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Il giornalino di Gian Burrasca di Vamba

Il racconto o romanzo comico umoristico

8.4 Il giornalino di Gian Burrasca di Vamba

Il giornalino di Gian Burrasca è un romanzo scritto da Vamba (pseudonimo di Luigi Bertelli) nel 1907 e pubblicato prima a puntate sul Giornalino della

Domenica tra il 1907 e il 1908, e poi in volume nel 1912.

Vamba prende lo spunto dal libro inglese Le memorie di un ragazzaccio di Th. Bailey Aldrich (1869), che doveva ridurre e presentare a puntate il Giornalino; ma dopo circa le venti pagine, si staccò dal modello e continuò per suo conto la storia, che è una satira contro le ipocrisie e le formalità degli adulti.144

Il giornalino è raccontato in prima persona da Giannino Stoppani, un bambino di otto anni, che racconta tutto quello che gli succede, in quanto lui pensa di fare del bene e aiutare la sua famiglia, ma in realtà non è così. Per il suo comportamento non sempre giusto, Giannino viene chiamato dalla sua famiglia Gian Burrasca, soprannome che non piace al bambino.

Con questo libro di Vamba accade una cosa che non era accaduta nella letteratura per ragazzi, infatti per la prima volta un bambino si rivolge agli adulti, infatti fino a questo momento erano stati gli adulti a parlare ai bambini come per esempio accade in Pinocchio, vedi il Grillo parlante, Geppetto, la Fata turchina. L’autore si serve di questo personaggio per prendere in giro il mondo degli adulti, per far risaltare l’ipocrisia e il senso del ridicolo tipico di questo mondo. 145

Infatti, molte sono le situazioni in cui Gian Burrasca ci mostra tutto ciò, valga come esempio lo scherzo organizzato da Giannino alle sorelle:

[…] me ne vo in camera di Luisa a guardare tutte quelle fotografie che tiene dentro la cassetta della sua scrivania. […] Che risate

144 Cfr. Lina Sacchetti, Storia della letteratura per ragazzi, cit., p. 269.

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matte ho fatto, con quei ritratti!... Su uno c’era scritto: Un vero imbecille!... Su un altro: Mi

ha chiesto, ma… fossi minchiona! E in altri: Simpaticone!!!... oppure: Che bocca!... In un

altro poi c’era scritto: Ritratto di un ciuco!... In tutti c’era una frase di questo genere. Io mi sono impossessato di circa una dozzina di fotografie delle persone che conosco, per fare qualche burletta innocente, appena uscirò di casa; poi ho rinchiuso per benino la cassetta, in modo che Luisa non si accorgerà di lui…146

Gian Burrasca crede di agire nell’interesse delle sorelle a portare, le foto con i

commenti, ai vari spasimanti delle ragazze, ma le reazioni non sono quelle che si aspettava. Infatti, pochi giorni dopo viene dato un ballo a casa Stoppani, ma gli uomini non si presentano a causa delle foto, solo i ragazzi che hanno ricevuto commenti postivi dalle sorelle di Gian Burrasca si presentano. Quando lo scherzo viene svelato, il bambino è punito dal padre anche se non ne capisce il perché. Per i suoi comportamenti Gian Burrasca può essere avvicinato ai monelli creati da Mark Twain, Tom Sawyer e Huck Finn, ma ci sono delle differenze tra questi due tipi di bambini combina guai. Infatti, nei romanzi inglesi e americani la trasgressione è un’esperienza di felicità che viene consumata collettivamente, in risposta a un’esistenza di iniziazione, la trasgressione di Gian Burrasca è solitaria e triste nella misura con si scontra col silenzio e gli dà la sensazione della distanza dei grandi.147

Quindi siamo portati a chiederci chi è Gian Burrasca e perché si comporta in questo modo? La risposta ci viene data da Garassini nel suo saggio:

146 Vamba, Il giornalino di Gian Burrasca, Bur, Milano, 2011, pp. 22-23. 147 Cfr. Franco Trequadrini, Il libro e il bambino ribelle, cit., p. 33.

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Gian Burrasca non ha gli atteggiamenti sbarazzini di Pinocchio o quelli saccenti di Peter Pan o quelli spregiudicati di un Tom Sawyer, non è un eroe come il piccolo Nemecek o un insofferente come Huck Finn (…). Non sembra quasi neppure un bambino, si direbbe un adulto non cresciuto, un nano psicologico (…). Privato di una possibilità di essere bambino, Giannino Stoppani resta immaturo.148

Infatti, Giannino mostra il disagio del bambino che non riesce a trovare il suo posto nel mondo degli adulti e gli adulti, a loro modo, si dimenticano di essere stati bambini e non ricordano più le esigenze e i bisogni dell’infanzia.

Giannino, per via del suo comportamento, sarà mandato al collegio Pierpaolo Pierpaoli, gestito dia severi e avidi signor Stanislao, alto e magrissimo, e la moglie Geltrude, bassa e grassa. Il bambino pur essendo il più piccolo del collegio entra nella compagnia formata da ragazzi più grandi “Uno per Tutti, Tutti per Uno,” in questo modo Gian Burrasca si farà degli amici, ma le sue marachelle continueranno.

L’autore, in questa parte del racconto, utilizza una satira tagliente contro un tipo di educazione rigida, l’interesse verso i soldi di alcuni collegi ed educatori, in questo caso rappresentati dal signor Stanislao, direttore del collegio, e dalla moglie. Infatti, Giannino scopre che la minestra di magro del Venerdì non è altro che il frutto della rigovernatura dei piatti della settimana.

Giannino e i suoi compagni per vendicarsi di questo, fanno credere al direttore del collegio e alla moglie che lo spirito del fondatore del collegio sia tornato

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dall’aldilà e durante una “seduta spiritica” i due insieme al cuoco vengono picchiati dai ragazzi del collegio.

Le avventure di Gian Burrasca continuano, e dalla lettura del libro possiamo dedurre che si Giannino è un vero monello ma ha un indole sincera e generosa specialmente verso i suoi compagni.

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Capitolo 9