• Non ci sono risultati.

2.1 Il contesto geografico

La regione alto mesopotamica comprende le terre alte e le grandi pianure allu- vionali che si sviluppano a sud delle montagne anatoliche tra le valli del Tigri e dell’Eufrate, in corrispondenza degli odierni Iraq nord occidentale, Siria nord orien- tale e Turchia sud orientale. Si distingue rispetto alla bassa Mesopotamia, che rientra grosso modo nel territorio dell’odierno Iraq meridionale, a livello sia geografico che culturale, e le due regioni costituiscono complessivamente due ambienti complemen- tari e contemporaneamente diversificati (Sanlaville 1990)

Il suo aspetto e la collocazione tra i due grandi fiumi, Tigri ed Eufrate, ha valso al- la steppa ondulata della Siria e dell’Iraq settentrionale il nome di Al-Jazira o Giazira, ovverosia ‘isola’. Essa costituisce un vasto plateau ondulato collocato, in massima parte, tra i 200 e i 600 m sul livello del mare, leggermente in declino verso Sud-Est. È delimitata ad Est e ad Ovest rispettivamente dal corso del Tigri e dell’Eufrate, mentre il confine verso Nord è scandito dalle alture pedemontane del Tauro che interrom- pono i morbidi plateau della piane più settentrionali (Fisher 1963: 370). L’azione del- le acque fluviali, ed in particolare quelle dei maggiori affluenti dell’Eufrate, il Khabur e il Balikh, ha intagliato le rocce sedimentarie tenere che caratterizzano il territorio dando origine, insieme ad una serie di meandri, a una sequenza di terrazze alluvionali digradanti verso la valle dell’Eufrate. Il terreno corrisponde ad una tipologia che i po- dologi definiscono Calcic Xerosol o Yermosol: si tratta di una terra fertile e di buona qualità, per cui la possibilità di disporre di risorse idriche sufficienti al suo sfrutta- mento in termini agricoli ha da sempre rappresentato una condizione fondamentale. Solo in alcune aree, nel basso corso del Khabur, l’eccessivo sfruttamento antropico e la successiva erosione hanno causato l’asportazione dello strato di suolo superficiale e messo in luce il cosiddetto Gypsic Xerosol, inadatto alle coltivazioni (Wilkinson, Tu- cker 1995: 10-11) (Tav. 2).

Il clima della Giazira è condizionato sia dalla distanza rispetto alla costa mediter- ranea (circa 450 km) sia dalla latitudine, che complessivamente determinano la scar- sità delle precipitazioni e l’aridità subdesertica della regione (Wirth 1971: 104-105). Le precipitazioni variano tra i 700 mm annui del nord, ovvero nella Turchia meridio-

nale, fino a circa 150 mm del Sud, a Deir ez-Zor, sull’Eufrate. La variabilità nella di- stribuzione annuale in tutta l’area circostante è molto alta, raggiungendo valori di ol- tre il 60% nel deserto e del 20-30% nelle aree umide della Siria occidentale (Kerbe 1987: map. 1). Fatta eccezione per il territorio anatolico, il regime climatico si presen- ta strettamente interconnesso a livello regionale in tutto il territorio alto mesopota- mico. Un periodo di siccità nella regione del Khabur, ad esempio, tendenzialmente corrisponde ad un periodo arido nella regione di Aleppo e di conseguenza, un grup- po umano che voglia spostarsi in cerca di condizioni climatiche più favorevoli dovrà percorrere distanze piuttosto cospicue (Wilkinson 1997: 70), o raggiungere contesti ecologici completamente differenti. Gli inverni sono piovosi e freddi mentre la sta- gione secca, molto lunga, è spazzata spesso da venti violenti e caldi, come il khamsin e gli ajaj che, trasportando una grande quantità di sabbia e polvere, seccano ed erodo- no la superficie coltivabile (Sanlaville 1985: 15-21; Masetti-Rouault 2001: 17). Duran- te le estati calde e torride le temperature si assestano su valori intorno ai i 40°C, che tendono ad aumentare verso est e verso sud, e raggiungono spesso picchi intorno ai 50°C; durante gli inverni rigidi, nell’alta valle del Khabur scendono invece spesso sot- to gli 0°C80.

