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IL GIUDIZIO PER LA DICHIARAZIONE GIUDIZIALE PER LA GENITURA NATURALE. IL RITO APPLICABILE

L’ISTRUTTORIA

Relatore:

Dott. Alfio FINOCCHIARO

Consigliere della Corte di Cassazione

SOMMARIO: 1. Riconoscimento e dicharazione giudiziale. – 2. La disciplina del ricono-scimento. In generale. – 3. L’assenso del figlio ed il consenso del genitore. – 4. Il rifiuto del consenso ed il giudizio innanzi al tribunale. – 5. (segue): il procedimento. – 6. La natura giuridica del riconoscimento. – 7. Il ricono-scimento congiunto o separato. – 8. Capacità di riconoscere il figlio natura-le. – 9. Limiti alla non riconoscibilità della prole incestuosa. – 10. Inam-missibilità del riconoscimento. – 11. Il riconoscimento di figlio adulterino da parte della donna coniugata. – 12. Forma del riconoscimento. – 13. Irre-vocabilità del riconoscimento. – 14. Effetti del riconoscimento e decorren-za degli effetti. – 15. Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridi-cità. – 16. Impugnazione da parte del riconosciuto. – 17. Impugnazione per violenza e per interdizione. – 18. Dichiarazione giudiziale di paternità e ma-ternità naturale. – 19. Le prove della pama-ternità e della mama-ternità. – 20. Legit-timazione e termine. – 21. Azione nell’interesse del minore e dell’interdetto.

– 22. L’ammissibilità dell’azione. – 23. Rapporti fra giudizio di ammissibiltà e giudizio di merito.

1. – Riconoscimento e dichiarazione giudiziale. – Lo status di figlio naturale non si acquisisce con la nascita, ma necessita o del ricono-scimento da parte del genitore o il procedimento di dichiarazione giu-diziale di paternità o maternità naturale (1), non essendo ammesso nel nostro ordinamento il principio accolto in altre legislazioni del rico-noscimento obbligatorio da parte della madre (2). Scomparso, con la riforma del diritto di famiglia, il divieto di riconoscimento della prole

(1) Secondo VERCELLONE, La filiazione, in Trattato di diritto civile fondato da VASSALLI, Torino 1987, 82, anche in assenza di riconoscimento o dichiarazione giu-diziale la situazione di filiazione naturale non è irrilevante per il diritto, argomentan-do dall’art. 279 c.c..

(2) Vedine indicazioni in VERCELLONE, op. cit., 84, nota 1.

adulterina (3), è rimasto, nel nostro ordinamento il solo divieto di ri-conoscimento della prole incestuosa.

Si tratta di un divieto che presenta molti profili di incostituziona-lità (4), in relazione ai quali la giurisprudenza ha ritenuto di non inter-venire, mentre il legislatore, forse sopraffatto da altri problemi, non ha provveduto.

2. – La disciplina del riconoscimento. In generale. – Il riconosci-mento può essere fatto, tanto congiuntamente, quanto separatamente, dal padre e dalla madre (5) – che abbiano compiuto i sedici anni (art.

250, comma 5, c.c.) – anche se già uniti in matrimonio con altra per-sona all’epoca del concepimento (art. 250, comma 1, c.c.).

Se il figlio ha già compiuto i sedici anni il riconoscimento non ha effetto senza il suo assenso (art. 250, comma 2, c.c.).

Se il figlio è di età inferiore e non è stato riconosciuto dall’altro genitore non vi è alcun ostacolo al riconoscimento.

Nell’ipotesi in cui l’altro genitore abbia riconosciuto il figlio e que-sto sia infrasedicenne il riconoscimento non può avvenire senza il con-senso di chi ha già effettuato il riconoscimento. Tale potere di veto non è senza limiti, essendo demandato al Tribunale, su ricorso del genito-re che vuole effettuagenito-re il riconoscimento, di accertagenito-re la fondatezza del rifiuto e di provvedere – in caso di infondatezza dell’opposizione – con sentenza che tenga luogo del consenso mancante.

