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Crisi e Rigenerazione nella valle dell’Alto Khabur (Siria) – La produzione ceramica nel passaggio dal Bronzo Antico al Bronzo Medio

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luigi lotti, Facoltà di Scienze Politiche (Presidente della Commissione) Fortunato Tito arecchi, Facoltà di Scienze MFN

Vincenzo Collotti, Facoltà di Lettere e Filosofia Paolo Felli, Facoltà di Architettura

ada Fonzi, Facoltà di Psicologia

Pelio Fronzaroli, Facoltà di Lettere e Filosofia roberto Genesio, Facoltà di Ingegneria

Ferrando mantovani, Facoltà di Giurisprudenza mario Pio marzocchi, Facoltà di Farmacia

salvo mastellone, Facoltà di Scienze della Formazione adolfo Pazzagli, Facoltà di Medicina e Chirurgia Giancarlo Pepeu, Facoltà di Medicina e Chirurgia Franco scaramuzzi, Facoltà di Agraria

Piero Tani, Facoltà di Economia

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Crisi e Rigenerazione

nella valle dell’Alto Khabur (Siria)

la produzione ceramica nel passaggio

dal Bronzo antico al Bronzo medio

volume i

Firenze University Press 2011

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in copertina:

‘K07 - Fort apache’, paesaggio della Giazira siriana. Foto: Paolo emilio Pecorella © 2011 Firenze University Press

Università degli studi di Firenze Firenze University Press Borgo albizi, 28 50122 Firenze, italy http://www.fupress.com/

Printed in Italy

al Bronzo medio / Valentina orsi. – Firenze : Firenze University Press, 2011.

(Premio FUP. Tesi di dottorato ; 20) http://digital.casalini.it/9788866550891 isBn 978-88-6655-087-7 (print) isBn 978-88-6655-089-1 (online)

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Valentina Orsi, Crisi e rigenerazione nella valle dell’Alto Khabur (Siria) : la produzione ceramica nel passaggio dal

Bronzo Antico al Bronzo Medio ISBN 978-88-6655-087-7 (print) ISBN 978-88-6655-089-1 (online) © 2011

Firenze University Press

Introduzione 1

Capitolo 1

Il contesto storico e archeologico del periodo di passaggio tra BA e BM

in Siria e in Alta Mesopotamia 11

1.1 i prodromi e gli esiti: dalla seconda rivoluzione urbana alle dinastie amoree 11

1.2 il periodo accadico e l’origine della crisi 15

1.3 la crisi e il passaggio Ba-Bm 16

1.4 la cronologia 18

1.5 Crisi e rigenerazione. Teorie e modelli interpretativi 34

1.6 la documentazione storica 42

1.7 la transizione tra Ba e Bm nella siria interna 60

Capitolo 2

La Giazira e la valle dell’Alto Khabur 63

2.1 il contesto geografico 63

2.2 il popolamento e la gestione del territorio tra fine Ba e inizio Bm 66

2.3 le tradizioni culturali e i contatti 73

Capitolo 3

La valle dell’Alto Khabur 77

3.1 Tell Beydar 77

3.2 Chagar Bazar 83

3.3 Tell arbid 95

3.4 Tell Brak 100

3.5 Tell leilan 126

3.6 Tell mohammed diyab 135

Capitolo 4 La Giazira orientale 141 4.1 Tell Hamoukar 141 4.2 Tell al-Hawa 145 4.3 Tell al-rimah 148 4.4 Tell Taya 152

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Capitolo 5

La valle del medio Tigri 163

5.1 la regione di eski-mossul 164

5.2 ninive 182

5.3 assur 196

Capitolo 6

La valle dell’alto Tigri 211

6.1 la seconda metà del iii millennio a.C. 213

6.2 la prima metà del ii millennio a.C. 214

6.3 la distribuzione degli insediamenti 215

6.4 la produzione ceramica 216

Capitolo 7

La valle dell’Eufrate e la valle del Balikh 223

7.1 la valle del medio eufrate turco 223

7.2 la valle dell’eufrate siriano e la regione del Balikh 228 Capitolo 8

Tell Mozan 243

8.1 il tempio Ba e la grande terrazza 244

8.2 il «Palazzo reale di Urkesh» 245

8.3 l’abitato 254

8.4 la cronologia 255

8.5 la ‘questione Hurrita’ 256

8.6 la produzione ceramica: il materiale edito 258

8.7 la ceramica della fase 4 dell’area aa 262

8.8 osservazioni 280

Capitolo 9

Tell Barri 285

9.1 Kahat nella documentazione storica 286

9.2 lo scavo 292

9.3 la produzione ceramica 297

9.4 la ceramica della fase Q 308

9.5 la ceramica della fase P 341

9.6 la ceramica della fase o 360

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Capitolo 10

Osservazioni conclusive 381

10.1 i repertori ceramici di Tell Barri e di Tell mozan: l’orizzonte culturale

e la datazione 381

10.2 la calibratura delle sequenze e la cronologia regionale 413 10.3 Tradizioni ceramiche nella valle dell’alto Khabur tra la fine del iii e

l’inizio del ii millennio a.C. 427

10.4 la produzione ceramica a Tell Barri nel passaggio dal Bronzo antico

al Bronzo medio 430

10.5 Crisi e rigenerazione in alta mesopotamia 435

10.6 Crisi e rigenerazione nella valle dell’alto Khabur 438

10.7 Considerazioni conclusive 447

Bibliografia 451

Elenco delle abbreviazioni impiegate nel testo 505

Appendice 1. Codici per la registrazione della ceramica di Tell Barri 503

Appendice 2. Tabelle dei conteggi della ceramica di Tell Barri 515

Appendice 3. Grafici sulla distribuzione della ceramica di Tell Barri 565 Appendice 4. Codici per la registrazione della ceramica di Tell Mozan

(M. Kelly-Buccellati) Catalogo 1. Generale

Catalogo 2. La valle dell’Alto Khabur e l’Alta Mesopotamia Catalogo 3. Tell Mozan

Catalogo 4. Tell Barri

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Valentina Orsi, Crisi e rigenerazione nella valle dell’Alto Khabur (Siria) : la produzione ceramica nel passaggio dal

Bronzo Antico al Bronzo Medio ISBN 978-88-6655-087-7 (print) ISBN 978-88-6655-089-1 (online) © 2011

Firenze University Press

Il periodo che intercorre tra la fine del III e l’inizio del II millennio a.C. nel Vicino Oriente antico rappresenta sotto molti aspetti una sorta di medioevo buio, tanto da essere alternativamente identificato come ‘età oscura’ (Dever 1980: 35; Weiss 1991: 685); ‘iato’ (Weiss et alii 1990: 581), o ‘interregno’ (Oates 1990: 146).

C’è un aspetto tuttavia che accomuna queste differenti definizioni: nessuna de-scrive il soggetto secondo le sue caratteristiche originali, quanto in relazione a due termini esterni a fronte della migliore cognizione dei quali risulta il difficile inqua-dramento del primo. Ciò nondimeno nel periodo di passaggio si devono collocare quelle linee evolutive e quei fenomeni che abbiano agito da cerniera o, alternativa-mente, che abbiano determinato la cesura tra i due periodi meglio noti che immedia-tamente precedono e seguono, rappresentati dal Bronzo Antico da un lato e dal Bronzo Medio dall’altro. Un quesito fondamentale è connesso al concetto di ‘oscuri-tà’: è questa da considerarsi una connotazione reale, legata a fattori di crisi, o piutto-sto è apparente, conseguente alla scarsa visibilità archeologica di fenomeni in atto?

Intorno alla metà del III millennio a.C. le evidenze disponibili ci consentono di delineare con una certa precisione il quadro storico ed archeologico del periodo della seconda urbanizzazione in Siria ed in alta Mesopotamia. I dati degli archivi reali di Tell Mardikh/Ebla, nella Siria interna, e di Tell Hariri/Mari più ad est, sul medio cor-so dell’Eufrate, forniscono uno spaccato relativamente dettagliato del quadro econo-mico e politico internazionale nella fase di pieno sviluppo delle culture urbane di BA, mentre gli scavi recenti di Tell Brak, Tell Beydar, e di Tell Leilan stanno restituendo documenti archeologici ed epigrafici di grande interesse che vanno ad illuminare con maggior precisione i fenomeni che interessano la regione dell’alto bacino del Khabur.