I deboli rilievi, facilmente valicabili, del Djebel Sinjar (1420 m) e del Djebel ‘Abd el-‘Aziz (920 m), rispettivamente ad est e ad ovest del Khabur, segnano il confine tra l’alta e la bassa Giazira, corrispondenti al triangolo del Khabur la prima e al basso corso del Khabur la seconda. Le due zone si distinguono per una differente condizio- ne pluviometrica: l’allineamento dei due sistemi montuosi infatti corrisponde grosso modo alla isoieta dei 250 mm di precipitazioni annue, a nord della quale il regime del- le piogge permette la pratica dell’agricoltura estensiva secca, senza bisogno di irriga- zione (Weiss 1986 b), mentre a sud i terreni sono aridi e coltivabili unicamente tra- mite irrigazione artificiale. La curva della isoieta dei 200-250 mm tuttavia è soggetta a variazioni, e nei periodi di particolare siccità può subire degli spostamenti anche mol- to consistenti verso nord, poco sotto la regione di Kamishly e dell’alto corso del Ba- likh (Wirth 1971: map. 4). Oggi il limite dell’area ad agricoltura secca è molto sfilac- ciato, e dipende da una pluralità di fattori di origine culturale, economica e idrologi- ca: le terre nei pressi degli wadi in particolare possono conservare un alto tasso di umidità per la maggior parte dell’anno, con il risultato che le zone utili per le colture secche possono estendersi anche molto a sud, fino al deserto (Wilkinson 1997: 72).

Fino alla recente introduzione delle pompe per l’irrigazione, la principale attività era costituita dalla coltura a secco di grano ed orzo. Nelle aree più umide a nord e ad

80 Il livello di rispondenza tra le attuali condizioni climatiche e quelle del passato è tutt’ora motivo di di-

nale, fino a circa 150 mm del Sud, a Deir ez-Zor, sull’Eufrate. La variabilità nella di- stribuzione annuale in tutta l’area circostante è molto alta, raggiungendo valori di ol- tre il 60% nel deserto e del 20-30% nelle aree umide della Siria occidentale (Kerbe 1987: map. 1). Fatta eccezione per il territorio anatolico, il regime climatico si presen- ta strettamente interconnesso a livello regionale in tutto il territorio alto mesopota- mico. Un periodo di siccità nella regione del Khabur, ad esempio, tendenzialmente corrisponde ad un periodo arido nella regione di Aleppo e di conseguenza, un grup- po umano che voglia spostarsi in cerca di condizioni climatiche più favorevoli dovrà percorrere distanze piuttosto cospicue (Wilkinson 1997: 70), o raggiungere contesti ecologici completamente differenti. Gli inverni sono piovosi e freddi mentre la sta- gione secca, molto lunga, è spazzata spesso da venti violenti e caldi, come il khamsin e gli ajaj che, trasportando una grande quantità di sabbia e polvere, seccano ed erodo- no la superficie coltivabile (Sanlaville 1985: 15-21; Masetti-Rouault 2001: 17). Duran- te le estati calde e torride le temperature si assestano su valori intorno ai i 40°C, che tendono ad aumentare verso est e verso sud, e raggiungono spesso picchi intorno ai 50°C; durante gli inverni rigidi, nell’alta valle del Khabur scendono invece spesso sot- to gli 0°C80.