3. – L’assenso del figlio ed il consenso del genitore. – La distinzione fra assenso e consenso la si può ricavare sulla base delle conseguenze che derivano dalla loro mancanza (6). La mancanza dell’assenso del fi-glio ultrasedicenne non incide sulla validità del riconoscimento, ma solo sui suoi effetti (7), con la conseguenza dell’irrevocabilità del

rico-(3) Per chi voglia approfondire tutta la tematica posta dal riconoscimento della prole adulterina rinviamo ad A. FINOCCHIARO, in A. e M. FINOCCHIARO, Dir. fa-miglia, II, Milano 1984, 1594 ss..

(4) Vedili in A. FINOCCHIARO, op. cit., 1662 ss.. Per l’incostituzionalità anche CO-STANZA, Filiazione, II) Filiazione naturale, in Enc. giur. Treccani, XIV, Roma 1989, 1.

(5) È esclusa la validità di un riconoscimento fatto da rappresentanti legali o vo-lontari: MAJELLO, op. cit., 47; A. FINOCCHIARO, op. cit., 1658; VERCELLONE, op.

cit., 95.

(6) DELLA VALLE, Delle persone e della famiglia, artt. 231-455, Milano 1989, 74, nega qualsiasi diversità fra assenso e consenso, ritenendo che, dalla loro mancanza, il riconoscimento è inefficace.

(7) COSTANZA, op. cit., 4.

noscimento e della possibilità per il figlio di manifestarlo successiva-mente, con produzione degli effetti del riconoscimento dal momento in cui è stato fatto. L’attribuzione del potere di assenso al figlio costi-tuisce un limite ai c.d. riconoscimenti interessati, ma la disciplina in-trodotta favorisce oltre ogni limite il figlio, il quale può beneficiare di tale riconoscimento, quando più gli aggrada (8). Ciò può costituire una sanzione per il genitore che troppo a lungo si è dimenticato del proprio figlio naturale, ma non favorisce quegli intenti solidaristici a cui debbono essere ispirati anche i rapporti di parentela naturale.

L’assenso costituisce esercizio di un diritto soggettivo potestativo del figlio e non è in alcun modo sindacabile.

Il consenso del genitore è previsto come una potestà concessa per la tutela dell’interesse del figlio, sindacabile dal Tribunale che deve accertare la sussistenza delle condizioni ove venga negato (9).

Il genitore è titolare di un potere più ampio di quello del figlio dal momento che, senza il suo consenso, il riconoscimento non può avve-nire (10) e, quindi, ove ciò malgrado, avvenga, è da ritenere che sia impugnabile (11), ma, nello stesso tempo è più limitato dal momento che il rifiuto del consenso è giustificato solo quando ciò risponde all’interesse del minore.

L’assenso si presenta come un’approvazione (12) e cioè un negozio unilaterale, mediante il quale un soggetto, esprimendo la propria ade-sione ad un atto altrui, influisce sulla sua efficacia, costituisce una condicio iuris del negozio (o atto) approvato, si distingue dalla conva-lida del negozio annullabile, anche sotto il profilo della funzione, con la conseguenza che il vizio del negozio principale può essere fatto

vale-(8) Ad esempio in occasione della morte del genitore, quando può cioè partecipa-re alla successione epartecipa-reditaria in concorso con gli altri coepartecipa-redi, senza essepartecipa-re onerato da obblighi di assistenza.

(9) È da ricordare che ANDRIOLI, in Foro it., 1975, V, 174, aveva parlato di inte-resse legittimo, ma la distinzione, come è stato esattamente rilevato, è priva di rile-vanza pratica, in relazione ad un atto di diritto privato (Così, esattamente, MAJELLO, Filiazione naturale e legittimazione, in Commentario del Codice Civile, a cura di SCIA-LOJA e BRANCA, Bologna-Roma, 1982, 43, nt. 2.

