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giornale ligustico 185

Dopo di che Γ Annalista dell’ Ordine Carm elitano, Giovan- batista De Lezana, Consultore della Congregazione de’ Riti e di quella dell’ indice, conchiude: « Quamvis haec a Man-

» tuano dieta piissima sint et veritati conformia videantur,

» eo quod iste Thomas, nimio zelo accensus omnium vitia

» piaculaque aversando, acriter carperet, urgerer, exprobraret,

» ut perinde ipsorum invidiam sibi conciliare p o sse t, prout

» contigisse plures etiam autumarunt; at nihilominus pro

» Sedis Apostolicae et Ministrorum ipsius reverentia; et quia

» pro sententia Iudicis est presumendum, ut jura clam ant,

» omnino dicendum, non levibus, aut inanibus pro externo

» foro fundamentis permotos fuisse Cardinalem Rothoma-

» gensem » (a cui mirano principalmente gli strali de’ pre­

detti scrittori) « et alios ad hujus Patris, quoad Deum forsan,

» si dicere licet, innocentissimum, necem procurandam. Dei

» ergo iuiicio, cui omnia reservantur incerta, res relinquanda,

» ac pensandum, quod de simile casu in Hieronymo Sabo-

» narola, Dominicano egregio, plures scribuntur » (1). Questa digressione mi sarà perdonata in grazia dell’ avere memorato un martire quasi ignoto della libertà del pensiero e della fede, uno di que’ pii e magnanimi che gridavano allora la riforma a tutti per allontanare la bufera dello scisma dalla Chiesa di D i o , e che il Papato pagava spesso co’ supplizi. Donde si ricava pel nostro tema, che quando il Duca Amedeo V i l i per contrassegnare le donne mondane del suo paese le coronò del vitupero delle corna , egli era il tempo che in Fran cia, in Fiandra ed in Germania le donne dabbene le portavano per eleganza femminile. Il perchè dovette essere che anche il Piemonte avesse alle porte instante quella moda;

e che il Duca, dubitando della efficacia dei divieti diretti in

(1 ) L e z a n a , Op. cit., IV , 8 3 2 .

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questa materia capricciosa e fantastica, la imponesse alle Me­

retrici, cosi obbligando 1’ onore delle donne oneste ad aste­

nersene. Alla stessa guisa in Ispagna, venuta la moda agli uo­

mini delle brache senza sportello, si affisse un editto alle porte delle Chiese, per dichiarare, quella foggia riserbata al boia (i).

Oltre ai Segni già descritti, più spiccati e disformi dalla norma comune, ce ne aveva de’ meno riconoscibili alla gente nuova,

O '

nella qualita de drappi, nel colore, in alcune forme partico­

lari e in altre piccole differenze, quando si voleva la distin­

zione , ma non più apparente ed offensiva che non fosse neeessajio ; il che si parrà meglio negli esempi seguenti. Le Meietrici modenesi ebbero quasi le stesse avventure delle altre: prima tenute alle pendici della città; poi mandate via più \olte e sempre ritornate o non andate via mai; paga- 1 ono ancora anticamente la gabella sulla loro carne (2). Nel sedicesimo secolo vennero chiamate addentro presso la Pietra arringatora ed oltre alla gabella ebbero il Segno, checché si dica un egregio maestro delle storie modanesi di non averne mai trovato notizia (3). Il Segno, molto 0 poco egli durasse, fu, mi sembra , del non andare mai sole per la città, ma a braccetto, con un sol paio di guanti, cioè uno per persona, ed in zucca (4 ) ; notabile quest’ ultima particolarità, dacché gli ecclesiastici molto premevano che le donne andassero co­

perte il capo e ia fronte per parere ben costumate e modeste.

M a dopo poco le donne Modenesi, e specialmente le giovani, che prima ambivano di andare col capezzale largo ed aperto e denudate più che non dovevano, ammonite da un Predicatore,

(1) Ca s a n o v a d e Se i n g a l t, Memoires, tom. 7, chap. X III: Paris, Garnier.

(2) Statut. M u tin . (1327), I V , 76, 251. Campori, Pref. al detto Statuto, pag . c l x x i.

(3) Bi a n c h i T . , Cron. Mod., IV , 436. Campori, loc. cit.

(4) Id em ., lo c. cit.