I deboli rilievi, facilmente valicabili, del Djebel Sinjar (1420 m) e del Djebel ‘Abd el-‘Aziz (920 m), rispettivamente ad est e ad ovest del Khabur, segnano il confine tra l’alta e la bassa Giazira, corrispondenti al triangolo del Khabur la prima e al basso corso del Khabur la seconda. Le due zone si distinguono per una differente condizio- ne pluviometrica: l’allineamento dei due sistemi montuosi infatti corrisponde grosso modo alla isoieta dei 250 mm di precipitazioni annue, a nord della quale il regime del- le piogge permette la pratica dell’agricoltura estensiva secca, senza bisogno di irriga- zione (Weiss 1986 b), mentre a sud i terreni sono aridi e coltivabili unicamente tra- mite irrigazione artificiale. La curva della isoieta dei 200-250 mm tuttavia è soggetta a variazioni, e nei periodi di particolare siccità può subire degli spostamenti anche mol- to consistenti verso nord, poco sotto la regione di Kamishly e dell’alto corso del Ba- likh (Wirth 1971: map. 4). Oggi il limite dell’area ad agricoltura secca è molto sfilac- ciato, e dipende da una pluralità di fattori di origine culturale, economica e idrologi- ca: le terre nei pressi degli wadi in particolare possono conservare un alto tasso di umidità per la maggior parte dell’anno, con il risultato che le zone utili per le colture secche possono estendersi anche molto a sud, fino al deserto (Wilkinson 1997: 72).

Fino alla recente introduzione delle pompe per l’irrigazione, la principale attività era costituita dalla coltura a secco di grano ed orzo. Nelle aree più umide a nord e ad

80 Il livello di rispondenza tra le attuali condizioni climatiche e quelle del passato è tutt’ora motivo di di-

battito.

ovest acquista una certa importanza la produzione di lenticchie, vino, olive e noci, mentre più a sud e ad est predomina l’orzo. Nonostante il limite convenzionale dell’agricoltura secca si collochi tra i 250 e i 200 mm annui, i cereali sono coltivabili anche più a sud dove l’umidità del terreno, come nei pressi degli wadi, si mantiene più a lungo (Jas 2000: 249-251). Spingendosi a sud l’orzo costituisce la maggiore col- tura cerealicola e la pastorizia, magari in associazione ad alcune colture stagionali, diventa un’opzione vitale (Wacholtz 1996). Si tratta in ogni caso di un’attività sempre rilevante in Giazira, ed il paesaggio si presenta spesso ad economia mista (agricoltura ed allevamento). In genere le terre basse più umide tendono ad ospitare una maggio- re varietà di colture, mentre nelle aree più secche o vicino alle terre alte l’allevamento diventa via via più importante (Wilkinson 2003: 100)81.

Nella regione del basso corso del Khabur i villaggi e gli insediamenti tendono a disporsi lungo le sponde del fiume (Kühne 1977, 1979), che possono prestarsi per uno sfruttamento agricolo, mentre piccoli insediamenti sparpagliati nella steppa o- rientale dovevano essere fondati su attività economicamente diverse, legate all’allevamento o alle vie di comunicazione verso est e la regione del medio Tigri ira- cheno. In alcune aree privilegiate della steppa, dove nel corso di anni umidi possono verificarsi precipitazioni anche molto abbondanti, sono praticabili alcune forme di agricoltura secca leggera: l’estrema variabilità annuale della produttività tuttavia im- pone costi molto elevati, per cui è presumibile che le attività agricole siano sempre affiancate dalla pastorizia, secondo un regime ad economia mista (Oates 1968 b: 1-5). La disponibilità di acqua dipende dalla ricchezza delle sorgenti e dalla portata delle precipitazioni sulle montagne anatoliche, e si mantiene relativamente abbondante tranne che in estate, quando questa diminuisce; le zone comprese tra il fiume e le prime terrazze geologiche tuttavia sono coltivabili previa canalizzazione (Ergenzin- ger, Kühne 1991; Postgate 1974: 236-237). Un’alternativa economica naturale è rap- presentata dall’allevamento dei caprovini. Per l’alimentazione del bestiame è suffi- ciente la vegetazione spontanea: questa copre il territorio per un breve periodo du- rante la stagione invernale, ma secca rapidamente con l’aumentare della temperatura.