Secondo tempi diversi da regione a regione, con il periodo accadico (fine XXIV – inizio XXIII sec. a.C.) hanno origine una serie di eventi che in un concatenarsi di rea-zioni determineranno un’alterazione di tutti gli equilibri preesistenti; nonostante le tradizioni alto mesopotamiche di BA, pur mantenendo contatti di vario genere con il sud mesopotamico, abbiano sempre mantenuto un carattere fortemente radicato nel contesto locale, l’ingerenza di una potenza straniera come quella accadica innesca una nuova pluralità di processi da identificare e valutare. La presenza accadica in alta Mesopotamia è chiaramente attestata sia a livello archeologico che a livello storico, ed

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è fuor di dubbio che i sovrani accadici abbiano interferito sugli sviluppi locali, ma ri-mane tuttavia da chiarire a quale livello tale intromissione vada collocata, in quali termini ed in quali tempi.

Nel periodo post-accadico, mentre la Siria interna e costiera, così come con alter-ne vicende la regioalter-ne del medio Eufrate turco e siriano, vedono un nuovo sviluppo delle tradizioni culturali locali, la Giazira sembra incorrere in una crisi profonda: l’abbandono e la riduzione, in tempi piuttosto ravvicinati, di tutti i maggiori siti di BA inaugurano l’inizio della cosiddetta età oscura o, secondo la radicale definizione dello studioso statunitense Harvey Weiss, del «Khabur Hiatus 1» (Weiss et alii 1993). Quando verso la fine del XIX secolo a.C. una più chiara documentazione archeo-logica ed epigrafica torna ad illuminare il teatro alto-mesopotamico questo si presen-ta, almeno in apparenza, completamente mutato, caratterizzato dal pieno sviluppo delle realtà statali amorree: Yamkhad ad occidente, con capitale Halab/Aleppo; Qatna più a sud e Mari lungo il corso dell’Eufrate, cui succede Hana. Ad oriente, il bacino del Khabur e quella che sarà in seguito il cuore della madrepatria assira vedono inve-ce lo sviluppo della breve esperienza statale del Regno di Alta Mesopotamia di Sham-shi-Adad.

Tutto il periodo che intercorre tra i due estremi rappresentati dal periodo accadi-co e dal periodo amorreo, rimane di difficile interpretazione. La Giazira sperimenta secondo H. Weiss una crisi drastica, che corrisponde allo spopolamento vero e pro-prio della regione, ma l’assenza di documentazione, o come dovremmo dire nel caso specifico, la riduzione delle evidenze ‘classiche’, è di per sé sufficiente a giustificare un vuoto? O si tratta piuttosto di una situazione non ancora codificata? Quali sono le e-videnze effettive, e quali i modelli interpretativi ci consentono di elaborare?

Nel caso di alcune aree geografiche, come ad esempio la zona eufratica siriana o la regione della Siria interna, l’impegno nella comparazione delle sequenze ha garan-tito ottimi risultati sull’argomento, ma nel caso della Giazira la situazione è ancora molto confusa. I contesti scavati in estensione per il periodo di passaggio tra BA e BM sono estremamente limitati, e la natura della documentazione fornita appare in certi casi contraddittoria.

Molte delle problematiche sopra menzionate sono state sollecitamente affrontate da parte dei membri del team di lavoro a Tell Leilan e da H. Weiss, cui negli ultimi anni si deve gran parte dell’interesse attribuito alla tematica del passaggio ed il pro-gresso del dibattito scientifico al riguardo. I modelli ‘globali’ elaborati a partire dalla sequenza e dalle evidenze di Leilan infatti hanno suscitato reazioni favorevoli e, spes-so, contrarie in una pluralità di campi di indagine, archeologico, storico, paleoclima-tico ed etnografico, che per vie diverse hanno contribuito a stimolare la ricerca.

Fino ad oggi, il periodo di passaggio tra BA e BM in alta Mesopotamia, che si col-loca all’incirca tra la fine del III e l’inizio del II millennio a.C., raramente è stato af-frontato nel suo complesso, quanto relegato come un’appendice o un epilogo negli

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è fuor di dubbio che i sovrani accadici abbiano interferito sugli sviluppi locali, ma ri-mane tuttavia da chiarire a quale livello tale intromissione vada collocata, in quali termini ed in quali tempi.

Nel periodo post-accadico, mentre la Siria interna e costiera, così come con alter-ne vicende la regioalter-ne del medio Eufrate turco e siriano, vedono un nuovo sviluppo delle tradizioni culturali locali, la Giazira sembra incorrere in una crisi profonda: l’abbandono e la riduzione, in tempi piuttosto ravvicinati, di tutti i maggiori siti di BA inaugurano l’inizio della cosiddetta età oscura o, secondo la radicale definizione dello studioso statunitense Harvey Weiss, del «Khabur Hiatus 1» (Weiss et alii 1993). Quando verso la fine del XIX secolo a.C. una più chiara documentazione archeo-logica ed epigrafica torna ad illuminare il teatro alto-mesopotamico questo si presen-ta, almeno in apparenza, completamente mutato, caratterizzato dal pieno sviluppo delle realtà statali amorree: Yamkhad ad occidente, con capitale Halab/Aleppo; Qatna più a sud e Mari lungo il corso dell’Eufrate, cui succede Hana. Ad oriente, il bacino del Khabur e quella che sarà in seguito il cuore della madrepatria assira vedono inve-ce lo sviluppo della breve esperienza statale del Regno di Alta Mesopotamia di Sham-shi-Adad.

Tutto il periodo che intercorre tra i due estremi rappresentati dal periodo accadi-co e dal periodo amorreo, rimane di difficile interpretazione. La Giazira sperimenta secondo H. Weiss una crisi drastica, che corrisponde allo spopolamento vero e pro-prio della regione, ma l’assenza di documentazione, o come dovremmo dire nel caso specifico, la riduzione delle evidenze ‘classiche’, è di per sé sufficiente a giustificare un vuoto? O si tratta piuttosto di una situazione non ancora codificata? Quali sono le e-videnze effettive, e quali i modelli interpretativi ci consentono di elaborare?

Nel caso di alcune aree geografiche, come ad esempio la zona eufratica siriana o la regione della Siria interna, l’impegno nella comparazione delle sequenze ha garan-tito ottimi risultati sull’argomento, ma nel caso della Giazira la situazione è ancora molto confusa. I contesti scavati in estensione per il periodo di passaggio tra BA e BM sono estremamente limitati, e la natura della documentazione fornita appare in certi casi contraddittoria.

Molte delle problematiche sopra menzionate sono state sollecitamente affrontate da parte dei membri del team di lavoro a Tell Leilan e da H. Weiss, cui negli ultimi anni si deve gran parte dell’interesse attribuito alla tematica del passaggio ed il pro-gresso del dibattito scientifico al riguardo. I modelli ‘globali’ elaborati a partire dalla sequenza e dalle evidenze di Leilan infatti hanno suscitato reazioni favorevoli e, spes-so, contrarie in una pluralità di campi di indagine, archeologico, storico, paleoclima-tico ed etnografico, che per vie diverse hanno contribuito a stimolare la ricerca.

Fino ad oggi, il periodo di passaggio tra BA e BM in alta Mesopotamia, che si col-loca all’incirca tra la fine del III e l’inizio del II millennio a.C., raramente è stato af-frontato nel suo complesso, quanto relegato come un’appendice o un epilogo negli

studi relativi al III millennio a.C., o tra i prodromi, perlopiù lacunosi, delle culture di Bronzo Medio negli studi riguardanti il II millennio a.C. I modelli interpretativi ela-borati a partire da questo tipo di indagine dunque sono sempre apparsi profonda-mente sbilanciati in favore di uno dei due estremi meglio noti del BA e del BM.

Una posizione più centrale è stata guadagnata con l’applicazione del modello ‘cri-si-rigenerazione’, come ipotizzato da Henry Pirenne in ambito tardo antico, al mon-do vicino orientale, seconmon-do la formulazione di Norman Yoffee prima e di Glenn Schwartz poi. Il nuovo orientamento ha dato un rinnovato impulso al dibattito, spo-standone il centro dal concetto di crisi vera e propria verso gli aspetti di continuità e rinnovamento del ‘dopo crisi’ (Yoffee, Cowgill 1988; Schwartz, Nichols 2006; McA-nany, Yoffee 2009). Il proseguimento degli studi in questa direzione, che impegnava gli specialisti nella decifrazione di un contesto così labilmente leggibile, ha favorito l’esplorazione degli ambiti più propriamente metodologici e teorici che tendenzial-mente, in seguito allo spostamento della querelle dall’originario ambito siro-palestinese, erano stati piuttosto trascurati. È ormai evidente che nel caso di un pe-riodo così povero di evidenze archeologiche non è possibile proporre alcun modello interpretativo, che voglia andare oltre il piano meramente ipotetico, senza la base di una corretta e precisa comparazione delle sequenze materiali dei vari siti scavati.

