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Capitolo 4: Il metallo giallo – Genesi, morfologia, proprietà e processi tecnici d

4. Giacitura: le tipologie di deposito aurifero ed i diversi tipi d’oro in ess

Tradizionalmente, l’oro allo stato nativo si presenta già come metallo. Una prima grande distinzione che è possibile effettuare, qualora si parli di giacitura del metallo giallo, concerne il tipo di deposito all’interno del quale esso è contenuto: un giacimento aurifero può infatti essere

primario (56. 脉金矿床 Màijīn kuàngchuáng) o secondario (77. 砂金矿床 Shājīn kuàngchuáng) (Pratesi 2007, p.46).

In natura l’oro si presenta sotto forma di pepite o, laddove sia incastonato nelle rocce, sotto forma di granuli. A causa dell’erosione meccanica geologica, processo alla base del quale v’è la degradazione meteorica, spesso tali pepite o granuli sono stati ridotti in polvere o pagliuzze.

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Sono essenzialmente tre le tipologie in cui è possibile rinvenire l’oro in natura: oro nativo (55. 脉金 Màijīn o 80. 山金 Shānjīn), oro alluvionale (76. 砂金 Shājīn) ed oro incluso nelle rocce ultrabasiche o ultrafemiche11; una quarta varietà d’oro, di rado menzionata, è rappresentata dal minerale contenuto in soluzione nelle acque degli oceani (Intilla 2013, p.35).

L’oro nativo è più o meno argentifero12 e, come già affermato in

precedenza, frequentemente si presenta in raggruppamenti dendritici oppure in scaglie, lamine o granuli irregolari e porosi. Solo raramente l’oro nativo si trova in forma di cristalli isolati dalla sagoma cubica o ottaedrica, questi ultimi spesso geminati. Tale tipologia d’oro costituisce i giacimenti di tipo primario: si tratta di giacimenti auriferi d’origine idrotermale che si sviluppano all’interno di rocce eruttive acide e che si presentano sotto forma di vene e filoni a ganga quarzosa (quarzo aurifero, pirite aurifera). Quivi, il metallo giallo è generalmente associato a solfuri vari (pirite (Py), calcopirite, arsenopirite, ecc.) o altrimenti è contenuto all’interno degli stessi in stato di grande dispersione (ibid.).

Da considerare appartenenti all’insieme dei giacimenti primari sono anche i noti ed

importantissimi giacimenti sudafricani di Witwatersrand, ai quali abbiamo dedicato uno spazio debito nel precedente capitolo.

Tali giacimenti, stratificati ma epigenetici13, si sono originati per infiltrazione entro a rocce detritiche (conglomerati quarzosi). Più nello specifico, presso i giacimenti di Witwatersrand le soluzioni mineralizzate, circolanti all’interno di meati di un conglomerato quarzoso formante netti straterelli, vi hanno depositato una miscela di pirite ed oro nativo in minutissime

cristallizzazioni muscoidi di indubbia origine epigenetica (Artini 2007, pp. 285-286 e 310).

11 Si tratta di rocce molto scure, composte in genere da silicati di magnesio (Mg) e ferro (Fe). La silice (SiO

2) totale

non supera il 45% in massa (Intilla 2013, p.35).

12 Allo stato nativo, l’oro è spesso accompagnato da una frazione d’argento compresa fra 8 e 10% (ibid., p.51).

13 Formatisi, cioè, in un periodo più recente rispetto al deposito detritico che ha costituito il conglomerato (Artini

2007, p.286).

Figura n.26: Oro nativo parzialmente incluso in quarzo (MZ16W9: Gold with Quartz – Mina San Luis, Arequipa Peru)

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Nei depositi primari, dunque, l’oro è ancora racchiuso all’interno delle rocce nelle quali si è originariamente formato. Nei depositi secondari, per contro, le acque -spesso termali-, dopo aver eroso le rocce attraversandole, hanno trasportato l’oro alluvionale in località più basse rispetto a quelle ove lo stesso si è originato: è lì che esso si raccoglie (Pratesi 2007, p. 46).

I depositi secondari, altrimenti detti “placers auriferi fluviali” (78. 砂金矿床 Shājīn

kuàngchuáng), sono giacimenti di trasporto o alluvionali (79. 砂金矿床 Shājīn kuàngchuáng)

formatisi in seguito al disfacimento dei filoni auriferi precedentemente menzionati. Senza ombra di dubbio, da un punto di vista storico, tali depositi sono stati i primi ad essere sfruttati ed

occupano oggi il letto di molti fiumi.

