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Giovanni Cardamone Affreschi dimenticati nel monastero della Martorana

I Grifoni

Limitandoci sempre alla chiave interpretativa cristiana, il grifone è portatore di una doppia simbologia; infatti, le sue due nature, felina e volatile, alludono alla terra e al cielo, dunque alla fusione tra due essenze. Per tale motivo il grifone si presta a essere in-terpretato in senso cristologico, come simbolo delle due nature di Cristo: quella umana e quella divina. In ragione della sua doppia natura il grifone divenne anche l’immagine emblematica dei Santi. Essi infatti, come riferisce lo Charbonneau, «sono aquile per la regione elevata dove dimorarono ordinariamente i loro pensieri e i loro sentimenti, e leoni per il coraggio morale di cui hanno dato prova, durante la loro vita, nella lotta incessante del Bene contro il Male, in loro e intorno a loro»11. In definitiva, i due grifoni (Fig. 14) rappresenterebbero le anime sante che partecipano alle delizie del cielo.

A mio parere, è proprio questa la lettura interpretativa che bisogna attribuire alla scena dipinta nel fregio della sala della Martorana: due grifoni, ossia due Santi, che si nutrono all’Albero della vita. Quest’ultimo, come afferma Antonio Iacobini, è «l’asse centrale, il pilastro, che unisce la terra e il cielo, assicurando la coesione dell’Universo», e che, in altri termini, «rappresenta la vis universalis cui attingono gli esseri viventi»12. In proposito Charbonneau ci ricorda che questo stesso tema iconografico si rinviene nell’antica catte-drale bizantina di Atene, dove, egli dice, i maestri decoratori, verso il IX o il X secolo, posero sulla facciata due grifoni che si nutrono dei frutti dell’albero della Vita (Fig. 15).

«E sappiamo - aggiunge - che questo albero ed i suoi frutti sono riservati ai santi, secondo il testo che la Chiesa ha fatto suo: A colui che vincerà, io darò i frutti dell’albero della Vita, che cresce nel paradiso del mio Dio (S. Giovanni, Apocalisse, II, 7)»13.

Ricordiamo che esiste anche una variante di tale tema iconografico, la quale si ispira a motivi religiosi orientali, estranei al Cristianesimo, riproducente la scena di due grifoni che bevono in una coppa. In questo caso essi simboleggiano le anime sante che chiedono al sacramento del sangue eucaristico di Cristo la grazia necessaria nella vita terrestre.

Fig. 16. Palermo. Ex Facoltà di Architettura. Particolare del fregio rinvenuto sotto il solaio dell’Aula Gropius. Drago.

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Il Drago

La terza figura allegorica, posta tra le prime due, a breve distanza dall’originario al-loggiamento della trave lignea dismessa, sembrerebbe un drago o un serpente alato (Fig. 16). Per via della sua pessima reputazione nelle mitologie di tutti i popoli, tale creatura favolosa fu considerata dai cristiani una potenza demoniaca. Essa rappresen-ta quasi sempre Sarappresen-tana, il principe dei demoni che Maria calpesrappresen-ta secondo la profezia fatta a Eva: La Donna ti schiaccerà la testa, e tu le insidierai il calcagno... (Genesi, III, 15). La sua presenza tra le raffigurazioni prima descritte potrebbe spiegarsi pro-babilmente come il tentativo di rappresentare l’insidia del maligno lungo il percorso dell’uomo verso la salvezza dell’anima, oppure la creatura che nell’eterna disputa tra il Bene e il Male viene vinta dalla potenza di Cristo e dei Santi. Bisogna infine ricor-dare che nella simbologia cristiana i draghi raffigurano anche i falsi Dei del Paganesi-mo, tuttavia, in questo caso, propenderei per una delle ipotesi precedenti14. Concludo questa mia relazione con l’auspicio che gli importanti reperti storici qui presentati possano promuovere presso le sedi istituzionalmente competenti idonee iniziative di carattere operativo al fine di accertare la loro eventuale permanenza e, in tal caso, tentarne il recupero per valorizzarli nel quadro di un restauro complessivo dell’ex monastero della Martorana; ciò sarebbe il modo migliore per onorare la memoria dei professori Mario Giorgianni e Camillo Filangeri che, con zelo e passione, insieme ad altri componenti della nostra Facoltà, in più circostanze, si sono adoperati affinché tale complesso architettonico ricevesse l’attenzione che merita e un dignitoso futuro.