(10) COSTANZA, op. cit., 4, parla di requisito di validità dell’atto.

(11) Contra MOSCHELLA, Sull’efficacia del riconoscimento del figlio naturale secondo in nuovo testo dell art. 250 c.c., in Diritto di famiglia, raccolta di scritti in onore di NICOLÒ, Milano 1982, 253; FERRANDO, in Trattato di diritto privato, diretto da RESCIGNO, IV, Torino 1982, 149, per i quali il riconoscimento senza consenso sareb-be solo inefficace e non nullo.

(12) DELLA VALLE, op. cit., 73.

re anche dopo l’approvazione, con la conseguenza che quest’ultima, venendo a mancare il suo oggetto e risultando priva di funzione, divie-ne a sua volta invalida (13).

Il consenso è, invece, una autorizzazione integrativa assimilabile all’autorizzazione amministrativa, perché il diritto di riconoscere ap-partiene già al soggetto passivo dell’autorizzazione, onde si deve esclu-dere che il consenso attribuisca all’altro genitore la legittimazione ad operare il riconoscimento. La possibilità data a quest’ultimo di supe-rare il rifiuto del consenso con un provvedimento dell’autorità giudi-ziaria pone una più stretta analogia tra tale consenso e l’autorizzazio-ne amministrativa o, per meglio dire, fra le loro funzioni (14).

L’assenso segue il riconoscimento, mentre il consenso lo precede, ma ciò non esclude che – attesa la loro autonomia rispetto al ricono-scimento cui accedono – possono essere prestati in momenti diversi, senza particolari effetti sul riconoscimento stesso (15).

In mancanza dell’assenso del figlio il genitore non può promuove-re l’azione di accertamento della paternità o della maternità naturale, trattandosi di azione non prevista nel nostro ordinamento e tenendo presente che l’assenso è stato introdotto nel nostro ordinamento nel-l’esclusivo interesse del figlio.

L’assenso può essere dato anche dopo la morte del genitore che ha effettuato il riconoscimemto, con la conseguenza che poiché il ricono-scimento è irrevocabile e la sua esistenza non dipende dalla perma-nenza della volontà di chi lo ha effettuato, la prestazione dell’assenso fa retroagire gli effetti del riconoscimento al momento in cui è avve-nuto (16), salva l’ipotesi in cui il riconoscimento è conteavve-nuto in un testamento, che ha effetto dal giorno della morte del testatore (17).

(13) VERCELLONE, op. cit., 111, parla di fattispecie a formazione progressiva, in cui i due atti sono autonomi, e ritiene: a) che il rapporto di filiazione si costituisce solo con l’assenso; b) che il riconoscimento è valido fin da quando è fatto; c) che il ricono-scimento è irrevocabile; d) che il riconoricono-scimento è impugnabile per qualsiasi motivo, anche prima della prestazione dell’assenso.

(14) Nello stesso senso, TAMBURRINO, Lineamenti del nuovo diritto di famiglia italiano, Torino 1978, 330, nota 30; BIANCA, Diritto civile, II, Milano 1981, 240.

(15) Secondo DELLA VALLE, op. cit., 74, l’assenso deve essere contestuale al rico-noscimento, ma la tesi non ha alcuna base testuale.

(16) MOSCHELLA, op. cit., 234; CARRARO, in Commentario al diritto italiano della famiglia, a cura di CIAN-OPPO-TRABUCCHI, IV, Padova 1992, 105 s..

(17) CARRARO, op. loco cit.. In senso contrario MAJELLO, op. cit., 42, per il quale in caso di riconoscimento testamentario l’assenso non è necessario. Per una critica a questa tesi A. FINOCCHIARO, op. cit., 1628, nota 78.

Se il riconoscimento è avvenuto prima che il figlio abbia compiu-to i sedici anni e non è intervenucompiu-to il consenso del genicompiu-tore che, per primo, ha effettuato il riconoscimento, quest’ultimo non è più neces-sario, al compimento del sedicesimo anno del figlio, al quale solo com-pete il potere di esprimere l’assenso (18).