I giacimenti secondari si compongono di conglomerati quarziferi e sabbie disciolte, i quali vengono trasportati e concentrati dalle correnti fluviali. Nei depositi alluvionali l’oro è solitamente associato alla magnetite, tuttavia notiamo anche la presenza di monazite, zirconio (Zr), corindone ed alle volte diamante (C). Il metallo che se ne estrae possiede solitamente la forma di pagliuzze o frammenti più grandi, di svariate dimensioni e massa. Questi, a seguito del trasporto subito, sono stati molto spesso soggetti ad un fenomeno di arrotondamento della loro forma originaria (pepite). L’oro alluvionale, inalterabile e non fragile, si presenta in lamine di piccole dimensioni o squame metalliche sottili (solitamente di una larghezza non superiore ai 2-3 millimetri), le cosiddette “scagliette”, di elevata purezza.

Possedendo un peso specifico piuttosto elevato rispetto alla sabbia più chiara -prevalentemente quarzosa e quindi più leggera-, l’oro si separa dalla stessa senza alcuna difficoltà ma con una certa lentezza. In seguito, esso va a concentrarsi sul fondo delle masse detritiche convogliate dalle acque, presso la cosiddetta “roccia al letto”: si tratta di sabbie più scure che compongono le parti più profonde del deposito. Estremamente pesanti e di colore nero, tali sabbie sono costituite in prevalenza da magnetite e ilmenite. Ivi, qualora la superficie della roccia al letto sia ricca di incavi, l’oro alluvionale (talora a forti tenori) si adagia formando spesso tasche assai ricche.

Figura n.27: Oro alluvionale (Lotti di scintillio e delle pepite di oro alluvionali)

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L’importanza di queste alluvioni aurifere risiede non solo nell’enorme ricchezza che talvolta esse presentano, bensì anche nella facilità con la quale da esse si estrae il metallo giallo, agevolmente e con costi meno ingenti, attraverso la semplice tecnica di lavaggio (88. 洗涤 Xǐdí) (Brigo e Montanari 2006, p.152; Artini 2007, pp.290-291 e 311; Intilla 2013, p.36).

Ancora, l’oro può essere rinvenuto all’interno di rocce ultrabasiche. Tuttavia esso vi si trova solo in quantità piuttosto ridotte, poiché questo tipo di rocce tende geneticamente a formare legami col platino (Pt); quest’ultimo, dunque, v’è presente in quantità decisamente maggiori rispetto al metallo giallo (Intilla 2013, p.36).

Infine, anche le acque degli oceani racchiudono riserve d’oro. Secondo alcune stime, l’acqua di tutti gli oceani presenti sul globo terrestre ospita all’incirca 15.000 tonnellate d’oro. Ognuno di questi depositi sottomarini è capace di fornire una quantità di minerale pari a dieci volte quella prodotta da una miniera tradizionale di superficie.

La National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) ritiene che, complessivamente, i fondali marini siano in grado di fornire a ciascun abitante della Terra ben quattro kg d’oro. Oggi, tuttavia, non si è ancora a conoscenza di un metodo commercialmente valido ed

economico per l’estrazione dell’oro a partire dalle acque marine. Fra l’altro, quest’ultima risulta molto più complessa e costosa rispetto a quella effettuata su terra ferma. Se messa in pratica, l’estrazione aurifera in mare potrebbe inoltre comportare numerose conseguenze dirette sulla fauna ittica e sulle comunità locali per via dei metalli pesanti tossici che verrebbero rilasciati durante le attività minerarie, i quali potrebbero poi essere trasportati ovunque dalle correnti oceaniche.

Nonostante gli ingenti danni che ciò potrebbe comportare, numerose società minerarie stanno valutando l’ipotesi di estrazione in tutto il Pacifico meridionale; negli ultimi dieci anni,

l’International Seabed Authority (autorità internazionale per i fondali marini) ha già rilasciato 12 permessi esplorativi ai governi di vari paesi: fra questi troviamo anche la Cina (ibid., pp.36-38; Miner, 2013).

Oltre a quella riguardante i tipi di deposito, un’ulteriore e conseguente distinzione che è possibile effettuare concerne la composizione chimica dei differenti tipi d’oro che giacciono in tali

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L’oro nativo contenuto nei giacimenti primari conserva tipicamente una percentuale di argento che può giungere sino al 5%.

Nondimeno, la percentuale di argento raccolta nell’oro nativo può variare ed incrementarsi fino a raggiungere una concentrazione pari al 25%. Una tale

concentrazione è tipica dell’elettro o elektron, una lega metallica d’oro già nota agli antichi e molto spesso utilizzata per le produzioni orafe. Invero, una concentrazione d’argento del 25% rappresenta la composizione ideale per rendere più facile ed agevole la lavorazione manuale.

L’oro alluvionale contenuto all’interno dei giacimenti secondari risulta invece praticamente privo di argento, dunque notevolmente puro, a causa dei processi ossidativi ai quali è

stato naturalmente sottoposto per mezzo del trasporto subito dalle acque (Pratesi 2007, p.46).