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GGT sierica e metodi per la separazione e caratterizzazione delle frazioni di GGT.

Dal 1961 la determinazione della GGT sierica è utilizzata come marcatore diagnostico in numerose disfunzioni epatiche (Szczeklik et al., 1961), neoplasie incluse (Whitfield, 2001). L’attività sierica di GGT è influenzata da varie condizioni sia fisiologiche che patologiche.

Come già detto, nel genoma umano esiste una famiglia di geni per la GGT ma solo il gene I è trascritto e tradotto nella proteina completa e cataliticamente attiva (Courtay et al.,1994). Per cui non esistono isoforme enzimatiche dal punto di vista della struttura proteica, invece la glicosilazione è tessuto specifica e contribuisce all’eterogeneità di peso molecolare e di carica osservate nelle proteine estratte dai vari tessuti (Huseby, 1978).

La GGT sierica presenta forme che differiscono per carica, dimensione e densità in quanto veicolata da vari trasportatori plasmatici. In questi complessi ad alto peso molecolare (> 200000 Da), la GGT sembra essere associata con le lipoproteine del siero, compresi i chilomicroni (Huseby, 1982a; Sacchetti et al., 1988). Una forma idrofilica e solubile della GGT sierica, apparentemente identica a quella ottenuta dopo il trattamento proteolitico utilizzato nel corso di processi di purificazione, è presente in piccola quantità (Huseby,1982a; Huseby, 1982b; Huseby, 1982c).

La maggior parte della GGT sierica è di origine epatica come dimostrato da studi che indicano che la GGT nel siero presenta le stesse caratteristiche molecolari di quella presente nel fegato per quanto riguarda sia il contenuto di residui di acido sialico che il grado di glicosilazione (Huseby, 1982). La misurazione dell’attività sierica della GGT mediante il saggio con il substrato γ- glutamil-p-nitroanilide è un semplice test di laboratorio ed è considerato il marker più sensibile nella diagnosi di colestasi e di altre patologie epatiche, anche indotte dall’alcool o da farmaci. I livelli di GGT sierica sono tuttavia influenzati da molte altre condizioni cliniche, per cui il suo valore diagnostico è limitato e aspecifico. Data l’eterogeneità dell’enzima nel siero sono state messe a punto varie metodologie analitiche basate sulle proprieta’ chimico-fisiche dei complessi con attività di GGT nel tentativo di separare, caratterizzare e determinare le varie frazioni di GGT in relazione ad un quadro clinico specifico.

Le procedure elettroforetiche sono state quelle più comunemente utilizzate in questo ambito di ricerca, in particolare elettroforesi in acetato di cellulosa, in gel d’agarosio e agar, accoppiate alla rivelazione dell’attivita’ di GGT nelle bande mediante substrati cromofori quali: L-γ-glutamil-p-nitroanilide, γ-glutamil-α (o β)–naftilamide, γ-glutamil-7-amido-4-metilcumarina. (γGluAMC, Nemesànszky et al, 1985).

E’ stata anche impiegata la gel cromatografia seguita dalla determinazione nelle frazioni raccolte dell’attivita’ di GGT mediante γGluAMC. Ma questa tecnica risulta molto laboriosa e inappropriata per i laboratori clinici.

Con l’elettroforesi l’utilizzo di diversi supporti e substrati per la rivelazione della GGT porta a cambiamenti nel numero e nella posizione della bande identificate. Infatti, come dimostrato nella tabella e nella figura sottostanti, le bande identificate con lo stesso supporto (acetato di cellulosa) nei soggetti sani variano da due a tre e sono riscontrabili nella regione delle α1 e delle α2-

globuline (Sacchetti et al. 1998). Mentre al variare del supporto e del substrato la variabilità è ancora maggiore e coinvolge sia il numero che la mobilità delle bande. I risultati ottenuti, pertanto, risultano difficilmente comparabili.

Fig 1.7 a. Separazione delle frazioni di GGT con elettroforesi in acetato di cellulosa. In alto sono mostrate le cinque classi di proteine sieriche. Nelle righe successive il pattern nei soggetti sani e con diverse patologie. Le bande a righe rappresentano moderata attività, la banda in grigio rappresenta attività intermedia, le bande con linee incrociate rappresentano elevata attività

Fig 1.7 b. Diverse bande visualizzate al variare del supporto e del substrato rivelatore. 1: L-γ-glutamil-p-nitroanilide, 2: γ-glutamil-β -naftilamide, 3: γ-glutamil-α- naftilamide, 4: γ-glutamil-7-amido-4-metilcumarina.

studio su soggetti normali e pazienti affetti da neoplasia epatica, cirrosi, cirrosi con colestasi intraepatica ed extraepatica, ittero ostruttivo. La composizione isoenzimatica della GGT è stata analizzata prima e dopo la precipitazione di lipoproteine LDL, VLDL, HDL. Con questo metodo sono risultate identificabili diverse frazioni di GGT, due per i soggetti sani, quattro variabili a seconda della patologia per i pazienti. Queste sono state chiamate con il nome della frazione proteica plasmatica con la quale co-migrano (alb-GGT, α1-GGT, α2-GGT, β- GGT, γ-GGT e una forma non migrante dep-GGT).