Nella parte settentrionale delle valli del Balikh e del Khabur invece, nelle vaste piane agricole attraversate da differenti wadi, la ricchezza delle piogge durante la sta- gione invernale e le numerose e importanti sorgenti d’acqua disposte lungo il confine siro-turco, facilmente accessibili con pozzi di pochi metri, hanno favorito, all’inizio dell’Età del Bronzo, lo sviluppo di una serie di concentrazioni urbane dalla struttura

81 Per ulteriori dettagli riguardo al contesto moderno si vedano Weiss 1986 b: 72-76; Wilkinson 1990 a:

complessa e disperse sul territorio, da cui ha avuto origine un’economia locale auto- noma e una rete di reciproche relazioni.

La conformazione del territorio impone un’ulteriore frammentazione del paesag- gio da est ad ovest. In questo senso sono identificabili due distinte unità geografiche ed ecologiche: una ad occidente, compresa tra la riva sinistra dell’Eufrate, il Balikh e l’area steppica che si estende immediatamente ad est di quest’ultimo fiume, ed una centro-orientale, comprendente il triangolo del Khabur e le pianure collocate ad est, fino alla valle del Tigri iracheno.

Dal punto di vista prettamente culturale una diversa regionalizzazione identifica una linea di demarcazione tra Giazira orientale e occidentale in corrispondenza dello Wadi Jaghjagh (Lyonnet 2004: 26-7)82.

2.2 Il popolamento e la gestione del territorio tra fine BA e inizio BM

Intorno alla metà del III millennio a.C. l’alta Mesopotamia è teatro di un fenomeno di ampia portata noto come «seconda rivoluzione urbana», che vede la comparsa di nuovi insediamenti e lo sviluppo in senso urbano di quelli esistenti.

Lo specifico contesto ecologico in cui si inseriscono gli sviluppi urbani in Meso- potamia meridionale e settentrionale è alla base di alcune divergenze sostanziali che contraddistinguono le due regioni. Mentre le terre basse mesopotamiche, articolan- dosi quasi interamente sotto forma di pianure alluvionali dal clima scarsamente pio- voso, avevano visto lo sviluppo di civiltà fluviali basate sull’irrigazione, l’insediamento nel nord era stato principalmente, anche se non esclusivamente, colle- gato all’agricoltura secca (Wilkinson 1990 b: 87)83.

L’evoluzione in Siria settentrionale si differenzia da quella mesopotamica per una pluralità di fattori, ma la componente ecologica gioca un ruolo fondamentale. Una lettura interessante a questo proposito è quella di D. J. W Meijer (Meijer 2000: 233), secondo il quale l’economia irrigua caratteristica del sud, fondata sulla canalizzazio- ne, con le comunicazioni che passano lungo le stesse vie, avrebbe portato allo svilup- po di una più acuta consapevolezza del contesto ecologico, della dipendenza da un determinato tipo di fonti comuni e di conseguenza dei propri vicini, innescando fre-

82 Secondo la partizione impiegata da B. Lyonnet la linea di demarcazione tra Giazira orientale ed occi-

dentale corre lungo il corso dello Wadi Jaghjagh: la Giazria occidentale, che si estende dalla riva destra del Jaghjagh alla riva sinistra dell’Eufrate siriano, risulta distinta in primo luogo sulla base del contesto ecolo- gico, situato ai margini del territorio a vocazione puramente agricola che si trova al di sopra dell’isoieta dei 300 mm annui, e successivamente su base culturale (Lyonnet 2004: 26-27).

83 Per il contesto ecologico mesopotamico si vedano in particolare Buringh 1960; Sanlaville 1989; Wilkin-

complessa e disperse sul territorio, da cui ha avuto origine un’economia locale auto- noma e una rete di reciproche relazioni.

