti, il Thule Seminar, importante «fucina di pensie-ro» della Nuova Destra, perio-dici quali Mut («Coraggio»); Criticon, Europa Vorn e il

set-timanale Junge Freiheit («Gio-vane libertà») fondato di recen-te su modello della stampa li-beral di cui sembra rappresen-tare un concorrente di successo. — La nuova scena giovanile, cresciuta a partire dal 1989, co-stituisce la seconda componen-te dell'arcipelago. Si tratta di un'area diffusa e scarsamente strutturata, ma con una propria subcultura consolidata che ha il suo centro principale nel nuovo Rock eversivo di destra. Da es-sa provengono gli autori delle azioni xenofobe che costitui-scono l'ala militante del movi-mento. I rapporti di polizia e le prime ricerche indicano che co-storo s o n o p r e v a l e n t e m e n t e s o g g e t t i di s e s s o m a s c h i l e (95%) e giovanissimi (il 70% circa ha m e n o di 21 anni; il 27,5% un'età compresa tra i 21 ed i 30, e solo il 2,5% superano i 30) con un livello di istruzio-ne prevalentemente basso, limi-tate prospettive sul mercato del lavoro ed una situazione fami-gliare difficile. Nuove indagini h a n n o messo in luce che per circa un terzo di costoro le mo-tivazioni all'azione sono impu-tabili più alla loro condizione sociale che non a ragioni di tipo ideologico. La frustrazione per lo status sociale non elevato; la paura del futuro, del declassa-mento e della povertà; anomia, isolamento e invidia, sono i va-ri fattova-ri individuati come causa di un comportamento xenofobo del tipo «capro espiatorio». I restanti due terzi sono costituiti rispettivamente da attivisti di estrema destra, molti con posto di lavoro e titolo di studio supe-riore o universitario, e da Skin che agiscono «per odio verso i non tedeschi» e che, pur non considerandosi neonazisti, di f a t t o s o n o i d e o l o g i c a m e n t e condizionati da q u e s t ' u l t i m i . ( D e r S p i e g e l , 1 7 / 1 9 9 3 ; 24/1993).

J

Nel complesso l'arcipe-lago bruno rimane carat-terizzato da un grado di s e g m e n t a z i o n e relativamente alto — un dato questo che è evidenziato dalla concorrenza esistente tra i diversi partiti e dalla scarsa densità di relazio-ni tra questi e l'area dei Nazi-skin, che come noto sono re-frattari ad ogni forma di orga-nizzazione.

Le azioni svoltesi in agosto in occasione del sesto anniversa-rio d e l l a m o r t e di R u d o l p h Hess hanno invece rivelato che all'interno dell'area militante esistono non solo dei reticoli organizzativi locali e regionali stabilizzati, ma anche — con-trariamente a quanto pensavano le autorità stesse — u n ' a g i l e struttura di coordinamento

trale (Tageszeitung 31/8/93). Vi sono inoltre una serie di fat-tori che possono favorire un maggior «compattamento» tra

le componenti.

Un primo fattore, molto impor-tante, è rappresentato dall'esi-stenza di u n ' « i m m a g i n e del mondo» relativamente coerente

— frutto, come già ho rilevato, del lavoro della Nuova Destra (ND) — che costituisce il

back-ground culturale di tutta l'area. Scontando anche in questo caso un'inevitabile approssimazione,

i contenuti principali di questa immagine del mondo si posso-no sintetizzare nel modo se-guente:

a. al centro della teoria della ND si trova anzitutto

l'afferma-zione dell'esistenza di una

so-stanziale disuguaglianza

biolo-gico-genetica e culturale tra gli uomini, fonte di legittimazione

di un ordine sociale gerarchico

e autoritario che trova il suo fondamento nel popolo (Volk),

inteso come comunità vivente, come totalità organica

fornitri-ce di senso;

b. questa tesi, in secondo luogo,

viene estesa anche ai rapporti

tra i popoli sotto forma di

ri-vendicazione del

riconoscimen-to delle loro differenze biologi-co-culturali (Etnopluralismo) e

del loro diritto alla «lotta» per l'affermazione ed il

manteni-mento della propria identità c u l t u r a l e e n a z i o n a l e (B e -freiungsnationalismus),

un'ar-gomentazione da cui in passato

v e n i v a d e s u n t a la r i c h i e s t a

dell'autonomia e dell'unità

del-la Germania (nei confini del

vecchio Reich). Essa

consenti-va inoltre l'apparente

assimila-zione di posizioni tradizionali

della sinistra, quali

l'anticolo-nialismo, l'antimperialismo, e

la critica all'etnocentrismo

oc-c i d e n t a l e . P o s i z i o n i c h e in

realtà vengono completamente

distorte nel loro contenuto per

sostenere:

— la p r i o r i t à a s s o l u t a

del-l'«identità nazionale» e della

«nazione» rispetto ad ogni for-ma di universalismo e cosmo-politismo e la conseguente pro-posta di una «rinazionalizzazio-ne» della politica tedesca; — il rifiuto di ogni forma di so-lidarietà intemazionale in nome di una concezione socialdarvi-nistica della storia che vede quest'ultima caratterizzata dalla «autoregolazione» (leggi: sele-zione), nella «lotta per la so-pravvivenza», di popoli e di culture considerati da un lato come essenzialmente eteroge-nei e non assimilabili, e dall'al-tro, per condall'al-tro, come entità internamente omogenee, u n ' a f -fermazione, quest'ultima, da cui vengono tratte due ulteriori argomentazioni:

— la necessità di preservare e difendere l'integrità biologico-genetica e culturale del Volk minacciata sia dagli effetti per-versi della civilizzazione, e sia, soprattutto, dalla mescolanza di etnie differenti, come pure, più in generale, dalla presenza di elementi «infetti» ed «impuri» — idee queste che, malgrado riformulazioni più «moderniz-zate», riprendono chiaramente la c o n c e z i o n e n a z i s t a del-l'«igiene della razza» (non è un caso che fino a tutto il 1992 il n u m e r o m a g g i o r e di vittime della violenza fosse costituito da h a n d i c a p p a t i , senzatetto, pensionati, soggetti emarginati in genere);

— la conseguente concezione dell'«identità culturale» e «na-zionale» come fattore d'ordine. Essa infatti deve esprimere l'in-dividualità e l'unicità del popo-lo che, in quanto «unità etnica oggettiva», è l ' u n i c a istanza portatrice di senso e di ordine. La c o s t r u z i o n e d e l l ' i d e n t i t à collettiva quindi deve mirare alla creazione di omogeneità at-traverso l'esclusione dei gruppi dei «non identici» o di forme culturali e modelli di vita etero-genei (Jahn, Wehling, 1991, p. 47). Un chiaro no dunque alla società multiculturale (ma

an-che, seguendo Cari Schmitt, al pluralismo e alla democrazia); c. pur rivendicando il primato della nazione, larga parte della ND si fa portatrice dell'idea più «modernizzata» di un «nuovo» nazionalismo europeo. L'Euro-pa è vista come un «organismo di popoli e nazioni» che da un lato deve mantenere le proprie differenze e dall'altro deve ri-trovare e difendere la propria identità chiudendosi ermetica-mente nei confronti delle inge-r e n z e e s t e inge-r n e , sia c u l t u inge-r a l i (americanismo), che etniche (immigrazione), e riscoprendo le proprie radici. Esse si trova-no, guarda caso, nelle «strutture del mondo germanico» pagano, ovvero ancora non contaminato dal giudeo-cristianesimo (As-sheuer, Sarkowicz, cit. p. 198 e ss.). In quanto esponente della Kultur, contro la Zivilisation, e paese cerniera tra Est ed Ovest, la Germania è portatrice di una « m i s s i o n e » nei c o n f r o n t i dell'Europa e del mondo. A tal fine il popolo tedesco deve ri-trovare la propria identità di-storta da una duplice alienazio-ne: una «alienazione etnica» (ethnische Ùberfremdung),

cau-sata dall'immigrazione, ed una «alienazione culturale» provo-cata dal «processo di rieduca-zione» del popolo, voluta nel dopoguerra dalle potenze occu-panti, che avrebbe portato alla rottura degli ordini tradizionali e alla distruzione delle strutture di solidarietà della Volksge-

meinschaft (parola chiave:

«oc-cidentalizzazione», ovvero «a-mericanizzazione»);

d. la «rinascita del popolo tede-sco», la ricostruzione della co-scienza nazionale e della nazio-ne come «comunità di destino», comporta infine il «superamen-to di Hitler», la «sdrammatizza-zione» (Entsorgung) di un pas-sato che con il fantasma di Au-schwitz «ha bloccato il popolo, nevrotizzato dai sensi di colpa, e castrato la nazione sul piano della politica mondiale» (Leg-gewie, 1992, p. 329). In questo senso esponenti della ND, quali Armin Möhler, sono da consi-derarsi tra gli iniziatori del Re-visionismo, e lo svilupo della

Historikerstreit come un loro

p r i m o s u c c e s s o ( A s s h e u e r , Sarkowicz, cit., pp. 187-190). Esso rappresenta l'indicatore per ora più significativo del

fat-Affissione di uno striscione di solidarietà con gli immigrati all'esterno di un bar di Berlino, 1993.

to che i temi della ND, conside-rati fino a non molto tempo fa come marginali, possano essere assunti nella «cultura politica di

maggioranza» e condizionare l'agenda politica.