Evidenze attribuibili a questa fase a Tell Barri sono state indagate tra il 1998 e il 2002. Sulla riva sinistra dello Wadi Jaghjagh, pressoché nel centro dell’alto bacino del Khabur, Tell Barri è un sito di medio-piccole dimensioni. Quando Paolo Emilio Pe-corella e Mirjo Salvini decisero, agli inizi degli anni ottanta, di intraprendere lo scavo del tell, nella speranza, indagando l’antica Kahat, di gettare nuova luce sul periodo mitannico e sul mondo hurrita, erano ben consapevoli che quella che si proponeva loro era una sfida difficile: il Tell Barri, con le sue pareti scoscese e la complessa strati-ficazione che ne aveva portato la cima a 32 m sul piano di campagna, avrebbe conces-so i suoi segreti conces-solo dietro il pagamento di forti pegni, in termini di impegno e di tempo. Venticinque anni di scavo nell’area G, sulla pendice sud-orientale del monti-colo, hanno avuto ragione della potenza del tell, rivelando una sequenza di livelli di occupazione che partendo dai primi secoli del III millennio a.C. proseguono presso-ché ininterrottamente fino al periodo post-assiro.

A tutt’oggi, anche se il tempio del Dio della tempesta di Kahat rimane nascosto, Tell Barri costituisce, proprio con la stratificazione complessa che a prove così ardue aveva posto le indagini, un punto di riferimento imprescindibile per la calibratura delle sequenze locali.

Questa consapevolezza indusse fin dall’inizio il Prof. Pecorella a dedicare una particolare attenzione allo studio della sequenza ceramica, tanto più importante quando ininterrotta nelle fasi di transizione e di passaggio.

I resti di superficie e quelli stratificati dell’area B avevano già reso evidente che Barri/Kahat, nota dai testi come centro di II e I millennio a.C., aveva avuto un passato

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importante nel III. In un periodo in cui si andavano sempre più diffondendo le teorie di H. Weiss riguardo allo iato insediativo nella regione, l’identificazione a Tell Barri di una sequenza che apparentemente non presentava significative soluzioni di conti-nuità, risultava quanto meno singolare. Tell Barri infatti, rispetto ad altri grandi cen-tri di BA (Leilan, Brak, Beydar) e di BM (Leilan), è un sito relativamente piccolo, ed era pertanto verosimile, a prima vista, che in corrispondenza di periodi di crisi gene-ralizzata potesse avere avuto maggiori probabilità, rispetto ai grandi siti, di rimanere abbandonato. Si faceva strada l’idea che un sito relativamente secondario, tanto da non avere destato gli interessi diretti dei dinasti accadici, fosse riuscito a sopravvivere dove i centri più integrati nel sistema economico e politico dell’epoca erano crollati.

La potenza degli strati compresi tra i livelli più chiaramente di BA, datati sulla ba-se della ceramica Ninivite 5 e della ceramica metallica, e i livelli di BM, datati sulla base della ceramica dipinta del Khabur, insieme alle linee evolutive evidenti dalla se-quenza dei materiali, suggerivano infatti l’intercorrere di un arco di tempo abbastan-za ampio, tale da far supporre che eventuali periodi di abbandono dovessero essere stati perlopiù brevi.

È in questo contesto che, con la possibilità di studiare i materiali recentemente scavati a Tell Barri, nasce l’idea di uno studio che avesse per oggetto il passaggio tra BA e BM, ovvero il periodo della crisi e della rigenerazione incipiente, nel suo com-plesso.

L’unico modo per identificare l’esistenza di periodi di abbandono, e quindi di collocare cronologicamente con precisione i differenti livelli archeologici e restituire un quadro quanto più possibile veritiero del periodo indagato, era una corretta valu-tazione della sequenza ceramica, verificando se effettivamente l’area fosse rimasta i-ninterrottamente abitata o meno.

Lo scavo in sequenza in una stessa area, ovvero l’area G, assicurava la giusta se-quenzialità nei lotti ceramici presi in considerazione, evitando la necessità di dovere stabilire delle correlazioni tra materiali di aree di scavo differenti. Per contro, la va-riazione della tipologia dei contesti messi in luce (abitativo, artigianale, funerario ecc.), condizionando la tipologia del repertorio ceramico, avrebbe potuto falsificare la valutazione delle linee evolutive evidenziate nella sequenza, non necessariamente va-riate secondo uno sviluppo cronologico lineare ma possibilmente in relazione all’ambito funzionale.

Era dunque di capitale importanza la disponibilità di sequenze di confronto, sca-vate in siti vicini. Nel caso di un arco di tempo limitato, l’unico elemento che consen-ta di verificare la presenza di gap insediativi è la consapevolezza dell’assenza nella se-quenza di un sito di una fase nota da altri centri della regione.

Nel caso del passaggio tra BA e BM tuttavia i siti di confronto erano decisamente limitati e, proprio a causa della scarsa conoscenza del periodo, documentati in modo da richiedere un approccio critico.

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importante nel III. In un periodo in cui si andavano sempre più diffondendo le teorie di H. Weiss riguardo allo iato insediativo nella regione, l’identificazione a Tell Barri di una sequenza che apparentemente non presentava significative soluzioni di conti-nuità, risultava quanto meno singolare. Tell Barri infatti, rispetto ad altri grandi cen-tri di BA (Leilan, Brak, Beydar) e di BM (Leilan), è un sito relativamente piccolo, ed era pertanto verosimile, a prima vista, che in corrispondenza di periodi di crisi gene-ralizzata potesse avere avuto maggiori probabilità, rispetto ai grandi siti, di rimanere abbandonato. Si faceva strada l’idea che un sito relativamente secondario, tanto da non avere destato gli interessi diretti dei dinasti accadici, fosse riuscito a sopravvivere dove i centri più integrati nel sistema economico e politico dell’epoca erano crollati.

La potenza degli strati compresi tra i livelli più chiaramente di BA, datati sulla ba-se della ceramica Ninivite 5 e della ceramica metallica, e i livelli di BM, datati sulla base della ceramica dipinta del Khabur, insieme alle linee evolutive evidenti dalla se-quenza dei materiali, suggerivano infatti l’intercorrere di un arco di tempo abbastan-za ampio, tale da far supporre che eventuali periodi di abbandono dovessero essere stati perlopiù brevi.

È in questo contesto che, con la possibilità di studiare i materiali recentemente scavati a Tell Barri, nasce l’idea di uno studio che avesse per oggetto il passaggio tra BA e BM, ovvero il periodo della crisi e della rigenerazione incipiente, nel suo com-plesso.

L’unico modo per identificare l’esistenza di periodi di abbandono, e quindi di collocare cronologicamente con precisione i differenti livelli archeologici e restituire un quadro quanto più possibile veritiero del periodo indagato, era una corretta valu-tazione della sequenza ceramica, verificando se effettivamente l’area fosse rimasta i-ninterrottamente abitata o meno.

Lo scavo in sequenza in una stessa area, ovvero l’area G, assicurava la giusta se-quenzialità nei lotti ceramici presi in considerazione, evitando la necessità di dovere stabilire delle correlazioni tra materiali di aree di scavo differenti. Per contro, la va-riazione della tipologia dei contesti messi in luce (abitativo, artigianale, funerario ecc.), condizionando la tipologia del repertorio ceramico, avrebbe potuto falsificare la valutazione delle linee evolutive evidenziate nella sequenza, non necessariamente va-riate secondo uno sviluppo cronologico lineare ma possibilmente in relazione all’ambito funzionale.

Era dunque di capitale importanza la disponibilità di sequenze di confronto, sca-vate in siti vicini. Nel caso di un arco di tempo limitato, l’unico elemento che consen-ta di verificare la presenza di gap insediativi è la consapevolezza dell’assenza nella se-quenza di un sito di una fase nota da altri centri della regione.

Nel caso del passaggio tra BA e BM tuttavia i siti di confronto erano decisamente limitati e, proprio a causa della scarsa conoscenza del periodo, documentati in modo da richiedere un approccio critico.

Il confronto con Tell Mozan si imponeva dunque come una tappa obbligata, trat-tandosi dell’unico sito con una sequenza altrettanto consistente, e datata sulla base di elementi solidi.