In tutti i soggetti normali sono state identificate due forme, α1 e α2 GGT . Tutti i

campioni di plasma sono stati poi trattati in modo da favorire la precipitazione delle lipoproteine. La β-GGT, la γ-GGT e la dep-GGT scompaiono dopo la precipitazione delle LDL e delle VLDL, la α1-GGT presente in individui con cirrosi non cambia dopo la precipitazione di LDL e di VLDL ma diminuisce da 150 a 50 U/l dopo la precipitazione delle HDL. Nessun cambiamento veniva invece osservato nelle α1-GGT e α2-GGT nei pazienti sani né per l’alb-GGT presente nel pattern isoenzimatico degli individui con neoplasia al fegato. Ciò ha permesso di indicare con questa tecnica l’associazione di alcune forme di GGT con le lipoproteine in corso di patologie epatobiliari.

Lo studio di Wenham (1985) svolto utilizzando elettroforesi in gel di poliacrilammide e gel cromatografia in Sephacril S300 con raccolta di frazioni evidenzia tre principali frazioni sulla base della massa molecolare.

Una forma ad alta massa molecolare (1000000 Da) la quale eluisce con il volume vuoto nella cromatografia e non migra rimanendo all’origine nella corsa

elettroforetica. Questa forma risulta presente nel siero di soggetti sani ed è la predominante in quello dei pazienti con patologie epatiche ostruttive.

Della forma intermedia (500000-250000 Da), sono state riscontrati due tipi difficilmente distinguibili con l’elettroforesi; banda 2A e banda 2B. La banda 2A, molto eterogenea ,è presente in corso di patologie epatiche, la banda 2B è predominante nei pazienti con ittero dovuto ad ostruzione extraepatica.

Una frazione leggera (120000 Da) risulta idrofilica, diversamente dalle altre due che sono idrofobiche.

Questo studio si è concentrato sulla forma ad alta massa molecolare, è stato possibile osservarne l’aumento in corso di malattie ostruttive extraepatiche. Tuttavia questo studio mostra che anche la banda 2B può essere utilizzata per distinguere l’ostruzione biliare extraepatica dalle altre patologie epatiche e la misurazione concomitante dell’attività di entrambe le forme dell’enzima non aumenta la discriminazione tra pazienti che hanno e che non hanno ittero ostruttivo extraepatico.

Insiemi specifici di isoforme di GGT sono state infine evidenziati nella cirrosi e l’abuso di alcol cronico (Bellini et al., 1997) e nel carcinoma epatocellulare (Pompili et al., 2003).

Nello studio sui danni epatici da abuso di alcol è stata impiegata l’elettroforesi in gel d’agarosio con rivelazione tramite aggiunta di γgluAMC. Sono stati presi in esame cinque gruppi di soggetti: alcolizzati, con epatite cronica, con cirrosi post-epatite, epilettici, sani.

E’ stato possibile identificare 11 bande (denominate 0a, 0b, 1a, 1b, 2a, 2b, 2c, 3a, 3b, 4a. 4b, le quali hanno mobilità elettroforetica decrescente) con pattern diversi intra ed inter-categoria. Sono state identificate 9 bande negli alcolizzati, 10 bande nei soggetti sani, 9 bande nei pazienti con epatite cronica, 10 bande nei pazienti con cirrosi post-epatite, 10 bande negli epilettici.

Nello studio sull’epatocarcinoma (Pompili et al. 2003) è stata impiegata la tecnica dell’elettroforesi in acetato di cellulosa accoppiata alla rivelazione con γ-glutammil 7-amido 4-metilcumarina. In questo caso è stato possibile identificare due isoforme in tutti i campioni analizzati, α1 e α2 e bande addizionali co-migranti con proteine β, γ del siero e con l’albumina solo nei soggetti con patologia epatobiliare.

La alb-GGT risulta un marker diagnostico sia dell’epatocarcinoma che dell’epatocarcinoma come complicanza della cirrosi.

Quindi molti indizi mostrano l’utilità clinica delle diverse frazioni della GGT sierica, specialmente per superare la mancanza di specificità della misurazione dell’attività totale dell’enzima nel sangue. Sfortunatamente le differenti metodologie impiegate per la separazione delle varie forme di iso-GGT mostrano risultati contrastanti per quanto riguarda il numero e l’interpretazione delle frazioni ottenute. Inoltre tali metodologie sono poco adatte ad un laboratorio diagnostico perché lunghe e laboriose.

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