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LEGGERE «GLI ALTRI» NELLA SCUOLA

Nel documento Sisifo 26 (pagine 56-59)

di Adriano Ballone

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o scopo di una note come

questa è molto limitato: sarebbe del tutto impen-sabile fornire un percor-so esauriente alla multicultura-lità utilizzando testi letterari e

narrativi in particolare. L ' o b -biettivo è duplice: perorare, per

così dire, la causa di una lettura di testi non abituali nella

scuo-la, nella convinzione che la nar-rativa, non solo europea, aven-do affrontato spesso i temi del

«pregiudizio», del «razzismo», dei conflitti interetnici, della «diversità», possa costituire un incisivo strumento di educazio-ne culturale (oltre che di infor-mazione e istruzione); offrire qualche riflessione e soprattutto suggestione (inevitabilmente connotate da preferenze perso-nalissime) utili al lavoro didat-tico a volte con alunni p ò c o motivati. Alunni e giovani che però, contrariamente all'opinio-ne diffusa, non sono così im-permeabili al piacere della let-tura: sono soprattutto loro ad

aver decretato il s u c c e s s o di m e r c a t o di a u t o r i c o m e S. King, W. Smith, I. Asimov, U. Eco, Tolkien, oltre che di Gino e Michele. Sappiamo, per la ve-rità, che leggono «alla maniera di P e n n a c » e d u n q u e non in

modo riprovevole: se non «pre-si» abbandonano la lettura, in-teressati come sono alle «sto-rie» assai più che alle strutture narrative, alla narratologia, alla «forma letteraria». Questo stile di lettura non è dannoso, anche se confligge con la più recente moda didattica della decodifi-cazione del testo, dell'analisi strutturale che scoraggia qual-siasi piacere della lettura, anche perché viene esercitata — prati-ca deteriore quant'altre mai — su antologie che procedono per brandelli, brani, spezzoni, boc-coni e scarti di pagine del tutto decontestualizzati e arbitrari. Tanto che, al termine del curri-colo, per quanto dignitoso, uno studente mediamente diligente ha maturato una riconosciuta incompetenza, una vasta igno-ranza letteraria e una inconteni-bile noia verso autentici giganti della cultura come sono Dante, Boccaccio, Ariosto, Rabelais, Cervantes, Leopardi, Balzac. La «colpa», ovviamente, non è

degli insegnanti, o solo in par-te. E soprattutto di un program-ma misoneista e spesso provin-ciale che si dilunga su autori minori, minimi e anche inesi-stenti, purché «italiani», anche se più propriamente cosmopoli-ti o milanesi o toscani o lacosmopoli-tini- latini-sti. Molto più funzionale sareb-be una lettura non frettolosa, suadente e ricca di immagina-zione interpretativa e di avvio a l l ' a n a l i s i f i l o l o g i c a di testi completi. Per quel che ci ri-guarda — la riflessione sui

mi del pregiudizio e della

«sco-perta dell'altro» — il

Decame-ron potrebbe rivelarsi una fonte straordinaria: non solo per il

piacere del raccontare che con-traddistingue il Boccaccio, per

la penetrante finezza di

costru-zione psicologica dei

personag-gi, per quelle splendide pagine

di storia quasi in diretta che è l'«Introduzione», ma

soprattut-to per la descrizione di un

mon-do in cui usi e costumi, i più

di-sparati, si incontrano e

interagi-scono, per quella attenzione

al-le «differenze», per quella

spre-giudicata simpatia verso tutto

ciò che rompe — festosamente

e vitalisticamente — i vincoli e

le barriere della tradizione.

Opera incomparabile, il

Deca-meron, se appunto si ha il

co-raggio di abbandonare le dieci

canoniche novelle

antologizza-te (e talvolta «tradotte») e di

utilizzare il testo. Non sarebbe

inopportuno poi se a questa

let-tura si affiancasse la lettura,

non esclusivamente a fini

com-parativi, data anche la difficoltà

di definire un codice di

compa-rabilità, di racconti provenienti

da altri «mondi»: il classico Le

mille e una notte, in buona

tra-duzione einaudiana; ma anche,

ad esempio, Pao-Weng

Lao-Jen, Nuove e antiche meravi-glie. Racconti cinesi del Sei-cento, edito di recente da