L’analisi della produzione ceramica, per la sua dipendenza dalla complessità ciale e dal livello di integrazione e specializzazione raggiunto da una determinata so-cietà (Flannery 1972; Rice 1981, 1984; Matthiae 2005: 122-124), è in grado di fornire un contributo importante sia in ordine verticale, diacronico, nell’identificazione di corrispondenze cronologiche valide tra siti diversi ma geograficamente prossimi e l’elaborazione di sequenze relative affidabili, sia in ordine orizzontale, sincronico e geografico, nella identificazione e delimitazione delle aree interessate da fenomeni culturali simili. La sintesi dei due orientamenti dell’indagine sarà presumibilmente in grado di fornire elementi preziosi nell’identificazione degli sviluppi culturali adom-brati dalla distribuzione delle componenti della cultura materiale, dalla produzione più propriamente artistica e dalle fonti storiche.

In questo testo ci si propone dunque di verificare il contributo che può fornire lo studio della produzione ceramica da un lato ed un’attenta comparazione delle se-quenze dall’altro, avvalendosi dell’apporto di materiali sia inediti, provenienti da Tell Barri e da Tell Mozan, sia editi, provenienti dagli altri siti della regione.

In questo modo ci si augura di provvedere un compendio utile che possa servire per quanto possibile da ‘manuale’ per il periodo di passaggio, offrendo la possibilità di consultare le sequenze ceramiche di riferimento, trattate più approfonditamente nel caso dei materiali inediti e dei siti dell’alto bacino del Khabur e della Giazira o-rientale, e che contenga la bibliografia di base per il resto delle regioni alto mesopo-tamiche, già più approfonditamente analizzate in altri studi.

La base di questo studio è rappresentata dall’analisi dei materiali di una parte del-la sequenza ceramica dell’area G di Tell Barri (fasi Q-O), che rappresentano del-la com-ponente più cospicua, e da una serie di lotti ceramici della fase 4 dell’area A di Tell Mozan. I nuovi elementi risultanti sono stati conseguentemente inseriti nel contesto regionale, che è stato criticamente riconsiderato alla luce degli scavi più recenti e delle osservazioni sul campo. L’osservazione diretta delle ceramiche provenienti dai siti chiave della regione per il periodo di passaggio tra BA e BM, avvenuta in Siria anche solo nel corso delle visite ai siti in corso di scavo, ed in Europa presso i musei ed i centri di ricerca, è stata di fondamentale importanza per comprendere appieno la na-tura ed il valore dei materiali di confronto.

I repertori ceramici dei vari siti, dei quali si è avuto esperienza più o meno diret-ta, sono stati analizzati secondo criteri che consentissero una comparazione il più agi-le possibiagi-le, e soprattutto secondo i criteri che consentissero di sfruttare ognuno di essi nella componente più interessante, diversa per contesto di origine o di lavoro.

Lo studio del repertorio ceramico delle fasi Q, P e O dell’area G di Tell Barri rien-trava in un progetto più ampio che prevedeva la pubblicazione in due volumi dello

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scavo della lunga sequenza abitativa messa in luce nel corso degli anni nell’area G, che complessivamente si estende senza significative soluzioni di continuità lungo tut-to l’arco di tempo compreso tra il dinastico antico e il periodo post-assiro, e della ce-ramica associata, analizzata e catalogata secondo un unico modello di riferimento. L’omogeneità dei parametri nell’analisi del materiale avrebbe permesso di seguire con estrema precisione lo sviluppo della produzione ceramica sia sulla lunga che sulla breve durata, evidenziando le caratteristiche dei repertori in relazione alle singole fasi architettoniche così come gli elementi di continuità e di discontinuità nel corso del tempo. Con la scomparsa improvvisa del Professor P. E. Pecorella, direttore della missione archeologica a Tell Barri, responsabile ed anima del progetto, i lavori hanno subito un’inevitabile battuta d’arresto. La ceramica delle fasi Q-O viene presentata adesso nel contesto dell’indagine sulla tradizione culturale dell’alto bacino del Kha-bur alla transizione tra BA e BM, tema della tesi di dottorato da cui questo libro è tratto, ma non prescinde dai lavori dei colleghi di Tell Barri sulle altre sezioni della sequenza dell’area G. Alcuni aspetti di questo studio sono dunque stati determinati dalla volontà di rispettare l’impostazione generale dell’opera all’interno della quale erano inquadrati, e che si auspica possa infine vedere la luce secondo il disegno origi-nario.

La necessità di lavorare, per esigenze di missione, alla catalogazione degli altri lot-ti della sequenza e all’elaborazione delle rispetlot-tive lot-tipologie si è rivelata una grande opportunità. L’esperienza diretta di repertori ceramici provenienti da contesti anche molto distanti, in quanto a cronologia e ambito culturale ha garantito, nei meandri della specializzazione di uno studio sul breve periodo, un riferimento costante sul piano della lunga durata, tutelando la percezione dell’originalità dei vari assemblaggi.

Il corpus della ceramica di Mozan comprende una serie di lotti ceramici di fase 4 (periodo Ur III-Isin/Larsa) provenienti dall’area del Palazzo Reale, sulla pendice oc-cidentale del tell, ed in particolare dai settori A7, A9 e A15. Mentre il caso di Barri è particolarmente interessante dal punto di vista diacronico, come termine di paragone per le sequenze locali e per la possibilità di seguire con precisione le linee evolutive interne della produzione ceramica, il repertorio di Mozan, inserito in una sequenza datata con sicurezza in base ai dati epigrafici ed alle impronte di sigillo, offre in ter-mini di cronologia un’ancora perfetta per la comparazione. Lo studio di questo lotto è funzionale sia per pubblicazione definitiva dei contesti di fase 4 di Mozan, che è at-tualmente in corso da parte di G. Buccellati e M. Kelly-Buccellati, sia nel contesto più ampio dello studio del passaggio tra BA e BM in alta Mesopotamia. Nel primo caso la comparazione delle ricorrenze dei tipi all’interno dei lotti favorirà la messa in fase puntuale dei livelli indagati nei differenti settori di scavo, mentre in entrambi i casi, la comparazione tra il corpus ceramico di Mozan e degli altri siti consente la collocazio-ne del repertorio di Mozan collocazio-nel contesto regionale sia dal punto di vista cronologico che dal punto di vista geografico-culturale.

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scavo della lunga sequenza abitativa messa in luce nel corso degli anni nell’area G, che complessivamente si estende senza significative soluzioni di continuità lungo tut-to l’arco di tempo compreso tra il dinastico antico e il periodo post-assiro, e della ce-ramica associata, analizzata e catalogata secondo un unico modello di riferimento. L’omogeneità dei parametri nell’analisi del materiale avrebbe permesso di seguire con estrema precisione lo sviluppo della produzione ceramica sia sulla lunga che sulla breve durata, evidenziando le caratteristiche dei repertori in relazione alle singole fasi architettoniche così come gli elementi di continuità e di discontinuità nel corso del tempo. Con la scomparsa improvvisa del Professor P. E. Pecorella, direttore della missione archeologica a Tell Barri, responsabile ed anima del progetto, i lavori hanno subito un’inevitabile battuta d’arresto. La ceramica delle fasi Q-O viene presentata adesso nel contesto dell’indagine sulla tradizione culturale dell’alto bacino del Kha-bur alla transizione tra BA e BM, tema della tesi di dottorato da cui questo libro è tratto, ma non prescinde dai lavori dei colleghi di Tell Barri sulle altre sezioni della sequenza dell’area G. Alcuni aspetti di questo studio sono dunque stati determinati dalla volontà di rispettare l’impostazione generale dell’opera all’interno della quale erano inquadrati, e che si auspica possa infine vedere la luce secondo il disegno origi-nario.

La necessità di lavorare, per esigenze di missione, alla catalogazione degli altri lot-ti della sequenza e all’elaborazione delle rispetlot-tive lot-tipologie si è rivelata una grande opportunità. L’esperienza diretta di repertori ceramici provenienti da contesti anche molto distanti, in quanto a cronologia e ambito culturale ha garantito, nei meandri della specializzazione di uno studio sul breve periodo, un riferimento costante sul piano della lunga durata, tutelando la percezione dell’originalità dei vari assemblaggi.