La conformazione del territorio impone un’ulteriore frammentazione del paesag- gio da est ad ovest. In questo senso sono identificabili due distinte unità geografiche ed ecologiche: una ad occidente, compresa tra la riva sinistra dell’Eufrate, il Balikh e l’area steppica che si estende immediatamente ad est di quest’ultimo fiume, ed una centro-orientale, comprendente il triangolo del Khabur e le pianure collocate ad est, fino alla valle del Tigri iracheno.

Dal punto di vista prettamente culturale una diversa regionalizzazione identifica una linea di demarcazione tra Giazira orientale e occidentale in corrispondenza dello Wadi Jaghjagh (Lyonnet 2004: 26-7)82.

2.2 Il popolamento e la gestione del territorio tra fine BA e inizio BM

Intorno alla metà del III millennio a.C. l’alta Mesopotamia è teatro di un fenomeno di ampia portata noto come «seconda rivoluzione urbana», che vede la comparsa di nuovi insediamenti e lo sviluppo in senso urbano di quelli esistenti.

Lo specifico contesto ecologico in cui si inseriscono gli sviluppi urbani in Meso- potamia meridionale e settentrionale è alla base di alcune divergenze sostanziali che contraddistinguono le due regioni. Mentre le terre basse mesopotamiche, articolan- dosi quasi interamente sotto forma di pianure alluvionali dal clima scarsamente pio- voso, avevano visto lo sviluppo di civiltà fluviali basate sull’irrigazione, l’insediamento nel nord era stato principalmente, anche se non esclusivamente, colle- gato all’agricoltura secca (Wilkinson 1990 b: 87)83.

L’evoluzione in Siria settentrionale si differenzia da quella mesopotamica per una pluralità di fattori, ma la componente ecologica gioca un ruolo fondamentale. Una lettura interessante a questo proposito è quella di D. J. W Meijer (Meijer 2000: 233), secondo il quale l’economia irrigua caratteristica del sud, fondata sulla canalizzazio- ne, con le comunicazioni che passano lungo le stesse vie, avrebbe portato allo svilup- po di una più acuta consapevolezza del contesto ecologico, della dipendenza da un determinato tipo di fonti comuni e di conseguenza dei propri vicini, innescando fre-

82 Secondo la partizione impiegata da B. Lyonnet la linea di demarcazione tra Giazira orientale ed occi-

dentale corre lungo il corso dello Wadi Jaghjagh: la Giazria occidentale, che si estende dalla riva destra del Jaghjagh alla riva sinistra dell’Eufrate siriano, risulta distinta in primo luogo sulla base del contesto ecolo- gico, situato ai margini del territorio a vocazione puramente agricola che si trova al di sopra dell’isoieta dei 300 mm annui, e successivamente su base culturale (Lyonnet 2004: 26-27).

83 Per il contesto ecologico mesopotamico si vedano in particolare Buringh 1960; Sanlaville 1989; Wilkin-

son 2003:76-87.

quenti fenomeni di collaborazione o di lotta. L’economia basata sull’agricoltura secca caratteristica della Meospotamia settentrionale ha originato invece una società mag- giormente individualista, a testimonianza della quale mancano infatti le realtà statali più stabili – come la dinastia di Accad: 150 anni ca.; Ur III: 100 anni ca.; I dinastia di Babilonia: 250 anni ca. ecc. – caratteristiche del sud.

Mentre i grandi centri urbani della bassa Mesopotamia raggiungono dimensioni oltre i 400 ettari, i centri del nord non si estendono oltre i 100 ettari (van Liere 1963: 114; Weiss 1983 b). La variazione dell’aspetto dimensionale è direttamente collegato alla diversa realtà regionale. Gli insediamenti del medio Eufrate e del Balikh infatti non superano mai i 50-60 ettari. Un sito urbano intorno ai 100 ettari di estensione dovrebbe essere in grado di accogliere una popolazione compresa tra le 10.000-20.000 persone. Centri di maggiore dimensione non dovrebbero essere stati in grado di svi- lupparsi in Giazira: le abilità tecniche disponibili per lo sfruttamento del territorio e la capacità di movimento di uomini e prodotti agricoli, che dovrebbero convergere giornalmente verso il centro, difficilmente avrebbero potuto consentire il sostenta- mento di un nucleo più grande (Smailes 1953: 21-22; Davis 1955: 431; Boserup 1981: 82). Le indagini di superficie suggeriscono che i centri di questo tipo fossero basati in primo luogo sullo sfruttamento agricolo intensivo dell’area immediatamente circo- stante, nell’arco di 10-15 Km84. Gli eccessivi costi di trasporto che una maggiore di-