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presero a velarsi il capo e le spalle con panni bruni al pari delle Lucchesi, e cingersi una gonnella simile; serrate al collo;

e non mostranti di scoperto se non il volto e le mani; che parevano tante suore (1). Solo chi poteva sfarzava nella qualità del drappo n e ro , 0 zendado o sargia finissima, ed ancora lo ricamava di seta e d’ oro; e così le pianelle (2).

La quale foggia severa bastò infino a’ primi anni del secolo nostro (3); e naturalmente rese superfluo il Segno alle M e­

retrici, essendo loro interdetto il color nero ; nè più si fece parola del bordello (4). Più osservabili le Meretrici Lucchesi.

In principio anche loro non potevano fare stanza dentro le nuove mura, borghi e sobborghi della città, ed erano in ispregio (5). Ma nel 1348 fu una grande pestilenza che desolò quasi tutta Italia; ed allora accadde pel tramuta­

mento subitano delle fortune cagionato dalla oscura mortalità quello che da per tutto; che gli uomini nel nuovo stato inor­

gogliti e impazziti non serbarono temperanza, e per la sazietà degli insperati godimenti si diedero a studiare ogni altra no­

vità di piaceri; e più che tutto venne loro in dispetto la famigliarità femminile; onde il vizio nefandissimo, generale a quel tempo, s’ accrebbe in Lucca maravigliosamente. Da ciò oltre alla viltà de’ costumi e degli spiriti prese maggior fo­

mento lo scialacquo delle facultà non sudate e quello in ispecie per gli ornamenti delle donne; di che i matrimoni pel vizio carnale già rari, diventarono rarissimi, non potendosi da molti resistere alle gravi spese che richiedevano; esulavano i vecchi,

(1) Id. IV , 308. Id. X II, 74. Bo r g h i, note alla Cronaca del B ia n c h i, V I, 308.

(2) Id., X II, 74.

(3) Id., lo c. cit.

(4) Id., lo c. cit.

(5) Statut. Luc. (1308), III, 152.

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pochi fanciulli nascevano, le arti languivano, e la città lungi da rimpopolarsi disertava ogni di più ( i ) . I Reggitori sep­

pero 1 obbligo loro e si posero a battere furiosamente la cagione più maligna di questi m a li, dando di mano a qua­

lunque arme come si fa ne’ casi estremi. Sorse adunque per questo la necessità di guardare con occhio migliore le Mere­

trici. E subito la disposizione che le riduceva in un canto della città per quasi tutta la settimana, si rimosse, e furono lasciate girare e intertenersi tutti i giorni ( non il sabato soltanto ) dovunque volessero, eziandio nelle stufe, da loro tanto amate, ed in compagnia d uomini, come facevano in Venezia; final­

mente vennero appareggiate ne’ diritti civili a’ cittadini di qualunque classe (2). Onde si può estimare che in Lucca le M eretiici godessero nelle strettezze eziandio del Beneficio del Misì ) abile (o g g i Gratuito Patrocinio) , da cui generalmente erano escluse dai Giuristi (3). Ma ciò non bastava ancora a malvalle da maltrattamenti de'’ giovinastri che non le lasciavano v L e i e , ex quo procedit, diceva nel 1534 il Gonfaloniere della Repubblica al Consiglio Generale, quod vitium sodomiticum ra­

dicatur ; però venne in acconcio un nuovo Magistrato detto dei Protettori delle Meretrici armato di gran balia per provvedere alla loro sicurezza (4). Dall’ altro lato la Repubblica aveva oi dinato nel 1454 che niuno potesse andare per gli uffizi, il quale essendo sopra i venti anni e sotto i cinquanta non avesse tolto donna ( 5 ) ; decreto poscia imitato nel 1465 dal Comune

(1) C o n s . G en . L u e . R iform azion e del 26 giugno 1380: ms. A rch . Lue.

(2) Bo n g i, Annotazioni ai Bandi Lucchesi del sec. X I V , pag. 378, 379.

A rch. Stor. S ic. N . S. tom . 468-472.

(3) D e An s a l d i s , De Commercio et M ercatura, D isc. Gen. n. 18 : G en u a e, 1698.

(4) B o n g i , A nnot. all' Inventario dell' Archivio di Stato di Lucca, t o m . I , Pa g· 244.

( 5 ) B o n g i , A nnot. Band.-Lucch. c it ., lo c . cit.

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di Città di Castello, con una multa al giovane sm o gliato, scusato soltanto pel tempo della milizia e degli studi (1).