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Gi ov an ni C ard am on e Af fres ch i d im en tic ati n el m on as ter o d ell a M ar tor an a

Note

1 Comunicazione letta in occasione della Giornata di Studio in onore del prof.

Mario Giorgianni (Palermo 1945 - 2011), Palermo, 10 dicembre 2014, Aula Basile, Facoltà di Ingegneria. In ragione dell’argomento trattato, questo contributo è dedi-cato anche al professore Camillo Filangeri, deceduto nell’aprile del 2013, i cui tratti umani e di studioso particolarmente attento ai temi dell’architettura medievale e di alcuni ambiti territoriali siciliani sono stati ricordati nell’Aula Magna della Facoltà di Architettura il 14 novembre 2014 su iniziativa dell’Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo.

2 Cfr. G. Cardamone, L a Scuola di Architettura di Palermo nella Casa Marto-rana, Palermo 2012.

3 Le riprese fotografiche sono state eseguite dal professor Filangeri il 16 gennaio 1975, durante i lavori di consolidamento e ristrutturazione di quel formidabile palin-sesto di architetture che costituisce l’ex monastero della Martorana, lavori che sono stati espletati in massima parte tra il 1975 e il 1978. Ringrazio la Prof. Maria Concetta Di Natale per avermi offerto la possibilità di pubblicare il presente articolo.

4 Per la mia breve disamina simbologica di tali raffigurazioni pittoriche mi sono avvalso prevalentemente del noto testo di Louis Charbonneau Lassay, Il bestiario del Cristo. La misteriosa emblematica di Gesù Cristo, Bruges 1940, voll. 2, ris. edd.

ArKeios, Roma 1994 e del Dizionario dei simboli cristiani di Edouard Urech, Roma 1995.

5 Si riferisce alla celebre opera De Civitate Dei, scritta da S. Agostino d’Ippona tra il 413 e il 426. Tra le numerose edizioni a stampa si segnala La Città di Dio, traduz.

di D. Marafioti, voll. 2, Milano 2011, XXI 4, 1 e 7, 2.

6 L. Charbonneau Lassay, Il bestiario del Cristo…, 1940, II, pp. 207-208.

7 M. Schneider, Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, trad. dallo spagnolo di G. Chiappini, Milano 1986, pp. 100-103.8 L. Charbonneau Lassay, Il bestiario del Cristo…, 1940, II, p. 214.

9 http://www.scianet.it/ciapuglia/svl/documentiRead?doc_id=15394&tpl_

id=7&tpl=1&prim=http%3A%2F%2Fwww.scianet.it%2Fciapuglia%2Fsvl%2Fsrc-Doc%3F%26amp%3Bquery%3Duva%2Bda%2Btavola

10 E. Urech, Dizionario dei simboli…, 1995, p. 202.

11 L. Charbonneau Lassay, Il bestiario del Cristo…, 1940, I, p. 535.

12 A. Iacobini, L’albero della vita nell’immaginario medievale: Bisanzio e l’Oc-cidente, in L’architettura medievale in Sicilia: la Cattedrale di Palermo, a cura di A.M. Romanini e A. Cadei, Roma 1994, pp. 241-290.

13 L. Charbonneau Lassay, Il bestiario del Cristo…, 1940, I, p. 536.

14 Con rincrescimento devo lamentare la scarsa attenzione posta a suo tempo nei confronti di queste importanti testimonianze storiche-artistiche dalla Direzione lavo-ri; ricordo in proposito che le modalità operative da questa adottate e le altre proble-matiche di carattere tecnico-amministrativo emerse nel corso dei lavori, provocarono nel 1978 le dimissioni irrevocabili dell’intero gruppo di progettazione capeggiato dal

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professore Gino Pollini. I ritrovamenti di cui si è detto - com’era invece avvenuto in un’altra circostanza (alludo ai ritrovamenti archeologici del luglio 1976, mentre si apprestava la costruzione della odierna scala Culotta-Leone), andavano quanto meno documentati e, invece, di loro non ci rimangono che queste poche immagini “cattu-rate”, in maniera del tutto fortuita, dalla fotocamera del professore Filangeri. Sulle numerose perdite e danneggiamenti occorsi nel tempo al patrimonio storico-artistico del monastero della Martorana, cfr. G. Cardamone, La Scuola di Architettura…, 2012, pp. 74, 86-87, 89-90, 94, 98, 100, 104, 107, 115, 120, 183, 361-362.

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Una aumônière della Cattedrale di Como

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