Il corpus della ceramica di Mozan comprende una serie di lotti ceramici di fase 4 (periodo Ur III-Isin/Larsa) provenienti dall’area del Palazzo Reale, sulla pendice oc-cidentale del tell, ed in particolare dai settori A7, A9 e A15. Mentre il caso di Barri è particolarmente interessante dal punto di vista diacronico, come termine di paragone per le sequenze locali e per la possibilità di seguire con precisione le linee evolutive interne della produzione ceramica, il repertorio di Mozan, inserito in una sequenza datata con sicurezza in base ai dati epigrafici ed alle impronte di sigillo, offre in ter-mini di cronologia un’ancora perfetta per la comparazione. Lo studio di questo lotto è funzionale sia per pubblicazione definitiva dei contesti di fase 4 di Mozan, che è at-tualmente in corso da parte di G. Buccellati e M. Kelly-Buccellati, sia nel contesto più ampio dello studio del passaggio tra BA e BM in alta Mesopotamia. Nel primo caso la comparazione delle ricorrenze dei tipi all’interno dei lotti favorirà la messa in fase puntuale dei livelli indagati nei differenti settori di scavo, mentre in entrambi i casi, la comparazione tra il corpus ceramico di Mozan e degli altri siti consente la collocazio-ne del repertorio di Mozan collocazio-nel contesto regionale sia dal punto di vista cronologico che dal punto di vista geografico-culturale.

Di fondamentale importanza è stata la possibilità di analizzare una serie di lotti ceramici editi di grande importanza provenienti da alcuni dei maggiori siti alto-mesopotamici e conservati presso il McDonald Institute. Il materiale è stato descritto e fotografato. Tra questo si annoverano ceramiche fini e comuni provenienti dai livel-li di periodo accadico e post-accadico di Brak, e soprattutto differenti varianti di ce-ramiche metalliche e brunite provenienti da Brak, Rimah, Taya e Gawra. L’esperienza diretta di questi ultimi tipi ceramici, a cui in letteratura viene fatto riferimento se-condo terminologie spesso diverse da sito a sito, è stata basilare, in quanto ha per-messo di verificare con sicurezza i termini di confronto, consentendo altresì di ipotiz-zare corrispondenze più sicure nel caso di materiali editi descritti secondo denomi-nazioni diverse1.

Il problema della terminologia negli studi di ceramica infatti è particolarmente stringente: i tipi ceramici vengono sovente indicati secondo delle denominazioni sog-gettive che innescano, nel caso in cui i criteri di codifica non vengano adeguatamente corredati da descrizioni e foto, fraintendimenti di varia natura. Questa medesima questione è stata sollevata più volte2, e sono stati intrapresi vari studi volti al suo su-peramento3, ma le classi ceramiche senza una connotazione chiara cui viene fatto ri-ferimento nelle pubblicazioni sono ancora molte. Per questo motivo si è cercato di verificare i dati editi attraverso osservazioni sul campo o attraverso la consulenza di-retta degli studiosi interessati. Per contro, si è cercato di limitare la ulteriore prolife-razione di denominazioni singolari adottando quelle già in uso in letteratura, sempli-ficando quando possibile, e sintetizzando nel caso di distinzioni non troppo affidabili.

Una particolare attenzione è stata rivolta ai contesti archeologici specifici, rispet-to ai quali l’analisi della ceramica non prescinde mai né dal punrispet-to di vista socio-culturale né dal punto di vista prettamente tecnico. Contesti di tipo palazia-le/amministrativo, domestico, artigianale o funerario rispecchiano aspetti differenti o differenti segmenti delle antiche società vicino orientali, ed è quindi plausibile i mate-riali associati rispecchino le diverse realtà: la sequenza ceramica di un’area a destina-zione funeraria ad esempio, con ogni probabilità sarà diversa da quella associata ad

1 I materiali sono stati analizzati in corrispondenza di un periodo passato come Visiting student presso il

Dipartimento di Archeologia dell’Università di Cambridge (UK), sotto il tutorato della Prof. A. McMa-hon.

2 Tra cui recentemente Campbell 1999; 2000; Lebeau 2000.

3 Si vedano ad esempio a proposito della ceramica metallica e della ceramica grigia di III millennio a.C.

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un contesto artigianale4. Dal punto di vista prettamente tecnico, si è cercato di valuta-re di volta in volta il contributo che ciascun contesto era in grado di fornivaluta-re nell’analisi, in base ad affidabilità e specificità del contesto, della datazione, o all’ampiezza della documentazione disponibile.

Più approfonditamente sono stati analizzati i contesti dei siti dell’alto bacino del Khabur: la regione rappresenta infatti non solo la zona d’origine dei materiali inediti oggetto della ricerca, ma costituisce anche una zona particolarmente difficile nella fase di passaggio. Risultati contrastanti (Leilan versus Mozan ecc.) sembrano indicare infatti che gli abitati della zona siano stati interessati da fenomeni differenti: quest’impressione ha originato una serie di studi particolaristici molto dettagliati, ma manca completamente, al momento, un compendio che fornisca un quadro completo delle evidenze e delle problematiche che intercorrono nell’area. La maggior parte de-gli studi che comprendono il passaggio tra BA e BM ha per oggetto il popolamento, e si basa pertanto sui risultati dell’archeologia di superficie, particolarmente legata in questi anni ai nomi di T. J. Wilkinson, J. Ur e L. Ristvet. La regione infatti è stata og-getto di ricognizioni condotte con i metodi più moderni e con eccellenti risultati ma purtroppo, una lacuna di base risiede proprio nell’archeologia stratigrafica che, parti-colarmente per questo periodo, non sempre è riuscita a garantire ai ricognitori ele-menti sicuri di datazione.

Per il resto delle regioni alto mesopotamiche, come per la Siria interna, il medio Eufrate il bacino del Balikh, ci si è limitati ad una collazionare dei vari studi di cui quelle stesse regioni erano già state oggetto, senza entrare ulteriormente nel merito della questione. Questa infatti, anche se non risolta, è già stata affrontata in modo molto approfondito (e citiamo a questo proposito i lavori di C. Marro, E. Cooper, A. Porter, G. Schwartz ecc.5), per cui i risultati di quegli studi saranno utilizzati per con-fronto.

Alla stessa stregua è stata trattata la regione dell’alto corso del Tigri. Si tratta in quest’ultimo caso di una zona molto meno conosciuta rispetto a quella eufratica, spe-cie per quanto riguarda il III millennio a.C. o il momento di passaggio tra III e II, tut-tavia negli ultimi anni è stata oggetto di una serie di interventi di salvataggio che stanno restituendo dei dati di grande interesse. Un valore ancora maggiore riveste il materiale dell’alto Tigri nell’ambito di uno studio sulla Giazira che si basi per larga parte sul materiale ceramico della ‘hurrita’ Tell Mozan, il cui interland, secondo

4 A titolo esemplare si veda il caso di Tell Banat, dove A. Porter (Porter 1999) ha registrato almeno

quat-tro diverse sequenze ceramiche analizzando quatquat-tro diversi tipi di contesto: palaziale; domestico; artigia-nale e funerario.

5 A questi si aggiunge nello specifico per il levante la pubblicazione del volume The Levant in Transition

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un contesto artigianale4. Dal punto di vista prettamente tecnico, si è cercato di valuta-re di volta in volta il contributo che ciascun contesto era in grado di fornivaluta-re nell’analisi, in base ad affidabilità e specificità del contesto, della datazione, o all’ampiezza della documentazione disponibile.

Più approfonditamente sono stati analizzati i contesti dei siti dell’alto bacino del Khabur: la regione rappresenta infatti non solo la zona d’origine dei materiali inediti oggetto della ricerca, ma costituisce anche una zona particolarmente difficile nella fase di passaggio. Risultati contrastanti (Leilan versus Mozan ecc.) sembrano indicare infatti che gli abitati della zona siano stati interessati da fenomeni differenti: quest’impressione ha originato una serie di studi particolaristici molto dettagliati, ma manca completamente, al momento, un compendio che fornisca un quadro completo delle evidenze e delle problematiche che intercorrono nell’area. La maggior parte de-gli studi che comprendono il passaggio tra BA e BM ha per oggetto il popolamento, e si basa pertanto sui risultati dell’archeologia di superficie, particolarmente legata in questi anni ai nomi di T. J. Wilkinson, J. Ur e L. Ristvet. La regione infatti è stata og-getto di ricognizioni condotte con i metodi più moderni e con eccellenti risultati ma purtroppo, una lacuna di base risiede proprio nell’archeologia stratigrafica che, parti-colarmente per questo periodo, non sempre è riuscita a garantire ai ricognitori ele-menti sicuri di datazione.

