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Il Gioco d'Azzardo Patologico nel DSM

Abbiamo cercato di documentarci al meglio in merito a questa patologia, prendendo in esame alcune opere recenti4, da cui possiamo estrapolare direttamente la

definizione di GAP:

Gioco d'Azzardo Patologico (321.31) è la diagnosi inserita nel Manuale

diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quarta edizione, text revision

(DSM-IV-TR; American Psychiatric Association, 2009). Tale disturbo è inserito nella categoria “Disturbi del Controllo degli Impulsi Non Classificati Altrove”. Per poter ricevere questa diagnosi una persona deve soddisfare cinque o più dei dieci criteri diagnostici elencati nella tabella 3 e tali sintomi devono essersi presentati, di tanto in tanto, anche nei dodici mesi precedenti la valutazione. Il DSM-IV-TR raggruppa i sintomi del gioco d'azzardo patologico in tre cluster: sconvolgimento della vita del soggetto, perdita di controllo e dipendenza. Il punteggio di cut-off di cinque criteri diagnostici per poter fare diagnosi è stata una decisione presa su basi cliniche e non ancora empiricamente validata5.

I dieci criteri diagnostici6 per determinare il GAP sono davvero interessanti,

poiché attraverso essi abbiamo modo di osservare concretamente come avviene la sussunzione del caso singolare al di sotto di una regola universale nell'orizzonte psichiatrico-psicanalitico, affrontato anche nelle battute finali del nostro quarto capitolo. In prima istanza, si potrebbe ipotizzare che l'approccio tassonomico e schematico del DSM non lasci adito al minimo dubbio, dal momento che una volta registrati cinque o più sintomi, la diagnosi sarà una semplice formalità e quindi si potrà procedere tranquillamente con la terapia indicata. Qual è il problema allora? Lo

4 Ci siamo basati sulle seguenti opere in particolare: R. Pani, R. Biolcati, Le dipendenze senza droghe, (2006), Torino, Utet; J.P. Whelan, T.A. Steenburgh, A.W. Meyers, Problem and pathological gambling, (2007); trad. it. Gambiling.

Gioco d'azzardo problematico e patologico, Firenze, Giunti O.S., 2010; F. Picone, Il gioco d'azzardo patologico. Prospettive teoretiche ed esperienze cliniche, (2010), Roma, Carocci.

5 J.P. Whelan, T.A. Steenburgh, A.W. Meyers, op. cit., p. 12.

6 Ne segnaliamo alcuni: “1) è eccessivamente assorbito dal gioco d'azzardo […]; 2) ha bisogno di giocare d'azzardo con quantità crescenti di denaro per raggiungere l'eccitazione desiderata; 3) ha ripetutamente tentato senza successo di controllare, ridurre, o interrompere il gioco d'azzardo […]” Ivi, “Tabella 3”, p. 13

possiamo vedere proprio dalla citazione appena menzionata, che è estrapolata da un'opera non di certo etichettabile come “sovversiva” nei confronti di questo metodo diagnostico. Gli stessi autori confermano, infatti, due aspetti su cui bisognerebbe riflettere in maniera davvero condivisa ed interdisciplinare.

Il primo riguarda la categoria dei “Disturbi del Controllo degli Impulsi Non Classificati Altrove”, che fa pensare, forse ingenuamente, che al momento della stesura del DSM-IV-TR il GAP non fosse ancora ben identificato e delineato come patologia, confermando quanto affermavamo in precedenza riguardo all'importanza della coordinata temporale della ricerca7.

Il secondo aspetto, strettamente correlato al primo, lo possiamo cogliere nella definizione del “punto limite” (cut-off) che è stato elaborato su basi cliniche, ossia pratiche. Su questo punto si intersecano diverse riflessioni che abbiamo trattato a più riprese. Pensiamo ad esempio alla relazione fra la categoria della quantità e della qualità, dato che l'incremento numerico di criteri diagnostici produce un mutamento nel quadro clinico del paziente, che può essere classificato o meno come giocatore d'azzardo patologico o problematico, qualora presenti «meno di cinque dei dieci sintomi caratteristici»8. Inoltre, ritroviamo l'importanza dell'occhio addestrato e

dell'esperienza pregressa di Ginzburg, la presenza di quelle situazioni sfumate e complicate di cui ci ha parlato a lungo Ricoeur ed anche il ruolo della prassi segnalatoci da Gadamer.