Analogamente, negato il consenso ed intervenuta una sentenza che ritenga giustificato il rifiuto, il figlio, dopo il compimento del sedi-cesimo anno, può esprimere l’assenso, in difformità da quanto prece-dentemente deciso (19).

Al contrario, ove il genitore che ha già riconosciuto il figlio dia il proprio consenso al successivo riconoscimento dell’altro genitore, il figlio – essendosi ormai costituito lo stato di figlio naturale – non più, raggiunto il sedicesimo anno di età, eliminare l’effetto giuridico vali-damente costituitosi, con un suo semplice atto di volontà (20).

La forma dell’assenso o del consenso – atteso il carattere integra-tivo di queste manifestazioni di volontà – sono quelle stesse previste per il riconoscimento dall’art. 254 c.c. (21), senza alcuna possibilità, per il principio della libertà delle forme degli atti giuridici, di una manifestazione tacita della volontà (22).

In quanto actus legitimi, l’assenso e il consenso, così come il rico-noscimento, non tollerano l’apposizione di condizioni, che se apposte non hanno valore (vitiatur sed non vitiat) (23).

La morte del figlio ultrasedicenne, prima o dopo il riconoscimen-to, ma prima della prestazione dell’assenso, esclude che per l’efficacia del riconoscimento sia necessario un atto di approvazione da parte di altri soggetti, segnando la morte di termine finale di inefficacia del ri-conoscimento effettuato senza l’assenso (24). Analogamente di

assen-(18) CARRARO, op. cit., 104.

(19) CARRARO, op. loco cit..

(20) CARRARO, op. cit., 105.

(21) FERRANDO, op. cit., 150.

(22) Così invece BIANCA, op. cit., 238 s..

(23) DELLA VALLE, op. cit., 94. Per l’affermazione, invece, che l’apposizione di clausole limitative al riconoscimento rende nulla l’intera dichiarazione TAMBURRI-NO, op. cit., 331; VERCELLONE, op. cit., 108.

(24) BIANCA, op. cit., 238, nota 93; MOSCHELLA, op. cit., 257; MAJELLO, op.

loco cit.. In senso contrario e cioè per la necessità, in questo caso, dell’assenso dei di-scendenti CARRARO, op. cit., 106. Per una critica a questa tesi A. FINOCCHIARO, op.

cit., 1630 s..

Prospetta invece tre soluzioni VERCELLONE, op. cit., 115, pur rilevando il loro alto grado di arbitrarietà a) mancanza di equipollenti alla prestazione dell’assenso,

so non c’è bisogno quando il figlio sia interdetto per infermità di mente (25). Anche la morte del genitore che per primo ha effettuato il rico-noscimento determina il venir meno del potere di quest’ultimo di paralizzare il riconoscimento da parte dell’altro genitore, senza che sia possibile l’attribuzione di questo potere ad altri soggetti in via sostitu-tiva del genitore venuto meno (26), non potendosi condividere la tesi giurisprudenziale secondo cui il decesso o la sopravvenuta incapacità naturale del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento non rende libero il secondo riconoscimento, ma implica che la valuta-zione dell’interesse morale e materiale del figlio a tale ulteriore rico-noscimento compete a chi assuma la rappresentanza del minore e cioè al tutore o al curatore speciale (27).

Il consenso è necessario se il genitore che ha effettuato il primo riconoscimento è vivo al momento del secondo, mentre se lo stesso è morto, il genitore che effettua il riconoscimento per secondo non ha bisogno di alcun consenso nè di alcun intervento sostitutivo del Tri-bunale (28), per la tutela dell’interesse del minore, come se il primo riconoscimento non fosse avvenuto (29).