Per il resto delle regioni alto mesopotamiche, come per la Siria interna, il medio Eufrate il bacino del Balikh, ci si è limitati ad una collazionare dei vari studi di cui quelle stesse regioni erano già state oggetto, senza entrare ulteriormente nel merito della questione. Questa infatti, anche se non risolta, è già stata affrontata in modo molto approfondito (e citiamo a questo proposito i lavori di C. Marro, E. Cooper, A. Porter, G. Schwartz ecc.5), per cui i risultati di quegli studi saranno utilizzati per con-fronto.

Alla stessa stregua è stata trattata la regione dell’alto corso del Tigri. Si tratta in quest’ultimo caso di una zona molto meno conosciuta rispetto a quella eufratica, spe-cie per quanto riguarda il III millennio a.C. o il momento di passaggio tra III e II, tut-tavia negli ultimi anni è stata oggetto di una serie di interventi di salvataggio che stanno restituendo dei dati di grande interesse. Un valore ancora maggiore riveste il materiale dell’alto Tigri nell’ambito di uno studio sulla Giazira che si basi per larga parte sul materiale ceramico della ‘hurrita’ Tell Mozan, il cui interland, secondo

4 A titolo esemplare si veda il caso di Tell Banat, dove A. Porter (Porter 1999) ha registrato almeno

quat-tro diverse sequenze ceramiche analizzando quatquat-tro diversi tipi di contesto: palaziale; domestico; artigia-nale e funerario.

5 A questi si aggiunge nello specifico per il levante la pubblicazione del volume The Levant in Transition

(P. J. Parr [a cura di] 2009).

l’interpretazione di G. Buccellati, dovrebbe essere da ricercare proprio in quella re-gione.

Un’attenzione tutta particolare invece si è voluto rivolgerla alla sezione nord-orientale della Giazira, ovvero alla valle del Tigri iracheno e alle pianure dell’area di Tell Afar, tra i bacini del Tigri e del Khabur. A causa della drammatica situazione po-litica internazionale che spesso ha impedito la ricerca sul campo, la zona è rimasta frequentemente ai margini del dibattito scientifico. Ciò nondimeno, l’alto bacino del Khabur e quella che più tardi sarebbe diventata il cuore della regione assira, sono ac-comunati da fenomeni culturali di ampia portata che si manifestano nella diffusione di tradizioni ceramiche simili, come la Ninivite 5 nel BA e la ceramica Khabur nel BM, e da comuni esperienze politiche, come la dominazione accadica prima6, e pale-oassira poi. La ripresa degli studi sui materiali di Assur in tempi recenti inoltre, e le pubblicazioni in corso sui materiali scavati da W. Andrae, stanno riportando alla luce evidenze di grande interesse non solo per i periodi pienamente assiri ma anche per la fase di transizione tra III-II millennio a.C., tutte ancora da valutare.

Lo studio della ceramica prevede la considerazione degli aspetti evolutivi nonché della diffusione spaziale. Per quanto riguarda l’aspetto diacronico, che allo stadio at-tuale degli studi è quello che in Giazira pone le maggiori problematiche7, si predilirà il rispetto dell’originalità delle sequenze locali: l’elaborazione di sintesi troppo ge-neriche si è già rivelata in vari casi di utilità limitata8, mentre si ritiene sicuramente più utile fornire un contributo nel campo della comparazione delle sequenze favo-rendo, nei limiti del possibile, una migliore definizione delle sintesi cronologiche esi-stenti, come la periodizzazione locale della Giazira (Lebeau 2000). Una verifica della correlazione delle sequenze contribuirà ad una più puntale definizione dei confini microregionali dell’area, valutandone l’evoluzione in senso diacronico.

6 Quest’ultimo punto tuttavia è molto dibattuto tra sostenitori e detrattori. Si veda a titolo esemplare il

caso di Ninive.

7 È estremamente significativo infatti che anche nelle ricognizioni più recenti gli autori, non avendo la

possibilità di eseguire distinzioni più accurate, parlano complessivamente di ceramica late III Millennium, comprendendo tra questa genericamente la ceramica di periodo accadico e di periodo post-accadico (Lyonnet 2000; Wilkinson, Tucker 1995; Ur 2002 b).

8 L’elaborazione di sintesi troppo ampie si è rivelata infatti in vari casi di scarsa utilità: a questo proposito

è significativo ricordare come ad esempio la sintesi elaborata da Porter per Tell Banat (Porter 1995 a, b) non sia risultata pienamente applicabile neppure nel vicino sito di Jerablus Tahtani (Campbell 2000). Una sorte simile in Giazira ha avuto la periodizzazione di III e II millennio a.C. basata sulla sequenza di Leilan.

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Questo libro è tratto dallo studio di dottorato dell’autore9. Nel corso dei tre anni di studio del dottorato fiorentino è stata di inestimabile valore la possibilità di verifi-care di volta in volta le tesi e le riflessioni che si andavano elaborando attraverso il confronto con altri esperti del settore10. Un contributo fondamentale infatti è

deriva-to dalla possibilità non solo di ‘praticare’ direttamente il materiale ceramico prove-niente da siti diversi, ma anche, e forse soprattutto, dalla possibilità di confronto con gli stessi studiosi che già si erano occupati dei medesimi temi, e che con grande libe-ralità hanno messo a disposizione la loro esperienza.

I ringraziamenti più vivi vanno innanzitutto alla professoressa Stefania Mazzoni, che ha seguito lo svolgimento della ricerca in tutte le sue parti offrendo un confronto e una critica sempre puntuali. Si ringraziano inoltre i direttori delle missioni di Tell Barri, R. Pierobon-Benoit, e di Tell Mozan, M. Kelly-Buccellati e G. Buccellati, che provvedendo materiali, dati di scavo, tempo e pazienza, hanno consentito la realizza-zione di questa ricerca. Un ringraziamento sincero va a J. Oates, cui sono grata per la disponibilità accordatami durante il soggiorno a Cambridge, mettendo a mia disposi-zione le ceramiche degli scavi britannici in Giazira nonché la sua grande esperienza, e ad A. McMahon, per le indicazioni preziose riguardo ai materiali di Chagar Bazar, Brak e Ninive. Si ringraziano inoltre gli altri studiosi che a diverso titolo hanno con-tribuito al lavoro con le loro idee, critiche e suggerimenti sempre preziosi: A. D’Agostino, F. Manuelli, E. Rova, C. Valdes Pereiro, R. Koliński, J. Ur e Mirjo Salvini. La mia sincera riconoscenza va inoltre ai membri della commissione giudicatrice del dottorato, i professori Filippo Maria Carinci (Università Ca' Foscari di Venezia), Lu-cia Criscuolo (Università di Bologna), François Chausson (Université de Paris 1 - Sorbonne) ed in particolare Paolo Matthiae (Università di Roma La Sapienza), per il sostegno le osservazioni e le indicazioni preziose. Un pensiero speciale infine è rivolto al Professore Paolo Emilio Pecorella: al Mudir, che mi ha trasmesso la passione e la dedizione per l’archeologia, la pazienza della ricerca e l’attesa della scoperta, dedico il mio lavoro.

9 La tesi, dal titolo «Persistenze e discontinuità nella produzione ceramica dell’Alta Mesopotamia tra la fine

del III e l’inizio del II millennio a.C. Il contributo degli scavi di Tell Barri e Tell Mozan (Siria)», è stata di-scussa il 22 Aprile 2010.

10 Tra le varie attività si ricordano in particolare le tavole rotonde e le conferenze organizzate dalla Prof. S.

Mazzoni nell’ambito del dottorato: «La fine del III millennio tra crisi e sviluppo…. il dibattito continua» (Firenze, 14/03/2008), e «Dopo la crisi: sviluppi e trasformazioni agli inizi del II millennio in Anatolia e Siria» (Firenze, 24/02/2009).

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Valentina Orsi, Crisi e rigenerazione nella valle dell’Alto Khabur (Siria) : la produzione ceramica nel passaggio dal

Bronzo Antico al Bronzo Medio ISBN 978-88-6655-087-7 (print) ISBN 978-88-6655-089-1 (online) © 2011

Firenze University Press

Questo libro è tratto dallo studio di dottorato dell’autore9. Nel corso dei tre anni di studio del dottorato fiorentino è stata di inestimabile valore la possibilità di verifi-care di volta in volta le tesi e le riflessioni che si andavano elaborando attraverso il confronto con altri esperti del settore10. Un contributo fondamentale infatti è

deriva-to dalla possibilità non solo di ‘praticare’ direttamente il materiale ceramico prove-niente da siti diversi, ma anche, e forse soprattutto, dalla possibilità di confronto con gli stessi studiosi che già si erano occupati dei medesimi temi, e che con grande libe-ralità hanno messo a disposizione la loro esperienza.