Queste ed altre provvisioni traevano insieme all’ estirpamento della sodomia. Quindi la legge delle pompe muliebri si con­

fondeva taluna volta con quella delle M eretrici, Γ una per temperare le spese delle donne oneste e agevolare i matri­

m oni, l’ altra per accrescere gli allettamenti alle Meretrici e distogliere da peggio la gioventù. Tale fu una del se­

colo X V I , la quale, dopo il divieto di molti sfoggi alle donne dabbene, prosegue in largheggiare alle condannate tutte le portature proibite a quelle, fiori, penne, strascichi lunghi più di mezzo braccio , drappi d’ oro e d’ argento , pendenti agli orecchi, gioie e perle e simili vanità; riserbata alle M e ­ retrici solo la proibizione del color nero 0 m o rello , in che stava il loro Segno (2). Il color nero adunque appropriato alla gente posata e grave, era vietato in L u cca, in Modena ed altrove alle Meretrici. E però fa maraviglia che i M i­

lanesi lo assegnassero per loro Segno in un mantello di fustagno nero a quelle donne (3); la cui distinzione pareva nel colore, non già nel tessuto, comune a tanta buona gente senza scorno, e comune in Venezia alle donne oneste per mantelline bianche, dappoiché nel 1455 la Repubblica le spo­

gliò di quelle di panno d’ argento che prima portavano (4).

Passando ad altri m o d i, troviamo scritto che in Genova l’ anno 133 6 , Lucia femmina vagabonda, abitante nel Bor­

dello di Castelletto, poi nominato di M ontalbano, fu citata

(1) M u z i, Memorie ecclesiastiche e civili di Città di Castello cit., I , 2 3 0 , II, 28.

(2) Statuti del Fondaco della Eccellentissima Repubblica di L u cca , lib . II, e II I: L u cca , 1590.

(3) Ca r p a n , ad Statut. Medio!., II c a p . 473.

(4 ) Ce c c h e t t i, Vest. Venez, cit., p a g . 6 e 72.

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in giudizio a pagare il prezzo d ’ un paio di scarpe verdi (1), d’ una padella, e d’ un laveggio di pietra da lei comprato;

al che i Reggitori del Comune ripensando con molta matu­

rità, che Γ artefice o gli artefici per avventura le avevano fatto credenza estimandola genovese all’ aspetto, non Mere­

trice, nel 1461 vietarono da quindi in poi alle femmine mondane per distinguerle, gli abiti di usanza genovese (2).

Io vorrei sapere se p o tessi, come i legislatori sentissero in sè medesimi che questo comandamento bastasse al fine loro.

Prim ieramente le donne genovesi, per quanto bellissime, elle erano femmine, ed avevano di quello d’ Eva non meno che le altre, massime nella tenerezza smaniosa della novità e più ancora nella vana superbia e nell’ ostinazione ; senza negare che moltissimi uomini non competessero in ciò con loro, poniamo con meno grazia e più carico. De’ quali difetti le donne facevano istituto comune di buona creanza. Ad esem­

pio , una giovine gentildonna per tenere il suo grado con onore e farsi ammirare dalla brigata, doveva ogni pochi giorni mutar vesti e sempre averle fresche e variate. Non doveva lasciar foggia che fosse buona 0 tale creduta. Anzi ella do­

veva studiare di fare usanza da sè, se le bastasse il giu­

dizio e la fantasia ; altrimenti prender quelle delle altre tenute m igliori (3J. E gli artefici più valorosi, setaiuoli ed o r a f i , traevano partito da questa passione, cimentandola ad ogni tratto colla mostra di nuovi drappi ed ornamenti di n u ove maniere. E se poi il Governo dava nelle mani agli artefici ten tatori, come spesso faceva in Firenze, il

(1) S c a rp e di pan n o v e r d e , nel secolo X IV molto costumate anche in V e n e z ia ( C e c c h e t t i , Op. cit., pag. 64).

(2) B e l g r a n o , Vita p riv. Genov. cit., p. 252.

(3) P ic co L O M iN i, Dtalogo lieve si ragiona della buona creanza delle donne, p a g . 2 7 -3 1: F ire n z e , 1862.

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capriccio delle donne mandava quelle foggie e simiglianti a fabbricare in terra straniera, in Fiandra ed in Brabante;

e questo era uno de’ guadagni delle Leggi Suntuarie (1).