Gui-da, che consente di

problema-tizzare alquanto gli stereotipi

occidentali sui «cinesi»

mo-strandone invece la

componen-te erotica e libertina; Il sogno

dello Scimmiotto, di Dong Yue,

è un classico cinese della stessa

epoca che si interroga sul mito,

non solo cinese, della scimmia

c o n t e m p o r a n e a m e n t e u o m o

animale dio e demone. Edito

quest'ultimo da Marsilio, una

delle case editrici più attente ai

migliori prodotti della

letteratu-ra universale: è suo anche Ueda

Akinari, Racconti della pioggia

di primavera, a cura di Maria

Teresa Orsi, un affresco soffice

e ironico della società

giappo-nese del '700, di quel secolo

che, per noi europei, è per

ec-cellenza «il secolo dei lumi». Un percorso possibile che

con-duce a mondi inesplorati: certo,

l'insegnante avrà cura di atte-nuare gli entusiasmi

comparati-vistici e soprattutto di evitare, in particolare quando si tratta di realtà sociali e culturali lontane dalle nostre e difficili da

«tra-durre», come è il caso della

so-cietà cinese e giapponese, una superficiale lettura realistica. La letteratura è pur sempre me-diazione, rappresentazione, fin-zione e quindi anche (giusto il riferimento a Ser Ciappelletto) menzogna. Ciò non esclude che lo storico, l'antropologo, lo stu-dente vi ritrovino buone fonti di documentazione: un agile

manuale, in questi casi, può far da preziosa guida e quello di Edoarda Masi, Cento trame di capolavori della letteratura ci-nese, Rizzoli 1991, offre anche il vantaggio di un modo origi-nale e nuovo di intendere, scri-vere e raccontare la storia lette-raria e tutta un'epoca. La Cina poi, oggi, è meno lontana di qualche anno fa: molti immi-grati dalla Cina siedono nei banchi scolastici accanto ai no-stri bambini (per questo livello di intercultura]ità sono stati edi-ti due s p l e n d i d i v o l u m e t t i : Aa.Vv., Vieni a casa mia? I bambini italiani e i bambini ci-nesi si incontrano, Fatatrac, Fi-renze 1992 e Aa. Vv., Com'è il tuo paese? L'Italia e la Cina: due mondi che si incontrano, Fatatrac, Firenze 1992, ambe-due editi per conto della Regio-ne Toscana).

• 1 racconto è certo lo stru-mento più idoneo per in-trodurre i nostri adole-scenti alla conoscenza e comprensione di altre letteratu-re: quella giapponese novecen-tesca ha trovato nel racconto, in modo specifico rispetto ad altre letterature, una forma puntuale di lettura e descrizione di una società e dei suoi problemi. I Racconti dal Giappone, curati da Cristiana Ceci, per i tipi del-la Mondadori, e del-la meno recen-te raccolta Narratori giappone-si moderni curata da Atsuko Ricca Suga per la Bompiani, costituiscono due buone intro-duzioni ad una letteratura che si sta rivelando estramamente vi-tale e che ci ha dato Kawabata Yasunari, Tanizaki, Mishima. Ed oggi ci offre due splendidi testi: Murakami Haruki, Sotto il segno della pecora, Longanesi 1992, un poetico e indimentica-bile romanzo sulla nostalgia per gli anni sessanta e un sollecito a tutti a distruggere quell'ani-male — la pecora, appunto — che ci fa supini e annoiati («di fronte alla noia, anche gli dei ammainano le loro bandiere»); Yoshimoto Banana, N.P., Fel-trinelli 1992, una raccolta di racconti, tradotti da G. Amitra-no. degna della miglior tradi-zione giapponese, di quella tra-dizione che, nella seconda metà del X secolo, ci ha dato, ben prima di quanto sarebbe acca-duto in Francia e in Inghilterra, forse il primo «romanzo mo-derno», dovuto ad un Anonimo, la Storia di Ochikubo, a cura di A. Maurizi, Marsilio 1992, una descrizione realistica della vita dell'aristocrazia nel Giappone dell'epoca Heian. Non si tratta solo, per questa via, di mostrare agli alunni un mondo «esotico» — utile comunque a relativiz-zare le inosiddabili «certezze»

della cultura occidentale e a ri-dimensionare l'arroganza e la prepotenza — si tratta di avvia-re un processo di decentramen-to cognitivo autentico: perché non porre a confronto, ad esem-pio, quel bellissimo racconto di Su Tong, Mogli e concubine, Theoria 1992, con il film di Zhang Yimou, Lanterne rosse, tratto appunto da quel roman-zo? L'estetismo del film, mo-dellato sul gusto occidentale per accattivarsi simpatie (e spettatori), risulterebbe alquan-to infastidente rispetalquan-to all'ap-proccio fortemente politico di Su Tong (e di tutta la letteratura cinese).