La ragione risiede in un'ulterio-re serie di fattori strutturali tra i

quali si possono segnalare:

— il crollo dell'Est e la riunifi-cazione del paese che hanno riaperto il problema della collo-cazione geopolitica della Ger-mania, nonché della definizione della sua identità, una questio-ne che ora non può più essere, per così dire, «rimandata». In questo quadro trovano spazio sia la proposta di costruzione di un'«identìtà nazionale

organi-ca» fondata su una nuova «im-magine del nemico» (gli «stra-nieri»), avanzata dalla ND in aperta c o n t r a p p o s i z i o n e al-o e t i c a del discal-orsal-o» e al «pa-triottismo costituzionale» della sinistra-, e sia la rivendicazione

— declinata in diverse varianti

— di un «giusto posto» della Germania sulla scena politica mondiale;

— la persistenza di un trend verso la formazione di una so-cietà multiculturale dovuto a ragioni strutturali quali la situa-zione mondiale (rapporto Nord-Sud, crisi dei paesi dell'Est) e la tendenza all'invecchiamento della popolazione;

— la crisi degli attori politici principali (partiti, sindacato, gruppi di interesse, chiese) evi-denziata dalla persistente perdi-ta di fiducia nelle istituzioni e nelle grandi ideologie, dal «ri-fiuto della politica» e da forme aggressive di ressentimenl nei confronti di una classe

dirigen-te ritenuta incapace di far fron-te ai problemi del paese e non esente, peraltro, da scandali e

corruzione;

— la forte caduta del

«consen-so antinazista» sia nella ex-RFT dove, pur con dei limiti,

aveva retto per 40 anni, e sia nell'ex-RDT, che sconta gli

ef-fetti controproducenti della

po-litica di «antifascismo

dall'al-to» praticata dal regime

comu-nista. Il dato è evidenziato dalla

crescente «popolarizzazione»,

specie tra gli strati sociali

su-balterni, delle tesi revisioniste,

in particolare nella loro

versio-ne «negazionista» (Leggewie,

1993, p. 108). E anche se è an-cora presto per valutare gli ef-fetti della ricaduta della

Histo-rikerstreit sulle n u o v e leve accademiche, già sono

compar-si, a quanto sembra, i primi gio-vani intellettuali «national-chic» (cfr. La R e p u b b l i c a 15.08.1993). Il fatto

rilevan-te — si osserva — è che, a fronte di questi sviluppi, l'idea di una chiusura definitiva «con le attribuzioni di colpa

unilatera-li e con l'elaborazione del

pas-sato, sembra ormai in grado di ottenere un consenso maggiori-tario». (Jaschke, cit., p. 1.445).

L ' i n s i e m e di fattori ^ y C9 sopra esaminati ha fa-^ T g vorito l ' a p e r t u r a del

mercato politico verso «partili ponte» come i REP o la DVU, i quali, facendo leva sul diffuso ressentimenl verso gli stranieri e verso «quelli che stanno in al-to», e con l'aiuto della piazza, sono riusciti a condizionare pe-santemente l'agenda politica, in particolare il dibattito sul diritto d'asilo, costringendo i partiti dell' establishment sulla difensi-va. La concentrazione sul tema xenofobia da un lato ha creato una maggiore unità tra le varie componenti e dall'altro ha fa-vorito l'attivazione del latente potenziale di estrema destra da sempre presente nella RFT. Le analisi dei trend elettorali indi-cano che negli ultimi dieci anni è avvenuta una progressiva ca-duta dì consensi nei confronti dei grandi partiti, non compen-sata dalla crescita dei Griinen, e per contro un aumento costante dei partiti dell'estrema destra, comprese le formazioni minori. Da esse emerge inoltre che la base elettorale ha un carattere tendenzialmente trasversale an-che se vi è una leggera preva-lenza di soggetti di estrazione medio-bassa ed una più netta presenza di giovani (il 27% de-gli elettori orientali sotto i 24 anni ed il 24% degli occidentali ha votato o voterebbe un partito di estrema destra), mentre il da-to forse più significativo è che i voti provengono non solo dai partiti conservatori e dall'area dell'astensionismo, ma in misu-ra crescente anche dal milieu operaio dell'SPD. Ciò indiche-rebbe che l'area potenziale del nuovo estremismo di destra si andrebbe costituendo a partire dal centro e non dai margini della società (Leggewie, cit., p. 98 e ss.).

