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Capitolo 3: Il mercato aurifero

4. L'attività estrattiva cinese nel Continente Nero

Seppur negli ultimi anni la quantità d’oro presente nel Continente si sia largamente ridotta, in Africa il settore e l’attività d’estrazione aurifera sono rimasti molto attivi, sia a livello legale che illegale. L’estrazione d’oro resta per l’intero Paese un’attività economica di primaria importanza; in effetti, l’esportazione del metallo giallo è seconda soltanto a quella del cotone (Copparoni, 2017).

Complessivamente, l’Africa conserva metà del totale delle riserve auree note al mondo e produce oltre 600t d’oro all'anno, destinate esclusivamente all’esportazione verso l’estero (Choma 2009, p.14).

Figura n.17: La distribuzione, per paese, della produzione aurifera in Africa (2005-2009) (Importance of Mining to

the Economy of Ghana)

Pechino concentra l’attività estrattiva in quei Paesi africani che presentano terreni e sottosuoli maggiormente ricchi d’oro, quali:

 Sudafrica: Nonostante la progressiva diminuzione del metallo prezioso nel territorio, il Sudafrica resta senza alcun dubbio la principale ed indiscussa destinazione alla quale Pechino mira per il proprio approvvigionamento aurifero in Africa.

Sin dal XIXesimo secolo, la scoperta dapprima dei giacimenti diamantiferi a Kimberly e poi delle riserve aurifere di Witwatersrand (entrambi nella regione del Transvaal) resero

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il Paese uno dei maggiori esportatori di minerali al mondo. Dal rinvenimento dei suddetti giacimenti sino a pochi anni fa, il Sudafrica è stato il maggior produttore d’oro a livello mondiale e, seppur le sue riserve abbiano iniziato ad esaurirsi, esso resta ancora oggi il primo Paese del continente africano a livello di produzione (Copparoni, 2017).

La Repubblica Sudafricana è oggigiorno considerata il più grande mercato presente in Africa, nonché la potenza regionale dominante per eccellenza dell'Africa sub-sahariana. All'inizio dei rapporti, fra Cina e Sudafrica vi fu un vero e proprio “incrocio naturale di intenti tra due paesi alle prese con cambiamenti enormi”, suggerisce Gardelli (2009, p. 177).

Il Sudafrica è uno degli Stati più stabili in Africa; tuttavia, esso non è esente da gravi problematiche concernenti le condizioni di vita dei cittadini e, più nello specifico, dei minatori. Difatti, a dimostrazione di un fenomeno diffuso in tutto il Continente Nero, in Sudafrica uomini, donne e bambini sono indistintamente disposti ad accettare condizioni lavorative rischiose, degradanti ed indecorose pur di sopravvivere e guadagnare qualche soldo.

Ad aggravare ulteriormente la portata del problema si aggiungono la riduzione progressiva del numero di miniere e la perdita di occupazione da parte dei minatori. Anche per i più fortunati la situazione non è delle migliori: infatti, nonostante essi riescano a salvaguardare il proprio posto di lavoro, molto spesso si trovano a fare i conti con seri problemi di salute per via delle condizioni malsane in cui versano le miniere (Copparoni, 2017).

La Cina è oggi la seconda fonte per volume di importazioni in Sudafrica e l'ottava destinazione dell'export manifatturiero sudafricano.

Negli ultimi quindici anni, gli scambi commerciali fra i due Paesi si sono più che quadruplicati e il Sudafrica è correntemente l'unico Paese africano a possedere interessi economici significativi, nonché un consistente volume di capitali investiti, in Cina (Gardelli 2009, p.177).

In termini di volume di scambio con la Cina, il Sudafrica è secondo solo all'Angola e negli ultimi anni la collaborazione politico-economica fra i due Paesi è sbocciata, con volumi di scambio commerciale cresciuti in maniera esorbitante (ibid.).