stanza avrebbe imposto potevano essere superati attraverso il trasporto fluviale, sicu- ramente sfruttato in bassa Mesopotamia (Greene 1986: 39-43; Weiss 1986 b), ma molto più difficilmente nel nord, dove tuttavia è ipotizzabile per alcuni tratti del Khabur (Ergenzinger et alii 1988) e lungo il Balikh (Wilkinson 1994). In seconda i- stanza i grandi centri urbani potevano beneficiare dei proventi di comunità seconda- rie satelliti (Wilkinson 1994).

Gli insediamenti di dimensione media e piccola sono ulteriormente distribuiti sul territorio e gerarchicamente organizzati intorno ai centri regionali (Wilkinson 1994).

I centri secondari, come Tell Beydar, hanno un’estensione di circa 15-30 ettari. Il territorio controllato dai maggiori centri urbani nell’alto bacino del Khabur, Leilan, Brak e Mozan, doveva estendersi lungo un raggio di circa 25 Km intorno all’insediamento: i vari siti infatti sono perlopiù equidistanti l’uno dall’altro, e la di- mensione del loro interland doveva essere pressoché analoga (Weiss 1992). Sulla base di questa ricostruzione il confine tra la zona d’influenza di Leilan e quella di Mozan doveva correre più o meno lungo il corso dello Wadi Jaghjagh; il territorio di Mozan doveva comprendere a sud i siti di Chagar Bazar e Arbid, mentre il territorio di Brak,

84 I documenti epigrafici testimoniano di spostamenti su distanze anche maggiori (Dalley et alii 1976:

come conferma Oates (Oates 1990: 240), doveva comprendere Hamidi e Barri a nord e Aswad a sud.

I siti del medio corso del Khabur, probabilmente funzionali allo stoccaggio delle derrate agricole, potrebbero essere rientrati sia all’interno della sfera di influenza di Mari (Schwartz, Curvers 1992: 418) che all’interno di quella di Brak, attraverso A- swad (Weiss 1992: 93).

Una serie di elementi ci consente di delineare alcuni aspetti fondamentali del contesto in cui si sviluppano le società complesse di BA in Siria e in alta Mesopota- mia, rivelando come questo fosse caratterizzato da una fervente attività militare: sia le capitali regionali che i centri secondari e le piccole comunità locali si dotano di siste- mi di fortificazione, in forma di cinte murarie o di fossati; le armi sono sempre più frequenti tra i corredi funerari, così come numerosi sono i rinvenimenti di tesoretti nascosti e di livelli di incendio e di distruzione. I documenti epigrafici, che lasciano trasparire uno stato di costante ostilità tra le due maggiori città siriane, Ebla e Mari, confermano in parte questa situazione, così come la loro produzione artistica delle due città, ricca di rappresentazioni di vittorie militari, convalida l’idea del contesto conflittuale.

La ricostruzione precisa del contesto storico e archeologico del periodo tuttavia è limitata dalla corretta interpretazione delle sequenze regionali, che partono dall’identificazione del rapporto cronologico esistente tra le varie fasi archeologiche che compongono le sequenze dei singoli siti. Una volta fissata la correlazione tra le sequenze è possibile stabilire con precisione la contemporaneità o meno degli eventi registrati localmente, come distruzioni, abbandoni o ricostruzioni. Nella maggior

Documenti correlati