I ringraziamenti più vivi vanno innanzitutto alla professoressa Stefania Mazzoni, che ha seguito lo svolgimento della ricerca in tutte le sue parti offrendo un confronto e una critica sempre puntuali. Si ringraziano inoltre i direttori delle missioni di Tell Barri, R. Pierobon-Benoit, e di Tell Mozan, M. Kelly-Buccellati e G. Buccellati, che provvedendo materiali, dati di scavo, tempo e pazienza, hanno consentito la realizza-zione di questa ricerca. Un ringraziamento sincero va a J. Oates, cui sono grata per la disponibilità accordatami durante il soggiorno a Cambridge, mettendo a mia disposi-zione le ceramiche degli scavi britannici in Giazira nonché la sua grande esperienza, e ad A. McMahon, per le indicazioni preziose riguardo ai materiali di Chagar Bazar, Brak e Ninive. Si ringraziano inoltre gli altri studiosi che a diverso titolo hanno con-tribuito al lavoro con le loro idee, critiche e suggerimenti sempre preziosi: A. D’Agostino, F. Manuelli, E. Rova, C. Valdes Pereiro, R. Koliński, J. Ur e Mirjo Salvini. La mia sincera riconoscenza va inoltre ai membri della commissione giudicatrice del dottorato, i professori Filippo Maria Carinci (Università Ca' Foscari di Venezia), Lu-cia Criscuolo (Università di Bologna), François Chausson (Université de Paris 1 - Sorbonne) ed in particolare Paolo Matthiae (Università di Roma La Sapienza), per il sostegno le osservazioni e le indicazioni preziose. Un pensiero speciale infine è rivolto al Professore Paolo Emilio Pecorella: al Mudir, che mi ha trasmesso la passione e la dedizione per l’archeologia, la pazienza della ricerca e l’attesa della scoperta, dedico il mio lavoro.

9 La tesi, dal titolo «Persistenze e discontinuità nella produzione ceramica dell’Alta Mesopotamia tra la fine

del III e l’inizio del II millennio a.C. Il contributo degli scavi di Tell Barri e Tell Mozan (Siria)», è stata di-scussa il 22 Aprile 2010.

10 Tra le varie attività si ricordano in particolare le tavole rotonde e le conferenze organizzate dalla Prof. S.

Mazzoni nell’ambito del dottorato: «La fine del III millennio tra crisi e sviluppo…. il dibattito continua» (Firenze, 14/03/2008), e «Dopo la crisi: sviluppi e trasformazioni agli inizi del II millennio in Anatolia e Siria» (Firenze, 24/02/2009).

Capitolo 1. Il contesto rtorico e archeologico del periodo di

passag-gio tra BA e BM in Siria e in Alta Mesopotamia

1.1 I prodromi e gli esiti: dalla seconda rivoluzione urbana alle dinastie amoree In corrispondenza dei secoli centrali del III millennio a.C. si realizza in tutta la regio-ne siriana e alto-mesopotamica, secondo tempi e modalità localmente differenti, un imponente incremento urbano, meglio noto come «seconda urbanizzazione» o «se-conda rivoluzione urbana»11.

A secoli di distanza dall’esaurimento della prima forma di urbanizzazione realiz-zatasi sotto l’impulso della colonizzazione Uruk, in un arco di tempo relativamente breve si sviluppano nuovi modelli insediativi pienamente urbani, comprensivi di tut-te le istituzioni che comunementut-te vengono ad essi collegatut-te, e carattut-terizzati dall’impiego su ampia scala della scrittura. I centri abitati vanno organizzandosi in sistemi gerarchicamente ordinati, con comunità minori economicamente e politica-mente collegate alle grandi capitali o ai centri regionali. Questi vengono dotati di im-ponenti sistemi di difesa, ed i nuclei abitativi ed artigianali si dispongono in funzione dei grandi complessi monumentali e amministrativi, emblematici dell’esercizio del potere. Le caratteristiche degli edifici pubblici indicano la presenza di organismi do-tati un elevato grado di centralizzazione sia sul piano economico sia sul piano politico e organizzativo, mentre sia le evidenze dei testi economici che quelle fornite dai cor-redi funerari (McClellan, Porter 1999; Peltenburg 1999) attestano una accentuata stratificazione sociale. Una componente comune dei complessi urbani è rappresenta-ta dalla presenza di edifici templari, che si sviluppano secondo lo schema in antis sul medio Eufrate e secondo tipologie articolate in più vani a Mari; il ruolo economico e politico dell’istituzione templare nell’alta Mesopotamia e nella Siria del III millennio

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a.C. tuttavia è da considerare molto più circoscritto rispetto alla tradizione della Me-sopotamia del sud (Archi 1991).

Anche i dati faunistici e archeobotanici suggeriscono la presenza di istituzioni centralizzate che promuovono un tipo di economia specializzata (Zeder 1998; Weber 1999; Boessneck 1988), e alla stessa specializzazione del lavoro sembrano da collegare gli sviluppi economici e tecnologici, che consentono in questa fase l’accumulo di ec-cedenze da reinvestire negli scambi (Blakman et alii 1993). La diffusione di prodotti di lusso di varia natura attesta da un lato l’intensificazione delle comunicazioni e dei commerci (D’Altroy, Earle 1985), e dall’altro la volontà di manifestare, attraverso og-getti di pregio, un nuovo status sociale (Miller, Wetterstrom 2000: 1126).

Le caratteristiche delle realtà economiche e politiche di metà III millennio a.C. vengono riassunte nella denominazione di «società complesse», ovvero:

[…] Societies with extensive populations, large scale and often multilevel political or-ganizations (states), large and hierarchical settlement pattern (urban systems), and (usually) socially stratified populations (Schwartz 2006: 17 nota 1).

A livello di cultura materiale, le produzioni ceramiche in Siria occidentale e o-rientale, se pure diverse, si orientano entrambe verso la specializzazione e la massifi-cazione12: la produzione tipica della Siria occidentale, riassunta in questo periodo sot-to la denominazione di «orizzonte caliciforme» (Mazzoni 1985 b), è caratterizzata da forme estremamente veloci costruite sul tornio, utilizzato anche per le decorazioni, incise o dipinte; nella Siria orientale viene abbandonata la produzione di ceramica Ninivite 5, estremamente dispendiosa dal punto di vista tecnologico, a favore di una produzione di ceramica comune, cotta ad alte temperature, poco decorata e facilmen-te trasportabile (Sfacilmen-tein, Blackman 1993)13.

Intorno al XXIV sec. a.C. la documentazione epigrafica fornita dagli archivi di Tell Mardikh/Ebla, consente non solo di seguire dall’interno, attraverso l’organizzazione amministrativa, lo sviluppo della città e poi della potenza eblaita, quanto, grazie all’ampiezza dei contatti economici e diplomatici della capitale siriana, di gettare uno sguardo sull’intero panorama alto mesopotamico, caratterizzato da una fitta rete di rapporti commerciali e politici intrecciata tra centri urbani diversi sia sulla breve che sulla lunga distanza. Per quanto riguarda nello specifico la Giazira e la

12 Il grado di centralizzazione della produzione ceramica invece è ancora da valutare: gli studi condotti sul

sito di Leilan ad esempio (Stein, Blackman 1993), hanno dimostrato come la ceramica fosse prodotta in officine locali e indipendenti, non controllate dal potere centralizzato.

13 Diversamente, la tradizione ceramica precedentemente diffusa, ovvero la tradizione Ninivite 5,

predili-gendo forme con base appuntita e orli introflessi si prestava al trasporto con maggiori difficoltà (Stein, Blackman 1993).

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a.C. tuttavia è da considerare molto più circoscritto rispetto alla tradizione della Me-sopotamia del sud (Archi 1991).

Anche i dati faunistici e archeobotanici suggeriscono la presenza di istituzioni centralizzate che promuovono un tipo di economia specializzata (Zeder 1998; Weber 1999; Boessneck 1988), e alla stessa specializzazione del lavoro sembrano da collegare gli sviluppi economici e tecnologici, che consentono in questa fase l’accumulo di ec-cedenze da reinvestire negli scambi (Blakman et alii 1993). La diffusione di prodotti di lusso di varia natura attesta da un lato l’intensificazione delle comunicazioni e dei commerci (D’Altroy, Earle 1985), e dall’altro la volontà di manifestare, attraverso og-getti di pregio, un nuovo status sociale (Miller, Wetterstrom 2000: 1126).