È infatti da rilevare:

– che in occasione del primo riconoscimento – che è pienamente libero – questo preteso interesse non viene in alcun modo tutelato, con la conseguenza che o si parte dalla premessa della necessità della tute-la di questo interesse in ogni caso ed allora dovrebbe prospettarsi una questione di costituzionalità per la parte in cui la norma non prevede la deliberazione dello stesso (30), oppure si deve ritenere che, in caso

quando il riconoscimento avviene in vita del figlio; b) morto il riconosciuto spetta ai discendenti prestare un efficace assenso; c) i discendenti possono prestare l’assenso entro due anni dalla morte del riconosciuto o dalla data in cui il riconoscimento è stato reso noto).

(25) CARRARO, op. cit., 107.

(26) MOSCHELLA, op. cit., 260; MAIELLO, op. cit., 45.

(27) Cass. 10 novembre 1988 n. 6059, Giust. civ., 1989, I, 313; Dir. fam., 1989, 39;

VERCELLONE, op. cit., 117.

(28) Secondo quanto sostenuto da Trib. Min. Palermo, 17 marzo 1982, Dir. fam., 1982, 959.

(29) Conforme CARRARO, op. cit., 111. Secondo VERCELLONE, op. cit., 117, occorre il consenso del tutore del figlio, nominato perché è morto il genitore che l’ave-va per primo riconosciuto.

(30) Ma la questione sarebbe manifestamente infondata per essere il riconosci-mento uno dei modi per attuare il precetto costituzionale nei confronti dei figli nati fuori del matrimonio.

di morte del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento, non è necessario né il consenso del tutore, né l’intervento sostitutivo del tribunale;

– che le norme le quali prevedono che la valutazione dell’interesse del minore, in caso di mancanza o di impedimento del genitore legit-timato (artt. 264, 273, 284, 314, 320 etc. c.c.), non si possono applica-re, in via analogica, all’ipotesi contemplata dall’art. 250, comma 4, c.c., che si presenta, come eccezionale rispetto a quelle richiamate, tenen-do anche presente il carattere personalissimo del consenso del genito-re che per primo ha effettuato il riconoscimento e, quindi, l’impossi-bilità di demandarlo ad altri soggetti in sostituzione del soggetto legit-timato ad esprimerlo.

In caso di interdizione o d’incapacità del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento sono applicabili le stesse conclusioni raggiunte in tema d’interdizione ed incapacità del figlio ultrasedicen-ne in tema di assenso.

Qualora il genitore che deve prestare il consenso, pur senza rifiu-tarlo, non lo presti, l’altro genitore può ricorrere al giudice ai sensi del-l’art. 250, comma 4, c.c. (31), non potendosi ritenere che il primo geni-tore possa impedire indefinitamente il secondo riconoscimento.

4. – Il rifiuto del consenso ed il giudizio innanzi al Tribunale. – Men-tre il primo riconoscimento è consentito senza alcun limite e senza necessità di alcun accertamento dell’idoneità del genitore – salvo che ciò avvenga quando il figlio abbia raggiunto il sedicesimo anno di età – e ciò evidentemente nel presupposto che per il minore sia preferibi-le avere un genitore, piuttosto che non averne alcuno, il secondo rico-noscimento, anche se avvenga a brevissima distanza dal primo, può essere paralizzato, nei suoi effetti dal rifiuto del consenso da parte del genitore che per primo abbia riconosciuto il figlio.

Tale rifiuto è giustificato dall’interesse del figlio, con la conse-guenza che il genitore che se lo vede opporre può adire il Tribunale perché lo stesso accerti la infondatezza del rifiuto e, qualora lo riten-ga ingiustificato emetta una pronuncia che tenriten-ga luogo del consenso mancante.

L’interesse del minore non è però da solo suffficiente a risolvere ogni problema dal momento che il suo concetto è variamente

delimi-(31) In questo senso anche CARRARO, op. loco cit.; FERRANDO, op. loco cit..

tato, nel concreto operare, come parametro di giudizio, dal contem-peramento con il diritto-dovere del genitore al riconoscimento della propria prole naturale, quale emerge dall’art. 30, commi 1 e 2, Cost., che, nell’affermare il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio, stabilisce che la legge provvede in caso di incapacità dei genitori a che siano assolti i loro compiti.