Tutto questo per dire che il DSM non può e non deve essere considerato come la panacea di tutti i problemi diagnostici, per il semplice fatto che una classificazione redatta tramite il giudizio determinante deve sempre mettere in conto l'ambiguità e la complessità che il singolo paziente può presentare. In più è proprio l'esperienza clinica diretta, che consente di dirimere le problematiche teoriche, poiché una medicina o una psicanalisi unicamente teoretiche, sarebbero davvero scarne, visto che il livello clinico di queste discipline permette di acquisire una notevole mole di informazioni, altrimenti inaccessibili, le quali permettono di perfezionare via via l'attività diagnostica e terapeutica fino alla modificazione della nozione generale stessa.

Con una semplice ricerca sul web, infatti, possiamo confrontare la definizione di Gioco d'Azzardo Patologico presente nel DSM-IV con quella del DSM-V formulata dall'Associazione per lo studio del gioco d'azzardo e dei comportamenti a

7 Cfr. p. 133-134.

rischio “ALEA”, di cui riportiamo alcuni passaggi:

Per quanto attiene il gioco d'azzardo, il DSM-5 propone dei cambiamenti importanti relativamente a: classificazione, denominazione, criteri diagnostici, finestra temporale e specificazioni […] Rispetto al precedente DSM-IV, una modifica apportata che potremmo considerare fondamentale è lo spostamento del gioco d'azzardo patologico nel capitolo delle dipendenze (Substance-Related and Addictive Disorders). Lo spostamento del 'disturbo da gioco d'azzardo' (Gambling Disorder), come viene ora denominato nel nuovo Manuale, è l'espressione di un cambiamento epistemologico che riguarda sia il GAP […] sia le dipendenze nel loro complesso […]. La denominazione viene modificata da Gioco d'Azzardo Patologico a Disturbo da Gioco d'Azzardo. Il cambiamento non appare meramente linguistico e va nella stessa direzione della evoluzione dei disturbi da uso di sostanze. […] Nel DSM-5 i criteri diagnostici per il GAP non hanno subito significativi cambiamenti sul piano qualitativo (a onor del vero la definizione di alcuni criteri ha effettivamente subito alcune piccole modificazioni linguistiche allo scopo di meglio precisarne natura ed interpretazione). Il nuovo Manuale ha però cancellato il criterio degli atti antisociali […], riducendone il numero da 10 a 9, ma il motivo della cancellazione non riguarda ovviamente la rilevanza in sé degli atti antisociali nell'ambito del quadro clinico, quanto piuttosto lo scarso contributo che tale criterio porta alla possibilità di formulare la diagnosi. Ricordiamo infatti che il DSM è un manuale diagnostico e non un trattato di psichiatria clinica: i criteri del DSM non descrivono un quadro clinico nella sua completezza e complessità, ma ne definiscono i confini diagnostici. […] I criteri diagnostici necessari per diagnosticare il disturbo da gioco d'azzardo sono stati ridotti da 5 a 4. […] Il DSM-5 prevede che i criteri diagnostici siano evidenziabili nel soggetto nell'arco di un periodo massimo di dodici mesi affinché la diagnosi sia valida. Questa modificazione sembra correggere una errata presunzione del DSM-IV secondo la quale la diagnosi di GAP era lifetime, e non appariva necessario che i sintomi fossero concentrati in uno stesso periodo per superare la soglia diagnostica. […] La pubblicazione del DSM-5 è destinata ad alimentare un ulteriore, intenso dibattito scientifico che coinvolgerà anche gli specialisti del gambling. Le ricerche future potranno chiarire

definitivamente se i cambiamenti apportati saranno utili al clinico e allo scienziato, e se contribuiranno a delimitare in modo adeguato le forme di comportamento che richiedono trattamenti rispetto ai quadri 'minori'9.