Le caratteristiche delle realtà economiche e politiche di metà III millennio a.C. vengono riassunte nella denominazione di «società complesse», ovvero:

[…] Societies with extensive populations, large scale and often multilevel political or-ganizations (states), large and hierarchical settlement pattern (urban systems), and (usually) socially stratified populations (Schwartz 2006: 17 nota 1).

A livello di cultura materiale, le produzioni ceramiche in Siria occidentale e o-rientale, se pure diverse, si orientano entrambe verso la specializzazione e la massifi-cazione12: la produzione tipica della Siria occidentale, riassunta in questo periodo sot-to la denominazione di «orizzonte caliciforme» (Mazzoni 1985 b), è caratterizzata da forme estremamente veloci costruite sul tornio, utilizzato anche per le decorazioni, incise o dipinte; nella Siria orientale viene abbandonata la produzione di ceramica Ninivite 5, estremamente dispendiosa dal punto di vista tecnologico, a favore di una produzione di ceramica comune, cotta ad alte temperature, poco decorata e facilmen-te trasportabile (Sfacilmen-tein, Blackman 1993)13.

Intorno al XXIV sec. a.C. la documentazione epigrafica fornita dagli archivi di Tell Mardikh/Ebla, consente non solo di seguire dall’interno, attraverso l’organizzazione amministrativa, lo sviluppo della città e poi della potenza eblaita, quanto, grazie all’ampiezza dei contatti economici e diplomatici della capitale siriana, di gettare uno sguardo sull’intero panorama alto mesopotamico, caratterizzato da una fitta rete di rapporti commerciali e politici intrecciata tra centri urbani diversi sia sulla breve che sulla lunga distanza. Per quanto riguarda nello specifico la Giazira e la

12 Il grado di centralizzazione della produzione ceramica invece è ancora da valutare: gli studi condotti sul

sito di Leilan ad esempio (Stein, Blackman 1993), hanno dimostrato come la ceramica fosse prodotta in officine locali e indipendenti, non controllate dal potere centralizzato.

13 Diversamente, la tradizione ceramica precedentemente diffusa, ovvero la tradizione Ninivite 5,

predili-gendo forme con base appuntita e orli introflessi si prestava al trasporto con maggiori difficoltà (Stein, Blackman 1993).

regione del Khabur, ulteriori documenti epigrafici provengono dagli archivi di Be-ydar, recentemente messi in luce, e da Tell Brak.

Tra i centri di maggiore rilievo si distinguono le città di Tell Mardikh/Ebla, nella Siria interna, e di Tell Hariri/Mari sull’Eufrate, in accesa competizione per il predo-minio sulle rotte commerciali.

In Giazira, tra i centri di primo rango emergono Tell Brak/Nagar, che con ogni probabilità in questa fase costituiva la capitale di un regno di dimensioni statali nel centro dell’alto bacino del Khabur; Tell Mozan/Urkesh, nella zona centro-settentrionale, ai piedi delle montagne del Tur ‘Abdin e Tell Leilan/Shehna, nella zo-na oriente dell’alto bacino del Khabur. Nella zozo-na occidentale del bacino invece un centro di medio rango è rappresentato da Tell Beydar/Nabada. Questi assorbivano nella loro sfera di influenza gli insediamenti minori localizzati all’interno del loro interland, ai quali erano probabilmente collegati secondo un sistema gerarchico14. Tra i centri del Khabur e le maggiori città siriane di Ebla e Mari sono documentati intensi rapporti di scambio di tipo economico e politico, mentre i centri del medio Eufrate dovevano più direttamente gravitare all’interno della sfera di influenza dell’una o dell’altra città.

Rispetto alle regioni siro-mesopotamiche, lo sviluppo urbano dell’Anatolia cen-trale e delle regioni montane sud-est anatoliche dell’alto Tigri e del medio Eufrate è leggermente posteriore15. Il fenomeno, che potrebbe essere stato molto lento, sembra in questo caso legato a fattori economici regionali, ed in special modo alla specializ-zazione industriale (Yakar 2000: 21).

La crescita urbana della regione del medio Eufrate turco si innesca probabilmente sulla spinta dello sviluppo della zona siro-mesopotamica, riflettendo l’importanza as-sunta da alcune zone piuttosto che altre nei tracciati di attraversamento dell’Eufrate lungo le vie commerciali (Yakar 2000: 22). Gli abitati sembrano essere organizzati in un sistema di città stato, forse all’interno della sfera di influenza eblaita. In corri-spondenza del periodo accadico, con la distruzione della capitale siriana, è probabile che la regione sia passata all’interno della sfera di influenza mesopotamica: l’iscrizione di un alto funzionario accadico rinvenuta a Titriş ha portato all’ipotesi che il sito costituisse una sorta di avamposto accadico nella regione (Wilkinson 1990 a: 100), tuttavia la presenza di una forma di controllo concreto da parte dal potere centrale accadico è ancora tutta da verificare.

14 Si veda a questo proposito il caso di Tell Beydar, che per questo periodo rappresenta l’esempio meglio

documentato.

15 Per la distribuzione di centri urani gerarchicamente organizzati sul medio corso dell’Eufrate si veda

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Sull’alto Eufrate e in Cappadocia, forse a causa dell’isolamento rispetto all’area si-ro-mesopotamica e della Cilicia, lo sviluppo urbano è ancora posteriore, interessando solo la parte finale del III millennio a.C. (Yakar 2000: 22).

All’incirca a partire dal 2300 a.C., le evidenze archeologiche testimoniano di mu-tamenti profondi che interessano innumerevoli aspetti delle culture del Bronzo Anti-co. Gran parte dei caratteri acquisiti con la seconda urbanizzazione in alta Mesopo-tamia sembrano perdersi: i siti di grande dimensione si riducono, mentre si moltipli-cano i piccoli insediamenti sparsi, autosufficienti e, a giudicare dall’assenza di edifici ufficiali, non gerarchizzati. La documentazione si riduce così drasticamente per alcu-ne aree da giustificare ipotesi di migrazioni ed abbandoni di massa, o quantomeno da postulare alterazioni sensibili dei sistemi noti verso forme archeologicamente meno leggibili, e di più difficile interpretazione. Il cambiamento, relativamente repentino, dello scenario ‘geopolitico’ di BA in alta Mesopotamia viene tradotto in termini di crisi e di collasso.

Testimonianze di una certa consistenza, sia di tipo archeologico che di carattere storico, tornano ad essere evidenti nel II millennio a.C. inoltrato, intorno al BM II (1800 a.C. ca.), documentando la piena fioritura delle culture del Bronzo Medio. Ver-so la fine del XIX sec. a.C., con lo sviluppo delle nuove entità politiche amorree di Yamkhad e di Qatna ad ovest, di Mari e poi di Hana sull’Eufrate e del breve regno di Shamshi-Adad ad est, nella Giazira, si riafferma in alta Mesopotamia il modello ur-bano, acquistando una nuova vitalità. Come testimoniato dall’abbondanza dei docu-menti scritti prodotti, le nuove realtà statali eserciteranno sul territorio un controllo più diretto rispetto alle città stato di BA, ed allo stesso tempo si estenderanno su più vaste regioni.

Tutto il periodo che intercorre tra il suddetto collasso, nella seconda metà del III millennio a.C., e il pieno sviluppo delle culture di II millennio a.C., viene definito in termini di ‘età oscura’ (Dever 1980: 35; Weiss 1991: 685). Data per assodata la diffe-renziazione tra le culture di BA e le culture di BM nel momento della loro massima affermazione, e lo sviluppo delle tradizioni di BM in seguito ad una ‘crisi’ di quelle di BA, rimangono tuttavia una pluralità di aspetti, relativi alla crisi del BA e alla rigene-razione BM, ancora tutti da verificare ed identificare. Tra questi si annoverano i ter-mini, nel senso della continuità o della discontinuità culturale tra BA e BM; i tempi, ovvero la collocazione dei fenomeni di crisi e rigenerazione tra la fine del III e l’inizio II millennio a.C.; le dinamiche, interne o indotte sia in rapporto alla crisi che in rap-porto alla rigenerazione, e le conseguenze, all’insegna dello sviluppo, del regresso o della trasformazione. Si intuiscono delle direttrici e delle tendenze generali che acco-munano vaste aree, oltrepassando per certi aspetti i confini alto mesopotamici e inte-ressando il Levante palestinese e l’Egitto del primo periodo intermedio, ma i singoli sviluppi, così come chiaramente dimostrato dagli esiti differenti e contraddittori degli studi localmente orientati, devono considerarsi geograficamente molto circostanziati.

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