0 ntreccio letteratura-so-j m cietà-politica: la narrativa M s contemporanea ne è

per-vasa e a valenza forte, di-versamente da quella italiana, spesso fiacca, svolazzante, psi-cologistica. Un intreccio che in determinate realtà dove i pro-blemi di convivenza civile ren-dono acuto il dramma dei rap-porti etnici e politici, non può essere sottovalutato: dal Suda-frica ci giungono oramai di fre-quente voci intense e dolorose. A cominciare da Nadine Gordi-mer, della quale si può leggere in traduzione italiana gran parte della produzione narrativa: se-gnalerei in particolare Storia di mio figlio, Feltrinelli 1991, rap-presentazione di un «dramma di lotte personali negli eventi rivoluzionari», con protagoni-sta una famiglia di sudafricani neri, e i 16 racconti di II salto, Feltrinelli 1992, nel quale si ri-trovano i problemi non del solo Sudafrica, ma di un intero con-tinente, quell'Africa distrutta e p r e d a t a dal c o l o n i a l i s m o e d a l l ' i n v a d e n z a capitalistica, che Dennis Hirson, La casa ac-canto all'Africa, Marietti 1990, descrive con gli occhi del bam-bino e poi del giovane studente bianco, dapprima attratto dagli smaglianti colori dei giardini fioriti, quasi un bozzetto folklo-rico, e poi via via sempre più consapevole, secondo i canoni del Bildungsroman, della dram-maticità degli eventi: il massa-cro di Sharpeville del '60, le manifestazioni studentesche, il nuovo arresto di suo padre. Di « u n ' i s o l a nel m a r e d e l l ' a -partheid» ci parla Richard Ri-ve, Districi Six, Edizioni Lavo-ro 1990: un quartiere «sporco, povero e pieno di case fatiscen-ti», abitato però da una comu-nità multirazziale solidale, pri-ma di essere dichiarato zona re-sidenziale per j bianchi e quindi raso al suolo. È attorno e contro queste violenze che matura un percorso che parte dalla solitu-dine e dalla miseria e giunge all'impegno politico e alla

mili-tanza femminista: quel percor-so che Olive Schreiner ci rac-conta in Storia di una fattoria

africana. Giunti 1986, e in 1899, Feltrinelli 1991, raccolta

di racconti, uno dei quali, Peter

Halket, è di straordinaria

bel-lezza e fascino, teso com'è a ri-conoscere la dignità umana del nero, legittimo abitante del continente africano. Non sareb-be i n f r u t t u o s o se, accanto a questi testi sudafricani, si af-fiancasse la lettura, anche in questo caso una raccolta di rac-conti, di Episodi isolati di Bha-rati M u k h e r j i e e , F e l t r i n e l l i 1992, un'autrice che dichiara, nella introduzione, di apparte-nere a una «minoranza visibi-le», evidente appunto dal con-trasto che nasce tra la sua pelle nera e l'immagine bianca e in-nevata del Canada dove risiede.

0 mmigrazioni/emigrazioni, ym colonialismo/capitalismo,

^ razzismo/violenza: di re-cente, i n t r o d o t t o da C. Gorlier ed edito dalla Edizioni Lavoro prima dell'ultimo coin-volgimento dell'Italia nella vi-cenda somala, è uscito il penul-timo dei romanzi del maggiore narratore somalo contempora-neo, Nuruddin Farah, Chiuditi

sesamo, terzo di una trilogia

in-titolata Variazioni sul tema di

una dittatura africana: autore

pochissimo noto in Italia. E la storia di un anziano patriarca somalo, musulmano e naziona-lista, più volte arrestato da ita-liani, inglesi e somali, che assi-ste, contrario e contrariato, al coinvolgimento del figlio in un complotto contro il dittatore Siyaad Barre, complotto fallito: allora, malgrado la sua profon-da avversione per la violenza rivoluzionaria, lui «uomo della tradizione», prende su di sè la responsabilità di continuare l'opera del figlio e di fare giu-stizia del suo sangue sacrifica-to. Non sarebbe stato inutile, forse, se americani e italiani avessero Ietto questo bel ro-manzo prima di decidere l'in-tervento «a fini umanitari» in Somalia. Certo, un romanzo non ferma una guerra: può però aiutarci a capirne le ragioni e le radici. E il caso dei diciotto racconti di Balkan express di Slavenka Drakulic, libro di ri-flessione sulla guerra jugoslava e sulla «nascita del pregiudi-zio». E sulla fuga dalle respon-sabilità dell'Europa: «è l'Euro-pa — così esplode il grido di angoscia e di rabbia dell'autrice