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Non è ancora chiaro al momento se il permane-re di queste condizioni potrà favorire «unicamente» qualche altro successo elettora-le dei REP o della DVU, oppu-re se porterà ad una maggiooppu-re densità di relazioni tra le varie organizzazioni ed alla stabiliz-zazione di un movimento di estrema destra diffuso, decen-trato e con una forte ala militan-te (ipomilitan-tesi assai plausibile), o al-la formazione di un nuovo par-tito nazionalconservatore, popu-lista e xenofobo in grado di uni-f i c a r e le varie c o m p o n e n t i dell'arcipelago e di insediarsi stabilmente all'interno del siste-ma politico, come è avvenuto in

altri paesi europei quali Francia e Austria. Sono tutti esiti aperti in una situazione che è in forte movimento e peraltro non in al-ternativa tra di loro.

A questo punto la d o m a n d a d'obbligo è piuttosto se a livel-lo politico e di società civile esistono delle controtendenze in grado di contrastare tali svi-luppi. A parte il p r o b l e m a dell'efficacia delle tradizionali strategie di lotta contro l'estre-mismo di destra — un proble-ma rilevante nel cui merito qui non si può entrare — le dimo-strazioni antifasciste svoltesi in numerose città della Germania sono un indubbio segno dell'e-sistenza di un blocco progressi-sta, che definirei eco-liberal-so-cialista, in grado di mobilitare risorse. Esso tuttavia al mo-mento sembra esprimere preva-lentemente una nostalgica dife-sa della vecchia RFT, vista for-se un po' miticamente come una società che, senza l'«intop-po» della caduta del muro e della riunificazione, si sarebbe sempre di più «anglicizzata» realizzando così il tanto anelato «superamento di Hitler». Detto in altre parole, mentre l'estre-ma destra vorrebbe affossare la vecchia RFT, in quanto stato troppo «occidentalizzato», la sinistra teme proprio questo fat-to e si stringe in difesa di uno status quo ormai superato. Ciò che invece necessita si osserva (sempre a sinistra), è «una nuo-va era riformista» che affronti alcuni grossi nodi politici del paese quali la costruzione di una n u o v a p o l i t i c a estera; l ' e c o l o g i a , un tema su cui l'estrema destra ha guadagnato terreno; la realizzazione di una «de-etnicizzazione» dell'iden-tità collettiva (riforma del dirit-to di c i t t a d i n a n z a a partire dall'eliminazione dello ius san-guinis) che consenta l'apertura verso una società multietnica; la ridefinizione delle politiche sociali — anche nell'ottica di una «ri-civilizzazione» dei rap-porti tra gli individui (conteni-mento della violenza). In que-sto senso le grandi manifesta-zioni (le cosiddette «catene lu-minose») dovrebbero e/o po-trebbero diventare un nuovo movimento per i diritti civili che persegua il progetto di una società multiculturale e che, a fronte della crisi dei partiti, e nell'ottica della formazione di una civil society, diventi il ter-reno di cultura per il rinnova-m e n t o del sisterinnova-ma p o l i t i c o (Leggewie, cit. pp. 145-150). Un nuovo «catalogo dei deside-ri» o una prospettiva realista? Le questioni in gioco sono po-ste con chiarezza, ma intanto il 1994, l'anno delle elezioni fe-derali. è alle porte. E sarà un anno decisivo.

1 Per u n ' a n a l i s i dei nuovi movi-menti sociali condotta a partire dal-la loro dimensione organizzativa e dal sistema di relazioni esistente tra gli attori che li compongono cfr. Diani (1988), che qui seguiamo.

2 Cfr. Assheuer/Sarkowicz, cit. p. 184. II concetto di «Patriottismo costituzionale» è stato trattato di recente da Rusconi (1993 a); (1993 b).

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L'ANTISEMITISMO

Nel documento Sisifo 26 (pagine 47-50)

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