Dalla norma costituzionale emerge che il diritto di effettuare il riconoscimento della prole naturale – a prescindere se si tratti di pri-mo o secondo riconoscimento – è pur sempre un potere del genitore (32) che risponde, in linea di principio, all’interesse del figlio, che dallo stesso vede realizzato il proprio diritto al mantenimento, all’istruzione ed alla educazione e che tale potere, in tanto può essere escluso (con ciò stesso realizzando l’interesse del figlio), in quanto sia provata – sia pure sulla base di un giudizio ex ante – l’incapacità del genitore all’a-dempimento dei suoi compiti (33).

Interpretando in siffatto modo la normativa vigente, alla luce dei principi costituzionali, si evita di porre una ingiustificata disparità di trattamento fra i due genitori, in funzione del diverso momento in cui operano il riconoscimento, in quanto entrambi sono soggetti agli stes-si controlli circa l’idoneità all’esercizio della potestà genitoriale, con la sola differenza che mentre colui che ha riconosciuto per primo potrà essere privato della potestà sulla base di un giudizio ex post, il

genito-(32) Cass. 16 giugno 1990 n. 6093, Giust. civ., 1990, I, 2286; Nuova giur. civ. com-mentata 1991, I, 234, con nota di DI NARDO, Diritto del genitore all’affermazione della sua paternità e interesse del minore al riconoscimento da parte del genitore naturale *; Dir.

fam. 1991, 484 (il diritto al secondo riconoscimento costituisce un diritto soggettivo primario, con la conseguenza che lo stesso può essere sacrificato non per l’interesse del minore a non vedersi turbata la serenità della vita che conduce con il genitore che l’ha riconosciuto per primo, ma solo per la presenza di un fatto impeditivo di importanza proporzionata al valore del diritto sacrificato così che il trauma presumibilmente riportabile dal minore sarebbe così grave da pregiudicare in modo serio il suo svilup-po psicofisico). Nello stesso senso: Cass. 29 dicembre 1994 n. 11263, Giur. it., 1995, I, 1472, con nota di ARRIGO, In tema di riconoscimento del figlio naturale: diritto-dovere del genitore ed interesse naturale *.

(33) Conforme FERRANDO, L’interesse del minore nel riconoscimento del figlio na-turale, in Dir. fam., 1982, 190, la quale peraltro ritiene legittimo il rifiuto del consenso, a prescindere da qualunque responsabilità del genitore che vuole riconoscere, ove esi-sta un processo educativo in atto che può essere turbato dal secondo riconoscimento (op. cit., 188), senza tener presente che, in siffatto modo, si finisce per denegare un di-ritto a prescindere da quelle ipotesi di comprovata incapacità che sole ne legittimano il sacrificio. Contrario alla tesi sostenuta nel testo VERCELLONE, op. cit., 121.

re che vuole effettuare il riconoscimento per secondo può subire il sa-crificio totale della potestà genitoriale prima ancora che essa si possa esercitare o venga messa alla prova, ma pur sempre e solo sulla base di quella comprovata incapacità evidenziata da un comportamento antecedente il riconoscimento, senza che tale disparità di trattamento residuo sia costituzionalmente rilevante essendo giustificata razional-mente dal diverso momento in cui operano i due riconoscimenti (34).

Ove si accetti questa ricostruzione dell’istituto, sono da disatten-dere quelle decisioni che, nell’insistere esclusivamente sull’interesse del minore – senza considerare il contrapposto diritto-dovere del geni-tore al riconoscimento, hanno finito per dare rilievo ad un interesse

Ove si accetti questa ricostruzione dell’istituto, sono da disatten-dere quelle decisioni che, nell’insistere esclusivamente sull’interesse del minore – senza considerare il contrapposto diritto-dovere del geni-tore al riconoscimento, hanno finito per dare rilievo ad un interesse