In questa disamina del Dott. Bellio10 possiamo notare le modifiche apportate

dall'ultima edizione del DSM rispetto a quella precedente. Innanzitutto la denominazione generale, dove il GAP da problema patologico diventa disturbo, situandosi così allo stesso livello di chi fa uso spropositato di sostanze stupefacenti. In più notiamo una differenza nel numero di criteri diagnostici determinanti, che passano da dieci a nove, mutando pertanto quel cute-off sopraccitato, che scende da cinque a quattro. Il tutto ovviamente va correlato al discorso delle soglie di tolleranza, che, oltre al tema dell'aumento quantitativo, pone le difficoltà tipiche degli oggetti vaghi, che incidono sia sulla durata del disturbo sia sui cosiddetti quadri “minori”. Infatti, adottando questionari strutturati11 ed interviste, non è mai esclusa la possibilità

di sottovalutare un paziente o di includere erroneamente un soggetto all'interno del

Gambling Disorder, producendo quindi un falso positivo.

Detto ciò, subentra un ulteriore quesito: come veniva considerato il gioco d'azzardo prima della quarta edizione del DSM? Era inteso come lo è attualmente o vi sono state riconsiderazioni precedenti? La risposta si intreccia nuovamente con i temi del nostro lavoro sul giudizio riflettente, in particolare con la sottolineatura dell'importanza del consenso pubblico e della decisione di pochi12 nello stillare questo

tipo di classificazione, infatti:

Lesieur e Rosenthal (1991), in una loro review, preparata per la task force per il DSM IV, confessarono la loro intenzione di definire già nel DSM III- R del 1987 il gioco d'azzardo patologico come una forma di addiction attraverso criteri «specificatamente modellati su quelli della dipendenza da sostanza». Infatti, già nel DSM III-R i criteri individuati, ad eccezione del quinto, che segnala il fenomeno del chasing, ovvero la tipica rincorsa alla perdita da parte del giocatore, «avevano la loro controparte nella diagnosi di

9 “Il Gambling Patologico nel nuovo DSM-5” consultato al seguenti link: “http://www.gambling.it/index.php? option=com_content&view=article&id=79:il-gambling-patologico-nel-nuovo-dsm-5-di-graziano-

bellio&catid=36&Itemid=290” il giorno 2 febbraio 2015 alle ore 12.00.

10 Ex-Presidente di Alea, psichiatra, psicoterapeuta, Direttore del Ser.T. di Castelfranco Veneto e Direttore del Dipartimento per le Dipendenze Azienda ULSS n° 8 di Asolo (TV).

11 Si veda l'Appendice in J.P. Whelan, T.A. Steenburgh, A.W. Meyers, op. cit., p. 103. 12 Cfr. p. 147 e il riferimento alla “farmacrazia”.

alcol, eroina, cocaina e altre forme di dipendenza da sostanze». Gli autori erano convinti che tale cambio di orientamento, dalla compulsione all'addiction, avrebbe avuto grandi conseguenze nello studio e nel trattamento dei giocatori patologici. Non è certo il caso di addentrarci nelle posizioni dei diversi autori riguardo al problema nosografico diagnostico relativo al DSM; certo è che, dall'inclusione del GAP […] nel primo DSM a oggi, gli studi relativi all'eziologia, ai fattori di rischio e di vulnerabilità e alle cause o con-cause biologiche hanno avuto un impulso enorme13.

L'accumulazione delle esperienze cliniche particolari produce, inevitabilmente, un mutamento delle conoscenze generali ed ecco che la nostra proposta operativa inizia man mano a prendere forma, poiché le difficoltà e le problematiche affrontate nelle riprese originali del giudizio riflettente si ripresentano nuovamente. In questo caso, pertanto, sappiamo già come comportarci: uscire da una prospettiva meccanicamente sussuntiva, per approdare ad un atteggiamento critico e dinamico, che utilizzi le situazioni più ambigue e complesse per migliorare il proprio intervento. Per questa ragione dobbiamo uscire da una settorializzazione ermetica delle discipline, che non vanno intese alla stregua di compartimenti stagni, ma come possibilità di dialogo reciproco e relazionale, in modo da intendere in maniera più consapevole la portata universalizzante del giudizio determinante, attraverso la riabilitazione del piano singolare messa in campo dal giudizio riflettente.