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Figura n.18: Gli scambi commerciali fra Cina e Sudafrica (2001-2011) (Good Hope for South African

Trade? And trade finance?, 2012)

 Ghana: secondo solo al Sudafrica, il Ghana è uno fra i maggiori produttori auriferi del Continente Nero. Noto tanto per l’esportazione d’oro quanto per quella di cacao, nel periodo precedente l’indipendenza il territorio ghanese si guadagnò l’appellativo di Gold

Coast (Costa d’Oro), a conferma dell’abbondante quantità di minerale prezioso del quale

disponeva (ibid.).

Definito dagli stessi cinesi come “la Costa d’Oro” dell’Africa (非洲的“黄金海岸”

Fēizhōu de “huángjīn hǎi'àn”), il Ghana è sempre stato considerato dalla potenza asiatica

come il “luogo sacro” per eccellenza in cui andare in cerca di oro (Jiang Ning, 2013). Le riserve d’oro del Paese sono interamente concentrate a sud, nella regione dell’Ashanti (Agenzia Fides, 2017). Qui, oltre che dalle grandi multinazionali, le attività di estrazione ed esportazione aurifera sono praticate da un numero elevato di piccoli imprenditori cinesi, trasferitisi in territorio africano durante i primi anni del nuovo millenio. Questi, giunti in terre ghanesi in cerca di fortuna, nella maggior parte dei casi sono riusciti nei loro intenti; di ciò, per contro, hanno pagato le conseguenze i minatori -non solo ghanesi- impegnati nei lavori estrattivi.

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Il Ghana è una repubblica costituzionale presidenziale ed è anch’essa, come il Sudafrica, uno degli Stati più stabili del Continente. Nel 2012 tale stabilità nazionale ha spinto il Parlamento ghanese ad approvare una riforma mirata a riorganizzare il regolamento minerario. In primo luogo, la riforma vieta l’alienazione permanente delle richezze delle terre e del sottosuolo, sostenendo con fermezza che si tratta di beni appartenenti

tassativamente alla nazione; inoltre, essa promuove la nazionalizzazione di alcuni depositi minerari.

Non meno importante, tale riforma fa leva sul rispetto dei diritti umani dei minatori attraverso il divieto del lavoro minorile e la garanzia, ad ogni lavoratore, di

un’assicurazione sugli infortuni e di una giornata lavorativa della durata di otto ore (Copparoni, 2017).

Nonostante tali importanti progressi, nel 2013 il territorio ghanese contava soltanto sei compagnie cinesi impegnate legalmente nell’attività estrattiva, il resto operava in loco nella più totale illegalità (Jiang Ning, 2013).

Oggigiorno in Ghana sono sempre più numerose le miniere clandestine che si sviluppano di fianco a quelle legali. Il numero di “galamsey” (minatori illegali d’oro) risulta

attualmente difficile da stimare, se ne contano dai 30.000 ai 200.000, molti dei quali sono cinesi (Agenzia Fides, 2017).

 Mali: pur non rientrando nella classifica mondiale dei dieci big produttori d’oro, il Mali conserva il ruolo di terzo maggior produttore aurifero in Africa.

Anche il territorio di questo paese abbonda di miniere aurifere: alcune ancora in funzione, come per esempio quella di Loulo aperta nel 2005, molte altre invece ormai già dismesse a causa della difficoltà d’estrazione delle rimanenti riserve auree – è il caso, fra le altre, delle miniere di Sadiola e Morila.

In Mali la totalità di minerale estratto è diretta all’esportazione; ciò comporta non poche complicazioni: difatti, oltre alle sopracitate questioni legate al lavoro in miniera, il Paese deve fare i conti con una totale assenza di legami fra l’economia dello Stato ed il settore estrattivo aurifero. Tale pessima gestione del mercato dell’oro, della quale sono parimenti responsabili le multinazionali ed il governo maliano, crea grossi impedimenti allo

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Vi sono, infine, una serie di produttori minori come Burkina Faso, Sierra Leone e Sudan che, seppur in misura ridotta, condividono con i Paesi sopracitati la spiacevole realtà di una cattiva gestione dell’economia del prodotto aurifero, dal momento della sua estrazione sino a quello dell’esportazione (ibid.).