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Gli altri istituti di fatto della proprietà industriale

Il progressivo riconoscimento normativo cui è andato incontro il marchio di fatto non va, però, ritenuto un fenomeno eccezionale ma deve essere ricondotto alla sempre maggiore importanza che viene oggi attribuita dal legislatore, sia comunitario che nazionale, agli istituti di fatto.

Si pensi, tanto per cominciare, alla ditta di fatto ossia una ditta regolarmente costituitasi ma utilizzata, o comunque conosciuta dalla clientela, in forma abbreviata.

Infatti, accade di frequente che, nella memoria del pubblico la ditta finisca per coincidere con la sola parte distintiva, specie quando si tratti di una ditta composta da più parole.

E l’uso abbreviato della ditta che sia stata regolarmente formata e registrata, è non solo consentito, ma anche tutelato, dato che, in caso di divergenza tra la denominazione legale e quella conosciuta dal pubblico, è quest’ultima a prevalere, purché sia possibile accertare che l’imprenditore ne faccia abitualmente uso in luogo della ditta registrata e che sia proprio attraverso di essa che la clientela identifica l’impresa. Inoltre, va menzionata anche l’ipotesi, a proposito della quale si usa generalmente parlare di ditta ufficiosa, in cui essa, anziché essere composta da elementi presenti nella denominazione legale, consista in un segno distintivo diverso, perché, ad esempio, coincidente con l’insegna oppure coniato dal pubblico.

Nel primo caso, l’imprenditore che entra per secondo sul mercato si trova nella condizione di poter individuare, tramite la registrazione, le ditte preesistenti e le loro possibili abbreviazioni, e, di conseguenza, se adotta una ditta uguale o simile ad altra ditta di fatto, dovrà, ai sensi dell’art. 2564 c.c., integrarla o modificarla “con indicazioni idonee a

differenziarla”.

Viceversa, nella seconda ipotesi, il rischio della confondibilità grava su chi fa uso della ditta ufficiosa, perché il post utente, che abbia provveduto a differenziare la propria ditta dalle ditte ufficiali preesistenti, e da quelle di fatto derivabili dalle prime, non poteva conoscere l’esistenza della ditta ufficiosa.

Ma anche in materia di invenzioni si ravvisa una continuità con la disciplina del marchio di fatto in quanto, prima l’art. 6 della Legge

invenzioni43, e poi l’art. 68, III co del Codice della proprietà industriale,

menzionano il cd preuso dell’invenzione, per cui “chiunque, nel corso

dei dodici mesi anteriori alla data di deposito della domanda di brevetto o alla data di priorità, abbia fatto uso nella propria azienda dell’invenzione può continuare a usarne nei limiti del preuso.”

E ancora, a proposito di disegni e modelli, l’art. 11 del Regolamento n. 6/2002 CE attribuisce protezione triennale, che decorre dalla data in cui siano stati divulgati al pubblico per la prima volta44, al disegno o

modello non registrato, anche se si tratta di una tutela ridotta poiché limitata, ai sensi dell’art. 19, II co, ai soli casi in cui l’utilizzazione contestata derivi dalla copiatura di un disegno o modello protetto e non, invece, quando risulta “da un’opera di creazione indipendente

realizzata da un autore del quale si può ragionevolmente pensare che non conoscesse il disegno o modello divulgato dal titolare”.

Dalla lettura dei considerando45 si evince che la ratio della disciplina è

di offrire una tutela flessibile e immediata a tutte quelle forme che sono destinate ad avere una vita commerciale breve, posto che si tratta di beni

43 Ossia il R.D. 29 giugno 1939, n. 1127.

44 La data della prima divulgazione, tuttavia, non è sempre semplice da accertare;

ad esempio, nel settore della moda, dove i modelli vengono presentati nel corso di sfilate ed esposizioni, le case minori hanno difficoltà a fornire la prova della prima divulgazione perché manca la visibilità necessaria per ritenere il prodotto ragionevolmente conosciuto nel settore di riferimento.

Un rimedio può consistere nel rilascio di certificati attestanti la data di prima esposizione al pubblico del disegno o modello da parte degli enti organizzatori delle manifestazioni fieristiche del settore, utilizzabili come prova scritta dal titolare del disegno/modello non registrato.

45 E, in particolare, del considerando n. 16 secondo cui:

“alcuni dei summenzionati settori industriali realizzano un gran numero di disegni

o modelli di prodotti che spesso non restano a lungo sul mercato, per i quali ottenere una protezione senza formalità di registrazione rappresenta un vantaggio e la durata della protezione stessa ha un'importanza secondaria. Per contro altri settori apprezzano i vantaggi offerti dalla registrazione in funzione della superiore certezza del diritto che fornisce e chiedono quindi che i loro prodotti possano essere protetti per un periodo più lungo, correlato alla loro vita commerciale prevedibile”.

il cui valore estetico “si consuma rapidamente46”, e per le quali i costi

di registrazione risulterebbero altrimenti proibitivi47, dal momento che

le Maisons dovrebbero in tal caso registrare tutti gli articoli di due o più collezioni annuali.

Ultimo, ma non per importanza, il nome a dominio che può essere considerato un istituto “di fatto” per definizione, dal momento che il particolare regime di registrazione cui è sottoposto non conferisce a quest’ultimo la qualità di titolo di proprietà industriale, effetto che, invece, il Codice della proprietà industriale, fa discendere espressamente dalla registrazione di marchio e brevetto.

Infatti la registrazione dei nomi a dominio presso l’autorità preposta ha natura tecnica, e comunque ha luogo secondo una disciplina meramente civilistica, e non di certo di accertamento costitutivo come invece per i diritti titolati48.

È stata, però, correttamente osservata l’esistenza di una significativa differenza rispetto al marchio di fatto: mentre la fattispecie costitutiva in quest’ultimo caso può essere di difficile accertamento, come si avrà modo di specificare nel capitolo seguente, viceversa nel caso del nome a dominio vi è un dato certo e univoco, quale appunto la registrazione.

46 BOGNI, “Il design : registrazione e tutela di fatto dei diversi valore delle forme, in Il diritto industriale”,fasc. 2, pp. 136-143, 2011.

47 Per una trattazione più estesa si legga CERA, Il “design” non registrato: una

strategia di tendenza, in Rivista di diritto industriale, fasc. 3, pp- 233-249, 2015.

48 CASABURI, Nomi a dominio Internet e tutela della proprietà industriale, in Giurisprudenza di merito, fasc. 5, pp. 1492-1508, 2008.

CAPITOLO SECONDO

IL MARCHIO DI FATTO: PROFILI GENETICI E DINAMICI

Sommario: 2.1 I requisiti del marchio di fatto – 2.1.1 La novità – 2.1.2 L’idoneità

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