Altre occasioni ed incentivi ad innovare ci recava la naviga­

zione, donde le molte foggie e drappi orientali ed africani che avemmo (2 ); e più potenti le guerre e le turbolenze;

sicché bastarono i soli Francesi di que’ due malanni del Duca di A n giò e d’ Atene a mettere in fondo l’ antica gravità e sobrietà italiana, perchè noi Italiani siamo sempre furiosi a scimmiottare le straniere usanze e gli instituti, e i nostri vilipendere, oltre al modo d’ ogni altra nazione; lo dice G io ­ vanni Villani, che pare scritto oggi (3). Poi spuntato il se­

colo X V I , secondo chi vinceva il pallio dell’ umile Italia, predominarono le foggie spagnuole 0 le francesi per servir sempre colle une e colle altre. Ma 1’ altro . secolo apertosi col favorire la Spagna, non si chiuse che già venivaci ogni piccol tempo da Parigi quello che in Toscana chiamavano il Fantoccio, ad accomodarci i panni addosso; e s’ aspettava come la buona novella, quasi vergognassero gli Italiani di parer tali anche nell’ abito (4). Infine la Rivoluzione fran­

cese dell’ ottantanove e le conseguenti vittorie napoleoniche, dopo aver soffocato l’ ultimo respiro delle nostre libertà, c pur troppo ancora colle nostre mani, raffermarono sta­

bilmente alla Francia la sovranità della Moda , più o meno ossequiata, in tutto il mondo civile. Vero è che i nostri Governanti, presumendo di fare i massai nelle famiglie altrui ed imporvi 1’ assegnatezza che mancava nelle proprie e nello

(1) Vi l l a n i G ., X , 15 1.

(2) Sa c c h e t t i, Canzone sopra le Foggie: Firenze, 1862.

(3) Vi l l a n i G ., X II, 4. Mu ra t or i, A . M . A E ., D iss. X X III.

(4) Ri n u c c i n i T . , Us. Fior. sec. X V 1 1 1, cil. cap. X I. Sa lv i n i, Prose Toscane, p ag . 462: V en ezia , 1734.

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stesso G overno , traevano fuori i loro bandi, anche due o tre per anno , a proibire questa 0 quella foggia o ridurle più m odeste, e volevano approvarne il modello delle sarte o bollare le vesti (1). Ma le donne più astute e fini, messe a repentaglio dinanzi all* Ufficiale inquisitore, le più volte gli sgusciavano dalle mani nella interpretazione della legge ; peggio ancora avendo a fare, come nel caso nostro, colle Cortigiane, chè Y esser Cortigiane, diceva la Nanna dell’ Are­

tino alla sua Pippa, va più oltre che il Dottore (2). Gli stessi Governanti io mi avviso che riconoscessero manchevole, a que’ cimenti, la loro legge; però che nel 1491 la ritocca­

rono e rin n o v a ro n o , aggiungendo per fortezza alla proi­

bizione , che questa si faceva « acciò che per effecto e per

» demonstratione de fora ognuno intenda le femine zenoese

» essere fora de tali obrobri » (3); impegnando così alla esecuzione la boria paesana. Per le quali argomentazioni io concludo, almeno per mio conto, che l’ intera vestitura mu­

liebre gen ov ese, così mutabile come tutte le altre, mancava della fermezza e del carattere necessario a costituirsi in tipo, dal quale le femmine pubbliche potessero imparare a vestirsi fuggendo 1’ imitazione di quella. Bensì di paesano 0 fatto paesano per lunga e generale consuetudine, quella vestitura aveva una parte, a cui forse si riferisce il decreto borioso ; ma parte non integrale, piuttosto estrinseca, e non sempre necessaria; oltre a dissonare dall’ indole dell’ abbigliamento vero sig n o rile , dove si osserva sopra tutto il concerto dei

( 1 ) Registro bolognese delle vesti bollate del 1401 ( A tt. e Meni. Deput.

S tor. P a tr. R om agn. I l i S e r., V o l. V i li ) . Ma z z o n i- To s e l l i, Op. cit., I, 552.

Bb l g r a n o, Op. cit., p a g . 2 6 4 , 2 6 5 .

(2) Sa c c h e t t i, N o v . 137. Ar e t i n o, Ragìonam. piac. cit., Parte II, G io r­

n a t a I. Be l g r a n o, Op. cit., pag. 254, 255, 265.

(3 ) Be l g r a n o, O p . cit., p a g . 4 3 0 .

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