— il nemico. Il nemico chiuso nella sua fortezza, freddo, ra-zionale, ben educato...». Resta-no impresse quelle figure di adolescenti votati alla distru-zione e all'autodistrudistru-zione, in-capaci oramai di comunicazioni

e che quasi rifiutano di cresce-re, estranei a sé stessi e al mon-do. Un libro intenso e coinvol-gente (lo edita II Saggiatore, 1993, nella traduzione di Isa-bella Vay). Un consiglio: ac-canto a questo libro, si legga Riccardo Picchio, Letteratura detta Slavia ortodossa, Dedalo

1991. Quindici saggi di un ec-cezionale accademico poliglot-ta: un testo raffinato che ci spa-lanca la finestra su una storia letteraria ai più del tutto ignota.

/ t / ì / Q olti dei temi, che in M M ^ questa nota abbiamo fuggevolmente toc-cato, si ritrovano quasi come in un condensato nella letteratura di lingua spagnola, in particola-re dell'America latina: il sub-continente forse più martoriato e stravolto dalla violenza della conquista (per una valutazione complessiva e originale si veda il bel libro di A.W. Crosby,

Im-perialismo ecologico. L'espan-sione biologica dell' Europa,

Laterza 1988). Per molti versi è una scrittura che ci è più vicina e che ci ha dato alcuni best-sel-ler. B o r g e s , A m a d o , G a r c i a Marquez, Arguedas sono solo alcuni nomi, tra i molti che pur-troppo occorre qui tralasciare. Segnalerei, per il tema che stia-mo trattando, un solo autore, cubano, Alejo Carpentier, e tre sue opere, tutte edite da Einau-di: Il regno di questo mondo.

Concerto barocco, soprattutto L'arpa e t'ombra, un m o d o ,

quest'ultimo, di riappropriarsi di una storia e di una visione storica che diversamente avreb-be continuato ad essere letta e narrata con occhio tutto euro-centrico. Per un qualche utile approfondimento si può consul-tare q u a l c h e buon m a n u a l e , quale quello, ad esempio, di L. Stegagno Picchio, Profilo della

letteratura brasiliana. Editori

Riuniti 1992. Molto è rimasto fuori da questa succinta nota

(anche alcuni autori che sono interessanti, da V.S. Naipaul a S. Rushdie, da P. Chamoiseau a R. Depestre). Ciò che interessa-va non era però esaurire un ar-gomento: sollecitare piuttosto una sprovincializzazione della cultura letteraria impartita a scuola e una incursione in terri-tori inesplorati, forse per i no-stri giovani più accattivanti di Proust, loyce e dell'intramonta-bile Manzoni, il quale pure non si propone solo di impartire le-zioni morali e linguistiche agli «italiani», ma anche di spiegare alle classi dirigenti l'«anima» del «popolo».

oprattutto ho seguito una ^ ^ trama logica più che un percorso g e o g r a f i c o : dal vicinissimo (eppur remoto) so-no risalito al lontanissimo per tornare ad avvicinarmi al pre-sente e a quelle terre dove gli occidentali più saldamente si sono insediati e con loro il raz-zismo. Lì si collocano alcune zone apportatrici di una ridefi-nizione della geopolitica. È be-ne concludere con una lettera-tura che ci è ancora più vicina poiché scrive in italiano: quella di tradizione ebraica, che ap-prossimativamente gli studenti c o n o s c o n o per t r a m i t e delle opere di Primo Levi. È una let-teratura che ha dato un contri-buto davvero significativo: da Carlo Levi a Giorgio Voghera, da Giorgio Bassani ad Alberto Vigevani. E che ha reso possi-bile una conoscenza meno su-perficiale di autori quali S. Bel-low, I. Singer, M. Shamir, J. Roth, D. Grossman. Un solo li-bro. in chiusura, vorrei segnala-re: C. Sereni, Il gioco dei regni. Giunti 1993, splendida ricostru-zione di una storia, di un am-biente, di molti intrecci interet-nici di cui è intessuta la società italiana.

LE IMMAGINI

Nel documento Sisifo 26 (pagine 56-59)

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